1.
Quando si cominciò a parlare di "baby
boom", cioè di tutte le persone nate fra gli anni '50 e i primi
anni '60, mi venne spontaneo pormi qualche domanda. Mi venne
spontaneo anche perché io faccio parte di quel contingente, e quindi
posso dire di essere informato sui fatti: in quel periodo sono nati
tanti bambini, c'è stato un boom della natalità insomma. Lo si
ripete ancora, e lo si dà per scontato: ma a me basta pensare alle
generazioni precedenti alle mie, cioè ai miei genitori e ai miei
nonni, per accorgermi che c'è qualcosa che non va in quel
ragionamento. Per le generazioni precedenti alla mia, era frequente
sentir parlare di sei, nove, dieci, perfino diciassette figli. A casa
mia siamo tre, e anche tra i miei coetanei e compagni di classe il
numero era più o meno quello; due mie cugine erano figlie uniche, i
miei vicini di casa avevano due figli, mio cugino aveva due figli,
insomma il conto non torna. Le cose cominciano a diventare chiare
quando si completa il discorso che facevano quasi sempre i nostri
nonni: erano frasi del tipo "nove figli, sei sopravvissuti".
Sì, non è stato un "baby boom" quello degli anni '50 e
'60, ma un calo della mortalità infantile. Sulfamidici e
antibiotici, disponibili solo dalla fine degli anni '40, e i vaccini,
e i dispensari dove si faceva prevenzione contro la tubercolosi: un
lavoro capillare e meticoloso che ha ridotto moltissimo la mortalità
infantile. Oggi viviamo in un mondo dove una donna che muore di parto
è uno scandalo che finisce subito nel telegiornale nazionale: ma non
era così prima degli anni '50 del Novecento. Insomma, "baby
boom" è un ragionamento che non funziona, e basta poco per
rendersene conto: noi "bambini degli anni '50" siamo
sopravvissuti in tanti, e questo grazie ai vaccini e agli
antibiotici. Poi, dopo, a partire dalla fine degli anni '60, sono
arrivati gli anticoncezionali e da qui comincia il calo della
natalità che dura ancora oggi.
Ecco dunque il primo dei luoghi comuni
che si sentono ripetere ogni giorno, spesso a vanvera. Sono tanti,
denotano pigrizia e superficialità, e mancanza di professionalità
se a ripeterli sono giornalisti di mestiere. A me dà molto fastidio
sentirli ripetere in continuazione, anche quando è evidente che sono
cose superate o mai state vere. Mi esercito quindi a smontarne
qualcun altro, pur sapendo che è un esercizio del tutto inutile,
viste le teste che circolano oggi nel mondo dell'informazione
professionistica. Nei social media è molto peggio, ma qui non si
tratta di professionisti. Vado dunque avanti con il mio elenco di
pigrizia, ignoranza, malafede, superficialità, e quant'altro ancora.
Avverto soltanto che è un elenco lungo, chi mi legge dovrà avere
un po' di pazienza e di costanza.
Anna Frank è come Yara Gambirasio: una
ragazza, poco più che bambina, rapita e uccisa in modo atroce. Nelle
fotografie, Yara ha più un aspetto da bambina e Anna Frank sembra
più donna, ma la differenza d'età è davvero poca. Ci vuole tanto a
dirlo? Invece in questi giorni, dopo la stupidità dimostrata da un
gruppo di tifosi di calcio, ho letto e ascoltato tanti balbettamenti,
tanto girare in tondo ripetendo frasi fatte, perfino degli
ammiccamenti e dei tentativi di sminuire il fatto. In questi casi io
non vado nemmeno a discutere, chi ride o scherza su questi argomenti
va emarginato e rieducato. Invece, non solo non va così ma passa
perfino il messaggio (passa perfino su giornali come Repubblica o sul
Corriere) che "per combattere la criminalità serve il
fascismo": nel 1924, agli inizi del fascismo, ci fu chi portò
in Parlamento le prove delle ruberie fasciste, lo scandalo di una
Banca molto simile a quelle che succedono oggi. Fu ucciso dai
fascisti, cioè ucciso dai criminali per nascondere i crimini. Il
nome, per chi se lo fosse scordato, è Giacomo Matteotti. Matteotti,
Gobetti, don Minzoni, e le decine e centinaia di Yara Gambirasio o di
Anna Frank rapite e uccise in modo atroce dai fascisti e dai nazisti
loro alleati. Ci vuole così tanto a dirlo?
L'altra fesseria che è circolata in
questi giorni, senza essere respinta in modo deciso (gran brutto
segnale) è quella sull'Italia che nel ventennio sarebbe stata
rispettata nel mondo: la verità storica più che documentata è
esattamente all'opposto, ad essere rispettata e a far parte delle
grandi organizzazioni mondiali (Onu, Nato, Unesco, UE, G8 e G10, e
quant'altro ancora) è stata l'Italia di De Gasperi e di Togliatti,
di Moro e di Berlinguer, perfino quella di Andreotti. L'Italia del
buce finì isolata e sconfitta, tra rovine non metaforiche ma reali,
stragi, la vergogna delle leggi razziali. Mi meraviglio sempre nel
vedere questi balbettamenti: è il periodo storico più documentato
di tutte le epoche, non ci sono né dubbi né segreti. Così come non
ci sono dubbi sulle stragi degli anni in cui sono cresciuto io: da
Piazza Fontana a Piazza della Loggia, dall'Italicus alla strage della
stazione di Bologna, le indagini e le sentenze parlano chiaro e
indicano come colpevoli i diretti antecedenti di Forza Nuova e di
Casa Pound. Non è che ci sia molto da discutere, basta informarsi;
che ai giornalisti professionisti "sfuggano" queste nozioni
elementari è davvero preoccupante.
Rimanendo nel campo calcistico (il
calcio, purtroppo, è diventato il vero e proprio ambiente naturale
della stupidità), impossibile non pensare alla serena superficialità
che ha accompagnato il passaggio delle squadre di calcio milanesi a
proprietari cinesi. Una cosa stupida da dire è sicuramente
"Berlusconi ha venduto ai comunisti": se sono miliardari e
buttano via milioni di euro comperando calciatori non possono essere
comunisti, sarebbe una contraddizione in termini. Ma più stupido
ancora è dire "adesso che arrivano i cinesi ci sono i soldi,
l'Inter e il Milan compreranno tanti calciatori e vinceranno lo
scudetto": se lo dice un bambino di sei anni posso ancora
accettarlo, ma sentirlo dire e ripetere da adulti in tv è veramente
sconsolante. Un giornalista vero si chiederebbe invece come mai a
Milano non ci sono più industriali disposti a prendere in mano le
sorti di due squadre di calcio così famose e popolari, si
interrogherebbe sui nuovi grattacieli tutti di proprietà degli emiri
arabi, sui palazzi storici del centro di proprietà cinese, sul
perché si voglia far somigliare Milano a Dubai ("la nuova
skyline di Milano"), e tanto altro ancora. Ci sarebbe da fare
indagini per mesi e mesi, per un giornalista serio.
Sempre in ambito calcistico,
quest'estate ho trovato perfino qualcuno che ha giustificato l'enorme
esborso del Paris St Germain per il calciatore Neymar, più di
duecento milioni di euro oltre all'ingaggio. Il cretino che
giustifica tutto si trova sempre, ma qui l'argomento interessante
(tanto per rimanere in tema su chi siano i proprietari delle squadre
di calcio) è che il Paris St Germain è di proprietà di emiri che
speculano sul gas che usiamo per il riscaldamento. Dato che anche
un'altra squadra di calcio "di quelle che spendono tanto",
il Chelsea di Londra, è di proprietà di un monopolista del gas (il
russo Abramovich), trovo strano che nessuno abbia detto che usiamo la
bolletta del gas per pagare l'ingaggio di Neymar e di Morata, come
prima accadeva per Ibrahimovic (quest'ultimo a Milano, tanto per
chiudere il cerchio).
Memorabili, in questi giorni, anche le
teste fra le nuvole davanti alle parole dell'ex calciatore
Mihajlovic, oggi allenatore del Torino: prima si dichiara offeso
perché dagli spalti gli gridano "serbo" e "zingaro",
poi a domanda precisa risponde che non sa chi sia Anna Frank "perché
ieri non ho letto i giornali". Ora, "serbo" è il nome
degli abitanti della Serbia; dato che Mihajlovic è serbo, mi chiedo
dove sia l'offesa, è come se io mi offendessi se mi dicessero che
sono comasco, essendo nato a Como. Anche per "zingaro", non
so se Mihajlovic sia di etnia zingara, ma è comunque il nome di un
popolo, non è che di per sè sia un insulto e magari sarebbe anche
ora che i giornalisti professionisti (almeno loro) si informino un
po' sulle parole che usano, magari usando un dizionario (lo
Zingarelli? perché no, è uno dei più importanti della lingua
italiana...). Del resto, non che queste cose mi stupiscano: mi fanno
star male, ma so come funziona e quando ho provato a dire a un
blogger interista che non era il caso di usare con superficialità
frasi come "Se non ora quando" mi sono visto rispondere che
non sapeva fosse il titolo di un libro e che comunque "non è
che deve star lì a sapere tutte le volte che è stata detta prima
una certa frase". Dato che "Se non ora quando" è il
titolo di un libro di Primo Levi, che poi si arrivi così facilmente
all'ignoranza anche su Anna Frank non può più stupire, e le colpe
sono in primo luogo di chi, ormai 24 anni fa, decise che era ora di
"sdoganare" i neofascisti. Da lì è cominciata tutta
questa frana, ormai difficile da rimettere in sesto.
Infine, la musica: una mattina di fine
ottobre accendo la tv alle otto per cercare una notizia sul televideo
e vedo intanto qualche immagine al tg che potrebbe interessarmi. Si
tratta del ritrovamento di lettere di Giuseppe Verdi ad Arrigo Boito,
e quando il servizio finisce l'ineffabile conduttrice del TG1 dice:
«...e adesso parliamo di musica.» Forse era andata un attimo in
bagno e non ha visto cosa stavano trasmettendo? un bisogno
improvviso, si sa, può capitare anche alle persone giovani. Ma se si
parla di Verdi e di Boito in che categoria di notizie siamo, secondo
il TG1? Forse la politica estera? Il "servizio successivo",
detto fra di noi, non parlava di musica ma di una delle tante
figurine del Festival di Sanremo. Così funziona la disinformazione,
un po' a tutti i livelli e toccando tutti gli argomenti possibili e immaginabili.
(1-continua)
(le immagini vengono dal "Pinocchio" di Comencini; il football è di Mordillo, la musica travolta dalla palla è ovviamente di Charles Monroe Schulz, la partitura "disaster", trovata in rete, non aveva purtroppo definizioni precise)
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