The music lovers (L'altra
faccia dell'amore, 1971). Regia di Ken Russell. Scritto da Melvyn
Bragg, Catherine Drinker Bowen e Barbara von Meck. Fotografia di
Douglas Slocombe. Musiche di Ciaikovskij, Mendelssohn, Borodin,
dirette da André Previn con la London Symphony Orchestra.
Interpreti: Richard Chamberlain (Ciaikovskij), Glenda Jackson
(Antonina Miljukova), Izabella Telezynska (Nadezhda von Meck), Max
Adrian (Nikolaj Rubinstein), Christopher Gable (conte Shilovsky),
Kenneth Colley (Modest, fratello di Ciaikovskij), Sabina Maydelle
(Sasha, sorella di Ciaikovskij), Maureen Pryor (madre di Nina),
Andrew Faulds , Bruce Robinson, Xavier Russell, e molti altri.
Durata: 123 minuti
Ken Russell è stato un
regista di grande talento, e lo si vede fin dalle prime immagini
anche di "The music lovers", come di altri suoi film
precedenti o successivi; è stato anche un regista pieno di difetti,
che si sono accentuati col passare del tempo. Con "The music
lovers" siamo più o meno a metà di quel percorso: ci sono
molte libertà rispetto alla biografia e alla musica di Piotr Ilic
Ciaikovskij, ma nell'insieme il racconto è accettabile e siamo
ancora lontani dal narcisismo e dall'autoreferenzialità del film su
Mahler girato tre anni più tardi. Ken Russell ha spesso cercato lo
scandalo, utile per cercare la notorietà, e ci è riuscito
soprattutto con film come "I diavoli", "Stati di
allucinazione", "Donne in amore"; ha girato molti film
biografici, per il cinema e per la tv, raccontando di Debussy, Edward
Elgar, Dante Gabriel Rossetti, Frederick Delius, e molti altri, a
volte con ottimi risultati, a volte un po' meno.
Per questi motivi, ferma
restando la grande bellezza delle immagini di questo film, penso che
sia giusto cominciare con qualche cenno biografico su Ciaikovskij,
preso dalla "Garzantina della Musica":
Ciajkovskij Piotr Ilic
(1840 - 1893) compositore russo. Figlio di un ingegnere minerario e
di una buona pianista dilettante di origini francesi che lo iniziò
ancor fanciullo alla musica, ebbe le prime lezioni di pianoforte a
sette anni. Nel 1850 si trasferì con la famiglia a Pietroburgo dove,
per volontà del padre, si iscrisse alla scuola di diritto. Nel 1859
ebbe un impiego al ministero della giustizia; ma ben presto sentì il
disagio di un'attività troppo lontana alle sue attitudini artistiche
(...) Nel 1861 cominciò a frequentare i corsi della Società
musicale russa, studiando teoria con N.I. Zaremba, pianoforte con H.
Stiehl e composizione con Anton G. Rubinstein; nel frattempo, non
potendo più fare affidamento sull'aiuto del padre, che aveva subito
dei rovesci finanziari, si manteneva impartendo lezioni private.
L'ambiente musicale in cui C. si inserì era dominato da Glinka e
Dargomyizhsky; soprattutto a quest'ultimo, assai aperto a suggestioni
di tipo cosmopolita, si volse inizialmente l'attenzione del giovane
compositore (...) Nel l855, in una epidemia di colera, C. aveva
perduto la madre, alla quale era profondamente attaccato. Questo
dramma, e le privazioni economiche cui fu successivamente costretto,
accentuarono il senso di instabilità psicologica che già era in lui
un tratto costante. A causa anche dell'influsso di un giovane poeta
conosciuto alla scuola di diritto, C. cominciò a credersi
perseguitato da un malefico destino: forma morbosa di vittimismo che
assunse in qualche caso gli aspetti di un'autentica mania di
persecuzione e che è una delle componenti del suo quadro
psicologico, destinata a influenzare il suo stesso mondo fantastico
ed espressivo. Nel 1865 si congedò dal Conservatorio di Pietroburgo
musicando l'Ode alla gioia di Schiller: la cantata ottenne un premio
e critiche favorevoli. Nello steso anno Nikolaj G. Rubinstein.
direttore del Conservatorio di Mosca, gli assegnò la cattedra di
armonia, incarico che C. mantenne per dieci anni e grazie al quale
potè inserirsi definitivamente nell'ambiente culturale e artistico
della città. Nonostante alcuni attestati di stima, i rapporti di C.
con il cosiddetto Gruppo dei Cinque furono tesi e spesso polemici,
specialmente con chi, come Musorgskij, aveva più radicato il senso
del nazionalismo musicale e rifiutava il cosmopolitismo della
borghesia salottiera moscovita, da cui C. era invece attratto. Nel
l868, a Pietroburgo, conobbe la cantante belga Desirée Artot: ma la
relazione che ne nacque ebbe presto fine, mettendo drammaticamente a
nudo l'insormontabile omosessualità del musicista. A questo
travagliato periodo sentimentale seguì una fase di particolare
fervore creativo (...) Nel 1876 si recò a Bayreuth, la "città
santa" del wagnerismo, tappa d'obbligo di tutti i musicisti del
tempo. Nel 1877 si lasciò convincere a un'unione matrimoniale: ma
poche settimane dopo aveva già abbandonato la moglie Antonina
Ivanovna Miljakova, alunna del Conservatorio e sua fanatica
ammiratrice. Proprio in quel periodo C. entra in rapporti (mai
concretizzatisi, per altro, in una conoscenza personale) con la ricca
vedova Nadezhda von Meck, madre di dodici figli, talmente innamorata
della sua musica da offrirgli una rendita annua di seimila rubli che
gli permettesse di dedicarsi interamente alla composizione. L'ultimo
quindicennio della sua vita C. lo trascorse lungamente all'estero, in
Europa e in America. La morte lo raggiunse, come era avvenuto per sua
madre, durante un'epidemia di colera. E' in quest'ultimo periodo che
nacquero le sue composizioni più note, quelle che gli diedero fama
anche come direttore d'orchestra (...) (fonte: la Garzantina della
Musica, ed. Garzanti)
La mia prima osservazione
è sulla scelta del protagonista: Richard Chamberlain non assomiglia
per niente a Ciaikovskij, così come (tre anni dopo) Robert Powell
non somiglierà per niente a Gustav Mahler. Non sarebbe una cosa
fondamentale, ma il fatto è che di Ciaikovskij esistono molte
fotografie in diversi periodi della sua vita, e la differenza con
Chamberlain è davvero imbarazzante. Si tratta di un attore
importante, che ho apprezzato molto in altri ruoli (uno su tutti:
"L'ultima onda" di Peter Weir), ma che qui mi sembra del
tutto fuori posto.
La mia seconda
osservazione (sempre molto personale) è il fastidio per chi curiosa
troppo nella vita privata delle persone: a me non interessa molto
sapere se c'è stato qualcosa tra Giuseppe Verdi e Teresa Stolz, così
come trovo abbastanza importune le illazioni sulla vita privata di
Beethoven o di Schubert; mi viene sempre da chiedermi cosa ne sanno
veramente, in fin dei conti; non basta certo qualche lettera o
qualche appunto scritto in un diario, e i biografi più seri stanno
molto attenti a non lavorare troppo di fantasia. Al cinema si può
fare, intendiamoci: "Amadeus" di Milos Forman è pieno di
voli di fantasia ed è molto lontano dalla vera vita di Mozart, ma è
pur sempre un capolavoro. Qui, con Ken Russell e con "The music
lovers" mi sembra spesso di rivedere il Verdi di Matarazzo, dove
si costruiscono scene e dialoghi usando il libretto della "Traviata",
o magari "Rapsodia" il film di Hollywood con Vittorio
Gassman violinista (dove, tra l'altro, Ciaikovskij fa quasi da solo
da colonna sonora). In Ken Russell c'è anche un po' di Zeffirelli,
ma in questo caso è lo Zeffirelli migliore (i costumi, le
scenografie, le ambientazioni), però più guardo "The music
lovers" e il successivo "Mahler" e più mi torna alla
mente il cinema di Matarazzo.
Riguardo a ciò che si
vede nei film di Ken Russell, si tratta in gran parte, dunque, di
impressioni e immagini molto personali; i suoi film possono piacere
ma vanno presi con le molle, questo non è Ciaikovskij e il
successivo Mahler non è Mahler. Ognuno di noi ha il suo immaginario,
ascoltando musica, e quello che vediamo nel film è l'immaginario
personale di Ken Russell: liberi noi tutti di vedere altre immagini
associate a quelle musiche. Che dire, anch'io mi diverto sempre con
gli ippopotami danzanti di "Fantasia", ma Amilcare
Ponchielli non intendeva certo questo quando mise in musica "La
danza delle ore". Questione di stile e di buon gusto, mi
verrebbe da concludere.
Gli attori: detto di
Richard Chamberlain, molto bravo e molto credibile anche quando
suona, ma secondo me del tutto fuori ruolo, mi viene da pensare che
Dirk Bogarde lo avrebbe reso meglio. E' grandissima Glenda Jackson
nel ruolo di Nina (Antonina), moglie di Ciaikovskij, con la sola
caduta di gusto nel finale in manicomio (ma qui la colpa è tutta di
Ken Russell). Un po' di maniera il Nikolaj Rubinstein di Max Adrian
(Nikolaj Rubinstein e suo fratello Anton sono due figure storiche),
molto aderenti ai loro ruoli tutti gli altri. La fotografia,
magnifica, è di Douglas Slocombe; il titolo scelto dal distributore
italiano, "L'altra faccia dell'amore", è come capita
spesso qualcosa tra la battuta di spirito più o meno pedestre e il
tentativo di attirare il pubblico al botteghino facendogli credere
che si tratti di qualcosa d'altro.
L'elenco delle musiche del
film, preso da www.imdb.com; l'orchestra è la London Symphony,
diretta da André Previn.
Sono di Piotr Ilic
Ciaikovskij:
- Scherzo burlesque
- Concerto per pianoforte
e orchestra (solista Raphael Orozco)
- Evgenij Onegin, scena
della lettera (soprano: April Cantelo)
- Sinfonia n.6 (estratti)
- Sinfonia da "Manfred"
di Byron (musiche di scena)
- Quartetto per archi n.3 (andante)
- Quartetto per archi n.3 (andante)
- Romeo e Giulietta
(ouverture)
- Miniature march
- Ouverture 1812 (i cannoni che si vedono nel film sono realmente presenti in partitura, anche se si eseguono di solito con altri strumenti: è una composizione scritta da Ciaikovskij per ricordare la sconfitta di Napoleone e la sua ritirata dalla Russia)
Si ascoltano anche:
- Ouverture 1812 (i cannoni che si vedono nel film sono realmente presenti in partitura, anche se si eseguono di solito con altri strumenti: è una composizione scritta da Ciaikovskij per ricordare la sconfitta di Napoleone e la sua ritirata dalla Russia)
Si ascoltano anche:
Felix Mendelssohn, "Dance
of the clowns"
PS: ho sempre scritto
"Ciaikovskij" secondo la trascrizione italiana per due
motivi: il primo, fondamentale, è che spesso i caratteri fonetici
vengono cancellati o trascritti male quando vengono messi on line, e
non mi piace vedere scritto Caikovskij e Sostakovic, che danno luogo
a pronunce completamente sbagliate. Il secondo motivo è che ci sono
affezionato. Noi italiani abbiamo la c dolce e mi sembra giusto
usarla, gli inglesi invece sono costretti a scrivere Tchaikowsky, i
tedeschi Tschaikowsky...
(le immagini vengono dal sito www.imdb.com )
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