mercoledì 8 novembre 2017

Marguerite (2015)


 
Marguerite (2015) Regia di Xavier Giannoli. Scritto da Xavier Giannoli, Marcia Romano. Fotografia di Glynn Speeckaert. Musiche di Interpreti: Catherine Frot (Marguerite), André Marcon (marito di Marguerite), Christa Theret (Hazel), Denis Mpunga (Madelbos), Michel Fau (il tenore), Sylvain Dieuaide (Lucien), Aubert Fenoy (Kyrill), e molti altri. Durata: due ore.

"Marguerite" di Xavier Giannoli, uscito nel 2015, è ispirato alla vita reale dell'americana Florence Foster Jenkins (1868-1944). Non è una biografia propriamente detta, l'azione viene spostata in Francia, più o meno nello stesso periodo delle registrazioni su disco della Foster Jenkins (il film è ambientato nel 1921) e quasi tutti i personaggi sono di fantasia, seppure molto ben inseriti nel contesto storico. E' un bel film, ben scritto e ben girato, con attrici e attori veramente ottimi.
Nel 2016, un anno dopo, sullo stesso soggetto è uscito il film di Stephen Frears "Florence" con Meryl Streep protagonista.
Florence Foster Jenkins era una ricca signora americana che pensava di poter cantare da soprano, ma era irrimediabilmente e incredibilmente stonata; non solo non se ne accorse mai (contrariamente alla protagonista del film francese) ma incise molti dischi ed ebbe un suo particolare successo che dura ancora oggi. Le sue incisioni occupano oggi due cd, e oggi sono reperibili anche su youtube, per chi volesse straziarsi le orecchie. C'è chi ride nell'ascoltarla, io amo la musica e non ci riesco e quindi ero molto diffidente verso questo film, ma mi sono dovuto ricredere sia per la delicatezza nel trattare l'argomento (siamo pur sempre dalle parti della malattia mentale, la vera Foster Jenkins non era perfettamente in salute) che per l'accurata ricostruzione storica. Inoltre, gli attori sono davvero molto bravi e molto ben scelti.

 
Mi è piaciuto il lavoro del regista Giannoli (e di tutto il cast degli attori) per la sua delicatezza nel trattare il tema e anche perché conosco da tempo un racconto che ricorda molto questa storia, "Il povero musicante" di Franz Grillparzer (1791-1872); ne porto qui una pagina, alla fine del post. Nel racconto di Grillparzer, il narratore incontra per strada un violinista mendicante, e si ferma stupito perché non riesce a riconoscere cosa stia suonando: quel violino è talmente stonato, e scordato, che è impossibile capirci qualcosa. Quello che segue è molto vicino alla vicenda di vita di Florence Foster Jenkins, la differenza principale è che il violinista di Grillparzer era molto povero mentre la signora americana (come la Marguerite del film) era molto ricca.

 
Il regista Xavier Giannoli, nella prima parte del film, prepara con molta cura l'entrata in scena di Marguerite, oltretutto presentandoci prima di lei l'esatto suo opposto: una cantante molto giovane e molto brava, di nome Hazel (l'attrice è Christa Theret, la voce non è sua). Il brano musicale, scelto con indubbia furbizia, è l'incantato e conosciutissimo duetto dalla Lakmé di Delibes. A questo punto, l'ingresso in scena di Marguerite finisce con il sembrare l'apparizione di un mostro, preparata quasi come nei film di fantascienza, "La cosa da un altro mondo", "Il pianeta proibito". L'effetto è notevole, anche per il contrasto con la dolcezza e la gradevolezza fisica di Marguerite come persona (l'attrice è la bravissima Catherine Frot). Poi però si cambia registro, la seconda parte, con le lezioni di canto, è più convenzionale ma comunque di ottima fattura.
 

Altri possibili rimandi: 1) Marguerite muore quasi come Antonia nei "Racconti di Hoffmann", una morte legata alla musica, il riconoscimento di se stessa ma stavolta nella bruttezza e non nella perfezione. 2) citazioni ripetute di "La regola del gioco" di Renoir, i rapporti con la servitù, la villa, il periodo storico; citazioni che diventano esplicite nella scena della caccia, con lo scuoiamento di un animale (sequenza molto breve, per chi fosse preoccupato). Si sottolinea che questi non sono anni facili, per la Francia e per l'Europa; è il 1921, stanno arrivando le terribili dittature che porteranno nuovamente alla guerra. 3) In alcune sequenze, il film ricorda a tratti Werner Herzog
4) infine, il nome della protagonista è identico a quello di Margaret Dumont, attrice che fu la storica "spalla" dei fratelli Marx (soprattutto di Groucho).
Gli attori: Marguerite è affidata a Catherine Frot, molto brava. Il marito di Marguerite è André Marcon, misurato, mai caricaturale, nel finale perfino commovente; ricorda molto Romolo Valli. Il nero e magnifico Denis Mpunga è il fedele maggiordomo di Marguerite (fedele a Marguerite), prestazione da grande attore. La giovane cantante Hazel è Christa Theret, volto interessante e interprete sensibile; i due giovani "maneggioni" di teatro sperimentale si chiamano Sylvain Dieuaide (Lucien) e Aubert Fenoy (Kyrill). Il tenore spiantato è Michel Fau (voce di Mario Del Monaco). Tutti gli attori del cast sono molto bravi e meriterebbero di essere ricordati, ma la lista è molto lunga e non vorrei appesantire troppo questo testo (però mi dispiace).
Mi sono segnato questo dialogo, al minuto 49, tra i versi del pavone (non è un gatto, è un pavone) e il clavicembalo ben temperato di Johann Sebastian Bach:
MARGUERITE: ...avrò bisogno di voi, Madelbos.
MADELBOS: Il mio insegnante di danza indiana mi ripeteva sempre: «la perfezione non è fare qualcosa di grande e bello, ma fare quello che si fa con grandezza e bellezza.»
MARGUERITE: Avete studiato danza indiana?
MADELBOS: Danza sacra, sì. Era un periodo duro, mi ha aiutato a dimenticare me stesso.


Dal punto di vista strettamente musicale, vediamo sul palcoscenico "I Pagliacci" di Leoncavallo, con bisticci ed insulti fra tenore e soprano. Una parte interessante per chi frequenta o ha frequentato i teatri è quella del capoclaque nano, interpretato da un attore molto bravo del quale però non sono riuscito a reperire il nome. In concerto, belle esecuzioni di musica contemporanea (per il 1921: Honegger, Trois chansons) ottimamente cantate da Sarah Bloch che dà la sua voce all'attrice che impersona Hazel. E poi c'è il teatro in stile dada-anarchista nella quale viene coinvolta la povera Marguerite, che "canta" la Marsigliese senza sapere in che guaio si sta cacciando.


L'elenco completo dei brani che si ascoltano nel film è decisamente curioso e fa pensare che sia stato preparato da un vero appassionato di musica:
- Léo Delibes, "Lakmé", Duo des Fleurs (Fanny Crouet, Sarah Bloch)
- Henry Purcell, "Come ye sons of Art", Birthday song for Queen Mary (Marie Favier Chorus: Pierre Beller, Mylène Bourbeau, Renaud Bres, Martin Candela, Emmanuel Hasler, Marine Lafdal-Franc, Magali Lange)
- Vivaldi, Allegro da "Sonata in trio in sol maggiore RV 74" (Quatuor Purcell)
- Vivaldi, Allemanda da "Sonata in do maggiore RV 754" (Quatuor Purcell)
- Vivaldi, Larghetto da "Concerto per violino, archi and basso continuo in fa maggiore RV 295" (Daniel Hope, Chamber Orchestra of Europe)
- Vivaldi, Largo da "Concerto per violino and orchestra in re maggiore RV 234 - L'Inquietudine" (Daniel Hope, Chamber Orchestra of Europe )
- Mozart, arrangiamento dell'ouverture dal "Flauto Magico" (The Swingle Singers)
- Mozart, Adagio da "Serenata No. 10, K 361" (German Wind Soloists)
- Verdi, Traviata, "Addio del passato" (Bulgarian National Radio Symphony Orchestra, dir John Landor)
- Wagner, "Die Walküre", Du zeugtest ein edles Geschlecht; Daß du mich verstanden (Astrid Varnay, Sigurd Björling, Bayreuth Festspielorchester dir. Herbert von Karajan)
- Arthur Honegger e René Morax, da "Trois Chansons": Berceuse des Sirènes, Chanson de la Poire (Sarah Bloch, Delphine Dussaux)
- Ruggiero Leoncavallo, da "I Pagliacci", "Vesti la giubba" e altre scene (Mario Del Monaco, Gabriella Tucci, Aldo Protti, the NHK Symphony Orchestra dir. Giuseppe Morelli)
- Johann Sebastian Bach, Prelude in C sharp minor, BWV 849 Prelude in E major, BWV 878 da "Il clavicembalo ben temperato" (Frédéric d'Oria-Nicolas, Pierre Chalmeau )
- Johann Sebastian Bach, arrangiamento di Leopold Stokowski: "Toccata e fuga in re minore, BWV 565" (Philharmonique de Bruxelles, dir. Ronan Maillard)
- Edgar Varèse, "Dance for Burgess" (Polish Radio Orchestra, dir. Christopher Lyndon-Gee)
- Ravi Shankar, Man Pasand (Ravi Shankar)
- Ronan Maillard: "Au bar de l'Opéra" (Woosang Kim)
- Pierre Bluteau, "L'Atelier de Touraine" (Pierre Bluteau)
- Michael Nyman, "Chasing Sheep Is Best Left to Shepherds" (Michael Nyman)
- Richard Harvey, "Nine nights" (Richard Harvey)

Le arie straziate dalla protagonista sono:
- Mozart, Der Hölle Rache da "Die Zauberflöte"
- Mozart, Voi che sapete da "Le Nozze di Figaro"
- Bellini, Casta Diva da "Norma"
- Bizet, Habanera da "Carmen"
- La Marseillaise, di Rouget de Lisle
(Virginie Gattino voce, Delphine Dussaux piano)
 
 
Il mio pensiero finale è comunque che questo film, in tv, verrà visto da gente che non è capace distinguere fra parodia, stonatura, e canto vero d'opera. Purtroppo, la maggior parte delle persone che io conosco sono così; Florence Foster Jenkins e Marguerite, infatti, non sono sole a questo mondo, ma in solida e nutrita compagnia.
 
« (...) ciò che sonava sembrava una sequela inconsistente di suoni senza ritmo e senza melodia, però era tutto immerso nella sua opera: le labbra gli tremavano e i suoi occhi erano fissi sul foglio di musica che aveva davanti... sì, veramente un foglio di note! Mentre infatti tutti gli altri che sonavano meglio di lui si affidavano alla memoria, il vecchio anche in quel trambusto aveva collocato davanti a sé un piccolo leggio portatile, con certe note sudice e gualcite che probabilmente contenevano nel massimo ordine, ciò che egli faceva sentire in modo così sconnesso. L'insolita montatura che aveva appunto richiamato la mia attenzione, destava, d'altro canto, l'ilarità della folla ondeggiante che lo derideva e lasciava vuoto il cappello, mentre invece il resto dell'orchestra intascava miniere di rame. (...) Arrivato nei pressi della porticina che dall'Augarten dà sulla Taborstrasse, udii improvvisamente il noto suono vecchio violino. Accelerai i passi ed ecco, l'oggetto della curiosità stava sonando a tutto andare in mezzo a una cerchia di ragazzi che impazientiti gli chiedevano un valzer. " Suona un valzer!" dicevano. "Un valzer, non capisci?"
Il vecchio continuava a sonare e pareva non badasse a loro finché il piccolo uditorio lo piantò lì con parole di scherno e di beffa e si raccolse intorno a un altro musicante che a poca distanza di lì girava la manovella di un organino. " Non vogliono ballare " disse il vecchio quasi rattristato, raccogliendo i suoi arnesi. Io mi ero avvicinato. "I ragazzi non conoscono altre danze che il valzer" dissi. " Ma io sonavo un valzer " replicò lui indicando con l'archetto un punto del foglio. "Bisogna adattarsi anche a questo, per via della gente. Ma i ragazzi non hanno orecchio" osservò scotendo il capo malinconicamente. »
 


Questo brano viene da "Il povero musicante", un racconto del 1838, opera dell'austriaco Franz Grillparzer. Nel racconto il narratore procede per le vie di Vienna in una sera di festa, e tra i tanti musicisti che si esibiscono sulla via nota questo anziano signore, molto distinto. Non può non notarlo: di quello che suona non si capisce niente, eppure ha la musica davanti, e la legge con attenzione. La storia prosegue con il racconto della vita del povero musicante, e con la sua morte, in uno stile tipicamente romantico.
«(...)Non avevo potuto parlare con lui un'ultima volta; né domandargli perdono per tutti i crucci che gli avevo procurato, né ringraziarlo dei favori immeritati... sì, favori! Poiché le sue intenzioni erano buone e io spero di ritrovarlo un giorno dove saremo giudicati secondo le nostre intenzioni e non secondo le nostre opere. (...) »
E' un personaggio che mi è rimasto dentro, al di là della bellezza del racconto: perché anche noi siamo come il povero musicante, crediamo di suonare una musica meravigliosa ma non ne siamo capaci, e non lo sappiamo. Gli altri ci ascoltano, non capiscono, ci deridono o ci omaggiano per equivoco o per ignoranza; abbiamo davanti lo spartito, le regole del gioco da qualche parte ci sono, ma raramente la nostra esecuzione è impeccabile. E, anche quando è impeccabile, non è detto che sia conforme a quello che ci è stato richiesto per le nostre vite.

 

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