- "Die Dreigroschenoper"
(L'opera da tre soldi, 1931). Regia di Georg Wilhelm Pabst. Tratto
dall'opera teatrale di Bertolt Brecht e Kurt Weill. Musica di Kurt
Weill, dirette da Kurt Weill e Theo Mackeben. Sceneggiatura di Bela
Balasz, Léo Lania, Ladislaus Vajda . Fotografia di Fritz Arno
Wagner. Interpreti: Rudolf Forster (Mackie Messer), Carola Neher
(Polly), Reinhold Schünzel (Tiger-Brown), Fritz Rasp (Peachum),
Valeska Gert (Mrs. Peachum), Lotte Lenya (Jenny), Hermann Thimig
(The Vicar), Ernst Busch (The Street Singer), Vladimir Sokoloff
(Smith, the Jailer), Paul Kemp, Gustav Püttjer, Oskar Höcker,
Krafft-Raschig (Mackie Messer's Gang Members), Herbert Grünbaum
(Filch), Sylvia Torf (Whorehouse owner ), Marcel Merminod. Durata:
1h50'
- L'opéra de quat'sous ("Die
Dreigroschenoper", 1931) Regia di Georg Wilhelm Pabst. Tratto
dall'opera teatrale di Bertolt Brecht e Kurt Weill. Musica di Kurt
Weill, dirette da Kurt Weill e Theo Mackeben. Sceneggiatura di Bela
Balasz, Léo Lania, André Mauprey, Ninon Steinhoff, Solange Térac,
Ladislaus Vajda . Fotografia di Fritz Arno Wagner. Interpreti:
Albert Préjean (Mackie), Florelle (Polly Peachum) , Gaston Modot
(Peachum), Margo Lion (Jenny), Vladimir Sokoloff (Smith), Lucy de
Matha (Mme Peachum), Jacques Henley (Tiger Brown), Bill Bocket
(Chanteur de rues), Hermann Thimig (Pasteur ), Antonin Artaud
(Nouveau mendant), Roger Gaillard (Mendiant), Marie-Antoinette Buzet
(Fille à Turnbridge), Arthur Duarte, Marcel Merminod, Pierre Léaud,
Albert Broquin. Durata: 1h40'
"Die Dreigroschen Oper"
(1931), regia di Pabst, piacque poco o niente a Bertolt Brecht; visto
da oggi si può essere d'accordo con Brecht, è un buon film ma tagli
e modifiche all'originale non mancano, e soprattuto con il teatro non
ha molto a che fare. Se non fosse per le canzoni (di Kurt Weill)
sarebbe difficile distinguere questo film da un Clair o da un
Lubitsch, con la differenza che Pabst non è sempre all'altezza di
Clair e di Lubitsch, ma è piuttosto un regista di capolavori mancati
o incompleti. Viene a tratti da pensare a Max Ophuls, ma manca il
vero controllo totale del film, dall'inizio alla fine, che
caratterizza i grandi. Molte sequenze sono però decisamente belle,
Georg Wilhelm Pabst rimane comunque uno dei più grandi registi nella
storia del cinema, e non manca mai un motivo per guardare i suoi
film, magari portando pazienza.
Il film è stato girato due volte, in
due lingue diverse; Pabst girò almeno almeno tre film in questo
modo, "L'Atlantide" (tre versioni), "Don Quichotte"
(due), e questo. Girare i film due volte è stata una pratica comune
nei primi anni del sonoro: il doppiaggio non sempre dava buoni
risultati e girando il film in una sola lingua c'era il rischio di
fare minori incassi, di non poter vendere la pellicola all'estero.
Esistono due versioni in lingue diverse anche dei film di Fritz Lang,
come il "Dottor Mabuse", è una pratica che oggi può
sembrare strana ma nei primi anni '30 si faceva spesso.
Ho guardato per intero la versione
tedesca, quella dove c'è Lotte Lenya (grande interprete brechtiana
anche in teatro), e alcune parti della francese (su youtube ci sono
entrambe, per intero). La versione francese è più corta, 1h40
contro 1h50, però inizia con una sequenza di marionette molto bella
che nel film tedesco non c'è. E' molto suggestivo però anche
l'inizio della versione tedesca, dove a schermo nero (cioè il buio
nel cinema, che oggi in pochi ricordano) si comincia con la musica
bella e famosa di Kurt Weill.
Provo un parallelo fra i due cast:
Jenny è Lotte Lenya nella versione tedesca, vagamente somigliante a
Frances McDormand, ovviamente superlativa (la parte è sua); se la
cava bene anche Margo Lyon nella versione francese.
Meno bene vanno le cose con Polly, che
è Carola Neher nella versione tedesca (bravina ma poco incisiva) e
Florelle in quella francese (sopranino leggerissimo, leziosa, del
tutto fuori posto).
Nella versione tedesca la moglie di
Peachum è Valeska Gert, attrice di nome nei primi anni del cinema,
però il ruolo non è sviluppato a dovere e ha solo poche battute.
Mackie Messer è Rudolf Forster (che a
noi italiani può ricordare Fred Buscaglione) nella versione tedesca,
e Albert Préjean (qui senza baffi) in quella francese; entrambi
molto datati ma all'epoca penso andassero bene; comunque niente a che
vedere con Tino Carraro o con Domenico Modugno negli spettacoli
milanesi di Strehler, e privi di una vera forza.
Peachum è Fritz Rasp (più
caratterista) o Gaston Modot (stranamente poco incisivo, incolore);
nessuno dei due rende bene il personaggio. Il capo della polizia, il
corrotto Tiger Brown, è incolore e sotto la sufficienza in entrambe
le versioni: Reinhold Schünzel oppure J.Henley.
Il cantastorie è Ernest Busch oppure
il francese Bill Bocket; Busch è forse la parte più riuscita del
film, un cantastorie con l'organetto, che spesso guarda anche in
macchina. Nella versione francese c'è anche Antonin Artaud.
Una curiosità è vedere il corteo
della regina: oggi a noi sembra normale per via di Elisabetta II, ma
nel 1931 la regina Victoria non c'era più da diversi anni, in
Inghilterra c'era il re.
Considerazione finale non su Pabst ma
su Brecht e su John Gay: è incredibile che ancora oggi nelle grandi
città (Milano inclusa) esista il racket dei mendicanti. I Peachum
sono immutabili nel corso dei secoli, da Notre Dame a Beggar's Opera
a Dickens fino ad oggi 2017, e oltre; a me sembra impossibile che non
si riesca a debellare il racket dei mendicanti con i mezzi odierni,
basterebbe un telefonino per sapere a chi vanno finire i soldi delle
elemosine. Invece sindaci e politici (soprattutto di destra) pensano
piuttosto a multare chi regala qualche centesimo del suo (aiutare il
prossimo è un principio cristiano), e in questo modo finiscono con
il fare un favore a chi gestisce il racket.
Tornando a Pabst, forse non era il
regista giusto per Brecht; forse l'equivoco, il pensare che Pabst
andasse bene per Brecht, nasce da "Il vaso di Pandora" con
Louise Brooks, così come accadrà negli anni '60 per Alain Resnais e
"L'anno scorso a Marienbad" dove il vero autore era
Robbe-Grillet; si confonde il regista con l'autore vero, ogni tanto
capita, e quando si è "in medias res" può capitare di
cadere in questi equivoci.
Il consiglio finale è di tornare a
leggere Brecht, e anche il settecentesco John Gay. Ci sono tante cose
da imparare, nelle opere di Bertolt Brecht: magari partendo dal suo
Galileo.
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