sabato 29 dicembre 2018

Sezione speciale (Costa-Gavras 1975)


 
“Séction spéciale” (L'affare della sezione speciale, 1975) Regia di Costa Gavras. Soggetto di Hervé Villeré. Sceneggiatura di Jorge Semprun. Fotografia di Andreas Winding. Musica: Mussorgskij, Boris Godunov. Musiche per il film di Eric Demarsan. Interpreti: Yves Montand, Louis Seigner, Michael Lonsdale, Ivo Garrani, Heinz Bennent, Claudio Gora, Bruno Cremer, Jacques Perrin, e molti altri. Durata: due ore.

"Sezione speciale" di Costa-Gavras è un film del 1975 che inizia con il "Boris Godunov" di Mussorgskij: un evento davvero memorabile nella storia del cinema, forse mai più ripetuto. Si tratta di un film storico, che si svolge a Vichy negli anni dell’occupazione nazista e del collaborazionismo di Pétain: la storia raccontata è vera, una sezione speciale del Tribunale che fu creata apposta per far condannare a morte i Resistenti, con leggi che furono definite "mostri giuridici". Molti dei condannati a morte dal tribunale speciale erano già in prigione per motivi di dissidenza, o erano stati condannati in precedenza per pene lievi; ed è quindi da sottolineare, anche in base a tutto quello che ha rappresentato il governo di Petain che collaborò con i nazisti, la scelta dell’opera di Mussorgskij, e in particolare il lamento dell’Idiota (o dell’Innocente, secondo le traduzioni) che piange sulla sorte della povera patria. Il cantante dice, in francese, “povera Russia”: ma è evidente di cosa si sta parlando, cioè della "povera Francia" delle deportazioni, di quello che accadde nel Vélodrome di Parigi...
Questo è il testo completo del "lamento dell'innocente", nella traduzione italiana di Cristina Moroni presa dal programma di sala della Scala, stagione 1979/80 (dirigeva Claudio Abbado):
Sgorgate, lacrime amare; piangi, anima ortodossa! Presto arriverà il nemico e saranno le tenebre, tenebre impenetrabili e oscure. Dolore, dolore sulla Russia. Piangi, popolo russo, popolo affamato...

La composizione del "Boris Godunov" di Mussorgskij risale agli anni '60-'70 dell'Ottocento, il libretto dello stesso Mussorgskij è tratto dal poema omonimo di Pushkin del 1831. L'Innocente, lo jurodivij dei romanzi di Dostoevskij, è un'anima semplice, un pazzo gentile o un handicappato mentale, che nella tradizione russa indica la vicinanza a Dio nella sua semplicità. E' dunque il pazzo, l'emarginato sofferente, a vedere la realtà nella sua piena manifestazione.
Il teatro in cui si svolge la rappresentazione è proprio quello di Vichy, importante stazione termale. Non so se davvero il “Boris Godunov” di Mussorgskij sia mai stato rappresentato a Vichy in quegli anni, e per di più davanti agli ufficiali nazisti occupanti; mi sembra strano, ma tutto è possibile; in fin dei conti lo zar di Mussorgskij ha una lunga tradizione in teatro, e tutti i grandi bassi operistici lo hanno voluto in repertorio. Inoltre, in Francia c'erano molti esuli russi dopo il 1917. Non ho trovato indicazioni sugli esecutori dell'opera, e mi è stato anche impossibile trovare immagini su questa scena iniziale; on line esistono solo le locandine del film e poco più. Il primo piano, all'inizio, è per l'oboista del Boris.
Alla mia prima e unica visione mi ero segnato questi appunti:
"Sezione speciale" è un film su Petain e su Vichy, e sulle leggi speciali che vi furono emanate, veri e propri mostri giuridici: in primo luogo le pene retroattive, pene inflitte a persone già condannate e con condanne passate in giudicato (ghigliottina compresa). Il punto di partenza del film è l'uccisione in metropolitana di un alto ufficiale nazista da parte di due studenti che riescono a fuggire, e la "necessità" di sei condanne a morte per evitare rappresaglie naziste (quasi come da noi in via Rasella). Viene così inventata una "Sezione speciale della Corte d'Appello di Parigi" della quale ci viene raccontata la storia. Il tutto proviene da un libro inchiesta di Hervé Villeré. E' un film molto interessante, che racconta molti dettagli che non conoscevo; sarebbe il caso di farne un remake (se fosse possibile...) perché purtroppo mostra i suoi anni, dal punto di vista della regia e e dei colori. E' comunque un film esemplare, scritto da Costa Gavras con Jorge Semprun e con Osvaldo De Micheli. Si inizia con l'oboe dal Boris Godunov (non me lo aspettavo) seguito dagli altri fiati; c'è l'inizio dell'opera, poi si salta al lamento dell'innocente che è nel finale. Il testo cantato è in francese e non in russo; e la "povera Russia" del testo è evidentemente la povera Francia di quegli anni, ma penso che lo abbiano capito in pochissimi e non se ne fa cenno in nessuna delle poche e sbrigative recensioni che ho letto. Il film è molto bello anche dal punto di vista delle immagini, perché è effetivamente girato dentro le terme di Vichy, in palazzi storici. Vediamo gli anziani ministri di Petain ai fanghi, in palestra, eccetera. Tra le sequenze memorabili (molte) metterei quella dell'armadio al minuto 55 circa: ci sono molti faldoni in quell'armadio e bisogna scegliere tra quelle carte i nomi dei sei da condannare. "Mi prenda 50 anarchici, 50 comunisti, 50 ebrei", sembra una lista della spesa. Qualcosa di simile accadde anche da noi per le Fosse Ardeatine: al cinema lo si può vedere nel dettaglio in "Rappresaglia" di George Pan Cosmatos, di due anni precedente a "Sezione speciale". Il film di Costa-Gavras vinse il premio per la migliore regia a Cannes nel 1975; gli attori sono molti perché si tratta di un film corale senza un vero protagonista. Mi sono segnato Louis Seigner, Roland Bertin, Michael Lonsdale, Ivo Garrani, Claudio Gora, Heinz Bennent, Bruno Cremer, Michel Galabru, e Jacques Perrin che è anche produttore. E' stato trasmesso da Rete4 in una copia rovinata, con il bollino rosso del vietato ai minori (chissà poi perché, con tutto quello che passa in tv nel primo pomeriggio...), e a notte fonda. Purtroppo, la pellicola trasmessa nottetempo su un canale commerciale era molto difettosa e usurata, con il sonoro fuori sincrono e altri difetti tutt’altro che secondari (i colori sbiaditi, per esempio).
(gennaio 2012)
 
 

sabato 22 dicembre 2018

Piccolo mondo antico


Piccolo mondo antico (1940) Regia di Mario Soldati. Tratto dal romanzo di Antonio Fogazzaro. Sceneggiatura di Mario Bonfantini, Emilio Cecchi, Alberto Lattuada, Mario Soldati. Fotografia di Carlo Montuori e Arturo Gallea. Musiche per il film di Enzo Masetti. Supervisione musicale di Fernando Previtali. Interpreti: Alida Valli, Massimo Serato, Ada Dondini, Mariù Pascoli, Annibale Betrone, Giacinto Molteni, Elvira Bonecchi Durata: 1.40'

"Piccolo mondo antico" di Mario Soldati, tratto dal romanzo di Fogazzaro, contiene una parte musicale di qualche interesse. Il protagonista maschile è infatti un musicista, pianista e compositore, e la protagonista femminile è una cantante. Nel film vediamo lui suonare il piano diverse volte, e ascoltiamo lei cantare, ma da un'altra stanza e una sola volta. La curiosità maggiore riguarda però la bambina al centro del film, interpretata da Mariù Pascoli: un'attrice che dopo una breve carriera cinematografica (1941-46) divenne insegnante di clavicembalo al Conservatorio. Dato che siamo negli anni '40 e '50, il pensiero corre subito a Wanda Landowska e alla rinascita del clavicembalo, che avviene proprio in quegli anni; però Wanda Landowska era già in America in quegli anni, spinta lontano dall'Europa dalla stupidità dei nazifascisti. Il nome completo dell'attrice bambina era Maria Letizia Pascoli, il nome Mariù viene certamente dalla sorella del poeta (solo omonimo e non parente, a quel che mi è dato sapere).


"Ombretta sdegnosa del Missipipì" è un'aria da un'opera di Rossini, "La pietra del paragone" (1812) su versi di Luigi Romanelli. Il personaggio che la canta si chiama Pacuvio, "poeta ignorante" secondo la definizione dello stesso Romanelli in locandina:
Ascoltate come, in lingua patetica e burlesca,
parli all'ombra del mago una fantesca.
Ombretta sdegnosa del Missipipì
non far la ritrosa ma resta un po' qui.
Non posso, non voglio, l'ombretta risponde:
son triglia di scoglio, ti basti così.
E l'altro ripiglia: Sei luccio, non triglia -
qui nasce un insieme, chi piange chi freme.
Fantesca: sei luccio
Ombretta: son triglia
Fantesca: ma resta
Ombretta: ti basti, ti basti, t'arresta. Non dirmi così.
(La pietra del paragone, scena VIII, atto I)
Il "poeta ignorante" Pacuvio, personaggio grottesco e caricatura di un librettista d'opera, è molto contento delle sue trovate; le trova divertenti anche lo zio Piero (in realtà il prozio, interpretato da Annibale Betrone) e le racconta alla nipotina come filastrocca per bambini. Alla bambina piace, e per questo viene soprannominata "Ombretta" anche se il suo nome vero è Francesca. Il destino sarà tragico con la bambina, queste scene rappresentano i momenti felici prima che la situazione precipiti.
 

In una delle prime scene del film, alla cena per un'ipotesi di fidanzamento, si accenna a un Lied di Kalkbrenner, che però nessuno ha voglia di eseguire e quindi non lo ascoltiamo neppure noi. Il fidanzamento salterà subito, rimane la curiosità per il nome del musicista che la Garzantina descrive così: «Friederich Kalkbrenner (1785-1849), pianista e compositore tedesco. Figlio di Christian (1755-806), compositore e autore di trattati storici e teorici sulla musica, studiò a Parigi e a Vienna, dove intraprese l'attività concertistica e fu aiutato da Beethoven, Haydn e Albrechtsberger. Visse poi a Parigi, Londra, e di nuovo a Parigi dopo il 1823, giungendo ad altissima fama come insegnante (Chopin ebbe da lui consigli tecnici) e godendo della stima di Liszt, Schumann, Mendelssohn. Compose studi, pezzi e concerti per pianoforte; fu autore di un importante metodo basato sul "guidamani", un apparecchio per regolare la posizione delle mani sulla tastiera. Introdusse innovazioni nella didattica pianistica, sviluppando in particolare la tecnica della mano sinistra, del pedale e dell'articolazione del polso.»
 

Massimo Serato suona due o tre volte il pianoforte, probabilmente Liszt (non sono riuscito a riconoscere i brani); si ascolta l'aria "Al dolce guidami castel natio" dall'opera "Anna Bolena" di Donizetti (1830), fuori scena. "Ho ascoltato la Malibran in quest'opera, ma lei è meglio" commenta un ospite lodando la padrona di casa (cioè Alida Valli, che però non vediamo cantare).
I patrioti antiaustriaci suonano un quartetto con fagotto su temi di Rossini, probabilmente con citazione dell'ouverture da "Il signor Bruschino" (gli archetti battuti sul leggio).
Si ascoltano anche due canzoni risorgimentali molto famose, "La bella Gigogin" per il soldati piemontesi a Torino, e "Addio mia bella addio", nel finale, i cui versi fanno pensare che sia in arrivo un altro figlio per la coppia dei protagonisti, dopo tante tribolazioni; ma su queste immagini, sulla barca dei militari in partenza per il fronte, termina il film.
Le musiche originali per il film sono di Enzo Masetti, musicista molto attivo nel cinema di quel periodo; la supervisione musicale è affidata a un direttore d'orchestra importante, Fernando Previtali. Mancano completamente i nomi degli interpreti e anche i titoli dei brani eseguiti (chiedo scusa per le molto probabili imprecisioni o errori che potrebbero esistere in queste cose che sto scrivendo).
 

Il romanzo di Fogazzaro è ambientato negli anni immediatamente successivi al 1848, e si svolge sui laghi lombardi (il Lago di Lugano e la Valsolda, ma nel film si parla di Como, di Menaggio, e poi si arriva a Milano in una delle scene cruciali); per il riassunto di quello che vi succede rimando a www.wikipedia.it, da cui ho tratto anche le immagini per questo post. La pellicola è molto scura e forse necessiterebbe di un restauro; va però detto che nella copia che ho visto di recente è già stato ritoccato il sonoro, ma con esiti decisamente spiacevoli. E' sparito sicuramente il fruscio di fondo, ma in compenso c'è un effetto sgradevole nei toni bassi: sembra spesso di ascoltare le voci provenienti da un megafono o dal fondo di un imbuto. Dato che anch'io ho "pasticciato" in casa con le elaborazioni elettroniche di voci e musica, ho imparato a riconoscere ed evitare questo difetto. Meglio tenersi un po' di fruscio, alle volte.

sabato 15 dicembre 2018

Cinque pezzi facili


Cinque pezzi facili (Five easy pieces, 1970). Regia di Bob Rafelson. Scritto da Bob Rafelson e Adrien Joyce. Fotografia: Laszlo Kovacs. Musiche di Chopin, Mozart, J.S. Bach. Canzoni di Tammy Wynette. Interpreti: Jack Nicholson, Karen Black, Lois Smith, Susan Anspach, Billy Green Bush, Ralph Waite, William Challee, Fannie Flagg, Sally Struthers, Helena Kallianotes, e altri. Durata: 96 minuti

"Cinque pezzi facili" vede Jack Nicholson nella parte di un giovane e promettente pianista che ha abbandonato tutto, rompendo anche con la famiglia. All'inizio del film lo vediamo infatti lavorare come operaio in un impianto per l'estrazione del petrolio, un lavoro duro che poco si adatta ad un pianista. Vive con una ragazza semplice e un po' rozza (Karen Black) e ha per amico un altro operaio (manovale e precario come lui) interpretato da Billy Green Bush. La malattia del padre lo riporterà a casa per qualche settimana, giusto il tempo per far rinascere il suo disagio esistenziale, che lo porterà a rompere definitivamente anche con la ragazza che gli vuol bene. E' per una buona parte un film di viaggio, "on the road", e anche il finale va in questa direzione. Nicholson, qui in una delle sue ultime interpretazioni "da sobrio", era reduce dal successo in "Easy rider", dove interpretava una parte minore ma comunque importante, che diede origine al suo grande successo negli anni a seguire.
 

Rivisto in versione originale, "Cinque pezzi facili" rivela molte somiglianze con il cinema di Ingmar Bergman, e soprattutto quando Nicholson e la Black danno il passaggio in auto alle due donne che hanno avuto un incidente è difficile non pensare a "Il posto delle fragole" dove c'è una scena simile; la differenza principale è che Gunnar Björnstrand e Ingrid Thulin non riescono a sopportare la coppia che litiga e i loro sproloqui, e li abbandonano prima della meta. L'altro film di Bergman a cui si pensa è "Come in uno specchio" , per via della riunione in famiglia e della struttura musicale che fa pensare a un brano da camera in quattro tempi (l'inizio, un Andante con moto; il viaggio in auto come un Adagio; la permanenza nella casa una specie di Scherzo; e poi il Finale con una nota sospesa). Il film è però molto originale, ancora oggi molto bello. Bob Rafelson è anche autore del soggetto (con Adrien Joyce) e viene da pensare che avrebbe potuto dare molto di più negli anni successivi. Magnifica la fotografia di Laszlo Kovacs, con splendidi panorami in esterni e in condizioni climatiche differenti.


Gli attori: oltre a Jack Nicholson e a Karen Black, Lois Smith e Ralph Waite sono i fratelli di Nicholson, William Challee è il padre, Susan Anspach l'allieva del fratello violinista. Helena Kallianotes è la verbosa ospite del passaggio in auto, Billy Green Bush e Fannie Flagg sono la coppia di operai amici di Nicholson all'inizio del film. Nella scena della registrazione in studio, Lois Smith canticchia sulle note di Bach come era solito fare Glenn Gould; i tecnici del suono non apprezzano affatto e la fanno ricominciare da capo.


 
I "Cinque pezzi facili" sono di Stravinskij (andante, balalaika, napolitana, galop, española) composti fra il 1917 e il 1918. Sono molto belli e ne esiste anche la versione orchestrale, sempre ad opera dello stesso Stravinskij, però nel film non se ne parla e non vengono eseguiti nella colonna sonora, che è invece questa:
- Chopin: Fantasia in si minore op.49
- Chopin: Preludio in mi minore, op.28 n.4
- Johann Sebastian Bach: Fantasia cromatica e fuga
- Mozart: Concerto in mi bemolle maggiore K 271
- Mozart: Fantasia in re minore K 397
(Pearl Kaufman, pianoforte)
Secondo www.imdb.com  viene eseguita anche:
- Johann Sebastian Bach: Fuga dalla Sonata in do maggiore BWV 1005 per violino solo (probabilmente nella scena in cui il fratello del protagonista suona il violino)
Esiste anche una composizione dello stesso titolo di Nino Rota, "Cinque pezzi facili", datata 1971-72, ma è per flauto e pianoforte; Bela Bartok ha composto "Dieci pezzi facili", per pianoforte. Il titolo "pezzi facili" è comunque molto comune nelle composizioni in musica.


Le canzoni che si ascoltano nel film, tutte scelte molto bene, sono interpretate dalla cantante country Tammy Wynette:
- Stand by Your Man ( B. Sherril, T. Wynette)
- D-I-V-O-R-C-E (B. Braddock, C. Putnam)
- Don't Touch Me (Hank Cochran)
- When There's a Fire in Your Heart (Merle Kilgore, Spencer Williams)
- Banbury Cross (uncredited)
"Don't Touch Me" viene cantata anche da Karen Black, che dimostra di avere una voce molto bella e molto ben impostata.




 


venerdì 7 dicembre 2018

Match ( Mauricio Kagel )


Match, für drei Spieler (1966) Scritto e diretto da Mauricio Kagel. Musica di Mauricio Kagel. Interpreti: Christoph Caskel, Siegfried Palm, Klaus Storck. Durata: 21 minuti

"Match" è in sostanza la ripresa di un concerto, in studio, ma girato così come lo avrebbero fatto René Clair e Man Ray. La musica è di Mauricio Kagel, tedesco d'Argentina, 1931-2008, un compositore importante della scuola di Darmstadt che si è anche divertito con la regia di brevi film per la tv tedesca, oggi visibili anche su youtube. Il divertimento è proprio all'origine di questo film, così come di "Antithese", girato l'anno prima.
 

"Match", la composizione di Kagel, è scritta per un trio di musicisti: due violoncellisti e un percussionista. I musicisti, qui anche attori, sono il percussionista Christoph Caskel e i due violoncellisti Siegfried Palm e Klaus Storck. Sono tutti bravi e divertenti, il percussionista finisce per "rubare" la scena ma è quasi inevitabile perché i suoi strumenti cambiano continuamente e rubano l'attenzione: xilofono, piatti, campanelli e molto altro, compreso un bicchiere con dadi da gioco.
Nelle inquadrature vediamo un po' di tutto, collages, dettagli degli strumenti, spartiti, una colomba bianca; il divertimento è la chiave del film, che incuriosisce. Verrebbe da dire: viene voglia di sapere come andrà a finire, non c'è una trama e non è un thriller ma in fin dei conti è davvero un "match". Il film è girato in bianco e nero, per la tv bavarese, ed è visibile qui. Buon divertimento.