mercoledì 7 marzo 2018

Il tesoro della foresta pietrificata


Il tesoro della foresta pietrificata (1965) Regia di Emimmo Salvi. Soggetto di Emimmo Salvi (ispirato all'Anello del Nibelungo). Sceneggiatura di Luigi Tosi, Adriano Antonelli, Emimmo Salvi. Fotografia di Mario Parapetti (Eastmancolor) Musiche di Ralf Ferraro, la "cavalcata delle Valchirie" è di Richard Wagner. Maestro d'armi Pietro Ceccarelli. Interpreti: Gordon Mitchell, Ivo Payer, Luisa Rivelli, Eleonora Bianchi, Pamela Tudor, Mike Moore, Nat Rooster, Piero Doria e molti altri. Durata: 1h26'

"Il tesoro della foresta pietrificata" (1965) è un "film da oratorio" o, se si preferisce, un film da cinema di terza visione: due definizioni che oggi rischiano di rimanere oscure, visto la stato in cui è ridotto il cinema nel nuovo millennio. Funzionava così: quando i film erano su pellicola (detto en passant, "film" è la parola inglese per dire "pellicola" - giusto per ricordarsene) dal negativo venivano stampate diverse copie, che erano di numero e di costo variabile a seconda del successo e del costo di produzione. Di conseguenza, i film più costosi e quelli di maggior richiamo arrivavano solo nei cinema più attrezzati e solo nelle grandi città. Poi, pian piano, dopo le prime settimane cominciavano a passare anche nei cinema "di seconda visione", e infine nei cinema di "terza visione" e in quelli dei piccoli paesi, che comunque potevano permettersi raramente i grandi successi, ancora troppo costosi per una gestione delle sale cinematografiche di tipo familiare. Insieme al circuito del grande cinema esisteva quello del cinema a basso costo, che non sempre era sinonimo di cattiva qualità: erano a basso costo, per esempio, i film dei comici più popolari come Totò; spesso erano girati in pochi giorni, magari approfittando del set di un altro film (se ci si fa caso, molti "western all'italiana" hanno la stessa scenografia - non quelli di Sergio Leone, s'intende). Molte di queste pellicole finivano anche nel circuito dei cinema dell'oratorio (il cinema della parrocchia), che di solito sceglievano film di carattere mitologico o storico (gli antichi romani, gli Assiri, la guerra di Troia), ma sempre a basso costo. Di questo tipo di cinema fa parte anche "Il tesoro della foresta pietrificata", che è con ogni evidenza un film girato in pochi giorni e senza troppe ambizioni, con qualche attore più o meno di richiamo (Gordon Mitchell, in questo caso), ma che presenta comunque qualche motivo di interesse.
 

Il soggetto di "Il tesoro della foresta pietrificata" ha ambizioni wagneriane e ricicla temi e nomi dalla mitologia nordica, in particolare da "Die Walküre" di Richard Wagner, ma senza la minima pretesa di fedeltà. Anche la musica non è di Wagner, a parte la scelta molto banale della "cavalcata delle valchirie", messa a capocchia come quasi sempre al cinema e fuori (un'eccezione: Francis Ford Coppola in "Apocalypse now", che ne comprese bene il senso di morte).


Nel film di Emimmo Salvi, Siegmund è fratello di Brunilde, e Sieglinde è la sua fidanzata; Sieglinde ed Erika sono figlie del fido Gunnar, però Erika si mette con il cattivo Hunding, e finirà male. Hunding è capo dei vichinghi, che cercano di rubare il tesoro dei Nibelunghi nascosto da Wotan nel frassino (è un frassino?) della foresta pietrificata, dove c'è anche la Spada d'Oro. Ai nomi classici della mitologia nordica vengono aggiunto altri estranei alla vicenda, come Manfred, Gunnar, Erika. Otto, Hans, Knut o Kurt. Una specie di fumetto da pochi soldi, insomma, che conserva solo qualche spunto preso dai miti nordici e dalle opere di Richard Wagner.
 

Rimando alla lettura dei libri di Guido Manacorda (edizione Sansoni) chi non conoscesse ancora le opere di Richard Wagner; brevemente posso dire che Hunding non è vichingo, Siegmund e Sieglinde sono fratelli gemelli, la spada nel frassino si chiama Notung, i Nibelunghi non nascondono il tesoro ma viene loro rubato da Loge e Wotan, eccetera eccetera eccetera. Una cosa curiosa che si può sottolineare è il Wotan di questo film: un vecchio sacerdote con la barba, quasi un druido, un Oroveso più che un dio barbaro e guerriero.
 

Le Valchirie, tutte molto belle e molto abili come cavallerizze, vengono presentate come gli elfi dei film recenti tratti da Tolkien, pronte a intervenire per mutare le sorti della battaglia, o meglio come crocerossine però in nero (elegantissime) e a cavallo. Le si vede in questa sequenza mentre portano via il cadavere del fido Manfred, fedeli in questo (e solo in questo) al loro mandato originario: portare gli eroi morti nel Walhalla.
 
 
 
Il film ha una buona tecnica fotografica, bella la fotografia di Mario Parapetti, non banali scene e costumi; abbastanza epica la battaglia con gli scudi e le macchine da guerra. La recitazione è spesso dilettantesca, però c'è buona volontà e tutto funziona abbastanza bene. Il regista Emimmo Salvi, romano, ha diretto una decina di film "da oratorio", tutti più che dimenticati.
 

Gli attori: Gordon Mitchell, qui dal volto scavato e quasi spettrale, è un attore e culturista che girò un discreto numero di film mitologici e western in quegli anni. Ivo Payer è Siegmund, Luisa Rivelli ed Eleonora Bianchi sono le sorelle Erika e Sieglinde; la Rivelli (Erika) in seguito divenne una presentatrice televisiva in trasmissioni culturali della Rai. Pamela Tudor è la valchiria Brunilde, una scelta perfetta. Mike Moore (che all'anagrafe si chiamava Amedeo Trilli) è Gunnar, padre di Erika e Sieglinde e fedelissimo di Siegmund; nel trucco ricorda molto i personaggi dei "Nibelunghi" nel film del 1922 di Fritz Lang. Piero Doria interpreta quel poco che resta nella sceneggiatura dei Nibelunghi del mito, non un Alberich né un Mime ma più semplicemente uno dei tanti servi e scudieri di Siegmund.


La "Cavalcata delle valchirie" è nell'esecuzione diretta da Eduard Lindenberg con l'orchestra della Societé des Concerts du Conservatoire, un'edizione discografica della Ricordi per la serie "I classici della musica classica".



 

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