domenica 2 luglio 2017

Bach e la viabilità


Bach e la viabilità
di Carlo Boccadoro ( da Golem, rivista on line fondata da Umberto Eco, 1998 )
Le nefaste conseguenze dell’inquinamento acustico che vengono periodicamente ricordate su giornali, trasmissioni radiofoniche e televisioni sono a tutti ben note. Raramente si pensa, però, al disastroso effetto retroattivo che automobili, camion e motorini senza marmitta hanno avuto sulla Storia della Musica. Che c’entra il traffico con il regno dei suoni, vi chiederete (forse)? Apparentemente nulla. Chiunque si trovi bloccato in un ingorgo automobilistico, magari costretto a una lunga attesa in coda, difficilmente si metterà a pensare a Bach o a Vivaldi; semmai passerà il tempo a imprecare contro gli altri automobilisti. Eppure un pensierino al riguardo, se non altro per curiosità oziosa, vale la pena di farlo. Prima di arrivare al traffico, però, bisogna fare un esempio musicale.
Se avete mai assistito a un concerto di musica orchestrale vi sarete accorti che, prima dell’entrata in scena del direttore, l’oboe suona una nota lunga. Il primo violino la riprende e progressivamente tutti gli strumenti della compagine orchestrale si uniscono a lui, cercando di bilanciare l’intonazione del proprio strumento attorno a quella nota: si tratta della famosa "accordatura" dell’orchestra (vi ricordate Fantasia di Walt Disney? c’era anche lì). Orbene, il suono che dà vita a tutto questo procedimento è la nota La. L’ascoltatore deve quindi presumere che questa nota, fungendo da baricentro per l’accordatura di tutti gli strumenti, debba essere di una intonazione infallibile, inattaccabile, definitiva. Niente affatto. Ogni orchestra ha un La differente, seppure di una sfumatura, e quindi ci sono sempre dei problemi per sostenere l’accordatura durante tutta la durata di un concerto. La scienza acustica ci spiega che ogni nota è formata da un certo numero di frequenze che vengono misurate in hertz. Per cercare di ovviare a questi problemi di intonazione nel 1939 si tenne a Londra una convenzione internazionale di musicisti, foniatri e specialisti di acustica, i quali stabilirono che il La doveva avere una frequenza di 440 hertz al minuto secondo. Prima di questa convenzione il La variava non solo da nazione a nazione, ma anche a seconda del genere musicale (opera, concerto, musica da chiesa, ecc.).
Sulla carta, dunque il problema era risolto. Nei fatti, molto meno. Sugli hertz di ogni nota influiscono le caratteristiche ambientali del luogo in cui si suona (acustica della sala, riverbero, ecc.) e persino le condizioni atmosferiche. Non andate a sentire concerti in sale umide o in serate particolarmente fredde e piovose, altrimenti potreste sentirne di tutti i colori, specialmente tra gli strumenti a fiato. Nel 1971 il La a 440 hertz fu ulteriormente ratificato da una delegazione del Consiglio d’Europa, che aveva nuovamente consultato fior di luminari al riguardo. Eppure in molte orchestre il La iniziale è a 442 hertz, talvolta è a 443, in altre 440 e in alcuni teatri lirici arriviamo anche a 445 hertz. Recentemente ho assistito a un concerto in cui uno strumento era accordato a 442 e l’altro a 446 hertz, con risultati che vi lascio immaginare. Ebbene, possiamo ormai stabilire con certezza che il principale imputato di questa Babele acustica è proprio il rumore della vita quotidiana intorno a noi, particolarmente il famigerato traffico.
Ai tempi di Bach, infatti, quando la vita scorreva più tranquilla e sotto le finestre passavano al massimo le carrozze a cavalli, il La aveva una frequenza molto più bassa: 415 hertz. Uno degli strumenti più in uso era il clavicordo, che possiede un timbro così flebile da poter essere udito quasi esclusivamente da chi lo suona. Questo ci dice essenzialmente due cose: molta musica era destinata principalmente al diletto casalingo, e quest’ultimo non era disturbato da rumori esterni. Quando la popolazione è aumentata, e di conseguenza anche il rumore della vita cittadina, il nostro orecchio ha avuto bisogno di un maggior numero di frequenze per essere in grado di udire chiaramente la musica. Il clavicordo ha dunque lasciato il passo al più sonoro clavicembalo. Tuttavia anche quest’ultimo, per essere apprezzato appieno, necessita di assoluto silenzio e di poche persone attorno. Il progresso bussa alle porte, arriva la rivoluzione industriale, nascono la locomotiva a vapore, il tram; il rumore intorno a noi cresce lentamente ma inesorabilmente. Ecco quindi il clavicembalo che viene soppiantato dal ben più sonoro pianoforte, dotato di una robustissima struttura in legno e metallo, e dal suono capace di farsi sentire anche in ambienti rumorosi (non a caso esiste il piano-bar ma non il clavicembalo-bar). Con il mostruoso crescere del caos (rumori industriali, martelli pneumatici, colonne di automobili strombazzanti, televisioni, stereo e apparecchi radio a tutto volume, ecc.) il povero La ha dovuto aumentare in modo esponenziale le sue povere frequenze, giungendo agli attuali 440 e oltre. Nel frattempo sono stati inventati strumenti elettrici utilizzati nella musica rock, in grado di produrre suoni a volumi acustici allarmanti. I sintetizzatori e le batterie elettroniche oltrepassano tranquillamente il limite di pericolosità per le nostre orecchie, dato che molti concerti rock si svolgono in campi di calcio e arene destinate ad ospitare decine di migliaia di persone.
 
 
Torniamo dunque alla nostra vecchia equazione: molte persone = molto rumore = molti più hertz necessari = La in vertiginosa ascesa. Si potrebbe obiettare: a noi che ce ne importa se il La cresce di frequenza? Ce ne importa eccome. Prima di tutto si tratta di un segnale d’allarme sulla pericolosità acustica del nostro modo di vivere, e inoltre crea enormi problemi a strumentisti e cantanti, dato che molte opere di musica classica sono state pensate per note con hertz molto più bassi. Certe fioriture vocali di Rossini, oppure certi passaggi sovracuti presenti nelle opere di Bellini oggi risultano quasi ineseguibili e costano agli esecutori sforzi tremendi per raggiungere note che ai loro tempi erano quasi un tono sotto di quelle attuali. Se si va avanti di questo passo molte opere del bel canto saranno irraggiungibili per le voci. (Non ve ne frega nulla? Potreste anche avere ragione.)
Dal punto di vista teorico, invece, la cosa può anche avere un risvolto divertente: il rumore quotidiano ha reso molte tonalità originali del tutto inesistenti. Mi spiegherò meglio con un esempio, paradossale ma non troppo: prendiamo la celeberrima Toccata e fuga in Re minore per organo di Johann Sebastian Bach. La tonalità del brano è scritta a chiare lettere nel titolo: ma se noi ascoltiamo questo pezzo così come Bach lo ha concepito a suo tempo (su un organo antico accordato a 415 hertz) il risultato per le nostre orecchie, abituate a 440 hertz e oltre, suonerà esattamente mezzo tono sotto. Ecco quindi il brano trasformato come per magia nella Toccata e Fuga in Do diesis minore. D’altro canto se Bach resuscitasse e volesse andare a sentire come viene eseguita la sua musica su un organo moderno si troverebbe davanti alla Toccata e Fuga in Re diesis minore dato che per lui il nostro LA risulterebbe mezzo tono sopra.
Dunque, o Do diesis o Re diesis. E il Re minore originale che fine ha fatto?
In realtà non è mai esistito in quanto tale, dato che si tratta di un parametro variabile, ma certo il rombare delle automobili e delle moto, i videoclip di MTV e le urla nei dibattiti televisivi hanno contribuito a relegare il suo sapore originale nel limbo. Ogni tonalità, infatti ha un suo colore particolare: nel caso di un autore come Mozart la corrispondenza psicologica con le varie tonalità è fondamentale, ed è stata ampiamente sviscerata da dotti studiosi. Sentire il Requiem eseguito in Mi bemolle minore, come capita oggi, anziché nel Re minore in cui Mozart lo immaginò non è proprio la stessa cosa.
Non crogioliamoci, però, in queste fisime minuscole da addetti ai lavori. Suggerisco di inoltrare subito una formale protesta alla Motorizzazione Civile perché la Pastorale di Beethoven ritorni in Fa Maggiore, e Per Elisa sia restituita al suo La Minore originario. Propongo inoltre la costituzione del CPICDH (Comitato Per Il Controllo Degli Hertz), organo dal nome facilmente memorizzabile che si occupi di tenersi costantemente in contatto con gli organi governativi di tutto il mondo per arginare la ormai quotidiana ascesa di frequenze e garantire così un futuro ai nostri padiglioni auricolari.
Ricordate, Bach andava a piedi.

"Golem" è stata la prima grande rivista di internet, a metà anni '90; fu fondata da Umberto Eco con altri nomi importanti della cultura italiana. Oggi non esiste più, e da pochi anni non si può nemmeno più leggerla on line; ma conteneva articoli molto belli e molto utili, come questo di Carlo Boccadoro. Mi dispiace molto che quegli articoli non siano più disponibili, metto qui "Bach e la viabilità" come modesta proposta per poter riavere le annate di "Golem".

 
(le immagini: una fotografia scattata da Stanley Kubrick prima di diventare famoso;
la prima violinista è del 1884, opera di Burne-Jones;
la violinista seduta è di George Harcourt, la pianista di William Merritt Chase, 1915. 
 In un concerto del 1981, il pianista Friedrich Gulda
suonò alcuni brani di Bach sul clavicordo;
a quel tempo, Raidue faceva ancora servizio pubblico e trasmise il tutto)



2 commenti:

  1. Articolo molto interessante. Da far leggere a chi pensa di essere in un mondo più libero di quello dei nostri trisavoli! Persino la ricezione è pregiudicata dalla "modernità".
    Peccato che "Golem l'indispensabile" non pubblichi più e che, addirittura, improvvisamente non sia più visibile!
    Carlo Boccadoro ha pubblicato diversi libri sulla musica e i musicisti e ne ha curato uno, RACCONTI MUSICALI, che raccoglie scritti sulla musica di diversi scrittori.

    RispondiElimina
  2. ho conservato anche gli articoli di Giuliano Boccali, orientalista, e poco altro... non pensavo che cancellassero tutto.

    RispondiElimina