venerdì 20 marzo 2020

Verdi (1953)



Verdi (1953) Regia di Raffaello Matarazzo. Scritto da Leo Benvenuti, Mario Monicelli, Liana Ferri, Piero Pierotti, Giovanna Soria, Raffaello Matarazzo. Fotografia di Tino Santini. Musiche di Giuseppe Verdi. Interpreti: Pierre Cressoy (Verdi, voce di G.De Angelis), Anna Maria Ferrero (Margherita Barezzi, voce di Renata Marini), Gaby André (Giuseppina Strepponi, voce di Dhia Cristiani), Camillo Pilotto (Barezzi), Emilio Cigoli (Donizetti), Loris Gizzi (Rossini), Laura Gore (Barbarina Strepponi), Aldo Bufi Landi (Dumas figlio), Guido Celano (Hugo), Irene Genna (Violetta), Enzo Biliotti (impresario Martini), Sandro Ruffini (impresario Marelli), Eduardo de Santis (Muzio), Gianni Agus, e molti altri. Cantanti: Mario Del Monaco (Tamagno), Tito Gobbi (Giorgio Ronconi), Vito de Taranto, Orietta Moscucci . Durata: 1h48'

Il "Verdi" di Matarazzo inizia come "Citizen Kane" di Orson Welles: dopo l'introduzione con Mario Del Monaco che canta il finale di "Otello", vediamo infatti Giuseppe Verdi morente e ascoltiamo la sua ultima parola: non è "Rosebud" ma il nome della sua prima moglie, Margherita. Da qui in avanti, in flashback, ripercorriamo gli inizi di carriera di Verdi: in carrozza verso Milano, lo vediamo passare il confine fra Parma e l'Austria (cioè fra Emilia e Lombardia, visto da oggi) in compagnia della moglie e del figlio. Già da questo breve inizio si capisce che a Matarazzo non importa molto della verità storica: il figlio di Verdi si chiamava infatti Icilio, non Gino. E' vero che Icilio è un nome raro, rarissimo, ma si poteva conservare; è comunque un segnale chiaro, il film di Matarazzo può piacere ancora oggi (fu campione d'incassi nella stagione 1953-1954) ma l'attendibilità storica latita spesso. Per essere onesti, dire che Matarazzo si prende delle libertà è un gentile eufemismo; non è mai stato un regista finissimo ma guardando il suo "Verdi" viene ogni tanto da pensare che se avesse scelto come protagonisti Amedeo Nazzari e Yvonne Sanson, suoi compagni di viaggio in molti film di successo, tutto sarebbe stato molto più chiaro. E' comunque bella la parte iniziale, i primi trentacinque minuti tutti dedicati a Margherita Barezzi, prima moglie di Verdi: non esistono testimonianze sui loro anni a Milano, sappiamo però che a Busseto avevano già perso una figlia, ancora bambina, e che a Milano morirà anche l'altro figlio. Anche la morte di Margherita è purtroppo vera, così come il dettaglio che Verdi in quel periodo stava scrivendo un'opera comica, non proprio un'opera buffa ma di carattere brillante. Dato che non esistono riscontri storici precisi su questo periodo nella vita di Verdi, la ricostruzione è più che lecita ed è anzi ben fatta e ben interpretata; molto brava Anna Maria Ferrero nella parte di Margherita.
 
 
I problemi iniziano subito dopo: l'idea che sia proprio Giuseppina Strepponi a mettere il libretto del Nabucco nelle tasche di Verdi non ha alcun riscontro storico, e più in generale il film di Matarazzo è del tutto inattendibile soprattutto nelle scene dove c'è la Strepponi. In particolare, è improbabile che Donizetti ne prenda le difese: era davvero molto malato, purtroppo di una malattia che non lasciava molto spazio per interessarsi alla sorte di altri (Donizetti morirà nel 1848 dopo lunghe e devastanti sofferenze). Il dialogo tra Barezzi, suocero di Verdi, e Giuseppina Strepponi è tratto di peso da "La Traviata" , e anche qui non c'è nessun riscontro in documenti o testimonianze. Si tace anche sul fatto che Giuseppina Strepponi aveva già avuto due figli e molti amanti; è vero che si mostra la sua relazione con l'impresario Merelli (qui detto Marelli, forse per problemi legali con gli eredi) ma la sua relazione con Verdi risulta molto diversa da come viene mostrata nel film, dove ha un rilievo inatteso la sorella Barbarina. Sorvolo sugli altri momenti di pura invenzione, ho trovato però quantomeno curiosa la battuta a 1h30', quando nella stanza di Verdi entra Barezzi e chiede "chi era quel giovane": il giovane che è appena uscito è Emanuele Muzio, che come Verdi fu aiutato proprio da Barezzi agli inizi della sua carriera. Probabilmente, quando Renato Castellani girò il suo Verdi per la tv, trent'anni dopo, tenne presenti queste sequenze del film di Matarazzo: Carla Fracci come Giuseppina Strepponi sembra l'esatta confutazione di questo film, punto per punto.
 
 
Gli attori: protagonista è Pierre Cressoy, attore francese molto attivo nel cinema italiano di quegli anni; è stato anche interprete di Mascagni in "Melodie immortali". Non è un'interpretazione memorabile, oltretutto ha anche una truccatura molto pesante, per renderlo almeno un po' somigliante a Verdi. Cressoy è doppiato da Gualtiero De Angelis. Margherita è Anna Maria Ferrero, molto brava ma anch'essa doppiata: ai tempi si usava, non sempre gli attori erano disponibili al momento del missaggio finale e la Ferrero era molto attiva anche in teatro. Giuseppina Strepponi è affidata a Gaby André (madre di Carole André), che rifà le dive fatali degli altri film di Matarazzo (Yvonne Sanson su tutte) ed è abbastanza inattendibile nel suo ruolo anche se la colpa non è tutta sua. Barezzi è Camillo Pilotto, ottimo attore di teatro (recitò con Strehler in ruoli importanti) e caratterista in molti film di quel periodo; era già stato Barezzi nel Verdi del 1938, regia di Carmine Gallone. Donizetti è Emilio Cigoli, storico doppiatore dei più famosi attori americani: per una volta lo si può vedere e non solo ascoltare, la voce è proprio la sua e non stiamo guardando John Wayne. Rossini è Loris Gizzi, molto divertito e molto in parte: un bravo attore spesso presente nel cinema e negli sceneggiati Rai degli anni '60. L'impresario Martini, all'inizio, è Enzo Biliotti; l'impresario Merelli (qui chiamato Marelli) è Sandro Ruffini. La sorella della Strepponi è Laura Gore; Violetta in teatro è interpretata da Irene Genna, moglie di Amedeo Nazzari, doppiata probabilmente dal soprano Orietta Moscucci. (qui sotto, Cigoli/Donizetti)


I cantanti: Mario Del Monaco e Tito Gobbi cantano e recitano per tutto il film, la voce femminile dovrebbe essere Orietta Moscucci, presentata nei titoli di testa come "vincitrice del Premio Internazionale di Ginevra 1953". Nel finale, Falstaff è interpretato dal basso buffo Vito de Taranto. Non ci sono indicazioni precise sugli esecutori, i titoli di testa parlano solo di scelta delle musiche a cura di Renzo Rossellini, dirette da Giuseppe Morelli.  (qui sotto, Loris Gizzi come Rossini mentre mette pace tra Verdi e Victor Hugo)

 
La musica: all'inizio vediamo e ascoltiamo il finale di "Otello", con Mario Del Monaco; ancora dall'Otello è l'Ave Maria per la morte di Verdi, in versione orchestrale.
La ninna nanna accennata da Verdi per il bambino viene da "Un ballo in maschera"; di "Oberto" e "Un giorno di regno", le prime due opere di Verdi, vediamo solo la chiusura del sipario.
Ascoltiamo estratti da "La forza del destino" per le scene di Margherita, più in dettaglio "la vergine degli angeli" quando lei muore; anche il preludio da "Rigoletto" aiuta a rendere la drammaticità della scena. Si ascolta "Traviata" per il primo incontro con la Strepponi, un anticipo di quello che succederà. Dal "Nabucco" ascoltiamo il coro atto terzo, "Va pensiero", purtroppo gridato (anche dal coro).
Si salta direttamente all'Ernani (minuto 55), con l'aria "Ernani involami", e con il coro "Si ridesti il leon di Castiglia" siamo già nel '48 con i moti insurrezionali.
Da "Rigoletto" (anno 1851) in teatro, la scena di "Povero Rigoletto", "Cortigiani vil razza dannata", e "La donna è mobile", con Tito Gobbi e Mario Del Monaco.
Da "Il trovatore" si ascoltano, e si vedono in teatro, "Il balen del suo sorriso", "Di quella pira", e il coro degli zingari, sempre con Gobbi e Del Monaco.
Una gondola a Venezia introduce "La traviata", la scena del brindisi ("libiamo"), "amami Alfredo" e il finale; non c'è "Sempre libera" che è quasi d'obbligo quando si parla della Traviata, la scena è quasi tutta per Mario Del Monaco.
Si salta poi direttamente ad Aida, la marcia trionfale, con Verdi e la Strepponi già piuttosto anziani (1870); per il "Falstaff" Verdi sarà da solo, ottantenne (1893). In scena ascoltiamo e vediamo "quand'ero paggio", con Vito de Taranto e Orietta Moscucci.
Si chiude con l'Ave Maria da "Otello", e con un raggio di luce su Verdi morente.
 
(l'impresario Merelli e le sorelle Strepponi)
 
(Verdi e Dumas fils)
 
(Gaby André)
 
 


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