sabato 30 marzo 2019

Discorso sul copyright


Nel mio primissimo blog, una quindicina di anni fa o forse anche di più, avevo pubblicato "Rossini viaggia in treno", un breve post musicale che poi ho ripreso sul blog deladelmur (qui). L'amico con cui scrivevo su quel blog, pochi mesi dopo, mi segnalò che quel mio brano era stato pubblicato sul programma di sala di un concerto, tale e quale, ma senza il mio nome. Gli avevo risposto che mi andava bene anche così, che non ho mai pensato di fare soldi o diventare famoso con le cose che scrivo.
Allo stesso modo, sul blog giulianocinema, nelle scorse settimane ho ricevuto più di 500 visite dopo un passaggio tv di "Gallipoli - Gli anni spezzati" di Peter Weir  (qui), e la cosa ovviamente fa piacere anche perché quel blog è fermo da quasi sette anni. E poi so di ricevere visite abbastanza assidue da universitari che usano ciò che ho scritto sul cinema per le loro ricerche e per le loro tesi; ne sono contento, non chiedo niente, scrivo qui per pura passione e - soprattutto - perché mi dispiace che cose belle e importanti vengano dimenticate. Al mio sostentamento personale ho provveduto andando a lavorare, come si dice dalle mie parti: sveglia alle cinque del mattino per andare in fabbrica, turni di notte dalle 22 alle sei del mattino, queste cose qui.
Per questo, sono rimasto sorpreso quando quest'inverno ho ricevuto un messaggio che mi chiedeva di "prendere accordi con il proprietario delle immagini" - immagini di sessantacinque anni fa, scattate per "Senso" di Luchino Visconti. Ho tolto subito quelle fotografie, non avrei immaginato che ci fosse ancora il copyright, per di più su foto pubblicitarie, e mi scuso se ho offeso la sensibilità di qualcuno; però poi non ho potuto fare a meno di pensare a come viene trasmesso in tv "Senso" (uno dei più grandi capolavori del cinema di tutti i tempi, per chi non lo sapesse). I capolavori di Fellini, Visconti, Antonioni, Kubrick, John Ford (continuate voi), vengono trasmessi in tv in maniera inaccettabile, spezzettati e interrotti dalla pubblicità, riempiti di scritte che annunciano programmi tv per la sera, spesso in copie sbiadite, e viene da chiedersi come mai più nessuno protesti: la risposta può essere una sola, che nessuno guarda la tv in quelle ore e, quindi, a che serve quella pubblicità? Fossi un inserzionista pubblicitario farei molta attenzione a queste cose. I fotografi che scattarono le foto pubblicitarie sul set di "Senso", dopo settant'anni, pensano ancora di ricavarne un utile; è nel loro diritto, ma intanto i diritti dei film sono nelle mani di autentici porci che non li programmano, non li pubblicano su dvd, ne rendono difficile o impossibile la conoscenza; quelli che vengono trasmessi in tv sono spezzettati, manomessi, straziati, trasmessi in modo indecente, nascosti in orari improbabili. Di fatto, si impedisce di vederli e di conoscerli; e a me pare questa la questione fondamentale, che un film come "Senso" di Visconti o come "La strada" di Fellini vengano straziati o dimenticati. Di questo mi preoccuperei, prima di tutto.

Quella osservazione mi ha fatto guardare con più attenzione anche alle foto che vengono pubblicate sui quotidiani e sui settimanali: se si tratta di un reportage c'è sempre indicato l'autore della foto e questo è sicuramente bello e giusto, ma se ci fate caso troverete foto di Luigi Pirandello o di Giovanni Verga con scritto accanto "Getty Images" o "Alamy" o un altro archivio fotografico. Vale a dire: bisogna pagare i diritti per una foto di cent'anni fa, di quelle che avevo sui libri delle elementari nel 1964? Vedo sempre volentieri la scritta "archivio Alinari" per le foto tra Ottocento e Novecento, ma mi fa impressione vedere la scritta Getty o Alamy (o altre) accanto al ritratto di Leopardi o di Manzoni, o magari a quello di Galileo che campeggiava sulla copertina del mio sussidiario delle elementari, ormai più di mezzo secolo fa, e poi riprodotta infinite volte su libri e giornali.
Mentre penso a queste cose, succede che sul Venerdì di Repubblica del 18 gennaio 2019 trovo un'intervista al regista e attore Carlo Cecchi che mette in scena "Enrico IV" di Pirandello tagliando di brutto (un atto unico invece di tre atti); di fianco all'articolo c'è una foto delle più usate e conosciute di Pirandello e accanto alla foto c'è scritto "Getty Images". Non il nome dell'autore della foto (questo sarebbe stato interessante) ma di chi ci ha messo le mani sopra. Ne consegue che i testi di Pirandello possono essere stravolti dal primo che passa ("doversi sorbire i soliti tre atti di estenuanti monologhi", si dice nell'intervista: complimenti per la faccia tosta, ma secondo me chi lo dice ha sbagliato mestiere), ma per una sua banalissima foto ormai centenaria bisogna chiedere il permesso a questo e quello. Chissà cosa ne direbbe il nostro grande scrittore, e chissà cosa ne pensano i suoi discendenti.
 
Nel campo del copyright succedono cose strane: per esempio Macdonald, uno dei cognomi più comuni al mondo, è sotto copyright. Basta scrivere "Mac" o anche "Mec" nel nome di un negozio di droghiere, ed ecco che arrivano gli avvocati che contestano l'infrazione; la cosa curiosa è che poi i tribunali danno ragione a "Big Mac" (che per inciso è anche Mac Intosh...), anche contro la logica. Allo stesso modo, negli Usa non sono protetti prodotti con secoli e secoli di storia documentata, come il Parmigiano-Reggiano o il Chianti: qualcuno è arrivato prima a mettere sotto copyright quei nomi, in Usa, e quindi il furbo di turno finisce per l'avere ragione anche contro ogni evidenza storica. Un terzo esempio è sulle canzoni: i quattro quinti delle canzoni commerciali hanno musiche così banali che non dovrebbero avere accesso al copyright, a parte forse le parole. C'è chi dice: se è una canzone che potevano scrivere tutti, perché allora gli altri non l'hanno fatto? La risposta è molto semplice: perché un autore serio si vergognerebbe di mettere la sua firma su una banalità da principianti.

C'è poi tutto il discorso sulla "censura di mercato": negli anni '80 vennero messi in commercio dischi con registrazioni dal vivo di opere liriche e concerti, sotto etichetta Cetra. Anch'io ne ho comperato qualcuno, perché erano registrazioni di grande interesse; poi è successo che la messa in commercio di queste registrazioni venne vietata, perché si ledevano gli interessi dei singoli cantanti e dei singoli direttori d'orchestra. Non che la cosa fosse sbagliata, s'intende: ma in quel modo (il copyright fu portato a cinquant'anni o a settanta, chi se lo ricorda più) queste registrazioni di grande interesse furono di fatto censurate, nessuno può più ascoltarle nemmeno pagando. Il risultato è che sono arrivati i "pirati", quelli veri, che hanno messo sul mercato in maniera più o meno clandestina quelle registrazioni, facendo pagare somme esagerate e soprattutto senza far guadagnare un centesimo ad autori ed esecutori. Un pessimo risultato, viene da dire, e sotto ogni punto di vista.
A noi appassionati non resta che sospirare pensando che alla Scala si registra tutto da decenni, prove ed esecuzioni; ma tutto rimane vietato per gli appassionati. Io stesso ho cercato per anni i dvd di grandi esecuzioni scaligere, come il Macbeth e il Simon Boccanegra con Claudio Abbado direttore e Giorgio Strehler in regia, ma non sono mai stati pubblicati (non in Italia) e li ho ritrovati solo su youtube in questi ultimi anni.
 

Insomma, un conto è proteggere gli autori, un altro conto è dare spago ai furbetti che se ne approfittano. Allo stato attuale, se io scrivo dell'acqua calda da domani potrei trovare qualcuno che mi chiede le royalties perché lui ha già depositato e registrato un articolo sulla scoperta dell'acqua calda (o sull'invenzione del cavallo, come direbbe Achille Campanile). Insomma, distinguere tra un'opera di alto ingegno e una furbatina sarebbe come minimo indispensabile; so già che non succederà, che fare.
Di recente ho fatto una breve ricerca on line sul sito di Twyfelfonteyn, in Namibia, per osservarne gli antichissimi dipinti rupestri: e capisco bene che siano marcati con il nome del fotografo, non userei mai quelle foto per scopi commerciali senza chiedere il permesso. Se uno si è attraversato il deserto della Namibia per fare quelle foto è normale che chieda di essere pagato e rispettato; ma che dire di chi mette il suo marchio dappertutto, tipo varicella o morbillo, su foto di attori a attrici del cinema muto, o su banalissime riproduzioni fotografiche da riviste di quadri o di locandine di film degli anni '50... Io mi vergognerei, ma - come dicevo all'inizio - per guadagnarmi la vita sono andato a lavorare. Non sono mai stato furbo, insomma, e a questo punto comincio anche a vantarmene.

PS: i disegnini di questa pagina sono tutti miei; non valgono niente ma non mi stupirei se tra qualche mese qualcuno li mettesse sotto copyright. Nella vita non si sa mai, nel qual caso fatemelo sapere che ve ne mando una dozzina gratis, identici. Comunque sia, tengo accuratamente nascoste le foto dei miei nonni, vuoi vedere che tra un po' le ritrovo marchiate con la varicella Alamy-Getty (Shorpy mette il suo nome in un angolino, non dà fastidio: non potreste fare così anche voi?).

 





sabato 23 marzo 2019

Enzo Dara


« Sì, di matti una gran gabbia ben si può chiamare il mondo;
forse appunto perché è tondo testa quadra non vi sta. »
Così Enzo Dara, nelle vesti del Barone di Trombonok, dava il via al gran finale di "Il viaggio a Reims" a Pesaro nel 1984. "Il viaggio a Reims" di Rossini era un'opera considerata perduta, ricostruita pazientemente sul libretto e su "Il conte Ory", in cui Rossini aveva fatto confluire gran parte della musica scritta per quell'opera poco fortunata. Un'operazione voluta fortemente da Claudio Abbado, che poi fece il giro del mondo e che ancora oggi è sui palcoscenici. Enzo Dara, piccolo e tondo, faccia buffa e voce intonatissima, sempre a tempo, sempre con il colore giusto, era il vero fulcro di quell'operazione e sono più che sicuro che sia stato il primo cantante a cui Claudio Abbado abbia pensato: sarà certamente un cast stellare, ma come prima cosa scritturare Dara...

 
 Cercando notizie su Enzo Dara (mantovano, 1938-2017) scopro che non è più qui con noi, e fa impressione pensarci. Devo aver sicuramente letto la notizia a suo tempo, ma è talmente incredibile che la rimozione è più che giustificata. Enzo Dara, diciamolo chiaramente, è immortale; e sono più che sicuro che mi sta leggendo proprio adesso e che sbuffa o ride da qualche parte qui intorno.
Enzo Dara debutta sul palcoscenico nel 1960, e praticamente non si ritira mai, c'è sempre qualcosa da fare per lui, come cantante e poi anche come regista. Da segnalare anche un suo libro del 1994 "Anche il buffo nel suo piccolo", ormai difficile da trovare.
Dara ha al suo attivo un film come attore: nel 1968, a fianco di Ugo Tognazzi. Purtroppo è un film che non ho mai visto, adesso che ne ho notizia sono diventato curioso.

 
Questo è un elenco delle sue apparizioni in video, preso come sempre da www.imdb.com :
- 1968 "La bambolona", film per la regia di Franco Giraldi, tratto da un racconto di Alba de Cespedes, con Ugo Tognazzi; Dara è un cantante d'opera.
- 1973 Il Barbiere di Siviglia (Rossini), dirige Claudio Abbado; la versione in film della famosa registrazione con Hermann Prey e Teresa Berganza.
- 1984 Il Viaggio a Reims (Rossini), dirige Claudio Abbado; è l'edizione famosa e celebratissima di Pesaro. Enzo Dara è il barone di Trombonok.
- 1987 L'Italiana in Algeri (Rossini) a Dresda; dirige Gary Bertini; Sesto Bruscantini come Mustafà, Dara come Taddeo, protagonista Lucia Valentini Terrani.
- 1988 Live Metropolitan, per la tv americana; Dara interpreta don Bartolo dal Barbiere di Siviglia.
- 1988 Il Viaggio a Reims (Rossini) ripreso a Vienna sempre con Claudio Abbado
- 1991 L'Elisir d'amore (Donizetti) al Metropolitan; Enzo Dara come Dulcamara, dirige James Levine, con Luciano Pavarotti e Kathleen Battle
- 1996 Great Performances, per la tv americana; Enzo Dara canta l'aria di don Magnifico dalla Cenerentola di Rossini.
- 2003 Il Viaggio a Reims (Rossini), Enzo Dara sempre come barone di Trombonok, dirige Jesus Lopez Cobos a Barcellona.



sabato 16 marzo 2019

Samuel Ramey


Samuel Ramey, basso americano nato nel 1942, non ha certo bisogno di presentazioni; dato che questo è un blog dedicato al cinema, per chi davvero non ne sapesse niente lo si potrebbe definire il Gary Cooper dell'opera lirica, per la presenza fisica e per la personalità che dimostra in ogni ruolo. Ha cantato di tutto e tutto bene, ma lo si può definire basso rossiniano per eccellenza dato che per lui (si direbbe proprio per lui...) Rossini scrive entrate da applausi: Maometto II, il Podestà nella Gazza Ladra, Lord Sidney nel Viaggio a Reims). Ramey è però grande in ogni repertorio, da Mozart a Verdi (da leggenda il suo Attila) a Offenbach, e via elencando. Sul piano mio personale, ho un ricordo nitido del suo debutto italiano nel 1981 alla Scala, per Le Nozze di Figaro dirette da Riccardo Muti. Il mio ricordo riguarda la delusione di molti davanti alla locandina: chi erano mai quegli sconosciuti stranieri, quando ancora c'erano tanti altri bravi cantanti in giro? Uno di loro, protagonista come Figaro, era proprio Samuel Ramey, che poi si rivelerà formidabile sia per il canto che per la recitazione. Formidabile è la parola adatta per descrivere Ramey: avendo trovato la giusta definizione, mi fermo e guardo cosa dice www.imdb.com

Samuel Ramey non ha girato film come attore, a parte forse "Il buio nella mente" di Chabrol nel 1995, ma è un film che non ho mai visto e non so dirne altro. Ci sono però molte sue registrazioni d'opera, tra le quali devo deplorare l'assenza del suo Mefistofele in "La dannazione di Faust" di Berlioz (magari si trova, dovrò cercare). Questo è l'elenco di ciò che ho trovato su Internet Movie Data Base:
- 1976 Live Lincoln Center; arie per basso-baritono dalla Manon di Massenet, e dal Barbiere di Siviglia come Basilio
- 1979 The Rake's Progress di Stravinskij, dir. Bernard Haitink a Londra. Uno dei ruoli più formidabili di Samuel Ramey, il diavolo chiamato Nick Shadow.
- 1980 Le Nozze di Figaro (Mozart), dirige Neville Marriner, con Barbara Hendricks
- 1980 Semiramide (Rossini), dirige Jesus Lopez Cobos, con Montserrat Caballé e Marilyn Horne
- 1984 Il Viaggio a Reims (Rossini), a Pesaro con Claudio Abbado; Ramey è Lord Sidney
- 1984 è di Samuel Ramey la voce di Figaro quando canta, in Amadeus di Milos Forman
- 1984 Moise (Rossini), diretto da Georges Pretre all'Opera di Parigi
- 1985 Hommage à Rossini, gala a Versailles con tanti grandi cantanti e Claudio Abbado sul podio
- 1985 Maometto II (Rossini), diretto da Claudio Scimone a Pesaro

- 1987 Carmen (Bizet) diretta da James Levine, con Agnes Baltsa e Josè Carreras
- 1987 Macbeth (Verdi): Ramey è Banquo nel film di Claude D'Anna, con Shirley Verrett e Leo Nucci; dirige Riccardo Chailly
- 1987 Don Giovanni (Mozart) diretto da Karajan a Vienna
- 1989 Great Performances, tv americana: Ramey canta arie dal Mefistofele di Boito
- 1991 Attila (Verdi) diretto da Muti alla Scala
- 1992 Il Viaggio a Reims (Rossini) l'allestimento di Pesaro ripreso da Claudio Abbado a Vienna, sempre come Lord Sidney
- 1992 Don Carlo (Verdi); Ramey è Filippo II, dirige Muti alla Scala, con Luciano Pavarotti nel ruolo del titolo
- 1995 Il buio nella mente, film di Claude Chabrol con Isabelle Huppert e Jacqueline Bisset
- 1995 I Racconti di Hoffmann (Offenbach) diretto alla Scala da Riccardo Chailly
- 2000 Don Quichotte (Massenet) diretto da James Conlon all'Opera di Parigi
- 2001 Attila (Verdi) a Parigi, dirige Pinchas Steinberg
- 2002 Nabucco (Verdi) al Metropolitan con James Levine; Ramey è Zaccaria, con lui Juan Pons e Maria Guleghina
- 1990-2002 Ramey appare come ospite della tv americana in "Live Met", dove canta arie da Nabucco, Semiramide, Don Giovanni
- 2007 Manon di Massenet, con Nathalie Dessay e Rolando Villazon, dirige Victor Perez
- 2009 dal Metropolitan, la trasmissione "Opera HD", aire di Puccini con momenti dalla Turandot e dalla Rondine (Rambaldo)
- 2013 Boris Godunov (Mussorgskij) dir Vassili Sinaisky, da San Francisco
- 2014 "Over the garden wall" telefilm a cartoni animati dove Ramey la "voce della Bestia"

 
L'immagine qui sotto, invece, testimonia con abbondanza cosa sta veramente a cuore ai nostri funzionari televisivi. Un anticipo della stupidità del Nuovo Millennio, insomma: l'Attila del 23 gennaio 1987, alla Fenice di Venezia, direttore Gabriele Ferro (questo video non è indicato nel sito imdb). Oggi si fa di peggio, le scritte indesiderate sono talmente numerose che viene da domandarsi a cosa serva l'alta definizione. Mah. Chissà chi aveva segnato i tre gol del Genoa - e povero Attila, povero Verdi. (Spero che Samuel Ramey riesca a farsi una risata...)
 
 
 

sabato 9 marzo 2019

Florence (2016)


Florence Foster-Jenkins (2016) regia di Stephen Frears. Scritto da Nicholas Martin. Fotografia di Danny Cohen. Musiche di vari autori. Interpreti: Meryl Streep, Hugh Grant, Simon Helberg, Rebecca Ferguson, Nina Arianda, Allan Corduner  Durata 1h45'

Florence Foster-Jenkins (1868-1944) è stata una ricca ereditiera con la passione per la musica e il canto; essendo stonatissima, ed avendo grandi mezzi finanziari a disposizione, divenne nonostante tutto una celebrità. Le cronache dicono che c'era chi pagava il biglietto e comperava i suoi dischi per divertimento, la realtà è molto più triste: la signora Foster-Jenkins era gravemente malata. Era molto generosa (la si vede nel film di Frears mentre sovvenziona Toscanini e altri musicisti e istituzioni), ma probabilmente non aveva una vera idea di cosa stava facendo. Nel film di Frears si racconta con delicatezza, brevemente, cosa le era successo: il marito, il signor Jenkins, la contagiò con la sifilide a diciotto anni. La famiglia era contraria al matrimonio, lei fuggì di casa per sposarsi, poi rimase vedova; ebbe ugualmente l'eredità (una ricchezza favolosa) ma dovette convivere con la malattia per tutta la sua vita. Oggi potrebbe essere curata e guarita, ma le cure di quel tempo erano pesanti (a base di veleni, mercurio e arsenico) e probabilmente contribuirono a renderla poco lucida. Aveva studiato musica, ma la malattia le impedì di continuare a suonare il piano; ripiegò sul canto, con insegnanti che pagava generosamente ma con risultati terribili per le orecchie di chi la ascoltava. Ebbe ugualmente successo, entro una cerchia ristretta, per la bizzarria e la completa stonatura del suo canto; la gente rideva e comperava i suoi dischi, ancora oggi disponibili in cd e su youtube.
Un caso umano e un caso clinico, prima di tutto; devo ammettere che non sono mai riuscito ad ascoltare i suoi dischi (perché mai dovrei ascoltarli?) e neppure a riderne, una volta saputa la storia completa.

A Florence Foster-Jenkins sono stati dedicati due film di recente: "Marguerite" (2015, regia del francese Xavier Giannoli) e questo "Florence" di Stephen Frears (uscito un anno dopo, 2016). Il film francese, del quale ho parlato qui, si ispira liberamente alla biografia di Florence Foster-Jenkins, cambia i nomi e i luoghi, aggiunge personaggi di fantasia; ciononostante è un buon film, molto fine nel trattare la materia, con ottimi attori e con una protagonista eccellente in Catherine Frot. Il film di Stephen Frears è invece molto più vicino alla vera vita di Florence Foster-Jenkins, i personaggi che vediamo sono veri, la storia non si discosta molto dalla realtà. Per esempio, è vero il finale: il 25 ottobre 1944 si tenne il recital alla Carnegie Hall, ed è vero che Florence morì un mese dopo quel concerto, a 76 anni. La protagonista è Meryl Streep, molto attenta a rendere con sensibilità le sofferenze dell Foster-Jenkins, ma anche molto divertita (spesso è lei che canta, ovviamente stonando). Hugh Grant interpreta il secondo marito della Foster-Jenkins, un ex attore molto premuroso, che le vuole bene e la assiste nei suoi progetti anche se con il necessario distacco. Il buffo Simon Helberg interpreta il pianista texano Cosmé Mc Moon (nome vero e personaggio vero, probabilmente meno caricaturale di quello che vediamo sullo schermo) che la accompagna anche nei suoi dischi. Rebecca Ferguson è la compagna di vita del marito di Florence, Nina Arianda è la giovane bionda che prima ride ai suoi concerti ma poi la incoraggia. L'attore John Kavanagh è troppo alto come Toscanini ma una certa somiglianza c'è; Aida Garifullina appare nelle prime sequenze del film nei panni della grande soprano Lily Pons, cantando "la jeune indue" dall'opera Lakmé di Léo Delibes.


Si tratta di un buon film, ben realizzato e anche divertente; io continuo a preferire il film francese ma il mio vero parere è che due film sulla Foster Jenkins sono troppi. Oltretutto, questi film nei loro passaggi in tv verranno visti da gente che quasi certamente non capirà la differenza tra la Foster-Jenkins e un soprano vero. Dal punto di vista storico, sarebbe stato interessante fare un discorso più ampio sui mecenati, ma richiederebbe un lungo lavoro e probabilmente avrebbe scarso appeal tra il pubblico ormai non più cinematografico ma televisivo e (come si può dire?) "smartphoniano" al quale ormai ci si deve rivolgere nel Nuovo Millennio. In questo "nuovo mondo" temo che tutta l'opera lirica finisca per apparire così come Florence Foster-Jenkins appare agli appassionati d'opera, ma questo è un discorso triste e non ho voglia di continuarlo qui.

Questa la lista dei brani cantati o suonati nel corso del film, presa da imdb.com:
- Oh! Susanna (Stephen Foster ) eseguita da Carl Davis & Stefan Bednarczyk, arrangiata da Terry Davies
- Cavalcata delle Valchirie (Richard Wagner) arrangiamento di Terry Davies
- Lakmé (Leo Delibes) aria della campanelle, cantata da Aida Garifullina
- Rapsodia ungherese n.2 (Franz Liszt) pianista Jonathan Plowright
- il cigno, dal Carnevale degli animali (Camille Saint-Saëns), pianista Simon Helberg
- Va' pensiero dal Nabucco di Giuseppe Verdi (suonato da Leon Michener)
- It's a Sin to Tell a Lie (Billy Mayhew) eseguita da David Mills
- Sing, Sing, Sing (Leon Berry, Andy Razaf & Louis Prima) suonata da Benny Goodman
- Take It Easy (Dorothy Fields & Jimmy McHugh) suonata da Fats Waller
- Sarabanda dalla Partita No. 2 per violino solo (Johann Sebastian Bach) eseguita da Lucy Van Dael
- Wiegenlied, Op. 49 No. 4 (Johannes Brahms) eseguita da Anne Sofie von Otter e Bengt Forsberg
- Charlie's Prelude (Louis C. Singer) suonato da John Kirby
Meryl Streep, nelle vesti di Florence Foster-Jenkins, accompagnata al piano dall'attore Simon Helberg nei panni di Cosmé McMoon, storpia queste musiche:
- Lakmé (Leo Delibes) aria della campanelle,
- The Musical Snuff Box (Anatol Liadov)
- Biassy (Alexander Pushkin & Count Alexis Pavlovitch) basata sul Prelude 16 di Johann Sebastian Bach
- Mein Herr Marquis (aria della risata) dall'operetta "Il Pipistrello" di Johann Strauss
- Like a Bird (Cosmé McMoon)
- Valse Caressante (Cosmé McMoon)
- Preludio in mi minore (Frédéric Chopin)
- Aria della Regina della Notte (Der Hölle Rache) dal "Flauto Magico" di Wolfgang Amadeus Mozart
- When I Have Sung My Songs to You (Ernest Charles)
Sui titoli di coda si può ascoltare la vera Florence Foster-Jenkins, sempre che un funzionario tv molto stupido (ce ne sono tanti, su tutti i canali) non ve li tagli via in modo brusco mentre state ascoltando.
 

(le immagini vengono dal sito www.imdb.com )
 

sabato 2 marzo 2019

Stormy weather


- Stormy Weather (1943) Regia di Andrew L. Stone. Soggetto di Seymour Robinson. Scritto da Frederick J. Jackson, Ted Koehler, H.S. Kraft, Jerry Horwin. Fotografia di Leon Shamroy, Lee Garmes. Musiche di Cyril J. Mockridge e altri. Coreografie di Maggie Hathaway e altri. Interpreti: Lena Horne, Bill Robinson, Cab Calloway and His Cotton Club Orchestra, Katherine Dunham and Her Dance Troupe, Fats Waller, The Nicholas Brothers, Ada Brown, Dooley Wilson, The Tramp Band, e molti altri. Durata: 78 minuti
- Hellzapoppin' (1941) Regia di Henry C. Potter. Per le scene di danza e musica afroamericana: Slim and Slam (gruppo di musicisti jazz), Six Hits and a Miss (cantanti), Congaroo Dancers (ballerini, diretti da Frank Manning)

"Stormy Weather" è un film leggendario, ed è anche molto di più di un film. Se ne è scritto molto: il primo film interpretato solo da afroamericani, per esempio - ma di questo non mi sento in grado di parlare e del resto c'è già molto in proposito on line. E' anche, purtroppo, un film molto dimenticato: non credo che le generazioni sotto i trent'anni, o magari anche sotto i quaranta, ne abbiano mai sentito parlare o ne conoscano qualche sequenza. Io sono stato più fortunato, perché negli anni in cui crescevo era normale vedere in tv i grandi capolavori dei decenni precedenti, e ricordo ancora lo stupore (che dura ancora oggi) davanti alla danza dei favolosi Nicholas Brothers, la bellezza di Lena Horne e la sua interpretazione della canzone che dà il titolo al film, la simpatia di Cab Calloway, e tanto altro ancora. Il soggetto, esile come quello di quasi tutti i musical, è infatti un pretesto per portare sullo schermo grandi talenti della musica e della danza afroamericana, come il grande pianista jazz Fats Waller e le leggendarie compagnie di ballo.

C'è anche un altro film di quegli anni da segnalare, per gli appassionati di musica e danza afroamericana, ed è "Hellzapoppin' " film comico girato con attori bianchi: l'ho rivisto di recente e l'ho trovato purtroppo molto invecchiato (non sono i fratelli Marx, non è Laurel & Hardy, non a tutti è data l'immortalità) ma la sequenza con i musicisti e ballerini neri è ancora oggi impressionante per la sua bellezza. Oltre al jazz e alle canzoni, anche "Hellzapoppin' " contiene numeri di danza straordinari dove tutto è così incredibile che ci si chiede se il filmato non sia stato accelerato in qualche modo, magari anche di poco. A me non sembra, direi che è tutto reale ma in ogni caso si tratta di un prodigio di tempo, ritmo e coordinazione atletica.


 
(qui la sequenza completa da "Hellzapoppin' " )
 
Sul mio piano personale, devo dire che quando ascolto e vedo jazz mi chiedo spesso se non mi stiano prendendo in giro. Basta soffiare un po' nel sax, rullare un po' i tamburi e i piatti, mettersi un berretto di lana, et voilà il grande evento. Capita anche con nomi famosi e importanti, capita anche con lo swing: trovo terrificanti gli arrangiamenti swing di canti natalizi, che a fine anno sono talmente pressanti che mi fanno evitare negozi di ogni tipo, librerie comprese. Tutto questo però non mi capita con il jazz della prima metà del Novecento, e il motivo c'è. Non mi capita nemmeno con "Stormy Weather", che continuo a trovare grande o grandissimo in ogni suo numero. Forse non è un gran film dal punto di vista narrativo (capita spesso, con i musical) ma in fin dei conti diventa un dettaglio irrilevante, con tutto quello di grande e di bello che si vede e si ascolta.
Ho ascoltato spesso anche il discorso (una vera e propria lamentazione) sul "dovere" di far entrare il jazz nei Conservatori e nei licei musicali, per di più detto con il fiero cipiglio di chi si sente derelitto e perseguitato, e che in ultima analisi non vuole vedere la realtà che stiamo vivendo. Dai Conservatori escono infatti tipi come Allevi, o come quel mio conoscente diplomato in flauto che al nome di Bach diceva (chiedo scusa, è una citazione originale) "sì che palle". Il jazz e il rock, il rap e la canzone commerciale, sono cose che si trovano da soli, anche senza bisogno di cercarli. Il mondo è pieno di musicisti di successo che non hanno studiato nei Conservatori, e spesso che non hanno nemmeno studiato musica: molti sono celebri e ricchi, molti sono bravi, qualcuno è addirittura fenomenale (come Louis Armstrong e come la maggior parte dei grandi jazzisti, o come i Pink Floyd e i Beatles e i Rolling Stones, come Eric Clapton... tutta gente che non ha studiato nei Conservatori). Molto più difficile, quasi impossibile, è trovare da soli Bach e Rameau e capirne il significato. Per Johann Sebastian Bach, per Rameau, per Monteverdi e Scarlatti, per tramandare la grande musica, c'è bisogno dei Conservatori; per suonare il jazz si può fare anche tutto da soli, molti pianisti jazz erano autodidatti e guardando "Stormy Weather" si capiranno tante cose riguardo al jazz, cose che a scuola non insegneranno mai, tanto per intenderci.

 
Negli anni in cui usciva "Stormy Weather", fra le altre cose, si stava realizzando un grande cambiamento nel jazz, cambiamento che è stato ben sintetizzato da Charlie Chaplin: «...ma quel mondo è ormai scomparso, sostituito da un altro in cui gli occhi vedono diversamente, le emozioni reagiscono ad altri temi. Gli uomini piangono ascoltando la musica jazz, e la violenza ha assunto una carica sessuale. Il mondo avanza a grandi passi. » (Charles Chaplin a Londra per "Luci della ribalta", anno 1952; da "La mia autobiografia", pag.491 ed.Oscar Mondadori 1977). Il jazz, a differenza del blues, era nato come musica di divertimento, di ballo; e così era stato per almeno cinquant'anni, dalla fine dell'Ottocento insomma. Chaplin era stato uno dei fortunati testimoni della sua nascita, così come Giacomo Puccini. Dagli anni '50 in avanti, invece, il jazz diventa sempre più serio e anche molto più fumoso: se siamo nelle mani di Miles Davis e John Coltrane va sempre bene, con altri non è detto che funzioni.
Una ventina d'anni dopo, Frank Zappa avrebbe detto, scherzando ma forse parlando sul serio: «Jazz is not dead, it just smells funny». Però il jazz continua a piacere, si fanno festival ovunque (sempre più aperti al rock e al pop, peraltro), può darsi che sia io quello che sbaglia. Nel dubbio, torno a rivedere e riascoltare "Stormy Weather", (qui) forse per la centesima volta.
 


Le musiche che si ascoltano in "Stormy Weather", prese da www.imdb.com:
- Rang Tang Tang (musica di Cyril J. Mockridge, testo di Bill Robinson)
danzata da Bill Robinson e dai bambini
- There's No Two Ways About Love (1943, musica di James P. Johnson e Irving Mills, testo di Ted Koehler) cantata da Lena Horne, poi ripresa da Lena Horne, Bill Robinson e Cab Calloway
L'introduzione alla ripresa è opera di Lionel Newman
- At a Georgia Camp Meeting (1897, musica di Kerry Mills)
suonata dall'orchestra al ballo, e interpretata da Bill Robinson, Lena Horne e coro.
- De Camptown Races (1849, scritta da Stephen Foster)
suonata dall'orchestra al ballo, e interpretata da Bill Robinson, Lena Horne e coro.
- Linda Brown (1937, scritta da Alvis Cowens)
eseguita da Bill Robinson e The Tramp Band
- That Ain't Right (194, musica di Nat 'King' Cole, testo di Irving Mills)
Fats Waller al piano, Ada Brown canto.
- Ain't Misbehavin' (1929, musica di Fats Waller e Harry Brooks, testo di Andy Razaf )
Fats Waller al piano
- Diga Diga Doo (1928, musica di Jimmy McHugh, testo di Dorothy Fields)
cantata da Lena Horne e danzata con il coro
- African Dance (1939, musica di Clarence Muse e Connie Bemis, testo di Langston Hughes)
cantata da Emmett 'Babe' Wallace e danzata da Bill Robinson
- I Lost My Sugar in Salt Lake City (1942, scritta da Leon René e Johnny Lange)
cantata da Mae E. Johnson
- Rhythm Cocktail (Cab Calloway)
eseguita da Cab Calloway and His Band
- I Can't Give You Anything But Love (1928, musica di Jimmy McHugh, testo di Dorothy Fields)
suonata e interpretata da Bill Robinson, Lena Horne e coro.
- Geechy Joe (1940) (scritta da Cab Calloway, Jack Palmer, Andy Gibson)
eseguita da Cab Calloway and His Band
- Stormy Weather (1933, musica di Harold Arlen, testo di Ted Koehler)
cantata da Lena Horne; danzata da Katherine Dunham and her Troupe
- My, My, Ain't That Somethin' (1933, scritta da Pinky Tomlin e Harry Tobias)
eseguita da Bill Robinson, Cab Calloway and His Band, e danzata da The Nicholas Brothers
- The Jumpin' Jive (1939, scritta da Cab Calloway, Jack Palmer e Frank Froeba)
eseguita da Cab Calloway and His Band, danzata da The Nicholas Brothers
- Moppin' and Boppin' (1935, musica di Fats Waller e Benny Carter)
eseguita brevemente da Cab Calloway and His Band all'inizio della sequenza al Memphis Cafe
- Over There (1917, scritta da George M. Cohan)
per le truppe di ritorno dalla prima guerra mondiale
- Columbia, the Gem of the Ocean o "The Red, White and Blue" (1843) (scritta da David T. Shaw, arrangiamento di Thomas A. Beckett)
per le truppe di ritorno dalla prima guerra mondiale
- The Darktown Strutters' Ball (1917, di Shelton Brooks)
suonata dall'orchestra al ballo
- Walkin' the Dog (1916, di Shelton Brooks)
accennata dall'orchestra al ballo, in medley con "The Darktown Strutters' Ball"
- Cakewalk (traditional)
suonata dall'orchestra al ballo, con danze
- Memories (1915, di Egbert Van Alstyne)
suonata nelle scene in cui Bill Robinson mentre parla con i bambini
- Nobody's Sweetheart (1924, di Billy Meyers ed Elmer Schoebel)
danzata da un ballerino non identificato subito dopo "I Lost My Sugar in Salt Lake City", quando Gabe porta dolci alle ragazze