venerdì 21 febbraio 2020

La rosa rossa


La rosa rossa (1973) Regia di Franco Giraldi. Da un romanzo di Pier Antonio Quarantotti Gambini. Sceneggiatura di Dante Guardamagna e Franco Giraldi. Fotografia di Marcello Masciocchi. Musiche di Mahler e Rossini. Musiche per il film di Luis Bacalov. Interpreti: Alain Cuny, Antonio Battistella, Elisa Cegani, Margherita Sala, Susanna Martinkova, Giampiero Albertini, Sergio Bardotti. Durata: 1h35'

Siamo a Trieste, alla fine della Prima Guerra Mondiale, e non c'è più l'Austria di Francesco Giuseppe. Una coppia di agiati signori, marito e moglie, riceve la notizia che sta per tornare un loro parente, comproprietario della casa dove abitano. C'è un po' di imbarazzo, il cugino è un'ottima persona ma è stato generale dell'esercito austro-ungarico sotto Francesco Giuseppe e adesso si teme che possa succedere qualcosa di spiacevole in città. L'accoglienza è ottima, tutto va bene, i cugini vanno subito d'accordo ma poi sorge un problema quando i tre decidono di andare a teatro, per Il Barbiere di Siviglia. Alcune persone riconoscono l'ex generale, lo indicano apertamente, starà per succedere qualcosa di sgradevole? L'unico tranquillo è proprio l'ex generale, e infatti le persone che lo hanno riconosciuto sono ben disposte verso di lui: non solo il passato non pesa, ma si riconoscono come parenti, facenti parte della nobiltà locale.
 
E' l'inizio di "La rosa rossa", film del 1973 diretto dal triestino Franco Giraldi e tratto da un romanzo di Pier Antonio Quarantotti Gambini. I protagonisti sono tre anziani, e il mondo intorno a loro sta cominciando a cambiare. L'ex generale, un conte, ha lasciato un ottimo ricordo di sè nel paese presso Trieste dove vivono; la rosa rossa del titolo è stata lasciata dalla donna che gestisce la casa, governante già tanti anni prima quando erano entrambi giovani, e ora l'anziano ufficiale la ritrova nella sua stanza, in un piccolo vaso vicino allo specchio. Solo in quel momento capisce chi gliel'aveva lasciata tanti anni prima; c'è un momento di tenerezza tra i due ma durerà lo spazio di poche ore, perché il generale muore quella notte stessa, nel sonno.
L'improvvisa morte del conte solleva i veli sul passato, si scoprono parentele impreviste, anche la vita di coppia degli anziani coniugi è messa a dura prova; ma poi tutto si risolverà nel modo migliore, è troppo tardi per scenate di gelosia o per ricominciare una nuova vita. E, oltretutto, l'ex generale ha lasciato nel testamento ogni sua proprietà ai due cugini che tanto bene lo hanno accolto. A questa storia di anziani fa da contrappunto quella della giovane domestica, che inizia una relazione con il medico locale, rimane incinta, probabilmente si sposerà ma è comunque felice, è l'inizio di una nuova vita.

Antonio Battistella, attore soprattutto di teatro, fa coppia con Elisa Cegani, che fu una diva negli anni '30 e '40. Alain Cuny è il conte-ex generale; Margherita Sala è Basilia, la governante della rosa rossa; Susanna Martinkova è la giovane domestica. Giampiero Albertini è il giardiniere "somigliantissimo al generale": in effetti, un po' di somiglianza con Alain Cuny c'è, più che altro grazie alla pettinatura. Albertini, ottimo attore, è anche il doppiatore storico di Peter Falk nei telefilm del "tenente Colombo". Sergio Bardotti interpreta il medico, un po' rozzo nei modi ma generoso ed efficace: salvo errori, dovrebbe essere non un attore di professione ma l'autore di testi di molte canzoni di successo nel campo della musica leggera. L'autore del soggetto (un romanzo edito da Einaudi) è Pier Antonio Quarantotti Gambini (istriano, 1910-1965); da wikipedia apprendo che il romanzo copre un arco di tempo maggiore rispetto a quello che si può immaginare guardando il film, cioè quasi vent'anni.
 

Sui titoli di testa c'è scritto che le musiche sono di Luis Bacalov, ma noi stiamo ascoltando Mahler e di Gustav Mahler sono gran parte delle musiche del film, oltre al Rossini del "Barbiere di Siviglia" e a canzoni e musiche popolari. Di Luis Bacalov, insomma, c'è ben poco. Nei titoli di coda si trova finalmente il nome di Gustav Mahler, anche se in piccolo: "estratti dalle sinfonie n.1, n.4 e n.7". Non ci sono notizie, purtroppo, sul Barbiere di Siviglia che vediamo in teatro; io ho riconosciuto Enzo Dara, se qualcuno mi segnala gli altri interpreti lo ringrazio fin d'ora. La sequenza in teatro arriva dopo 30 minuti dall'inizio, con il concertato "Mi par d'esser con la testa"; al termine c'è l'intervallo e si riprende molto brevemente con "pace e gioia sia con voi", subito tagliato per far proseguire la narrazione. Nei titoli di coda si nomina anche il Coro Antonio Illesberg di Trieste dir. Mario Strudthoff, e si aggiunge "Consulenza per i canti popolari prof. Claudio Nolani".

 


 
 
 

martedì 11 febbraio 2020

Verdi (Renato Castellani)


Verdi (produzione Rai,1982) Scritto e diretto da Renato Castellani. Fotografia di Giuseppe Ruzzolini. Musiche di Verdi, Rossini, Boito, Wagner, Bellini, Donizetti. Musiche per lo sceneggiato: Roman Vlad. Scenografia: Carlo Tommasi, Elio Balletti. Costumi: Maria De Matteis, Enrico Luzzi. Interpreti: Roberto Cominati (Verdi da bambino), Enrico Fagnoni (Verdi a 9 anni), Stefano Coratti (Verdi a 18 anni), Ronald Pickup (Verdi adulto, voce di Gianni Marzocchi), Carla Fracci (Giuseppina Strepponi), Omero Antonutti (padre di Verdi), Giampiero Albertini (Barezzi), Giulio Bosetti (voce narrante), Daria Nicolodi (Margherita Barezzi), Adriana Innocenti (Maria Barezzi), Nanni Svampa (Merelli), Giorgio Trestini (Solera), Raimondo Penne (Francesco Maria Piave), Ugo Bologna (Donizetti), Milena Vukotic (Clara Maffei), Enzo Cerusico (Emanuele Muzio), Eva Christian (Teresa Stolz), Victoria Zinny (Maria Waldmann), Nino Dal Fabbro (Giulio Ricordi), Lino Capolicchio (Arrigo Boito), Giampiero Becherelli (Camillo Boito), Jan Niklas (Angelo Mariani), Renzo Palmer (Cavour), Tito Schipa jr (Franco Faccio), Renato Montanari (Ghislanzoni), Leopoldo Trieste (Finola), Carlo Colombo (Giovannino Barezzi), Pierluigi Giorgio (Provesi), Fernando Cerulli (Lavigna), Jackie Basehart (Tamberlick), Anna Orso (Filomena adulta), Elena Vaccarossa (Filomena bambina), Lino Puglisi, Clara Colosimo, Carlo Tuand, Paolo Silveri, Silvia Silveri, Leila Gencer (Marianna Barbieri-Nini), Luciana Palombi, Paolo Gozlino (Rigoletto), e molti altri. Durata: nove puntate di un'ora e un quarto circa l'una

Lo sceneggiato Rai su Giuseppe Verdi, andato in onda per la prima volta nell'inverno 1982, ed è uno tra i più famosi e celebrati di quel periodo; dispiace quindi prenderne le distanze, perché è stato fatto con passione e con molta cura, ma qualcosa va pur detto. Rivisto oggi, dopo quasi quarant'anni, ho trovato molto belle le prime due puntate, con l'infanzia e la giovinezza di Verdi; andando avanti, però, qualcosa non convince e chi conosce almeno un po' le opere di Verdi e la loro cronologia qualcosa da ridire lo trova, un "ma" sorge spesso durante la visione, anche a non essere esperti. Sono nove puntate, di un'ora e un quarto circa ciascuna, e siamo nel 1982, quindi poco prima dell'avvento di Berlusconi e della tv commerciale che avrebbe cambiato drasticamente il modo di intendere la televisione. Dopo quel 1982, avrebbe preso piede definitivamente l'idea che la tv si fa per la pubblicità; lentamente e con qualche resistenza all'inizio, fino al referendum del 1995 sulle televendite, che vide gli italiani votare contro i loro stessi interessi. Ma questa è una storia che porterebbe lontano, di sicuro c'è il calo qualitativo delle produzioni Rai negli ultimi vent'anni, ma la Rai è ormai occupata stabilmente da funzionari (a tutti i livelli: alti, bassi e medio-bassi) da persone nate e cresciute sotto le tv commerciali, alle quali i nomi di Sergio Pugliese e di Vittorio Veltroni non diranno niente di niente.

Detto questo, e premettendo (ovviamente) che si tratta di un ottimo lavoro e consigliabile a chiunque voglia iniziare un percorso su Verdi, lo sceneggiato Rai scritto e diretto da Renato Castellani ha alcuni difetti che provo a raccontare qui sotto. In primo luogo, danno fastidio le molte (troppe) arie storpiate o canticchiate malamente in ogni puntata; la cosa peggiore è per "Un ballo in maschera" stonata malamente e a lungo dal ragazzotto romano nella puntata del "Viva VERDI" risorgimentale, ma capita spesso per tutte le puntate di ascoltare canticchiare o accennare musica meravigliosa che si vorrebbe invece sentir eseguire come si deve. Tra l'altro, Castellani e Roman Vlad (suo consulente), si appoggiano per il resto a registrazioni Rai preesistenti di ottimo livello, quindi a costo zero; la scelta di far canticchiare gli attori è quindi piuttosto strana da ogni punto di vista. "Un ballo in maschera", tra l'altro, non è in colonna sonora e me ne chiedo ancora la ragione.
 

Un secondo difetto è sicuramente nella scelta del protagonista, l'attore inglese Ronald Pickup; scelta che fu molto criticata anche quarant'anni fa. E' vero che Pickup non sfigura al pianoforte, e che ha una certa somiglianza fisica, da silhouette, con le fotografie del vero Verdi; ma quello che ne esce è poco più di una figurina ritagliata, senza forza e senza spessore. Viene spontaneo il paragone con il Puccini diretto da Sandro Bolchi (1973) e con il Rossini di Mario Monicelli (1992), dove la parte di protagonista spettava ad attori di livello altissimo o comunque buono (Alberto Lionello, Philippe Noiret, Sergio Castellitto); ma basta anche guardare le prime due puntate, con attori veri come Giampiero Albertini e Omero Antonutti, per capire la necessità di una presenza scenica di livello soprattutto quando il protagonista è una figura imponente come Giuseppe Verdi. Il regista Castellani era reduce da un altro grande successo, dieci anni prima (1971) con "La vita di Leonardo da Vinci": l'impostazione è simile, ma il protagonista era Philippe Leroy e tutto funziona molto meglio. Dal "Leonardo" del '71 Castellani riprende anche la figura del narratore, l'ottimo Giulio Bosetti: che nel "Verdi" è una voce fuori campo, mentre nel "Leonardo" era ben presente sullo schermo, in abiti moderni, anticipando Piero Angela e molti documentaristi d'oggi.
 
 
C'è poi una certa confusione con la successione delle opere, e con le date: per gli "anni di galera" bisognava almeno fare un elenco, una citazione veloce, per tutte le opere di quel periodo. Si tace totalmente su Alzira e Stiffelio, c'è solo un cenno velocissimo per "I due Foscari", trascurato anche il "Simon Boccanegra", e poco spazio ha, tutto sommato, anche il "Macbeth". Erano gli anni delle leggendarie esecuzioni di Claudio Abbado e di Giorgio Strehler, forse sarebbe bastato tagliare qualche minuto dalla Traviata e dal Trovatore (opere molto più note) per avere spazio a sufficienza per tutto. Nella ricostruzione del dissidio con Angelo Mariani non viene detto che poi Aida al Cairo fu diretta da Giovanni Bottesini. Nella ricostruzione storica, oltretutto, manca la presa di Porta Pia (1870), con il completamento dell'Unità d'Italia, e si tace sull'annessione di Venezia e del Veneto.
C'è pochissimo spazio per Giulio Ricordi, ridotto a una figurina di contorno; tra le cose positive c'è invece il risalto dato a Margherita Barezzi. Tutto sommato buona l'idea data di Giuseppina Strepponi: Carla Fracci è bravissima nel renderla positiva e simpatica, ma non vengono nascosti gli aspetti negativi di Giuseppina Strepponi, le sue battute di pessimo gusto sulla salute di Mariani, i figli tenuti lontani di cui si fa spesso cenno. Avrei evitato volentieri, invece, i "che donna!", due o tre volte, che Castellani mette in sceneggiatura parlando della Strepponi; così come avrei evitato volentieri i riferimenti ad aspetti delle malattie (Muzio che assiste Verdi: bene sottolinearlo, ma certi dettagli si potevano lasciar perdere).
Qua e là appare anche Wagner, presentato troppo sbrigativamente come un "rivale" di Verdi; la realtà è molto più complessa, tutto è presentato in modo troppo superficiale. Non ho trovato il nome dell'attore che interpreta Wagner, ma si tratta comunque di poche inquadrature senza troppo rilievo.

 
Gli attori: il migliore è Giampiero Albertini, che rende un Barezzi memorabile. Anche Carla Fracci è molto brava, e non era scontato non essendo attrice di professione. Omero Antonutti, che interpreta il padre di Verdi, replica per molti aspetti il ruolo che aveva in "Padre padrone" dei Taviani (1972). Roberto Cominati, che interpreta Verdi da bambino, è poi diventato un concertista vero, pianista di successo e ancora in attività. Ma tutto il cast è ben scelto, ruolo per ruolo (invito a leggere l'elenco che ho messo qui sopra), anche se con Arrigo Boito e Franco Faccio si corre ancora il rischio della "figurina ritagliata" come per Pickup con Verdi: non per demerito degli attori (Capolicchio è un ottimo attore) ma per precisa scelta registica. E' un rischio che si corre spesso nei film biografici, bisogna mettere per forza quel personaggio e in fase di scrittura non sempre si riesce a dargli la forza necessaria. Enzo Cerusico, che interpreta Emanuele Muzio, è doppiato e irriconoscibile sotto una parrucca rossa; era un attore molto noto e stupisce che sia stato scelto per non farlo recitare. Nella versione americana il narratore è Burt Lancaster; nella versione originale c'è Giulio Bosetti, uno dei grandi del teatro italiano nella seconda metà del Novecento. Manca comunque un vero protagonista, non c'è l'equivalente di Alberto Lionello nel "Puccini" di Bolchi, ma nemmeno quello di Noiret e Castellitto nel "Rossini" di Monicelli. E' vero che Ronald Pickup suona il piano e ha la silhouette giusta, ma i primi piani mostrano quasi sempre una faccina sperduta che non rende giustizia al carattere di Verdi; ma forse Castellani lo voleva proprio così, alter ego e sdoppiamento del narratore sulla falsariga del suo "Leonardo" con Philippe Leroy. Va detto che Leroy aveva tutt'altra presenza scenica rispetto a Pickup, e del resto la carriera dei due attori parla da sola. Tra gli attori anche diversi cantanti d'opera: Leila Gencer per il Macbeth al pianoforte nella quarta puntata, e poi Paolo Silveri, Silvia Silveri, Carlo Tuand, Luciana Palombi, e altri ancora (difficile segnalare dove di preciso, mancano le indicazioni).
Per la musica si attinge alle registrazioni Rai, del resto ottime (Maria Callas per Traviata, il Rigoletto con Pavarotti e Cappuccilli, e tanto altro); unica eccezione, se non sbaglio, è l'Otello di Mario del Monaco. La musica originale, scritta apposta per lo sceneggiato, è di Roman Vlad: la si ascolta soprattutto nella prima puntata, quando bisogna rendere un'idea delle prime composizioni di Giuseppe Verdi, andate perdute (distrutte dallo stesso Verdi); Vlad ha fatto un ottimo lavoro, che meriterebbe maggiore attenzione.
 

Sul mio piano personale, ho ritrovato il ricordo dell'allestimento del set in esterni: a Milano venne steso una specie di grande tappeto di plastica che simulava il selciato ottocentesco, e tra i molti curiosi c'ero anch'io. Viste le immagini, direi che si è trattato di un lavoro ben fatto.
Mi ha fatto molto piacere rivedere la Scala con i colori giusti, quelli del tempo di Verdi che fino agli anni '90 erano ancora visibili e che poi sono stati cancellati nel restauro di inizio Duemila, con la pretesa di tornare al progetto del Piermarini. Quando passo davanti alla Scala, o a Palazzo Reale, con tutti quei marmi bianchi mi sembra sempre di essere al Monumentale - ma ormai a chi interessa più.
Molto belle le locations, quasi tutte nei luoghi originali dove possibile; non si vede però mai l'interno della Scala, quel teatro è il Ponchielli di Cremona (più piccolo, si contino le gallerie) che alla Scala somiglia molto.
 
Le registrazioni utilizzate nello sceneggiato:
Prima puntata:
- Donizetti, L'elisir d'amore: "Una furtiva lacrima", tenore Cesare Valletti, Rai Roma dir.Gianandrea Gavazzeni.
- Bellini, Capuleti e Montecchi: "O quante volte, o quante", soprano Antonietta Pastori, Rai Roma dir. Lorin Maazel.
Seconda puntata:
- Verdi, Oberto conte di san Bonifacio: basso Simon Estes, Comunale Bologna dir. Zoltan Pesko
- Verdi, Un giorno di regno: Rai Milano dir. Alfredo Simonetto
Terza puntata:
- Verdi, Nabucco: Paolo Silveri, Caterina Mancini, Gabriella Gatti Rai Roma dir. Fernando Previtali
- Verdi, I Lombardi alla Prima Crociata: orchestra Rai Roma dir. Manno Wolf Ferrari
Quarta puntata:
- Verdi, Ernani: Giuseppe Taddei e Caterina Mancini, Rai Roma dir. Fernando Previtali
- Verdi, Attila: Dino Dondi, Rai Roma dir. Fernando Previtali
- Verdi, Macbeth: Leila Gencer e Giuseppe Taddei al piano

 
Quinta puntata:
- Verdi, Rigoletto: Pavarotti, Cappuccilli, Rinaldi, Lazzarini Rai Torino dir. Mario Rossi
- Verdi, Rigoletto: Lina Pagliughi Rai Torino dir. Angelo Questa
- Verdi, Il Trovatore: Lauri Volpi, Mancini, Pirazzini Rai Roma dir. Previtali
Sesta puntata:
- Verdi, La Traviata: Callas e Ugo Savarese Rai Torino dir. Gabriele Santini
- Verdi, I Vespri Siciliani: Rai Roma dir. Thomas Schippers
- Verdi, Simon Boccanegra: Mario Petri, Rai Roma dir. Francesco Molinari Pradelli
- Verdi, Aroldo: Rai Torino dir. Gianfranco Masini
Settima puntata:
- Verdi, La forza del destino: Galliano Masini, Carlo Tagliabue, Rai Torino dir. Gino Marinuzzi
- Verdi, Macbeth: Alda Borelli Morgan, Rai Milano dir. Ferruccio Scaglia
- Verdi, Don Carlo: Tancredi Pasero, Rai Torino dir. Ugo Tanzini
- Boito, Mefistofele: Ferruccio Tagliavini, Rai Torino dir. Angelo Questa
Ottava puntata:
- Verdi, Aida: Franco Corelli, Giulio Neri, Miriam Pirazzini, Maria Curtis Verna, Rai Torino dir. Angelo Questa
- Verdi, Traviata: Rai Torino dir. Gabriele Santini
Nona puntata:
- Verdi, Otello: Mario Del Monaco, Santa Cecilia, Erede
- Verdi, Falstaff: Giuseppe Taddei, Rai Torino dir. Mario Rossi
La voce di Giuseppina Strepponi, nel canto, è di Jeanne Marie Bima; la voce di Teresa Stolz, sempre nel canto, è di Mara Zampieri. Le musiche di Roman Vlad nella prima puntata sono dirette da Gianfranco Plenizio con l'Orchestra Unione Musicisti di Roma.





domenica 2 febbraio 2020

Tutto è sciolto


Mai Richie avrebbe dimenticato quella sera. Campasse mill’anni, mai. La piccionaia al vecchio Royal col piccolo Peake. E quando la prima nota. La parola s’arrestò sulle labbra di Richie.
Ora attacca a contar balle. Rapsodie su tutto. Crede alle proprie menzogne. Proprio ci crede. Bugiardo formidabile. Ma ci vuole buona memoria.
- Che aria era? chiese Leopold Bloom.
- Tutto è sciolto.
Richie sporse le labbra in fuori. Una nota in sordina incipiente dolce fata fatale mormorava tutto. Un tordo. Tordo canoro. Il suo alito, dolce d’uccello, i solidi denti di cui è fiero, flautato di flebile angoscia. E sciolto.
Suono pieno. Due note in una. Quel merlo che sentii nella valle dei biancospini. Riprendeva i miei motivi che intrecciava e trasformava. Ogni nuovo richiamo è sciolto in ogni. Eco. Com’è dolce la risposta. Come avviene?
Tutto sciolto ormai. Funebre fischiava. Caduta, resa, sciolti,
Bloom inclinava l’orecchio leopoldino, ripiegando sotto il vaso una frangia del centrino. Ordine. Sì, mi ricordo. Bella aria. Nel sonno a lui ne andò. Innocenza a lume di luna. Eppure la trattiene. Coraggiosi, non conoscono il pericolo. Chiamar per nome. Toccar l'acqua. Tinnulo calessino. Troppo tardi. Lei voleva andare. Ecco perché. Donna. Tanto vale fermare il mare. Sì: tutto è sciolto.
- Un'aria stupenda, disse Bloom sciolto Leopold. La conosco bene.
James Joyce, Ulisse, pag.251 Oscar Mondadori 1973 (traduzione a cura di Giulio de Angelis)

Nella "Sonnambula" di Vincenzo Bellini (1831, libretto di Felice Romani) due giovani stanno per sposarsi, ma d'improvviso lei viene trovata nella stanza di un ricco signore di passaggio. Quello che è successo noi spettatori lo sappiamo, è perfino scritto nel titolo dell'opera: la giovane Amina è sonnambula, quindi del tutto innocente. Ma in paese è difficile crederlo, anche il suo innamorato Elvino non riesce a negare l'evidenza (lei, da sola, nella stanza di quell'uomo...) e il matrimonio va a monte. Il legame, gli accordi tra le famiglie, "tutto è sciolto".
"Tutto è sciolto" non è propriamente un'aria, è più un momento di passaggio, uno stato d'animo, ma la melodia è così bella che dispiace che Bellini non l'abbia sviluppata in modo più completo. Del resto, sono cose che capitano a chi ha una vena melodica talmente ricca da poter "buttar via" anche temi come questo. Il tema di "tutto è sciolto" tornerà nel finale, quando si scoprirà la verità; una vena di grande e toccante malinconia, prima del lieto fine.


James Joyce aveva studiato canto, e la sua voce era di tenore, proprio questo repertorio. Si rese presto conto di non avere le qualità per fare una carriera da professionista, e abbandonò gli studi musicali. Suo amico, e compagno di studi, è stato il grande tenore irlandese John Mc Cormack.
Un po' di ascolti:
qui Juan Diego Florez
qui Nicolai Gedda
qui Luciano Pavarotti (con Joan Sutherland)

(la foto di Maria Callas viene dai 33 giri della "Sonnambula" di Bellini, anni '50)
(la foto di James Joyce era disponibile on line, senza altre indicazioni)