domenica 29 marzo 2020

Verdi di Francesco Barilli


 
Giuseppe Verdi (1999) Scritto e diretto da Francesco Barilli. Consulenza e testi di Gustavo Marchesi. Fotografia di Stefano Pancaldi. Musiche di Verdi, Lavigna, Rolla. Interpreti: Roberto Abbati (Rigoletto), Andrea Ronchini, Pietro Barilli, Gerardo Foglia, Francesco Barilli, Renzo Cecchi (Verdi alle varie età), Giuliano Ziveri (medico), Laura Cleri (mamma di Verdi). Durata: un'ora.
 
Il "Verdi" di Francesco Barilli è un documentario con parti recitate, molto ben fatto e molto chiaro nell'esposizione; direi un capolavoro di concisione, però mancano Macbeth e Simon Boccanegra e questo mi dispiace sempre. Almeno un accenno si poteva fare, ma pazienza.
Barilli si basa su lettere e testi originali di Verdi stesso, con la consulenza di Gustavo Marchesi che è un noto musicologo e studioso verdiano, autore di molti libri su Verdi e sulla musica. Nel film troviamo ottime scelte di musiche e filmati, e belle immagini nei luoghi verdiani; ottimo il lavoro del direttore della fotografia Stefano Pancaldi.

 
Si parte dal Rigoletto di "Novecento": Barilli è della cerchia di Bernardo Bertolucci e ha interpretato come attore "Prima della Rivoluzione". In particolare, il finale con il grido "Verdi è morto" si ricollega direttamente all'inizio di "Novecento"; cambia però l'attore che interpreta Rigoletto, e che qui è Roberto Abbati. Rigoletto fa da narratore collegando i diversi interventi, e questo ricorda molto "Il flauto magico" di Gianini e Luzzati, dove un attore che impersonava Papageno raccontava, con toni molto simili, quello che succede nell'opera di Mozart. L'insieme è sempre gradevole, si notano l'amore per la musica e la competenza di Barilli e dei suoi collaboratori.
Giuseppe Verdi è interpretato da diversi attori, secondo le età: nell'ordine, partendo dal neonato e arrivando agli ultimi anni, si tratta di Andrea Ronchini, Pietro Barilli, Gerardo Foglia, Francesco Barilli, Renzo Cecchi. La madre di Verdi è Laura Cleri, la si vede nelle prime scene raccontare al figlio della guerra, e dei cosacchi che fecero stragi in paese proprio nell'anno in cui nacque Peppino, alla fine dell'età di Napoleone Bonaparte.

 
E' molto bello riconoscere i luoghi: il Regio di Parma, il cinquecentesco Teatro Farnese sempre a Parma, i palazzi e le chiese di Busseto. Invito a leggere i titoli di coda per conoscere i luoghi, le musiche, i nomi dei collezionisti e delle associazioni che hanno collaborato con Barilli fornendo immagini e documentazione. Per gli appassionati, è anche bello riconoscere e distinguere le voci e le musiche durante la visione: io ho mancato la Muzio ma ho riconosciuto Rosa Ponselle (e Pertile, ma qui è fin troppo facile, la voce di Pertile era unica). Nel dettaglio: l'incisione di Traviata diretta da Toscanini; Claudia Muzio nella Traviata; il Requiem diretto da Serafin nel 1939; Cesare Siepi come Filippo II nel Don Carlo, il "Va pensiero" del Nabucco diretto da Toscanini; Aureliano Pertile per l'aria da "Luisa Miller", l'Aida e la sinfonia da "La forza del destino" dirette da Toscanini, e Rosa Ponselle nelle due arie da "La forza del destino".

 
In video, dall'archivio del Regio di Parma: Attila, Un ballo in maschera, La battaglia di Legnano, Un giorno di regno, tutte in registrazioni della fine degli anni '90; il Rigoletto del 1987, e il Falstaff del 1986 con Renato Bruson. Si tratta di filmati rari, ottenuti per concessione del Regio di Parma e di Giancarlo Del Monaco per i filmati di suo padre nel Trovatore (1957) e nell'Otello (1958).
Ci sono brevi estratti da film famosi, come il "Verdi" di Matarazzo del 1953, "Divine armonie" di Gallone del 1938 (un'altra biografia di Verdi), il Trovatore con regia di Claudio Fino, l'Otello con regia di Franco Enriquez.
Si ascoltano anche musiche di due dei maestri di Verdi: di Vincenzo Lavigna "Contrappunto n.4" con Dino Rizzi che suona l'organo delle Roncole di Busseto, e di Alessandro Rolla "Sonata in mi bemolle maggiore n.2" da un cd con Ruggero Marchesi al violino e Roberto Guglielmo al pianoforte.
Il "Verdi" di Francesco Barilli è disponibile anche su youtube.
 


 

venerdì 20 marzo 2020

Verdi (1953)



Verdi (1953) Regia di Raffaello Matarazzo. Scritto da Leo Benvenuti, Mario Monicelli, Liana Ferri, Piero Pierotti, Giovanna Soria, Raffaello Matarazzo. Fotografia di Tino Santini. Musiche di Giuseppe Verdi. Interpreti: Pierre Cressoy (Verdi, voce di G.De Angelis), Anna Maria Ferrero (Margherita Barezzi, voce di Renata Marini), Gaby André (Giuseppina Strepponi, voce di Dhia Cristiani), Camillo Pilotto (Barezzi), Emilio Cigoli (Donizetti), Loris Gizzi (Rossini), Laura Gore (Barbarina Strepponi), Aldo Bufi Landi (Dumas figlio), Guido Celano (Hugo), Irene Genna (Violetta), Enzo Biliotti (impresario Martini), Sandro Ruffini (impresario Marelli), Eduardo de Santis (Muzio), Gianni Agus, e molti altri. Cantanti: Mario Del Monaco (Tamagno), Tito Gobbi (Giorgio Ronconi), Vito de Taranto, Orietta Moscucci . Durata: 1h48'

Il "Verdi" di Matarazzo inizia come "Citizen Kane" di Orson Welles: dopo l'introduzione con Mario Del Monaco che canta il finale di "Otello", vediamo infatti Giuseppe Verdi morente e ascoltiamo la sua ultima parola: non è "Rosebud" ma il nome della sua prima moglie, Margherita. Da qui in avanti, in flashback, ripercorriamo gli inizi di carriera di Verdi: in carrozza verso Milano, lo vediamo passare il confine fra Parma e l'Austria (cioè fra Emilia e Lombardia, visto da oggi) in compagnia della moglie e del figlio. Già da questo breve inizio si capisce che a Matarazzo non importa molto della verità storica: il figlio di Verdi si chiamava infatti Icilio, non Gino. E' vero che Icilio è un nome raro, rarissimo, ma si poteva conservare; è comunque un segnale chiaro, il film di Matarazzo può piacere ancora oggi (fu campione d'incassi nella stagione 1953-1954) ma l'attendibilità storica latita spesso. Per essere onesti, dire che Matarazzo si prende delle libertà è un gentile eufemismo; non è mai stato un regista finissimo ma guardando il suo "Verdi" viene ogni tanto da pensare che se avesse scelto come protagonisti Amedeo Nazzari e Yvonne Sanson, suoi compagni di viaggio in molti film di successo, tutto sarebbe stato molto più chiaro. E' comunque bella la parte iniziale, i primi trentacinque minuti tutti dedicati a Margherita Barezzi, prima moglie di Verdi: non esistono testimonianze sui loro anni a Milano, sappiamo però che a Busseto avevano già perso una figlia, ancora bambina, e che a Milano morirà anche l'altro figlio. Anche la morte di Margherita è purtroppo vera, così come il dettaglio che Verdi in quel periodo stava scrivendo un'opera comica, non proprio un'opera buffa ma di carattere brillante. Dato che non esistono riscontri storici precisi su questo periodo nella vita di Verdi, la ricostruzione è più che lecita ed è anzi ben fatta e ben interpretata; molto brava Anna Maria Ferrero nella parte di Margherita.
 
 
I problemi iniziano subito dopo: l'idea che sia proprio Giuseppina Strepponi a mettere il libretto del Nabucco nelle tasche di Verdi non ha alcun riscontro storico, e più in generale il film di Matarazzo è del tutto inattendibile soprattutto nelle scene dove c'è la Strepponi. In particolare, è improbabile che Donizetti ne prenda le difese: era davvero molto malato, purtroppo di una malattia che non lasciava molto spazio per interessarsi alla sorte di altri (Donizetti morirà nel 1848 dopo lunghe e devastanti sofferenze). Il dialogo tra Barezzi, suocero di Verdi, e Giuseppina Strepponi è tratto di peso da "La Traviata" , e anche qui non c'è nessun riscontro in documenti o testimonianze. Si tace anche sul fatto che Giuseppina Strepponi aveva già avuto due figli e molti amanti; è vero che si mostra la sua relazione con l'impresario Merelli (qui detto Marelli, forse per problemi legali con gli eredi) ma la sua relazione con Verdi risulta molto diversa da come viene mostrata nel film, dove ha un rilievo inatteso la sorella Barbarina. Sorvolo sugli altri momenti di pura invenzione, ho trovato però quantomeno curiosa la battuta a 1h30', quando nella stanza di Verdi entra Barezzi e chiede "chi era quel giovane": il giovane che è appena uscito è Emanuele Muzio, che come Verdi fu aiutato proprio da Barezzi agli inizi della sua carriera. Probabilmente, quando Renato Castellani girò il suo Verdi per la tv, trent'anni dopo, tenne presenti queste sequenze del film di Matarazzo: Carla Fracci come Giuseppina Strepponi sembra l'esatta confutazione di questo film, punto per punto.
 
 
Gli attori: protagonista è Pierre Cressoy, attore francese molto attivo nel cinema italiano di quegli anni; è stato anche interprete di Mascagni in "Melodie immortali". Non è un'interpretazione memorabile, oltretutto ha anche una truccatura molto pesante, per renderlo almeno un po' somigliante a Verdi. Cressoy è doppiato da Gualtiero De Angelis. Margherita è Anna Maria Ferrero, molto brava ma anch'essa doppiata: ai tempi si usava, non sempre gli attori erano disponibili al momento del missaggio finale e la Ferrero era molto attiva anche in teatro. Giuseppina Strepponi è affidata a Gaby André (madre di Carole André), che rifà le dive fatali degli altri film di Matarazzo (Yvonne Sanson su tutte) ed è abbastanza inattendibile nel suo ruolo anche se la colpa non è tutta sua. Barezzi è Camillo Pilotto, ottimo attore di teatro (recitò con Strehler in ruoli importanti) e caratterista in molti film di quel periodo; era già stato Barezzi nel Verdi del 1938, regia di Carmine Gallone. Donizetti è Emilio Cigoli, storico doppiatore dei più famosi attori americani: per una volta lo si può vedere e non solo ascoltare, la voce è proprio la sua e non stiamo guardando John Wayne. Rossini è Loris Gizzi, molto divertito e molto in parte: un bravo attore spesso presente nel cinema e negli sceneggiati Rai degli anni '60. L'impresario Martini, all'inizio, è Enzo Biliotti; l'impresario Merelli (qui chiamato Marelli) è Sandro Ruffini. La sorella della Strepponi è Laura Gore; Violetta in teatro è interpretata da Irene Genna, moglie di Amedeo Nazzari, doppiata probabilmente dal soprano Orietta Moscucci. (qui sotto, Cigoli/Donizetti)


I cantanti: Mario Del Monaco e Tito Gobbi cantano e recitano per tutto il film, la voce femminile dovrebbe essere Orietta Moscucci, presentata nei titoli di testa come "vincitrice del Premio Internazionale di Ginevra 1953". Nel finale, Falstaff è interpretato dal basso buffo Vito de Taranto. Non ci sono indicazioni precise sugli esecutori, i titoli di testa parlano solo di scelta delle musiche a cura di Renzo Rossellini, dirette da Giuseppe Morelli.  (qui sotto, Loris Gizzi come Rossini mentre mette pace tra Verdi e Victor Hugo)

 
La musica: all'inizio vediamo e ascoltiamo il finale di "Otello", con Mario Del Monaco; ancora dall'Otello è l'Ave Maria per la morte di Verdi, in versione orchestrale.
La ninna nanna accennata da Verdi per il bambino viene da "Un ballo in maschera"; di "Oberto" e "Un giorno di regno", le prime due opere di Verdi, vediamo solo la chiusura del sipario.
Ascoltiamo estratti da "La forza del destino" per le scene di Margherita, più in dettaglio "la vergine degli angeli" quando lei muore; anche il preludio da "Rigoletto" aiuta a rendere la drammaticità della scena. Si ascolta "Traviata" per il primo incontro con la Strepponi, un anticipo di quello che succederà. Dal "Nabucco" ascoltiamo il coro atto terzo, "Va pensiero", purtroppo gridato (anche dal coro).
Si salta direttamente all'Ernani (minuto 55), con l'aria "Ernani involami", e con il coro "Si ridesti il leon di Castiglia" siamo già nel '48 con i moti insurrezionali.
Da "Rigoletto" (anno 1851) in teatro, la scena di "Povero Rigoletto", "Cortigiani vil razza dannata", e "La donna è mobile", con Tito Gobbi e Mario Del Monaco.
Da "Il trovatore" si ascoltano, e si vedono in teatro, "Il balen del suo sorriso", "Di quella pira", e il coro degli zingari, sempre con Gobbi e Del Monaco.
Una gondola a Venezia introduce "La traviata", la scena del brindisi ("libiamo"), "amami Alfredo" e il finale; non c'è "Sempre libera" che è quasi d'obbligo quando si parla della Traviata, la scena è quasi tutta per Mario Del Monaco.
Si salta poi direttamente ad Aida, la marcia trionfale, con Verdi e la Strepponi già piuttosto anziani (1870); per il "Falstaff" Verdi sarà da solo, ottantenne (1893). In scena ascoltiamo e vediamo "quand'ero paggio", con Vito de Taranto e Orietta Moscucci.
Si chiude con l'Ave Maria da "Otello", e con un raggio di luce su Verdi morente.
 
(l'impresario Merelli e le sorelle Strepponi)
 
(Verdi e Dumas fils)
 
(Gaby André)
 
 


martedì 10 marzo 2020

Divine armonie (Verdi 1938)


Divine armonie - Giuseppe Verdi (1938) regia di Carmine Galllone. Sceneggiatura di Carmine Gallone e Lucio D'Ambra. Fotografia di Massimo Terzano. Musiche di Giuseppe Verdi. Orchestra diretta da Tullio Serafin. Scenografie di Camillo Parravicini. Interpreti: Fosco Giachetti (Verdi), Gaby Morlay (Giuseppina Strepponi), Germana Paolieri (Margherita Barezzi), Camillo Pilotto (Antonio Barezzi), Cesco Baseggio (padre di Verdi), Maria Jacobini (Luigia Uttini, madre di Verdi), Maria Cebotari (Teresa Stolz), Febo Mari (Marelli), Eugenio Duse (Massini), Carlo Duse (Solera), Enrico Glori (Mariani), Clara Padoa (contessa Maffei), Achille Majeroni (Il maestro Basili), Carlo Tamberlani (Demaldé), Augusto Di Giovanni (Ghislanzoni), Gustavo Serena (Cammarano), Guido Celano (Piave), Lamberto Picasso (Donizetti), Gianni Agus, Pierre Brasseur (Dumas figlio), Henri Rollan (Victor Hugo) Alberto Campi, Giorgio Capecchi, Ennio Cerlesi (Muzio), Gabriel Gabrio (Balzac), Beniamino Gigli (il tenore Mirate), Amina Pirani Maggi (venditrice di castagne), Carlo Romano, Carla Sveva (attrice per Dumas), Gino Viotti (Lavigna), e molti altri. Cantanti: Beniamino Gigli, Tito Gobbi, Pia Tassinari, Gabriella Gatti, Apollo Granforte, Dominici, Tomei, Mazziotti, Huder, Limberti, Ungaro.
Durata: 1h38'

"Divine armonie" è un film del 1938, noto anche con il titolo "Giuseppe Verdi", che è molto più comprensibile: è infatti una biografia del grande compositore. E' un film che regge ancora oggi, ben girato e senza troppe imprecisioni nella parte storica; la regia è di Carmine Gallone che è stato un ottimo professionista del cinema, non uno dei grandi ma certamente capace e attento.
Verdi è interpretato da Fosco Giachetti, uno dei divi del cinema italiano di quel periodo; è un bravo attore e riesce ad essere credibile anche se, come accadrà anche ad altri interpreti di Verdi nei film successivi, appare molto ingabbiato dal trucco e forse anche dalla difficoltà di rendere al meglio una personalità così forte. Giachetti tornerà ad essere Giuseppe Verdi negli anni '50, per "Casa Ricordi", sempre con la regia di Gallone.
 

Il film si apre sui titoli di testa con la marcia trionfale da "Aida", poi si inizia con il Verdi giovane, a Busseto; lo vediamo agli inizi a casa Barezzi, poi al matrimonio con Margherita (figlia di Barezzi). E' un matrimonio destinato ad avere un destino tragico: moriranno prima i due figli, poi la stessa Margherita; tutto questo è ben rappresentato nel film di Gallone. Non esistono documenti storici su questi avvenimenti, si tratta quindi di una ricostruzione libera ma più che accettabile. L'unico dubbio è quando appare l'impiegato del Monte di Pietà, che dice a Margherita di essere un ammiratore di Verdi: si presenta come Antonio Ghislanzoni, futuro autore del libretto di "Aida", ma Ghislanzoni era nato nel 1824 e all'epoca dei fatti avrebbe avuto quindici o sedici anni, è molto improbabile che lavorasse in un ufficio dove si richiede esperienza e competenza. Il padre di Verdi è Cesco Baseggio, grande interprete del teatro veneziano e di Goldoni; Barezzi è Camillo Pilotto, che tornerà a rivestire i panni del suocero di Verdi nel film del 1953 diretto da Matarazzo.
Vediamo le prove al pianoforte di "Un giorno di regno", seconda opera di Verdi: una rarità, e una finezza degli autori. Come si sa, l'opera fu scritta proprio nel periodo dei gravi lutti di Verdi; la ricostruzione di ciò che succede è fedele a quanto ci è stato tramandato. Anche per il "Nabucco" c'è una buona ricostruzione, con il manoscritto messo da Merelli (qui con il librettista Solera) nelle tasche di Verdi. Due dettagli, l'oste che nega a Verdi un piatto di minestra e la venditrice di caldarroste, torneranno quasi identici nel film biografico del 1953 diretto da Matarazzo.
 
Dopo il successo del Nabucco, e l'incontro con Giuseppina Strepponi che diventerà la sua seconda moglie, si salta direttamente al Rigoletto, con una scena divertente: a 1h09 c'è Beniamino Gigli nella parte del tenore Mirate che al fianco di Verdi, in gondola a Venezia, canta "La donna è mobile". Verdi in persona consegna al gondoliere due tappi per le orecchie, ma il gondoliere se li toglie di nascosto. Non so se questa scena sia autentica, si sa però che Verdi si diede da fare per tenere nascosta "La donna è mobile" fino all'ultimo, per conservare il "colpo di teatro" connesso a quell'aria almeno fino alla prima rappresentazione. Il tenore Raffaele Mirate (1815-1895, napoletano) fu effettivamente il primo interprete del Duca in "Rigoletto" ed è stato uno dei più importanti della sua epoca.
 

Manca "Il trovatore" ed è una scelta abbastanza strana ma comprensibile con la breve durata di un film. Si passa direttamente a "La traviata", e anche queste scene sono rese con una buona fedeltà; Barezzi è presentato come probabilmente era in realtà, cioè una brava persona che non si oppone al nuovo matrimonio del genero. Si può ricordare che nel film del 1953 il regista Matarazzo darà di questa scena un resoconto piuttosto inattendibile, basato più che altro sui dialoghi dei personaggi nella "Traviata".
Da "La traviata" si passa direttamente al "Don Carlo", che vediamo in scena (il momento in cui Eboli viene scacciata dalla corte). E' poi il momento di "Aida", con l'entrata in scena di Teresa Stolz e la conseguente gelosia di Giuseppina Strepponi; ma la gelosia si risolverà in amicizia fra le due donne, Verdi si sente già vecchio e l'ammirazione per la Stolz è solo artistica; e anche questa è una ricostruzione abbastanza fedele, ripresa anche da Renato Castellani nello sceneggiato Rai del 1982. Non esistono infatti prove o testimonianze circa una relazione di Verdi con Teresa Stolz, e bene ha fatto Gallone a rimanere nei limiti di ciò che si può ricostruire. Certa è invece l'amicizia della Stolz con i Verdi, destinata a durare nel tempo. Teresa Stolz è interpretata dal soprano Maria Cebotari (qui sotto, con il costume del "Don Carlo")
 

Non si fa cenno delle altre opere e nemmeno della "Messa di Requiem"; si salta direttamente all'Esultate che apre "Otello", penultima opera di Verdi. Non c'è niente del "Falstaff", e la parola fine arriva sulle trombe dell'Aida. C'è un veloce accenno a Boito e alle polemiche su Wagner, all'inizio il giovane Verdi a Busseto dirige la Filodrammatica, e c'è anche il violinista girovago che apparirà anche nello sceneggiato Rai del 1982. Vediamo anche gli incontri con Balzac, Dumas fils e Victor Hugo, interpretati rispettivamente da Gabriel Gabrio, Pierre Brasseur e Henri Rollan. In questo film Giuseppina Strepponi è brillante, vivace, ha slanci affettuosi imprevisti e finge perfino di svenire quando è gelosa di Teresa Stolz; la interpreta Gaby Morlay, attrice francese doppiata da Lydia Simoneschi. Molto belle le riprese in teatro, spesso nei luoghi originali, così come le scenografie e le messe in scena.
 

Nei titoli di testa sono indicati anche gli esecutori delle musiche, in modo molto sbrigativo come si usava in quei tempi: il direttore d'orchestra è Tullio Serafin, con Luigi Ricci come maestro sostituto. I cantanti vengono divisi in signore e signori, elencati solo per cognome; le signore si chiamano Tassinari, Gatti, Huder, Limberti, Ungaro, e i signori (oltre a Beniamino Gigli) si chiamano Gobbi, Granforte, Dominici, Tomei, Mazziotti. Orchestra e coro sono del Teatro Reale dell'Opera, che immagino sia l'attuale Opera di Roma. Nelle prime sequenze del film il giovane Verdi esegue al piano due arie: "In solitaria stanza", con dedica a Margherita Barezzi, e una "Ninna nanna".

(con Merelli e Solera)

(con Balzac e la contessa Maffei)

(con Victor Hugo)

(con Dumas figlio)
 
(con un giornalista)
 
 

lunedì 2 marzo 2020

Nemo e la musica

 
« ... in altri tempi amavo collezionare queste bellezze create dall'uomo. Ero un avido ricercatore, un segugio instancabile, e ho potuto raccogliere alcune cose eccellenti. Sono gli ultimi ricordi di quella terra che per me è morta. Per i miei occhi i vostri artisti moderni sono già più che degli antichi: hanno due o tremila anni di vita e li confondo nella mia mente. Ma i maestri non hanno età.»
« E i musicisti?» chiesi mostrando gli spartiti di Weber, Rossini e Mozart, di Beethoven, di Haydn, di Meyerbeer e Hérold, di Wagner, Auber, Gounod, e altri, sparsi su un grandioso organo addossato a una delle pareti del salone.
«Questi musicisti - rispose il capitano Nemo - sono contemporanei di Orfeo, poiché le differenze cronologiche si annullano nella memoria dei morti. E io sono morto, signor professore, morto quanto i vostri amici che riposano sei piedi sotto terra. »
(Jules Verne, Ventimila leghe sotto i mari - pagina 96 ed. Oscar Mondadori 2010, traduzione di Enrico Lupinacci)

 

Il capitano Nemo suona l'organo solo altre due volte, in "Ventimila leghe sotto i mari", ma sempre di passaggio, poche righe per passare ad altro; il finale del libro è però dedicato alla musica e le ultime immagini del capitano Nemo sono legate proprio all'organo:
... in quel punto, ecco arrivarmi da lontano una musica delicatissima e triste, l'espressione musicale di un'anima che voglia invano sciogliersi dai legami terrestri. Non era la prima volta che ero affascinato dalle armonie che il capitano Nemo modulava all'unisono con l'organo del Nautilus. (...) Erano prossime le dieci, il momento per lasciare la mia stanza e raggiungere i compagni. Non esitai, infine, anche se l'uscio dischiuso con la massima cautela parve a me fare un rumore tremendo. Rasentando le pareti, nell'oscuro corridoio, arrivai alla porta angolare del salone e l'aprii piano piano. Nuovamente il buio. Gli accordi dell'organo risuonavano debolmente. Il capitano Nemo era là. Non si accorse del mio entrare. Credo che sarebbe avvenuto lo stesso in piena luce, tanto era assorbito nella musica. (Jules Verne, Ventimila leghe sotto i mari - pagina 458 ed. Oscar Mondadori 2010, traduzione di Enrico Lupinacci)

Ho trovato curiose le omissioni nella lista degli spartiti, da Bach a Haendel, e poi Schubert, Schumann, Mendelssohn, Verdi, Brahms, Chopin... E' bello però che ci sia Carl Maria von Weber. E' probabile che il professor Aronnax abbia annotato solo quelli che più si addicevano ai suoi gusti, in quel 1866; visto dal 2020 si può notare che di Hérold non si ricorda più nessuno, di Auber quasi soltanto per Fra Diavolo. Gli altri invece sono ancora saldi in repertorio, anche se Meyerbeer non riscuote più il grande successo che ebbe nella prima metà dell'Ottocento.


Nel film Disney del 1954, regia di Richard Fleischer, il capitano Nemo suona ovviamente la "Toccata e fuga in re minore" di Johann Sebastian Bach, che fa sempre colpo. Si può far notare che davanti alla faccia di James Mason c'è uno specchio e che sopra l'organo c'è una grande N: Nemo, e non Napoleone. L'azione si svolge nel 1866, e quindi Nemo non può aver preso parte alla Rivoluzione Francese. Mi sono chiesto il perchè di questi due dettagli, il narcisismo non fa certo parte del carattere del capitano Nemo.
(la musica che ho scelto viene da "Solaris" di  Andrej Tarkovskij: Johann Sebastian Bach, Preludio corale in fa minore BWV 639.)  (qui)