sabato 8 giugno 2019

Chuang-tzu ( II )


 
La musica permette all'uomo di restare puro, sincero, e di ritrovare così il suo sentimento primitivo. Il rito ingiunge all’uomo di conformarsi ai canoni nelle parole, negli atti, nella fisionomia e nel comportamento. Ma se tutti vivessero soltanto secondo il rito e la musica, sarebbe il disordine. Se gli altri si correggono grazie alla virtù, è perché questa non li offende. Se li offende, si allontanano necessariamente dalla loro natura innata.
Zhuang-zi (Chuang-tzu), edizione Adelphi 1982, pagina 139 (traduzione Carlo Laurenti e Christine Leverd)



Gli incolti non capiscono la grande musica, ma canzoni come "Rompendo rami di salice" o "Fiore brillante" li fanno ridere fragorosamente. Così, le parole elevate non toccano il cuore dell’uomo comune. Le parole supreme non riescono a farsi udire: sono ostacolate dalle parole volgari. Non si può raggiungere la meta se si ha il vuoto sotto i talloni. In mezzo a un mondo che si perde, io solo cerco il vero cammino, ma come riuscirò a trovarlo? So che è impossibile. So che che se volessi costringerlo, questo mondo, commetterei un errore in più. Meglio lasciarlo quale è, senza cercare di stimolarlo, e viverci in mezzo senza crucciarmi.
Zhuang-zi (Chuang-tzu), edizione Adelphi 1982, pagina 112 (traduzione Carlo Laurenti e Christine Leverd)

Anche queste due pagine affascinano ma sono di non facile interpretazione, considerando anche che si tratta di metafore per parlare d'altro. Personalmente, al posto delle canzoni citate, difficili da reperire, metterei le canzoni del festival di Sanremo e gli ultimi successi, quelli più facili e commerciali (eccetera: evito di fare nomi...). Per il resto, viviamo in un'epoca lontana da quella di Chuang-tzu: per la precisione, un'epoca in cui c'è gente che dice che la terra è piatta parlando nello smartphone, eccetera. Da questo punto di vista, lo ammetto, mi sono rassegnato. Le parole di Chuang-tzu, anche nel Duemila, sono purtroppo ancora più che valide.

(Nelle immagini: Adolf Hengeler 1897; Arthur Hughes fine '800; Georges Barbier 1915 circa)

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