(...) Dopo pranzo Vassilli
si mette al piano. La sua Rita gli è vicina colla scusa di voltar le
pagine. Il verticale cigola come
un carretto. Bisogna ungergli il pedale. C'è chi crede che il sapone
vada meglio dell’olio. Arriva una penna di cappone intinta
nell’olio della macchina da cucire. Chopin riprende il suo pianto.
Piange solo; s’è rifugiato quassù al quinto piano, in questa
cameretta vicino a due innamorati, si è stretto a loro che possono
comprenderlo ancora. Di fuori c’è il mondo nuovo agonistico e
sportivo, estraneo, insensibile al pianto dell’uomo solo. Oggi
tutto è in regime di masse; camionate di gitanti e torpedoni di
dolenti! Anche le malattie si adeguano ai tempi. La romantica tisi
dei musicisti, dei patrioti e dei poeti ha ceduto il posto al cancro
degli industriali.
In silenzio, raccolti
intorno al pianoforte, i cinque invitati sembrano un gruppetto di
cospiratori. Il loro atteggiamento raccolto, dimesso e quasi arcigno,
è antagonistico e di muta riprovazione degli sgargianti
esibizionismi artistici moderni. Nessuno mi leva dalla testa che il
gran pubblico accorre ai concerti degli assi della tastiera colla
stessa mentalità colla quale si stipa negli stadi alle partite di
calcio. A loro interessa il funambolo, la musica vien dopo, quando
viene. Il concertista medio, l'esecutore attento, l’interprete
diligente che presenta gli autori senza sopravalutarli ha finito il
suo ciclo. Cambi mestiere. (...)
Delio Tessa, «Sì, cara» pag.72 da "Ore di città" a cura di Dante Isella, Scheiwiller 1984
Delio Tessa, «Sì, cara» pag.72 da "Ore di città" a cura di Dante Isella, Scheiwiller 1984
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