sabato 23 febbraio 2019

Anna Karenina (1948)


 
Anna Karenina (1948) Regia di Julien Duvivier. Tratto dal romanzo di Tolstoi. Sceneggiatura di Jean Anouilh, Guy Morgan , Julien Duvivier. Fotografia di Henri Alekan (b/n). Musiche di Constant Lambert. Interpreti: Vivien Leigh, Ralph Richardson, Kieron Moore, Gino Cervi, Sally Ann Howes, Niall Mc Ginnis. Durata: 2h12'

Anna Karenina di Duvivier, prodotto da Alexander Korda, è del 1948 ed è un'onesta e ben condotta riduzione da Tolstoi. Sarebbe da vedere in lingua originale, perché gli attori sono molto bravi ed è un peccato perdere le loro voci. Dura 2h12' la fotografia è del grande Henri Alekan (qui molto semplice) protagonisti sono Vivien Leigh, Kieron Moore (Vronskij) e un grande Ralph Richardson che dà spessore e credibilità all'ingrata parte del marito di Anna. Sally Ann Howes è Kitty, Niall Mc Ginnis è l'uomo che sposa Kitty e la rende felice, nelle sequenze di Venezia c'è anche Gino Cervi ma è difficile riconoscerlo anche perché è molto truccato. Alla sceneggiatura collaborò Anouilh, i costumi sono di Cecil Beaton.


Porto qui "Anna Karenina" di Duvivier per le sequenze al teatro d'opera, dove non si ascolta musica ma l'opera è vista unicamente come luogo d'incontro per ricchi annoiati, e questo mi dispiace sempre ma è un luogo comune molto presente nel cinema e questo film è un esempio molto evidente di cosa si pensa della grande musica al di fuori della cerchia degli appassionati competenti. Purtroppo, è anche una rappresentazione abbastanza veritiera di una certa parte del pubblico dei teatri d'opera. Nel film di Duvivier ci sono molte sequenze in teatro, ma si vedono solo i palchi e non si ascolta musica: viene da pensare che ai presenti la musica non interessi affatto, e purtroppo per queste persone non ci si discosta molto dalla realtà. E' così, per esempio, anche alle prime della Scala del 7 dicembre dove molte persone vanno a teatro solo per farsi vedere, ma alla musica non sono interessati e preferirebbero essere altrove. La vera stagione musicale, per gli appassionati competenti, comincia dalla seconda rappresentazione...


Altri due appunti presi durante la visione: 1) nel finale del film si nomina Adelina Patti 2) a un certo punto si dice che è il 21 settembre e comincia l'inverno russo, e mi sono reso conti che era effettivamente il 21 settembre anche per me, in quel momento. (21.09.2016)



sabato 16 febbraio 2019

La giacca verde


 
La giacca verde (1979) regia Franco Giraldi. Soggetto di Mario Soldati. Sceneggiatura di Lucio Battistrada, Sandra Onofri, Franco Giraldi, Cesare Garboli. Fotografia di Dario Di Palma. Musiche di Verdi, Massenet, Liszt, Chopin, Mendelssohn, Richard Strauss. Musiche per il film di Luis Bacalov. Interpreti: Jean Pierre Cassel, Renzo Montagnani, Senta Berger, Vittorio Sanipoli, Laura Trotter, Adriana Russo, e molti altri Durata: 1h50'

"La giacca verde" inizia e termina con l'Otello di Verdi, in teatro; nel mezzo c'è una storia del tempo di guerra, immaginata da Mario Soldati nel suo racconto omonimo, tratto dal volume "A cena con il commendatore". E' la storia, simile per molti versi a quella di Harold Pinter per "Servo di scena", di un direttore d'orchestra italiano che al tempo delle persecuzioni fasciste deve nascondersi sotto falso nome nelle montagne dell'Abruzzo, in un convento. Gli Alleati stanno per arrivare a Roma, ma - come raccontano i libri di Storia - impiegheranno più tempo del previsto ad arrivarci, dando purtroppo tempo ai fascisti e ai nazisti di fare la strage delle Fosse Ardeatine. Ma di questo nel film non si parla, nel convento e nel paesino abruzzese la guerra è solo un evento lontano. Nel convento il direttore d'orchestra, nascosto sotto l'identità di un qualsiasi ragioniere, troverà un altro musicista: un grande Maestro, così gli dicono i frati. In realtà, si tratta di un orchestrale dell'Opera di Roma che approfittando dell'ospitalità dei frati e della gente del paese si fa passare per un musicista famoso; è un timpanista, e la giacca verde del titolo è sua (ci tiene molto).


Il direttore d'orchestra sta al gioco e si diverte, chiamando anche lui "maestro" il timpanista e facendosi passare per un semplice dilettante di musica; in seguito, tutti e due lasceranno il convento per andare ad abitare in paese, ospiti nella villa dove abita una bella signora, una diva del cinema di origini ungheresi. La presenza della donna, bella e intelligente, crea qualche problema di gelosia ma il rapporto fra i due è ormai consolidato, con il timpanista che continua a passare per grande musicista e il grande musicista che gli fa credere di essere solo un dilettante al suo servizio; un gioco un po' strano che finisce quasi per diventare verità. Il gioco continuerà fino alla fine della guerra, o meglio fino all'arrivo a Roma degli americani (la guerra continua, ma solo al Nord), quando i due lasceranno il rifugio tranquillo per tornare a immergersi nella vita quotidiana.
Nell'immediato dopoguerra, il direttore è tornato al suo lavoro e un impresario gli ha affidato la direzione dell'Otello di Verdi, con un cast importante; ma va in crisi quando in orchestra si ritrova il timpanista, il gioco era durato troppo a lungo e ora qualcosa non torna. Chiede all'impresario se sia possibile trovare un altro timpanista, ma il finale sarà a sorpresa e anche un tantino beffardo.
 

Ho fatto una piccola ricerca sull'ottimo sito dell'Opera di Roma, giusto per vedere se ci fosse qualche aggancio con la realtà storica, ma all'Opera di Roma l'Otello di Verdi, qui definito come "la prima rappresentazione del dopoguerra", fu rappresentato solo due stagioni dopo la fine della guerra, nel 1947, con direttore Gabriele Santini e con i cantanti Francesco Merli, Gino Bechi / Tito Gobbi, Renata Tebaldi. Il direttore d'orchestra del finale è chiamato "Rossi" e in effetti c'è stato un importante direttore con quel cognome, Mario Rossi; ma la sua presenza a Roma fu sporadica. Mario Rossi fu direttore stabile alla Rai di Torino dal 1946 e per molti anni.
Il direttore d'orchestra che si vede nel finale è probabilmente Franco Tamponi, consulente per il film riguardo alla direzione d'orchestra. Franco Tamponi (1925-2010) fu violinista e musicologo oltre che direttore d'orchestra; è stato anche stretto collaboratore di Salvatore Accardo scrivendo per lui cadenze di concerto.
 
 
Nei titoli di testa e di coda non c'è il minimo rimando agli interpreti che si vedono e si ascoltano nel film, e non sono riuscito a trovare altre informazioni. Si parla di un tenore Ridolfi e di un soprano Marga, ma sono ovviamente nomi fittizi; metto qui qualche immagine presa dalla recente trasmissione del film su Rai 3 (nottetempo ma meglio che niente) nel caso qualcuno riconosca i cantanti.


 
Gli attori: il protagonista del film è Jean Pierre Cassel, che se la cava bene anche quando dirige; come aspetto è una via di mezzo fra Herbert von Karajan e Johnny Dorelli, ed è convincente nella parte. Renzo Montagnani è il timpanista Romualdi: sornione, da grande attore, spesso e volentieri ruba la scena quasi senza farsi notare. Senta Berger impersona l'attrice ungherese: in gran forma e con la sua vera voce, dà forza e spessore al film. Vittorio Sanipoli è l'impresario Gatti, Laura Trotter è la bella giornalista bionda, Adriana Russo la domestica di Senta Berger. Molti altri attori in parti più o meno piccole: le coriste, i frati, e via via tutti gli altri.


 
La musica all'inizio, con il dettaglio delle mani del direttore, si direbbe Richard Strauss; il coro natalizio dal "Werther" di Massenet è spacciato dal timpanista come sua composizione. Sempre il timpanista suona, meglio che può, un brano di Chopin; il direttore d'orchestra suona invece Liszt, quando proprio non ne può più, ma il timpanista pensa che abbia invece suonato la signora che li ospita. C'è anche un breve coro natalizio di Mendelssohn, cantato dalle coriste del paese; di nessuno di questi brani viene detto il titolo.



Nel film si inizia da Londra nel1946, quando il direttore d'orchestra ha già ripreso la sua attività; poi ci si sposta a Roma per l'Otello di Verdi e il resto viene narrato in flashback. La presenza dell'attrice ungherese, come spiegato in un'intervista successiva, è una modifica di Giraldi approvata da Soldati; nel racconto originale era un'italiana sfollata da Roma.
Sarebbe interessante conoscere anche i luoghi dove è stato girato il film: il paese (Abruzzo?), le montagne, il convento con teatro, la chiesa con gli affreschi per il coro con harmonium. Metto qui sopra qualche immagine per chi volesse provare a dare un nome almeno alla chiesa.



sabato 9 febbraio 2019

Compositori immaginari ( II )


2.
Un'altra curiosità riguardo ai compositori più o meno immaginari del cinema è legata a Francesco Ceruomo: la sua "Appassionata op.69" è lo spartito sul piano di Alida Valli in "Il caso Paradine" di Alfred Hitchcock. Si tratta in realtà di Frank Waxman, autore delle musiche per il film: in inglese "wax" è la cera e "man" significa uomo, "uomo di cera". Francesco Ceruomo è dunqua una traduzione del nome e cognome di Frank Waxman, e lo spartito sul pianoforte è la musica del film in quel punto.
Altri aneddoti e biografie più o meno immaginarie, sempre da "La vita istruzioni per l'uso" di Georges Perec:
(...) la signora de Beaumont era stata invitata come presidente onorario al festival Alban Berg dato a Berlino per commemorare contemporaneamente il novantesimo anniversario della nascita del compositore, il quarantesimo della sua morte (e del Concerto à la mémoire d'un ange) e il cinquantesimo della prima mondiale di Wozzeck (...)
pag.503

Morellet non aveva nessuna delle conoscenze tecniche necessarie per risolvere un problema di questo genere, ma indirizzò Bartlebooth dal suo capo, un chimico di origine tedesca che si chiamava Kusser e vantava una lontana discendenza dal compositore
KUSSER o COUSSER (Johann Sigmund) compositore tedesco di origine ungherese (Pozsony 1660 - Dublino 1727). Lavorò con Lulli all'epoca del suo soggiorno in Francia (1674-1682). Maestro di cappella al servizio di varie corti principesche in Germania, fu direttore d'orchestra ad Amburgo dove fece rappresentare numerose opere: Erindo (1693), Poro (1694), Piramo e Tisbe (1694), Scipione l'Africano (1695), Giasone (1697). Nel 1710 diventò maestro di cappella della cattedrale di Dublino e lo rimase fino alla morte. Fu uno dei creatori dell'opera amburghese in cui introdusse "l'ouverture alla francese" e uno dei precursori di Haendel nel campo dell'oratorio. Di questo artista si conservano sei ouverture e varie altre composizioni.
pag.29-30
(la voce su Kusser della Garzantina è quasi identica, salvo che nel luogo di nascita indicato come Bratislava)


Emmanuel de Dinteville (1814-1849): amico di Liszt e di Chopin, è conosciuto soprattutto come autore di un valzer turbinoso giustamente soprannominato La trottola.
pag.60
(non ho trovato notizie su Dinteville)

Uno dei due, un giovanotto in abito di tela, a piedi nudi, sprofondato nei cuscini, sul punto di accendersi una sigaretta con uno zippo, è un musicista svedese, Svend Grundtvig. Allievo di Falkenhausen e di Hazefeld, adepto della musica postweberniana, autore di costruzioni sapienti quanto discrete, la più celebre delle quali, Crossed Words, offre una partitura stranamente simile a uno schema di parole incrociate, con la lettera orizzontale o verticale corrispondente a sequenze di accordi dove le "caselle nere" hanno funzione di pausa, Svend Grundtvig è nondimeno smanioso di accostarsi a musiche più popolari e ha appena composto un oratorio, "Proud Angels", il cui libretto si basa sulla storia della caduta degli angeli. La riunione di questa sera studierà mezzi e modi di promozione prima che venga rappresentato al festival di Tabarka.
pag.195
(non ho trovato notizie su Falkenhausen e Hazefeld)

A sinistra, dietro al banco, il padrone, un uomo obeso in maniche di camicia e bretelle scozzesi, guarda con aria circospetta un manifesto che una ragazza sembra timidamente chiedegli di mettere in vetrina: in alto, una lunga cornetta metallica molto appuntita, con molti fori; al centro, l'annuncio della prima mondiale nella chiesa di Saint Saturnin a Champigny, sabato 19 dicembre 1960 alle 20.45, di Malakhitès opus 35, per quindici ottoni, voci umane e percussioni, di Morris Schmetterling, eseguita dal New Brass Ensemble of the Michigan State University at East Lansing, diretto dal compositore. Proprio in basso, una carta di Champigny-sur-Marne precisa gli itinerari da seguire uscendo dalle porte di Vincennes, Piepus e Bercy.
pag.223

(...) il famoso telegramma, "Shut up, you singing boy!", che aveva fatto spedire a Caruso pochi minuti prima del suo debutto sulle scene del Metropolitan (...)
pag.273 (il telegramma viene spedito da un personaggio che si chiama Grace Twinkie)

(...) Enrico Romagnesi, compositore di romanze, 1781-1851 (...)
pag.302 (nessuna notizia anche su Romagnesi, fa parte delle "voci cancellate dal Larousse")

Sulla parete di fondo, accanto alla porta che dà sul vestibolo, a sinistra, tre quadri di formato più o meno identico: il primo è il ritratto di Morrell d'Hoaxville, pittore inglese del secolo scorso, dei fratelli Dunn, clergymen del Dorset, entrambi esperti in materie oscure, la paleopedologia e le arpe eolie. Herbert Dunn, lo specialista in arpe eolie, è a sinistra (...)
pag.341

(...) la partitura manoscritta di Incertum op.74 di Pierre Block, per voci umane e percussioni, rilegata in una pelle di bufalo incrostata d'osso e avorio.
pag.342

(...) avevano un comune amore per la musica antica tedesca: Heinrich Finck, Breitengasser, Agricola. (...) (due dei protagonisti del libro, Bartlebooth e Beaumont)
 (Heinrich Finck 1445-1527, Martinus Agricola 1483-1556)
pag.378

Ci si sarebbe potuti aspettare che un simile personaggio impressionasse Gertrude. Ma la robusta cuoca della signora Moreau aveva visto ben altro, e non per niente aveva nelle vene sangue di Borgogna. Dopo tre giorni di servizio, e a dispetto del severissimo regolamento che il primo segretario di lord Ashtray le aveva imposto al suo arrivo, andò a trovare il nuovo padrone. Che era in sala da musica, dove assisteva a una delle ultime prove dell'opera che intendeva offrire come primizia ai suoi invitati la settimana seguente, Assuero, lavoro ritrovato di Monpou (Hippolyte). Esther e quindici coriste, inspiegabilmente vestite da alpiniste, iniziavano il coro che chiude il secondo atto: Quand Israel hors d'Egypte sortit, quando Gertrude fece irruzione. Senza badare minimamente allo scompiglio che provocava, buttò il grembiule in faccia al lord dicendogli che i prodotto forniti erano pessimi e che non aveva nessuna intenzione di farci qualcosa.
pag.461
(esiste Federico Mompou, catalano, nella prima metà del Novecento; Lord Ashtray è, alla lettera, Lord Portacenere)


(...) un compositore famelico che scrive febbrile in una mansarda un'opera, L'Onda bianca, in cui è leggibile il titolo (...) 
pag.469 (descrizione di una delle incisioni appese al muro)

(...) uno studio a pastello di Joseph Ducreux per il ritratto del violinista Beppo. Quel virtuoso italiano la cui popolarità rimase ben viva nel periodo rivoluzionario ("Zonerò il violino", rispose quando, sotto il Terrore, gli domandarono come contasse di servire la Nazione), era arrivato in Francia all'inizio del regno di Luigi XVI. Carezzava allora l'ambizione di diventare Violino del Re, ma la nomina toccò a Louis Guéné. Divorato dalla gelosia, Beppo sognava di eclissare il rivale in tutto: essendo venuto a sapere che François Dumont aveva appena dipinto una miniatura su avorio raffigurante Guéné, Beppo si precipitò da Joseph Ducreux ordinandogli il proprio ritratto. Il pittore accettò, ma fu presto evidente che il focoso strumentista era incapace di mantenere la posa per più di qualche secondo; il miniaturista, dopo aver vanamente tentato di lavorare con quel modello volubile ed eccitato che lo interrompeva ad ogni momento, vi rinunciò quasi subito, e dell'ordinazione non rimase che questo schizzo preparatorio in cui Beppo, scomposto, gli occhi al cielo, il violino impugnato, l'archetto pronto all'attacco, sembra sforzarsi di avere un'aria ancora più ispirata del suo nemico.
pagina 478

(...) il baritono belga Léo Van Derckx, l'italiano Martiboni, il verbalista spagnolo Tortosa, il fotografo Arpad Sarafian e la saxofonista Estelle Thierarch' , la cui influenza su certe tendenze precipue dell'arte contemporanea non ha ancora finito di farsi sentire. 
(  lista di persone presente ai "martedì del pittore Hutting", anni '50)
pag.486

(...) una serata con l'orchestra da camera di Bregenz diretta da Hal Montgomery con Virginia Fredericksburg solista (Corelli, Vivaldi, Gabriel Pierné) (....)
pag.437

 

Brani da
Georges Perec, da "La vita istruzioni per l'uso", ed. Rizzoli 1989, traduzione di Dianella Selvatico Estense

(il dipinto in apertura è di Carl Holsoe; la donna con l'arpa è di Antoine Hébert, 1858; il ritratto di Louis Guéné ad opera di Ducreux; un autoritratto dello stesso Ducreux)
(Georges Perec è nella sua foto più famosa; il dipinto sulla copertina del libro è di Felix Vallotton)

sabato 2 febbraio 2019

Compositori immaginari ( I )


1.
I compositori immaginari, inventati di proposito per un film o per un libro, sono molti. Se l'Adrian Leverkühn di Thomas Mann fece arrabbiare Schoenberg (direi con ragione), al cinema si possono ricordare l'inesistente Van den Budenmayer (Zbygniew Preisler nella vita reale) in alcuni film di Kieslowski ("La doppia vita di Veronica" e "Decalogo n. 9" oltre che in "Film blu") e l'altrettanto immaginario Baldassarre Vitali nello sceneggiato Rai "Il segno del comando", mentre l'anonimo veneziano del famoso film degli anni '70 è in realtà un compositore vero, anzi due (i fratelli Alessandro e Benedetto Marcello). Gli esempi che si potrebbero fare sono molti e sarebbe divertente inventariarli, per oggi invece preferisco occuparmi di Georges Perec. Con molta più levità rispetto a Mann si muove Georges Perec, che nel suo libro più famoso ("La vita istruzioni per l'uso") si inventa tutta una serie di aneddoti e biografie di personaggi legati alla musica che potrebbero anche essere vere. Cominciamo da Vera Orlova, che è uno dei personaggi principali del libro e quindi penso che sia senz'altro un personaggio di fantasia, però ben inserito nella realtà:
Nata in Russia all'inizio del secolo, Vera Orlova - con questo nome la ricordano i melomani - ne fuggì nella primavera del '18 sistemandosi prima a Vienna dove fu allieva di Schönberg al "Verein für musikalische Privataufführung" (la scuola musicale privata di Schönberg). E poi, avendo seguito Schönberg ad Amsterdam, lo lasciò quando lui tornò a Berlino, venendo a Parigi per darvi nella Salle Érard una serie di recital. Malgrado l'ostilità sarcastica o burrascosa di un pubblico manifestamente poco abituato alla tenica dello Sprechgesang, e con l'unico appoggio di un pugno di fanatici ammiratori, riuscì a inserire nei suoi programmi, prevalentemente composti da arie operistiche, lieder di Schumann e Hugo Wolf e da melodie di Mussorgskij, certi pezzi della Scuola di Vienna che fece così conoscere ai parigini. Fu proprio in occasione di un ricevimento dato dal conte Orfanik che le aveva chiesto di cantare l'aria finale di Angelica nell'Orlando di Arconati: «Innamorato, mio cuore tremante, / Voglio morire... » che conobbe colui che sarebbe diventato suo marito. Ma reclamata ovunque con sempre maggio insistenza, trascinata in tournée trionfali che duravano a volte un anno intero, visse appena insiema a Fernand de Beaumont (...) 
pag.27
(ho cercato un compositore Arconati, ma non ho trovato niente; Arconati è comunque il cognome di una famiglia importante del milanese e del comasco, in secoli passati)

(...) fotografie del matrimonio di Fernand de Beaumont e Véra Orlovska, il ventisei novembre 1926, nei saloni dell'Hotel Crillon: folle eleganti, famiglia, amici - il conte Orfanik, Ivan Bunin, Florent Schmitt, Arthur Schnabel, eccetera (...)
pag.377
(del conte Orfanik non so nulla, Bunin è un importante scrittore russo, Florent Schmitt visse fra il 1870 e il 1958 ed era un compositore francese, il pianista Schnabel è ben noto a tutti gli appassionati di musica)


Si sarebbero conosciuti a Cincinnati, Ohio, dove Vera Orlova era stata ingaggiata per cantare la parte di Blonde in "Die Entführung aus dem Serail".
pag.190 (Mozart, Il ratto dal serraglio)
 
(Florent Schmitt, da Wikipedia)

(...) qualche mese prima l'aveva invitata al Covent Garden per ascoltare "Didone e Enea". "Detesto l'opera", gli aveva detto, aggiungendo: "E' logico, mia madre era una cantante!"
pag.155, (la figlia di Vera Orlova) (penso si tratti dell'opera di Henry Purcell, anche perché siamo al Covent Garden)

 
Brani da
Georges Perec, da "La vita istruzioni per l'uso", ed. Rizzoli 1989, traduzione di Dianella Selvatico Estense


(il dipinto è di Angelica Kauffmann, 1780)

(segue)