venerdì 23 febbraio 2018

Tosca (1956)


Tosca (1956) Regia di Carmine Gallone. Tratto dall'opera di Giacomo Puccini. Soggetto di Victorien Sardou. Fotografia di Giuseppe Rotunno. Interpreti: Franco Corelli (Cavaradossi), Franca Duval (Tosca, voce di Maria Caniglia), Afro Poli (Scarpia, voce di Giangiacomo Guelfi), Vito De Taranto (sagrestano), Fernando Alfieri (Spoletta, voce di Adelio Zagonara), Antonio Sacchetti (Angelotti, voce di Franco Pugliese), Aldo Corelli (Sciarrone), Dino Conti (il secondino). Orchestra del Teatro dell'Opera di Roma diretta da Oliviero de Fabritiis; maestro del coro Giuseppe Conca. Durata 1h50'

"Tosca" di Carmine Gallone, del 1956, è uno dei migliori film d'opera di quegli anni, ben fatto e ben recitato e con un'ottima compagnia di canto; è un'edizione completa dell'opera, senza tagli e in un allestimento molto fedele al testo.
Protagonista maschile è Franco Corelli, sia in voce che come attore. Corelli aveva sia il fisico che le capacità recitative adatte, e fa una bella figura in entrambi i campi. Oltretutto, nel 1956 era ancora molto giovane ed è quindi perfetto per il ruolo di Cavaradossi. Tosca è affidata all'attrice Franca Duval, che se la cava benino; la voce è però quella di Maria Caniglia, grande soprano qui vicina al termine della sua carriera ma sempre in ottima forma. Una curiosità riguarda il ruolo di Scarpia, che è affidato a due baritoni: Afro Poli recita ma la voce che ascoltiamo non è la sua, è quella di Giangiacomo Guelfi. Buono anche il resto del cast, con la curiosità di vedere e ascoltare il fratello di Franco Corelli, Aldo (nei titoli di testa indicato come Aldo Relli) nei panni di Sciarrone. Unica nota negativa del cast è il pastorello che apre il terzo atto, un bambino che ha voce poco gradevole e che appare molto preoccupato di cantare bene le note e andare a tempo, con il risultato di un'esecuzione molto monotona e fredda. Questa del pastorello è una delle parti più belle scritte da Puccini, che ai suoi comprimari dedicava spesso musiche notevoli; è il preludio al momento più famoso dell'opera, l'alba che precede "E lucevan le stelle", e purtroppo capita spesso anche in disco che l'esecuzione sia imperfetta.
La direzione d'orchestra è di Oliviero de Fabritiis, scene e costumi di Guido Fiorini e Maria de Matteis; le coreografie sono di Attilia Radice. Il film è a colori (Cinemascope Eastmancolor) e la fotografia è di Giuseppe Rotunno.
 
 
 

domenica 18 febbraio 2018

L'inganno nel titolo


 
Alcuni film vengono abitualmente definiti "melodramma", soprattutto quelli di Douglas Sirk, o quelli con Amedeo Nazzari, o magari quelli di Fassbinder. Chissà poi perché: "melodramma" significa dramma in musica. A che cosa somigliano questi film definiti "melodramma"? Ci sono parti cantate? A quale melodramma assomigliano? Si prenda per esempio "Come le foglie al vento" di Douglas Sirk ("Written on the wind" è il titolo originale): a chi somiglia, alla Traviata o al Trovatore? O magari al Tannhäuser, o al Don Giovanni, alla Lucia di Lammermoor, alla Norma? Mah, a me sembra che chi usa questa definizione per il cinema sia molto pigro, o magari non conosce il melodramma e non lo ama. Un mix di ignoranza e di pigrizia, o meglio di superficialità: si ripetono parole di cui non si conosce il significato, ma solo perché lo fanno tutti e nessuno osa interrompere la catena. Una cosa che può capitare a tutti, sia ben chiaro; alzi la mano chi non ci mai cascato, almeno una volta, in un campo o nell'altro.
 
Significativo, e a suo modo completo, questo breve e recentissimo articolo apparso su uno dei più importanti quotidiani italiani, forse il più importante e diffuso:
Douglas Sirk (...) approdò a Hollywood e girò alcuni fra i film più belli del secolo. La sua specialità erano i melodrammi, Magnifica ossessione, Secondo amore, Come le foglie al vento, Lo specchio della vita. Parlava dei suoi film come di "un misto di kitsch, follia e letteratura dozzinale". Ma faceva capolavori. Vi invito a riscoprirli. Sovversivo perché carico d'amore, non aveva paura dei sentimenti quando grondano lacrime e sangue. Li raccontava senza vergogna, facendoci piangere: hanky weepy movies, "film da vedere con il fazzoletto in mano". Come all'opera. (...) Sarà anche trito e ridicolo, ma il melodramma, che è abbinamento di azione e canto, abita il cuore dell'esperienza amorosa. Prima o poi ci facciamo i conti. Quando la violenza dell'archetipo irrompe nella routine del domestico.
(Vittorio Lingiardi, Venerdì di Repubblica 2 febbraio 2018)
Detto che queste continue interruzioni di frase mi disturbano dal punto di vista grammaticale, perché diventa difficile seguire il discorso (ricordo en passant che oltre al punto fermo esistono le virgole, il punto e virgola, le parentesi, sono segni d'interpunzione comodissimi e aiutano tanto a farsi capire), resta da parlare del melodramma e in questo caso di Douglas Sirk. Sirk, tedesco di nascita, fu costretto a lasciare la Germania con l'avvento del nazismo; era bravo e fece fortuna con i suoi film hollywoodiani, che però non sono dei capolavori (lo dico per aiutare chi volesse guardarli, non vorrei che rimanesse deluso) anche se possono piacere. Sono anche un bel po' invecchiati, spesso esagerati e inverosimili, ma ognuno ha i suoi gusti e su questo non mi metto a discutere. Discuto invece le ripetute e superficialissime definizioni del melodramma, e mi viene da pensare che Lingiardi, e tutti quelli che usano a sproposito la parola melodramma, non conoscano l'opera lirica se non per sentito dire. Si fermano alla trama di qualche opera, ma la trama non è affatto l'opera. Ricordano qualche dettaglio di qualche aria d'opera, ma un'aria d'opera andrebbe ascoltata per intero e nel suo contesto, perché un'aria d'opera non è un melodramma. Invito tutti quelli che parlano di "mélo" e di "melodramma" in questo modo ad ascoltare Gluck, Haendel, Monteverdi, Weber (Il franco cacciatore), Mozart, Donizetti (L'elisir d'amore), il Falstaff di Verdi, i Maestri Cantori di Wagner, perfino i Pagliacci di Leoncavallo potrebbero riservare molte sorprese, magari a partire dal famosissimo Prologo. L'esempio più famoso è quello di "La donna è mobile", dal Rigoletto di Giuseppe Verdi: ascoltata nel suo contesto, magari cantata da Jan Peerce con Toscanini, assume tutto il suo significato drammatico. Drammatico, e non solo melodrammatico.

 
Ma qui chiudo questa piccola polemica, del tutto inutile perché la pigrizia e il pressappochismo sono durissimi da scalfire, e passo ad alcuni titoli che possono incuriosire ma che si riveleranno un inganno. Non sono gli unici, temo che dovrò ritornare sull'argomento.
- "Il fantasma dell'Opera", dal romanzo omonimo di Gaston Leroux (1910) non ha quasi niente a che fare con la musica e si limita sfruttare gli ambienti quasi gotici dell'interno del teatro (in questo caso l'Opéra di Parigi) per creare un'atmosfera di tensione. Protagonisti diventano gli ampi spazi dietro il palcoscenico, le soffitte polverose, le botole che si aprono sul palcoscenico e gli oscuri sotterranei. E' un soggetto che ha avuto molta fortuna al cinema, con molte edizioni, ripreso più o meno ogni dieci anni da registi diversi e con diversi adattamenti più o meno horror. Il capostipite del genere è del 1916, e il film più famoso è del 1925, quindi prima dell'invenzione del sonoro, con Lon Chaney. Nella colonna sonora può essere inserito qualche brano d'opera o magari musica ottocentesca per organo, ma si tratta sempre di citazioni occasionali e anzi in molti casi è stata scritta musica d'occasione. C'è anche un film di Dario Argento che si intitola "Opera" uscito nel 1987, ma dato che io evito con la massima attenzione i film di Dario Argento, non posso parlare di "Opera" e nemmeno di "Phantom of the Opera", e di tutte le fetecchie (chiedo scusa, ma direi che è ora di ricominciare a chiamare le cose con il loro nome) scritte e pensate da chi non conosce l'opera o di chi forse ne conosce qualcosa, ma di sicuro non la ama.

 
- “Vita di bohème” del finlandese Aki Kaurismaki, uscito nel 1992, non ha niente a che vedere con l’opera di Puccini, né con la musica in generale. Prende come spunto di partenza il libro di Henri Murger che ha ispirato Puccini (e Leoncavallo) ma alla visione si noterà le somiglianze anche con il libro sono davvero poche.
- "Aida degli alberi" di Guido Manuli è un film di animazione del 2001 che non ha niente a che vedere con l'opera di Verdi. Guardandolo, viene piuttosto da pensare che sia servito da ispirazione per il più famoso (e successivo) "Avatar".
- "Onegin" di Martha Fiennes (sorella di Ralph), film del 1999, è inguardabile e meriterebbe una denuncia, o una richiesta di risarcimento, per la totale incomprensione di Pushkin e dei suoi personaggi. I primi dieci minuti sono dalle parti del film pornografico, con il povero Onegin che diventa un quarantenne debosciato (manca solo la cocaina, strano che non ce l'abbiano messa), povero Pushkin e povero Ciakovskij. Con Ralph Fiennes e Liv Tyler, anch'essi mal utilizzati, è uno dei pochi film che non sono riuscito a reggere fino in fondo, e che ovviamente non ha nulla a che vedere con l'opera di Ciaikovskij.

 
"Tristano e Isotta" è un titolo ricorrente al cinema, ma l'opera di Wagner non c'entra quasi mai, e anche le libertà prese con il racconto originale sono quasi sempre enormi (spesso grossolane). Rimanendo a Wagner, non si può non ricordare la citazione di Blade Runner, che molti sanno a memoria ("Ho visto cose che voi umani...") e che comprende il nome Tannhäuser. Mi sono sempre chiesto se chi fa questa citazione sa qualcosa di Tannhäuser: che è forse il nome di una stella o di un pianeta, ma che prima di tutto è il nome di un essere umano realmente esistito (un poeta medievale tedesco) e in secondo luogo quello di un'opera di Richard Wagner. Ma so già che dire queste cose significa passare per antipatici, si è guardati male, "ho visto cose che voi umani" dovrei dirlo io a loro (io, che sono stato presente a concerti e opere dirette da Carlos Kleiber e Claudio Abbado), ma qui mi fermo e sorvolo più in alto che posso, fermandomi poi su un fotogramma di Charles Spencer Chaplin.
« Era una dolce sera d'estate, perfettamente intonata al mio umore. Camminavo tranquillamente nella direzione del Metropolitan Opera House, dove davano il Tannhäuser. Non avevo mai visto un'opera lirica, solo qualche brano nel teatro del varietà, e la detestavo. Ma adesso avevo voglia di andarci, comperai un biglietto e presi posto in seconda galleria. L'opera era in tedesco e non ne capii una parola; non conoscevo nemmeno l'argomento. Ma quando la defunta regina venne portata in scena con la musica del coro dei pellegrini, piansi amaramente. Mi parve una ricapitolazione di tutte le pene della mia vita. A stento riuscii a dominarmi; non so cosa dovette pensare la gente che mi sedeva vicino (...) »
Charles Chaplin, Autobiografia, pag.145 edizione Oscar Mondadori 1977

 
(le immagini vengono tutte da "Il volto" di Ingmar Bergman)
 
 
 
 

sabato 17 febbraio 2018

Harem suaré


 
Harem suaré (1999) Regia di Ferzan Özpetek. Scritto da Ferzan Özpetek e Gianni Romoli. Fotografia di Pasquale Mari. Musica: brani da "La traviata" di Verdi e da "Norma" di Bellini. Musiche per il film di De Scalzi. Interpreti: Marie Gillain, Alex Descas, Valeria Golino, Lucia Bosè, Serif Sezer, Serra Yilmaz, e altri. Durata: 110 minuti.
 
Il sultano ama l'opera lirica, ma non gli piace il finale della Traviata e così lo fa cambiare. E' una delle trovate di "Harem suaré" di Ferzan Özpetek, turco di nascita e romano d'adozione, e probabilmente racconta qualcosa che è veramente accaduto. Özpetek è tecnicamente molto bravo, sa dirigere gli attori e sa inventare buoni soggetti, ma confesso di aver lasciato perdere i suoi film dopo "Cuore sacro", e di aver voluto vedere "Harem suaré" solo perché avevo letto che vi si parlava di opera lirica. Il soggetto, così come raccontato da wikipedia.it, è questo:
L'anziana Safiyè racconta ad Anita la sua storia di favorita nell'harem del sultano, Abdul-Hamid II (1876-1909). Agli inizi del '900, alla vigilia del crollo dell'Impero Ottomano, Safiyè si innamora dell'eunuco Nadir, con il quale stringe un patto per ottenere il potere che porta Safiyè a beneficiare della preferenza del Sultano. Purtroppo tutto ciò che aveva conquistato crolla miseramente: il figlio che avrà muore avvelenato, l'harem viene chiuso e Safiyè finisce in Italia esibendosi a teatro per sopravvivere. Il film è stato girato a Istanbul e sono stati utilizzati più di 15 set. Tra quelli storicamente autentici ci sono lo studio di Abdülhamit II, la stanza della Validè, alcuni interni dello Yıldız, il teatro e la centrale elettrica del 1901 che dava la luce al palazzo del sultano. L'harem originario, distrutto in un incendio negli anni venti, è stato ricostruito in studio. Tutte le musiche sono state composte da Pivio e Aldo De Scalzi. La colonna sonora vede la partecipazione di Antonella Ruggiero, che esegue il brano Il sole al Nadir.

Prendo atto del fatto che wikipedia trova inutile anche il minimo accenno all'opera, del resto in locandina non sono indicati i nomi delle cantanti che eseguono i brani operistici. Nell'altro blog "giulianocinema" me la sbrigavo così:
Un pessimo uso dell’opera l’ho trovato anche in “Harem suaré” del turco-italiano Ferzan Özpetek , dove l’opera lirica si ascolta nel palazzo del Sultano: proprio all’inizio del film vediamo il Sultano che cambia il finale della Traviata secondo l’umore. Più avanti si ascolta anche un po’ di Casta Diva, ma la presenza dell’opera lirica in questo film è un po’ troppo confusa e accidentale per interessare davvero. La musica di Verdi e di Bellini finisce per diventare un elemento di arredo, nel film di Özpetek , e la si ascolta poco e male.

 
I miei appunti personali dopo la mia prima e unica visione del film (opinione più che soggettiva, sia ben chiaro):
Fa rabbia perché è un'occasione buttata via. Il soggetto era buono, la messinscena è eccellente e gli attori molto bravi, ma ad Özpetek (e non è una novità) manca del tutto la profondità, e si ferma al fotoromanzo. Che ci voleva, qui? Questo soggetto sarebbe stato girato magnificamente da Yussef Chahine, e Powell-Pressburger ne avrebbero fatto un capolavoro indimenticabile. Oppure Visconti, o lo Zinnemann di "Julia"... Insomma, è un peccato. Tra tanti attori e attrici che non conosco ci sono Lucia Bosè e Valeria Golino. Le arie d'opera sono eseguite così così, La Traviata e un po' di Norma che piace al sultano. Il sultano che cambia il finale a Traviata è all'inizio del film.

 
 

domenica 11 febbraio 2018

Carl Stalling


 
Carl Stalling è l'autore delle musiche dei cartoni animati della Warner Bros, quelli più belli e divertenti. Quando io ero bambino venivano trasmessi non doppiati, con il sonoro originale, ed è così che andrebbero ascoltati: prima di tutto perché si capisce lo stesso quello che succede (basta qualche sottotitolo) e anche se non si capisce proprio tutto si ride lo stesso; e poi (soprattutto) perché il sonoro originale di quei cartoon è ogni volta un piccolo capolavoro, che col doppiaggio finisce in gran parte perduto. A Carl Stalling siamo tutti molto affezionati, anche se non ci si ricorda il nome quelle colonne sonore sono indimenticabili e facilmente riconoscibili. La musica non è quasi mai di Stalling, ma gli arrangiamenti sono tutti suoi.
Su Carl Stalling in italiano c'è pochissimo, quasi niente. Prendo perciò qualche notizia da wikipedia in inglese, che è molto più esauriente; il dettaglio forse più significativo è che alla Warner Bros ebbe a disposizione un'orchestra stabile di cinquanta elementi, una cosa che oggi anche molti teatri d'opera considerano come un sogno.
Carl W. Stalling nasce il 10 novembre 1891 a Lexington, Missouri, e muore il 29 novembre 1972 a Los Angeles. L'arco della sua attività come compositore di colonne sonore va dal 1928 al 1958, quasi sempre per la Warner Bros, le serie di cartoons chiamate Looney Tunes e Merrie Melodies, alle quali dedicò 22 anni della sua produzione.
I genitori di Carl arrivarono in Usa dalla Germania nel 1883; suo padre Ernest era un carpentiere, sua madre si chiamava Sophia. Carl cominciò a suonare il piano a sei anni, e a 12 già accompagnava con il suo strumento la proiezione dei film nel cinema della sua città natale, Lexington in Missouri. Per un breve periodo, fu anche organista al St. Louis Theatre.
Intorno ai vent'anni, a Kansas City, dirigeva una sua orchestra e improvvisava all'organo all'Isis Movie Theatre, sempre come commento e accompagnamento ai film. In questo periodo divenne amico del giovane Walt Disney, che iniziava a fare cinema a Kansas City; Disney fu molto colpito dal modo di fare musica di Stalling, e volle conoscerlo. Iniziò così la loro collaborazione; di lì a poco Disney lasciò Kansas City per la California, dove aprì i suoi nuovi studios, ma rimase in contatto con Stalling e lo mise sotto contratto nel 1928, per due nuovi cartoni animati. In quell'anno Disney era al lavoro su "Steamboat Willie", il suo primo film sonoro. Stalling curò la colonna sonora di molti dei primi cartoons Disney, come "Plane Crazy" e "The Gallopin' Gaucho" (non "Steamboat Willie", però) che erano in origine film muti e che sono i primi due film in cui appare Mickey Mouse.

 
Carl Stalling accettò la proposta di Disney di trasferirsi stabilmente in California, anche perché era facile rendersi conto che il suo lavoro di accompagnamento ai film muti era destinato a terminare con l'avvento del sonoro; divenne presto un maestro nel suo genere, e pare che sia sua la voce di Mickey Mouse in "The Karnival Kid" del 1929, con le prime parole pronunciate da Topolino.
Dalla collaborazione di Stalling con Disney nacquero le "Silly Symphonies", dove la musica dettava i tempi dell'azione e della storia raccontata. "The Skeleton Dance" (1929), è la prima delle Silly Symphonies. Mentre lavorava con Disney, Stalling inventò un sistema a scatto ("tick system") che aiutava a sincronizzare la musica con le immagini, immediato predecessore del "click track" che sarebbe poi diventato il sistema standard sia nel cinema con attori che in quello d'animazione.
Stalling lasciò Disney dopo due anni, insieme all'animatore Ub Iwerks; lavorò con Iwerks fino al 1936, quando Leon Schlesinger, che produceva cartoni animati per la Warner Bros, mise sotto contratto Iwerks. Stalling, già famoso nell'ambiente, seguì Iwerks e divenne compositore per cartoons a tempo pieno. A segnalare Stalling alla Warner era stato lo sceneggiatore Ben Hardaway, conosciuto nello studio di Iwerks.
Le due serie di cartoons che Schlesinger produsse per la Warner Bros furono Looney Tunes e Merrie Melodies, entrambe cominciate agli inizi degli anni '30 con musiche di altri compositori ( Frank Marsales, Bernard B. Brown, Norman Spencer). Dal 1936 Stalling compose le musiche per quasi tutte le animazioni della Warner Bros, di cui Stalling fu music director per 22 anni, ed è accreditato per più di 600 film animati. Come i suoi predecessori, Stalling ebbe largo accesso alle possibilità offerte dalla Warner Bros, catalogo e musicisti. Potè anche utilizzare l'orchestra di cinquanta elementi della compagnia, guidata a quel tempo da Leo F. Forbstein.
I dirigenti della Warner Bros insistevano perché Stalling usasse il più possibile musica e canzoni tratte dai loro film, così che i cartoons fungevano anche da traino pubblicitario per le pellicole e per la vendita dei dischi.
 
Stalling rimase alla Warner Bros fino al suo ritiro nel 1958; il suo ultimo cartoon fu "To Itch His Own", diretto da Chuck Jones. Dopo il ritiro di Stalling, nel 1958, subentrò come curatore delle musiche Milt Franklyn, suo assistente fin dagli anni '30. Stalling e Franklyn condivisero i credits per la direzione musicale durante gli ultimi anni dell'attività di Stalling; non ci fu un vero e proprio periodo di transizione perché lo stile di lavoro di Franklyn era molto simile, anche se Milt Franklyn inserì il rock and roll, popolare negli anni '50. Franklyn morì improvvisamente nel 1962, e il suo sostituto alla Warner Bros per i cartoni animati fu William Lava. Stalling morì il 29 novembre 1972, presso Los Angeles.


Stalling fu un vero compositore, al di là delle convenzioni usate nella musica di accompagnamento per i film fin dall'epoca del muto. Fu anche un innovatore dal punto di vista tecnico, utilizzando regolarmente il metronomo per calibrare alla perfezione i tempi comici, e fu uno dei tre compositori, insieme a Max Steiner e Scott Bradley, accreditati per l'invenzione del "click track" utilizzato per la sincronizzazione sonora dei film. Una sua caratteristica fu il "musical pun", un gioco di parole in musica dove utilizzava brani classici o canzoni popolari per dare dimensione umoristica alla scena rappresentata sullo schermo. Lavorando con cartoonists leggendari come Tex Avery, Bob Clampett, Friz Freleng, Robert McKimson e Chuck Jones, sviluppò lo stile caratteristico dei "Looney Tunes", fatto di spunti molto rapidi e strettamente coordinati con la musica, punteggiati da effetti sonori e musicali e occasionalmente immersi in fantasie musicali come The Rabbit of Seville e A Corny Concerto.
 
Il processo di lavoro di Stalling prevedeva incontri con il regista e gli autori del cartoon fin dall'inizio, prima che cominciasse il lavoro di animazione. Il cartoon veniva misurato inquadratura per inquadratura, e quando era terminato Stalling riceveva un dettagliato rapporto con il quale poteva programmare la sua musica battuta per battuta.
Lavorando sulla colonna sonora, Stalling poteva incorporare i suoi "giochi di parole musicali". Sceglieva brevi o brevissimi citazioni, spesso meno di quattro secondi, che avessero attinenza con il titolo o con la situazione presentata nel cartoon. John Zorn paragonò il lavoro di Carl Stalling con quello di Charles Ives, uno dei più grandi compositori americani (1874-1954), che fece delle citazioni di musiche popolari una sua cifra stilistica.

 
Stalling registrò molte variazioni sul tema d'apertura delle serie di cartoons Looney Tunes e Merrie Melodies. Il tema che apre le Looney Tunes ha per titolo "The Merry-Go-Round Broke Down" (1937, "la giostra si è rotta"), scritta da Dave Franklin e Cliff Friend della Tin Pan Alley. Il tema delle Merrie Melodies si intitola "Merrily We Roll Along" (1935); una chitarra elettrica produce l'effetto sonoro iniziale.
Stalling fece un uso frequente delle musiche scritte da Raymond Scott, che negli anni '30 e '40 lavorava per la Warner Bros. Per esempio, "fast and wacky" da "Powerhouse" (1937) scritta da Scott fu usata molto spesso per accompagnare scene animate dove apparivano nastri trasportatori o inseguimenti. Raymond Scott fu considerato "cartoon composer", ma di fatto non compose mai musica pensata espressamente per i cartoni animati; aveva però una notevole sensibilità nell'abbinare la musica agli effetti visivi e Stalling ne teneva sempre conto. Tra i titoli di Scott più utilizzati da Stalling "The Lady in Red" e "Oh, You Beautiful Doll" per le scene con donne attraenti e "California, Here I Come" per le scene che prevedevano partenze veloci. "In My Merry Oldsmobile" era associata alle automobili; "In an 18th Century Drawing Room" è associata alla nonna nei cartoni animati con Titti e Silvestro, dove "Powerhouse" spunta in scene di macchine, fabbrica, attrezzi meccanici. Stalling arrangiò Rossini per The Rabbit of Seville, e citò Smetana ("The Dance of the Comedians", dall'opera La sposa venduta) per Wile E. Coyote e Road Runner.
Il critico cinematografico Leonard Maltin sottolinea la ricchezza del suono dei cartoons Warner, dovuto alla grande orchestra che negli anni successivi non è più stata utilizzata nei cartoni animati; questa ricchezza e bellezza di suono è stata di grande utilità nell'introdurre i bambini alla musica sinfonica e operistica, e a molte delle canzoni del Great American Songbook.

 
Carl Stalling è oggi ricordato quasi esclusivamente per le musiche dei cartoons, e negli anni '50 e '60 furono pubblicati diversi dischi con la raccolta delle più popolari, incluse le sigle di Looney Tunes e Merrie Melodies.
Chuck Jones e gli altri registi della serie Looney Tunes alle volte si lamentavano dell'eccessiva propensione di Stalling alle citazioni musicali e ai giochi di parole. In un'intervista, Chuck Jones disse: «Era un musicista brillante, però per lui la via più veloce per scrivere un commento musicale era semplicemente cercare musica con il titolo corrispondente alla scena o al carattere con quel nome. Se c'era una donna vestita di rosso, metteva sempre "The Lady in Red". Se qualcuno entrava in una caverna, usava un'ouverture di Mendelssohn, "Le grotte di Fingal". Se c'era una scena dove qualcuno stava mangiando, tirava fuori "A Cup of Coffee, a Sandwich and You". Una volta avevo messo un'ape e, mio Dio, figuratevi se non andava a scovare una canzone scritta nel 1906 o qualcosa che aveva per titolo "I'm a Busy Little Bumble Bee".
Il musicologo e storico dell'animazione Daniel Goldmark ha notato che Jones ripeteva questo aneddoto su Stalling in molte interviste. Chuck Jones disse anche, nel 1975, che una canzone come "My Funny Little Bumble Bee" non era così popolare da far capire al pubblico di cosa si stava trattando, ed esagerava dicendo che bisognava avere 108 anni per ricordarsi dell'esistenza di quella canzone. Goldmark dubita dell'accuratezza di questo aneddoto, la canzone era "Be My Little Baby Bumble Bee" (1912), che non era così oscura al pubblico perché era uno dei brani di punta del musical A Winsome Widow, prodotto da Florenz Ziegfeld Jr. ed era stata registrata su disco con grande successo dal popolare duo formato da Ada Jones e Billy Murray, e inoltre Stalling l'aveva usata solo una volta durante la sua attività alla Warner Bros. La canzone fu utilizzata come musica del titolo per The Bee-Deviled Bruin (1949), un breve cartone animato diretto da Chuck Jones. Goldmark nota anche che il riferimento di Chuck Jones a "La grotta di Fingal" è impreciso, perché Stalling utilizzò la melodia composta da Felix Mendelssohn in molti diversi cartoni animati, ma mai in combinazione con una scena in una caverna.
Alcune di queste combinazioni, inoltre, non erano opera di Stalling ma era già utilizzate come cliché in precedenza; per esempio la Rapsodia ungherese n.2, in scene di pianoforte, era già stata usata nei cartoni animati di Walt Disney già nei primi anni '30.
 
I principali temi usati da Carl Stalling nei suoi cartoons:
Musica sinfonica, operistica, da camera:
- Bedrich Smetana, "Dance of the Comedians" da "La sposa rapita", utilizzata in scene di inseguimento, particolarmente nei primi episodi con Road-Runner e Wile Coyote.
- Gioacchino Rossini: "Largo al factotum" da Il Barbiere di Siviglia, per scene con italiani o dal barbiere
- Gioacchino Rossini: "Guglielmo Tell Ouverture", per scene con cavalli in corsa
- Thomas A. Arne: "Rule, Britannia!" per scene con personaggi britannici o ambientate in Inghilterra
- Frédéric Chopin, marcia funebre dalla "Piano Sonata No. 2" (oppure la canzone "The Last Post"), per personaggi morenti o in gravi condizioni dopo un incidente, generalmente accompagnate da un altro personaggio che si leva il cappello in segno di rispetto
- "Marcia nuziale", per gli sposalizi (Wagner o Mendelssohn?)
- "Song of the Volga Boatmen", i battellieri del Volga, per scene con personaggi russi o ambientate in Russia

Canzoni e musica varia:
- "Payday" in Private Snafu (1944), che contiene diversi temi e stili musicali (ambito militare)
- "In the Stirrups" (John Stepan Zamecnik), per scene a cavallo
- "How Dry I Am" (Irving Berlin), per scene con ubriachi
- "Rock-a-bye Baby", per i tentativi di dormire o di far addormentare un bambino
- "Sobre las Olas", per scene di pattinaggio o di trucchi di magia e acrobazie
- "A Cup of Coffee, a Sandwich and You" (Joseph Meyer/Al Dubin/Billy Rose) per scene in cui il protagonista è affamato
- "The Lady in Red" e "Oh, You Beautiful Doll", per donne attraenti e seducenti
- "I'm Forever Blowing Bubbles", per le scene sott'acqua o in cui si vedono bolle
- "Raindrop prelude", per scene con pioggia
- "The Japanese Sandman", per personaggi giapponesi o scene di ambientazione giapponese
- "Oh du lieber Augustin" per tedeschi e scene ambientate in Germania; molto usata nei cartoons del tempo di guerra.
- "La Cucaracha", "The Mexican Hat Dance", per scene ambientate in Messico o con personaggi messicani
- "Las Chiapanecas" (Bulmaro López Fernández) - usata in "Bully for Bugs" durante le scene dove Bugs Bunny indossa un sombrero, danza e schiaffeggia il toro
- "The Streets of Cairo, or the Poor Little Country Maid", per scene ambientate in Arabia o in Egitto, spesso con ballerine di danza del ventre
- "Oriental riff" , per scene ambientate in Cina o con personaggi dell'Estremo Oriente
- "Alouette" per scene con personaggi francesi o ambientate in Francia, e per caratterizzare Pepé Le Pew
- "In My Merry Oldsmobile" - scene con automobili
- "The Arkansas Traveler" - scene con personaggi hillbilly e yokel
- "Oh! Susanna" - scene con cowboys
- "Blues in the Night" - scene con afro-americani o con personaggi tristi
- "California, Here I Come" - scene con partenze improvvise dei personaggi
- "Powerhouse" (Raymond Scott) scene di fabbrica, lavoro ripetitivo, movimenti meccanici
- "In an 18th Century Drawing Room" (Raymond Scott), per la Nonna nei cartoons di Sylvester and Tweety
- "Morning Mood", scene d'atmosfera che si svolgono nel mattino
- "Freddie the Freshman", scene di football
- "We're in the Money", scene con denaro o con persone ricche, specialmente con Daffy Duck
- "Shuffle Off to Buffalo", scene con treni e lunghi viaggi
- "Forty-Second Street", scene con locali di grandi città e metropolitane
- "Lucky Day", scene in cui i personaggi hanno un colpo di fortuna
- "Me-ow" (Melville B. Kaufman). scene con gatti
- "Oh Where, Oh Where Has My Little Dog Gone?", scene con cani
- "Aloha Oe" - scene alle Hawaii o in isole tropicali, oppure quando un personaggio si allontana in nave o in barca
- "The Sailor's Hornpipe" , scene di marinai o di mare
- "Home! Sweet Home!", scene con personaggi stanchi che tornano a casa
- "Teddy Bears' Picnic", scene con orsi, specificatamente per la serie di Chuck Jones sui tre orsi
Dischi e registrazioni
- The Carl Stalling Project: Music From Warner Bros. Cartoons, 1936–1958. Warner Bros., 1990
- The Carl Stalling Project Volume 2: More Music From Warner Bros. Cartoons, 1939–1957. Warner Bros., 1995
- Bugs Bunny on Broadway. (Broadway Cast Album conducted by George Daugherty) Warner Bros., 1990
- Bugs Bunny at the Symphony. (Live Concert Recording from the Sydney Opera House with the Sydney Symphony conducted by George Daugherty.) Warner Bros., 2010

 
Dopo aver letto tutto e messo in ordine meglio che potevo, mi accorgo che manca una delle mie preferite: "I've been working on the railroad", per le scene in cui c'è la ferrovia. Un po' me ne dispiace, però l'elenco completo penso che sia così lungo (e ricco) che è inevitabile lasciare qualcosa per strada. Intanto ho dedicato un post lunghissimo a Carl Stalling, e devo dire che sono molto contento di averlo fatto.
 



giovedì 8 febbraio 2018

Nicola Piovani


Ho imparato a conoscere Nicola Piovani con "L'invenzione di Morel" di Emidio Greco, tratto dal romanzo di Adolfo Bioy Casares; mi era rimasta subito nella memoria la danza sotto la pioggia, con Giulio Brogi stupito a chiedersi cosa mai fosse quello che stava vedendo. Era uno dei primi film con la musica di Piovani, che in seguito avrebbe avuto una carriera notevole: Federico Fellini lo chiamò per sostituire Nino Rota, lavorò stabilmente con Monicelli e con Nanni Moretti, vinse l'Oscar nel 1997 con "La vita è bella" di Benigni. Personalmente ho un bel ricordo anche di "Domani accadrà" di Daniele Luchetti (1988), per la musica e anche per il film. Insomma, si può forse dire che Piovani ha "preso per la coda" il finale di stagione del grande cinema italiano; oggi Piovani continua a lavorare bene, ma il panorama del cinema italiano è spesso desolante e ci si deve accontentare delle serie tv. La stagione del contatto diretto con il pubblico è ormai lontana, io continuo a dispiacermene ma ad altri va bene anche così; per uno che si muove nell'ambito del cinema è comunque un'occasione di lavoro e penso che sia per questo che nessuno dice la verità su queste produzioni pensate per la pubblicità più che per convinzione vera e propria.
Ma qui sto uscendo dal discorso più propriamente musicale, torno a Nicola Piovani con la lista dei suoi film, presa da www.wikipedia.it.


Nei primi dieci film musicati da Nicola Piovani mi piace indicare "Le orme" di Luigi Bazzoni, che ha una colonna sonora notevole oltre ad essere un film che ancora oggi colpisce. Sottolineo anche "Sbatti il mostro in prima pagina" di Bellocchio, film ambientato nel mondo della stampa e dei giornalisti, con un grande Volonté. E poi c'è "L'invenzione di Morel", a cui sono molto affezionato sia per il libro che per il film (e per la musica di Piovani, s'intende).
1) La ragazza di latta, regia di Marcello Aliprandi (1970) 2) Sbatti il mostro in prima pagina, regia di Marco Bellocchio (1972) 3) Nel nome del padre, regia di Marco Bellocchio (1972) 4) Flavia, la monaca musulmana, regia di Gianfranco Mingozzi (1974) 5) L'invenzione di Morel, regia di Emidio Greco (1974) 6) Il profumo della signora in nero, regia di Francesco Barilli (1974) 7) Vermisat, regia di Mario Brenta (1974) 8) Le orme, regia di Luigi Bazzoni (1975) 9) Marcia trionfale, regia di Marco Bellocchio (1976) 10) Nel più alto dei cieli, regia di Silvano Agosti (1977)


Dagli anni '80 inizia la collaborazione di Piovani con Monicelli (purtroppo non sono i suoi film migliori); si continua con i fratelli Taviani (Kaos, da Pirandello), con Giuseppe Bertolucci, e con Nanni Moretti (La messa è finita). Continua anche il lavoro con Marco Bellocchio, stavolta con film presto dimenticati.
11) Salto nel vuoto, regia di Marco Bellocchio (1980) 12) Vacanze in Val Trebbia, regia di Marco Bellocchio (1980) 13) Il marchese del Grillo, regia di Mario Monicelli (1981) 14) Il minestrone, regia di Sergio Citti (1981) 15) La notte di San Lorenzo, regia di Paolo e Vittorio Taviani (1982) 16) Gli occhi, la bocca, regia di Marco Bellocchio (1982) 17) Kaos, regia di Paolo e Vittorio Taviani (1984) 18) Segreti segreti, regia di Giuseppe Bertolucci (1984) 19) Bertoldo, Bertoldino e Cacasenno, regia di Mario Monicelli (1984) 20) La messa è finita, regia di Nanni Moretti (1985)
Nel 1979 muore Nino Rota, e Federico Fellini si trova nella necessità di sostituirlo. Per i suoi ultimi film, a partire da "Ginger e Fred", sceglierà Nicola Piovani; la collaborazione dura fino a "La voce della luna", ultimo film di Fellini. L'anno 1988 segna anche l'esordio nella regia di Daniele Luchetti, molto belle le musiche di Piovani per "Domani accadrà". In questa lista sottolineerei "Palombella rossa" di Nanni Moretti, mentre è molto simpatica la musica per un breve film su Bologna (dieci minuti) dei fratelli Bertolucci, frammento di un film collettivo pensato per i campionati mondiali di calcio svoltisi in Italia.
21) Le due vite di Mattia Pascal, regia di Mario Monicelli (1985) 22) Ginger e Fred, regia di Federico Fellini (1985) 23) Speriamo che sia femmina, regia di Mario Monicelli (1986) 24) Il camorrista, regia di Giuseppe Tornatore (1986) 25) L'iniziazione, regia di Gianfranco Mingozzi (1986) 26) Intervista, regia di Federico Fellini (1987) 27) Strana la vita, regia di Giuseppe Bertolucci (1987) 28) Good morning Babilonia, regia di Paolo e Vittorio Taviani (1987) 29) Domani accadrà, regia di Daniele Luchetti (1988) 30) Chiari di luna, regia di Lello Arena (1988) 31) I cammelli, regia di Giuseppe Bertolucci (1988) 32) Palombella rossa, regia di Nanni Moretti (1989) 33) Bologna, episodio di 12 registi per 12 città, regia di Bernardo Bertolucci e Giuseppe Bertolucci (1989) - Documentario 34) Il male oscuro, regia di Mario Monicelli (1989) 35) 'o Re, regia di Luigi Magni (1989) 36) In nome del popolo sovrano, regia di Luigi Magni (1990) 37) Tracce di vita amorosa, regia di Peter Del Monte (1990) 38) La voce della Luna, regia di Federico Fellini (1990) 39) Il sole anche di notte, regia di Paolo e Vittorio Taviani (1990) 40) La vita sospesa (Hors la vie), regia di Maroun Bagdadi (1991)


Dagli anni '90 cominciano gli anni duri per il cinema italiano; Piovani lavora molto ma confesso di aver visto poco o niente di questa lista, che comunque si conclude con l'Oscar per il film di Benigni.
41) Prosciutto, prosciutto (Jamon, jamon), regia di Bigas Luna (1992) 42) Le amiche del cuore, regia di Michele Placido (1992) 43) Fiorile, regia di Paolo e Vittorio Taviani (1993) 44) Di questo non si parla, regia di María Luisa Bemberg (1993) 45) Uova d'oro, regia di Bigas Luna (1993) 46) Per amore, solo per amore, regia di Giovanni Veronesi (1993) 47) Caro diario, regia di Nanni Moretti (1993) 48) Amok, regia di Joël Farges (1993) 49) La teta y la luna, regia di Bigas Luna (1994) 50) L'olandese volante (De Vliegende Hollander), regia di Jos Stelling (1995) 51) Nemici d'infanzia, regia di Luigi Magni (1995) 52) Un mese al lago (A Month by the Lake), regia di John Irvin (1995) 53) Uomo d'acqua dolce, regia di Antonio Albanese (1996) 54) La mia generazione, regia di Wilma Labate (1996) 55) La vita è bella, regia di Roberto Benigni (1997)


Quest'ultima lista, a parte qualche titolo facilmente individuabile, rispecchia bene lo stato attuale del cinema italiano: film che magari non sono stati nemmeno distribuiti nei cinema, che in televisione passano (se passano) alle due di notte, visti per forza di cosa (al di là della loro qualità) da pochissime persone. Ne ho visti pochissimi, quindi non ho ricordi del lavoro di Nicola Piovani in questi film.
56) Tu ridi, regia di Paolo e Vittorio Taviani (1998) 57) Amor nello specchio, regia di Salvatore Maira (1999) 58) La fame e la sete, regia di Antonio Albanese (1999) 59) La seconda ombra, regia di Silvano Agosti (2000) 60) La carbonara, regia di Luigi Magni (2000) 61) Vipera, regia di Sergio Citti (2001) 62) La stanza del figlio, regia di Nanni Moretti (2001) 63) Il nostro matrimonio è in crisi, regia di Antonio Albanese (2002) 64) Nowhere, regia di Luis Sepúlveda (2002) 65) Pinocchio, regia di Roberto Benigni (2002) 66) Clownin' Kabul, regia di Enzo Balestrieri e Stefano Moser (2002) - Documentario 67) Gli indesiderabili, regia di Pasquale Scimeca (2003) 68) La tigre e la neve, regia di Roberto Benigni (2005) 69) La mafia è bianca, regia di Stefano Maria Bianchi e Alberto Nerazzini (2005) - Documentario 70) Fascisti su Marte, regia di Corrado Guzzanti e Igor Skofic (2006) 71) Un po' per caso, un po' per desiderio (Fauteuils d'orchestre), regia di Danièle Thompson (2006) 72) Lezioni di felicità (Odette Toulemonde), regia di Éric-Emmanuel Schmitt (2006) 73) Je vais bien, ne t'en fais pas, regia di Philippe Lioret (2006) 74) Amore che vieni, amore che vai, regia di Daniele Costantini (2008) 75) Welcome, regia di Philippe Lioret (2009) 76) Il grande sogno, regia di Michele Placido (2009) 77) Tris di donne e abiti nuziali, regia di Vincenzo Terracciano (2009) 78) Chef (Comme un Chef), regia di Daniel Cohen (2012) 79) Ciliegine, regia di Laura Morante (2012) 80) Sams im gluck, regia di Peter Gersina (2012) 81) Mamarosh, regia di Moncilo Mrdakovic (2012) 82) Benur - Un gladiatore in affitto regia di Massimo Andrei (2013) 83) C'era una volta, regia di Renat Davletiarov (2013) 84) La trattativa, regia di Sabina Guzzanti (2014) 85) Banana, regia di Andrea Jublin (2014) 86) Hungry Hearts, regia di Saverio Costanzo (2014)




I lavori di Piovani per la televisione, compresi due programmi di Michele Santoro:
Amico mio (1993-1998); Linda e il Brigadiere (1997-2000); Resurrezione (2001) ; Angelo il custode (2001); Luisa Sanfelice (2004); Anno Zero (2006 - 2011) - Approfondimento Giornalistico; La mia casa è piena di specchi (2010); Servizio Pubblico (dal 2012) - Approfondimento Giornalistico; L'ultimo papa re (2013); Tg1 (dal 2014) - Telegiornale
(le immagini vengono dai film "Le orme" di Bazzoni, "L'invenzione di Morel" di Emidio Greco, "Domani accadrà" di Daniele Luchetti, "La voce della luna" di Federico Fellini)


 
 


venerdì 2 febbraio 2018

L'opera da tre soldi


- "Die Dreigroschenoper" (L'opera da tre soldi, 1931). Regia di Georg Wilhelm Pabst. Tratto dall'opera teatrale di Bertolt Brecht e Kurt Weill. Musica di Kurt Weill, dirette da Kurt Weill e Theo Mackeben. Sceneggiatura di Bela Balasz, Léo Lania, Ladislaus Vajda . Fotografia di Fritz Arno Wagner. Interpreti: Rudolf Forster (Mackie Messer), Carola Neher (Polly), Reinhold Schünzel (Tiger-Brown), Fritz Rasp (Peachum), Valeska Gert (Mrs. Peachum), Lotte Lenya (Jenny), Hermann Thimig (The Vicar), Ernst Busch (The Street Singer), Vladimir Sokoloff (Smith, the Jailer), Paul Kemp, Gustav Püttjer, Oskar Höcker, Krafft-Raschig (Mackie Messer's Gang Members), Herbert Grünbaum (Filch), Sylvia Torf (Whorehouse owner ), Marcel Merminod. Durata: 1h50'
- L'opéra de quat'sous ("Die Dreigroschenoper", 1931) Regia di Georg Wilhelm Pabst. Tratto dall'opera teatrale di Bertolt Brecht e Kurt Weill. Musica di Kurt Weill, dirette da Kurt Weill e Theo Mackeben. Sceneggiatura di Bela Balasz, Léo Lania, André Mauprey, Ninon Steinhoff, Solange Térac, Ladislaus Vajda . Fotografia di Fritz Arno Wagner. Interpreti: Albert Préjean (Mackie), Florelle (Polly Peachum) , Gaston Modot (Peachum), Margo Lion (Jenny), Vladimir Sokoloff (Smith), Lucy de Matha (Mme Peachum), Jacques Henley (Tiger Brown), Bill Bocket (Chanteur de rues), Hermann Thimig (Pasteur ), Antonin Artaud (Nouveau mendant), Roger Gaillard (Mendiant), Marie-Antoinette Buzet (Fille à Turnbridge), Arthur Duarte, Marcel Merminod, Pierre Léaud, Albert Broquin. Durata: 1h40'

"Die Dreigroschen Oper" (1931), regia di Pabst, piacque poco o niente a Bertolt Brecht; visto da oggi si può essere d'accordo con Brecht, è un buon film ma tagli e modifiche all'originale non mancano, e soprattuto con il teatro non ha molto a che fare. Se non fosse per le canzoni (di Kurt Weill) sarebbe difficile distinguere questo film da un Clair o da un Lubitsch, con la differenza che Pabst non è sempre all'altezza di Clair e di Lubitsch, ma è piuttosto un regista di capolavori mancati o incompleti. Viene a tratti da pensare a Max Ophuls, ma manca il vero controllo totale del film, dall'inizio alla fine, che caratterizza i grandi. Molte sequenze sono però decisamente belle, Georg Wilhelm Pabst rimane comunque uno dei più grandi registi nella storia del cinema, e non manca mai un motivo per guardare i suoi film, magari portando pazienza.
 

Il film è stato girato due volte, in due lingue diverse; Pabst girò almeno almeno tre film in questo modo, "L'Atlantide" (tre versioni), "Don Quichotte" (due), e questo. Girare i film due volte è stata una pratica comune nei primi anni del sonoro: il doppiaggio non sempre dava buoni risultati e girando il film in una sola lingua c'era il rischio di fare minori incassi, di non poter vendere la pellicola all'estero. Esistono due versioni in lingue diverse anche dei film di Fritz Lang, come il "Dottor Mabuse", è una pratica che oggi può sembrare strana ma nei primi anni '30 si faceva spesso.
Ho guardato per intero la versione tedesca, quella dove c'è Lotte Lenya (grande interprete brechtiana anche in teatro), e alcune parti della francese (su youtube ci sono entrambe, per intero). La versione francese è più corta, 1h40 contro 1h50, però inizia con una sequenza di marionette molto bella che nel film tedesco non c'è. E' molto suggestivo però anche l'inizio della versione tedesca, dove a schermo nero (cioè il buio nel cinema, che oggi in pochi ricordano) si comincia con la musica bella e famosa di Kurt Weill.

 
Provo un parallelo fra i due cast: Jenny è Lotte Lenya nella versione tedesca, vagamente somigliante a Frances McDormand, ovviamente superlativa (la parte è sua); se la cava bene anche Margo Lyon nella versione francese.
Meno bene vanno le cose con Polly, che è Carola Neher nella versione tedesca (bravina ma poco incisiva) e Florelle in quella francese (sopranino leggerissimo, leziosa, del tutto fuori posto).
Nella versione tedesca la moglie di Peachum è Valeska Gert, attrice di nome nei primi anni del cinema, però il ruolo non è sviluppato a dovere e ha solo poche battute.
Mackie Messer è Rudolf Forster (che a noi italiani può ricordare Fred Buscaglione) nella versione tedesca, e Albert Préjean (qui senza baffi) in quella francese; entrambi molto datati ma all'epoca penso andassero bene; comunque niente a che vedere con Tino Carraro o con Domenico Modugno negli spettacoli milanesi di Strehler, e privi di una vera forza.

 
Peachum è Fritz Rasp (più caratterista) o Gaston Modot (stranamente poco incisivo, incolore); nessuno dei due rende bene il personaggio. Il capo della polizia, il corrotto Tiger Brown, è incolore e sotto la sufficienza in entrambe le versioni: Reinhold Schünzel oppure J.Henley.
Il cantastorie è Ernest Busch oppure il francese Bill Bocket; Busch è forse la parte più riuscita del film, un cantastorie con l'organetto, che spesso guarda anche in macchina. Nella versione francese c'è anche Antonin Artaud.
Una curiosità è vedere il corteo della regina: oggi a noi sembra normale per via di Elisabetta II, ma nel 1931 la regina Victoria non c'era più da diversi anni, in Inghilterra c'era il re.


Considerazione finale non su Pabst ma su Brecht e su John Gay: è incredibile che ancora oggi nelle grandi città (Milano inclusa) esista il racket dei mendicanti. I Peachum sono immutabili nel corso dei secoli, da Notre Dame a Beggar's Opera a Dickens fino ad oggi 2017, e oltre; a me sembra impossibile che non si riesca a debellare il racket dei mendicanti con i mezzi odierni, basterebbe un telefonino per sapere a chi vanno finire i soldi delle elemosine. Invece sindaci e politici (soprattutto di destra) pensano piuttosto a multare chi regala qualche centesimo del suo (aiutare il prossimo è un principio cristiano), e in questo modo finiscono con il fare un favore a chi gestisce il racket.
Tornando a Pabst, forse non era il regista giusto per Brecht; forse l'equivoco, il pensare che Pabst andasse bene per Brecht, nasce da "Il vaso di Pandora" con Louise Brooks, così come accadrà negli anni '60 per Alain Resnais e "L'anno scorso a Marienbad" dove il vero autore era Robbe-Grillet; si confonde il regista con l'autore vero, ogni tanto capita, e quando si è "in medias res" può capitare di cadere in questi equivoci.
Il consiglio finale è di tornare a leggere Brecht, e anche il settecentesco John Gay. Ci sono tante cose da imparare, nelle opere di Bertolt Brecht: magari partendo dal suo Galileo.