lunedì 15 giugno 2020

The Debussy film


The Debussy film (1965) Regia di Ken Russell. Scritto da Melvyn Bragg e Ken Russell. Fotografia di Ken Westbury. Musiche di Debussy e Wagner. Interpreti: Oliver Reed (Debussy), Vladek Sheybal (il regista e Pierre Louys), Annette Robertson (Gaby Dupont), Izabella Telezynska (madame Bardac), Penny Service (Lily), Vernon Dobtcheff (l'attore), Stephanie Randall (segretaria), Jane Lumb (Sebastian) e molti altri. Durata: 1h21'
 
"The Debussy film" di Ken Russell è un piccolo film divertente, in bianco e nero, su una troupe che sta girando un film; il soggetto è ovviamente Claude Debussy. Sotto questo aspetto, "The Debussy film" anticipa e ricorda "I clown" di Fellini, girato più o meno allo stesso modo ma su un altro soggetto, sempre storico e biografico. Protagonisti sono Oliver Reed, l'attore che deve interpretare Debussy, e Vladek Sheybal (attore anglo-polacco) che interpreta il regista del film e anche Pierre Louys, fotografo e scrittore che fu amico di Debussy. La musica e la vita di Debussy, dunque, o meglio le donne di Debussy e la sua musica, con molte libertà nella ricostruzione dei fatti, come sempre in Ken Russell. "The Debussy film" fa parte di una serie di documentari BBC intitolata "Monitor", Ken Russell ne gira uno anche su Bartok ma non mi pare che sia disponibile on line.

 
Per mettere un po' d'ordine riguardo alla vita privata di Debussy, che è parte consistente del film di Ken Russell (ma Ken Russell non è quasi mai attendibile riguardo alla verità storica), prendo qualche notizia da wikipedia:
...Debussy trascorse una vita molto movimentata, soprattutto sentimentalmente. All'età di 18 anni iniziò una relazione clandestina con Marie-Blanche Vasnier, moglie di un ricco funzionario statale parigino. La relazione durò otto anni ed entrò in crisi in seguito alla vittoria di Debussy al Prix de Rome avvenuta il 28 giugno 1884; il prestigioso concorso prevedeva la permanenza obbligatoria nella capitale italiana per due anni; il musicista soggiornò presso Villa Medici dal 27 gennaio 1885 al 2 marzo 1887 studiando e componendo presso l' Accademia di Francia. (...) Tornato a Parigi nel 1887, iniziò una tempestosa relazione di nove anni con Gabrielle Dupont detta Gaby, figlia di un sarto di Lisieux, con cui coabitò in Rue Gustave Doré, nel XVII arrondissement; contemporaneamente si legò per breve periodo alla cantante Thérèse Roger. (...) La storia con la Dupont entrò in crisi per l'infedeltà del musicista e per la perenne mancanza di denaro, tanto che vi fu un tentativo di suicidio da parte della donna; Gaby era in un certo modo ancora presente nella vita di Debussy quando lui conobbe e si invaghì di un'amica di lei, Rosalie Texier, detta Lily, un'indossatrice di sartoria. Gaby lasciò definitivamente il musicista e intrecciò una nuova relazione con un banchiere. Il compositore sposò Lily nel 1899 con una cerimonia molto semplice a cui non parteciparono neppure i genitori degli sposi. Nonostante Lily fosse una persona innamorata, pratica, diretta e benvoluta da amici e colleghi del marito, Debussy col tempo sviluppò una crescente irritazione nei confronti di sua moglie per via delle sue limitazioni intellettuali e della sua mancanza di sensibilità e cultura musicale. Nel 1903 Debussy conobbe Emma Bardac grazie a suo figlio Raoul, che era allievo del musicista; Emma era moglie del banchiere Sigismond Bardac e, al contrario di Lily, era una donna istruita, raffinata, brillante nella conversazione, musicista dilettante e anche stimata cantante. Ben presto Debussy si avvicinò ad Emma, per cui scrisse il pezzo per pianoforte L'isle joyeuse, e abbandonò la Texier, la quale disperata tentò, come la Dupont, di suicidarsi sparandosi in petto in Place de la Concorde nell'ottobre del 1904; sopravvisse, ma il proiettile le rimase incastrato in una vertebra per il resto della vita. Debussy dovette subire la riprovazione della società civile dell'epoca e molti suoi amici si allontanarono. Lo scandalo provocato da tale azione costrinse Debussy e la Bardac (già incinta di lui) a recarsi segretamente in Inghilterra sull'isola di Jersey nell'aprile del 1905. La coppia si sistemò nel Grand Hotel di Eastbourne, dove Debussy completò la suite sinfonica La Mer e divorziò da Lily il 2 agosto. A giugno venne finalmente pubblicata la Suite bergamasque con il celebre Claire de lune. Debussy ed Emma tornarono a Parigi a fine settembre, giusto in tempo per la nascita della loro bambina Claude-Emma (l'unica figlia avuta dal compositore) il 30 ottobre. Chiamata affettuosamente Chou-chou, Claude-Emma era la dedicataria del famoso Children's Corner, una raccolta di sei pezzi per pianoforte composta nel 1908, anno in cui i suoi genitori finalmente si sposarono. (...)
Nel disperato clima bellico che si respirava al tempo in Francia, la sua processione funebre si tenne in maniera veloce e sobria per le vie deserte della città fino al cimitero del Père-Lachaise; vi parteciparono non più di venti persone, tra cui Paul Dukas e l'editore Durand. Solo dopo la fine della guerra, otto mesi dopo, fu possibile celebrarne degnamente la morte e poco dopo il suo corpo venne traslato nel cimitero di Passy, dietro il Trocadéro, dove attualmente riposa tumulato insieme con la moglie Emma, morta nel 1934, e con la figlia Chou-chou, la quale invece sopravvisse al padre per nemmeno un anno, perendo a soli tredici anni in un'epidemia di difterite nel 1919.
(estratti dalla voce su Debussy su www.wikipedia.it )
 

Le tre donne "di Debussy" che vediamo nel film sono Annette Robertson (Gaby Dupont), Izabella Telezynska (madame Bardac) e Penny Service (Lily), oltre a Chou-chou da bambina, molto piccola. Nel film, le vicende personali degli attori si sovrappongono a quelle dei personaggi reali che devono interpretare; Oliver Reed, che ha stranamente una buona rassomiglianza con Debussy (forse perché il pizzetto nero rende noi maschi un po' tutti uguali), segue con attenzione le spiegazioni del regista (Vladek Sheybal) anche se a tratti non sembra molto convinto; le attrici provano le varie scene, spesso immedesimandosi nel personaggio (soprattutto Annette Robertson, notevole la sua prestazione), alle volte solo eseguendo le pose richieste. A un certo punto la troupe si trova davanti a una rappresentazione teatrale della vita di Debussy, con attori diversi da loro; in un altro momento del film Oliver Reed e Annette Robertson si trovano a una festa in un appartamento, ed è la "swinging London" di quegli anni, dove si balla al ritmo di shake ma Reed vuole comunque mettere un disco di Debussy, il concerto per arpa.
 

C'è molto divertimento da parte di tutti, e ci sono parecchi voli di fantasia anche qui, ma è tutto più accettabile rispetto a quello che poi combinerà Ken Russell negli anni successivi, anche perché qui è molto evidente il gioco tra realtà e finzione. Sul mio piano personale, mi è piaciuta molto la "colt" a ventose che Oliver Reed usa contro l'attore che interpreta Maeterlinck, e mi piacerebbe sapere se è ancora in commercio; ma sono molte le sequenze divertenti, e anche quelle drammatiche sono rese molto bene.
Russell ha girato diversi film anche su pittori e scultori, e "The Debussy film" ha molte sequenze dedicate ad artisti che furono contemporanei di Debussy e alle volte anche suoi amici, come Dante Gabriel Rossetti e i preraffaelliti, Whistler, Mucha e il liberty; solo un accenno per Hokusai, che compare sulla copertina della prima edizione di "La mer". Nel film si parla molto anche di Pierre Louys, fotografo e scrittore, di Mallarmé, di Maeterlinck, e di Ida Rubinstein che vediamo in frammenti di una pellicola da lei interpretata.
 

Non c'è, purtroppo, un elenco completo delle musiche inserite nel film; provo a mettere qui un piccolo tentativo di colonna sonora, ovviamente incompleto e deficitario: il "Martirio di san Sebastiano", il Concerto per arpa, qualche accenno all'opera "Pelleas et Melisande", Images, i Notturni, La mer, e nel finale probabilmente "Syrinx".
Al minuto 35 si ascolta Wagner, l'Incantesimo del fuoco e la Cavalcata da "Die Walküre"; e mi dispiace molto di non essere in grado di individuare il gruppo beat che si ascolta alla festa.

 
 
 

lunedì 8 giugno 2020

Mahler secondo Ken Russell


 
Mahler (La perdizione, 1974) Regia di Ken Russell. Scritto da Ken Russell. Fotografia di Dick Bush. Musiche di Gustav Mahler, Richard Wagner, e altri. Interpreti: Robert Powell, Georgina Hale (Alma Mahler), Gary Rich (Mahler bambino), Lee Montague, Antonia Ellis (Cosima Wagner), Ronald Pickup (Old Nick), George Coulouris (dottor Roth), David Collings (Hugo Wolf), e molti altri. Durata: 1h40' circa

"Mahler" di Ken Russell, un film del 1974, non può essere considerato come una biografia del grande musicista viennese; è piuttosto una fantasia sulle musiche di Mahler, immagini suggerite dalla musica in modo molto personale, inserite in una cornice vagamente biografica.
Ken Russell, autore personalissimo, ha girato altri film su compositori ed artisti, ma non è mai attendibile come biografo e anzi costruisce immagini molto arbitrarie intorno a musiche e percorsi artistici che andrebbero verificati con molta attenzione. Russell come autore di cinema era molto dotato, quindi le immagini che si vedono sono sempre o quasi sempre molto belle; il film può piacere ancora oggi, ma va preso con molta attenzione riguardo alla verità storica e anche riguardo alla verità musicale.
Qualche nota biografica su Gustav Mahler va quindi inserita se si vuole parlare del film: Mahler nasce in Boemia nel 1860, quasi coetaneo di Puccini (che è del 1858) e morirà nel 1911; il padre è un piccolo commerciante di origini ebraiche appassionato di musica. Gustav dimostra subito un grande talento, che gli aprirà le porte del Conservatorio di Vienna. Nel 1880 inizia la carriera di direttore d'orchestra, e per tutta la sua vita sarà più conosciuto come direttore d'orchestra che non come compositore. Mahler dirigerà molti teatri d'opera, sempre come direttore d'orchestra: la Garzantina della Musica riporta i nomi delle città di Bad Hall, Lubiana, Olomouc, Kassel, Praga, Lipsia, Budapest, Amburgo, e nel 1897 arriverà a dirigere l'Opera di Vienna dove rimase per dieci anni consecutivi acquistando grande fama. La vera notorietà di Mahler come compositore arriverà solo mezzo secolo più tardi, grazie al grande impegno di Bruno Walter (suo allievo) e di Claudio Abbado, che racconta in molte interviste che Mahler era ancora poco eseguito in concerto a Vienna ancora negli anni '80. Gustav Mahler sposa Alma Schindler nel 1902: lei era molto più giovane, quasi vent'anni di meno, e scriverà libri di memorie che sono la principale fonte di notizie su Mahler, ma che oggi vengono considerati poco attendibili. Nel 1907 Mahler accetta le proposte americane, e va a dirigere al Metropolitan di New York; rientra in Europa nel 1911, ed è qui che lo troviamo nel film di Ken Russell, sul treno che lo riporta a Vienna con Alma. Mahler muore nello stesso anno del suo ritorno a Vienna, nel maggio 1911. (fonte: Garzantina della Musica).


Robert Powell non somiglia affatto a Mahler, che era più robusto e dai lineamenti più virili; e anche Alma viene presentata male, era una compositrice in proprio, donna di notevole cultura e non solo bella, disinvolta ed elegante e decisamente antipatica come viene qui presentata da Ken Russell, che le fa un torto notevole. Somigliava molto a Mahler il direttore d'orchestra Giuseppe Sinopoli, direi una somiglianza voluta e cercata al di là dell'aspetto fisico: come Mahler, Sinopoli era compositore (e molto altro: medico psichiatra, egittologo, scrittore e saggista) e da germanista conosceva molto bene il mondo in cui visse Mahler. Somigliava molto a Mahler anche il mio amico Angelo Minazzi, con il quale ho condiviso tante serate in loggione alla Scala; glielo dicevo ogni tanto, oggi non posso più dirglielo ed è per questo che lo scrivo qui. Anche il bambino che interpreta Mahler nel ricordo (l'attore è Gary Rich) non somiglia affatto a Gustav Mahler: fa piuttosto pensare ai romanzi di Dickens, ed in effetti guardando il film l'impressione è quasi sempre di trovarsi in Inghilterra piuttosto che a Vienna o in Boemia. Insomma, più vado avanti nella visione del film e più mi allontano da Gustav Mahler e dalle notizie biografiche che ho di lui. Consiglio a tutti la lettura di un libro scritto da Bruno Walter, che fu allievo e collaboratore di Mahler, per il piacere di leggerlo e anche per cogliere le differenze con Ken Russell: il libro è "Gustav Mahler", di Bruno Walter, che io ho nell'edizione Studio Tesi (spero che sia stato ristampato, ne ho messo una pagina qui).

 
Ken Russell veniva da una serie di film che avevano fatto scandalo. Titoli come "I diavoli", "Donne in amore", "L'altra faccia dell'amore" (su Ciaikovskij), e altri ancora (è stato un regista molto prolifico): forse anche per questo il film intitolato semplicemente "Mahler" uscì da noi nel 1974 con il titolo "La perdizione", del tutto fuorviante. Insomma, Ken Russell è sempre stato un autore di grande immaginazione e di poco rigore storico, e ha in effetti girato molti film interessanti almeno fino alla fine degli anni '60, quando iniziò il suo grande successo "di scandalo". Da qui, da questo successo "di scandalo" nascono molto probabilmente anche le immagini arbitrarie del film su Mahler: decisamente arbitrarie anche quando sono belle, come quella iniziale della casa in fiamme e del sogno su Alma che nasce da un bozzolo, come una farfalla. Significativa da questo punto di vista è la citazione letterale di "Morte a Venezia" di Luchino Visconti, uscito solo tre anni prima: l'abbinamento tra la musica di Mahler e il romanzo di Thomas Mann è una fantasia personale di Luchino Visconti, che non ha nulla a che fare con Mahler e con il suo mondo. Può anche essere una fantasia ben trasposta al cinema, ma rimane sempre qualcosa di arbitrario e di personale. Allo stesso modo, in tanti anni di ascolti, non mi era mai capitato di abbinare il "bimm bamm" dalla Sinfonia n.3 al suono delle campane, come si vede nel film, ma piuttosto a un gioco di bambini. E posso assicurare di non aver mai visto cavalli bianchi quando ascolto Mahler, anche questa è un'immagine molto discutibile: può piacere, come tutto il film, ma questo non è Mahler, è piuttosto l'immaginario personale di Ken Russell.

 
In questo contesto, diventano risibili anche le discussioni su Dio e sull'anima, sulla conversione di Mahler al Cristianesimo o per il paragone con la morte per l'Ottava Sinfonia - che contiene l'inno "Veni Creator Spiritus" e il finale del "Faust" di Goethe: c'era già abbastanza in queste due indicazioni per fare un film più aderente alla personalità di Mahler, ma evidentemente questo non interessava a Ken Russell, così come non interessa ai registi di teatro di oggi essere attenti alla personalità degli autori che rappresentano, preferendo piuttosto il loro ego narcisistico; ma questo è un discorso che porterebbe lontano e mi devo fermare.
Sempre in questo contesto: saranno state così le lezioni di nuoto e di scienze naturali con Old Nick? La caricatura degli ebrei, cioè della famiglia di Mahler, è molto sciatta e sembra presa da un film di Pierino (manca solo Alvaro Vitali); pessima anche la caricatura del padre vinaio, anch'essa molto sciatta (non si capisce come mai il bambino sia arrivato al Conservatorio, con una famiglia simile). Né il bambino né Robert Powell somigliano a Gustav Mahler, ed è pessima anche l'Alma Mahler di Georgina Hale, qui presentata come una qualsiasi donna ricca e viziata e anche un po' stupida (consiglio a chi ha visto il film di cercare una biografia di Alma Mahler, anche breve, anche on line). E, per concludere, riguardo a Mahler io sto con Claudo Abbado, e con Bruno Walter: sono stati loro a insegnarmi chi era Mahler, con i dischi o con i concerti dal vivo. Mahler va conosciuto attraverso la sua musica, prima di tutto: sembrerà banale, ma non bisogna mai dimenticarsene. Non è musica facile, lo so: ma se ci sono arrivato io ci può arrivare chiunque.
 

L'elenco delle musiche presenti nel film, preso da www.imdb.com  :
Gli estratti dalle sinfonie di Mahler, nove complete più l'Adagietto dalla Decima, sono eseguite dall'orchestra del Concertgebouw di Amsterdam, ma manca il nome del direttore.
Un brano dai "Kindertotenlieder", il numero 5, presentato in inglese come "In Stormy Weather" (nell'originale "In diesem Wetter, in diesem Braus", su testo di Rückert) è cantato da Carol Mudie  con la National Philharmonia Orchestra diretta da John Forsyth
Si aggiungono anche:
"Sunset" arranged by Michael Moores
"Alma's Song" su testo di William Blake, musiche di Dana Gillespie, cantata da Carol Mudie
"O Du Lieber Augustine" Traditional, also attributed to Marx Augustin [Heard as a theme during the swimming scene]
Frere Jacques (Fra Martino campanaro) suonata da Old Nick (Ronald Pickup) con la fisarmonica, si merita un cenno particolare perché una sua variazione in do minore (molto famosa) è presente nella Sinfonia n.1 di Gustav Mahler.
La marcia funebre suonata dalla tromba nella sequenza del funerale è in realtà di Mendelssohn: fu ripresa e inserita da Mahler all'inizio della sua Sinfonia n.5
Di mio aggiungo una citazione dal "Tristano e Isotta" di Wagner, più o meno a tre quarti del film.
 
 
(le immagini vengono dal sito www.imdb.com )
 

martedì 2 giugno 2020

Ciaccona



A un dato momento Guido domandò il violino. Faceva a meno per quella sera dell’accompagnamento del piano, eseguendo la Chaconne. Ada gli porse il violino con un sorriso di ringraziamento. Egli non la guardò, ma guardò il violino come se avesse voluto segregarsi seco e con l’ispirazione. Poi si mise in mezzo al salotto volgendo la schiena a una buona parte della piccola società, toccò lievemente le corde con l’arco per accordarle e fece anche qualche arpeggio. S’interruppe per dire con un sorriso:
- Un bel coraggio il mio, quando si pensi che non ho toccato il violino dall’ultima volta in cui suonai qui!
Ciarlatano! Egli volgeva le spalle anche ad Ada. Io la guardai ansiosamente per vedere se essa ne soffrisse. Non pareva! Aveva appoggiato il gomito su un tavolino e il mento sulla mano raccogliendosi per ascoltare. Poi, contro di me, si mise il grande Bach in persona. Giammai, né prima né poi, arrivai a sentire a quel modo la bellezza di quella musica nata su quelle quattro corde come un angelo di Michelangelo in un blocco di marmo. Solo il mio stato d’animo era nuovo per me e fu desso che m’indusse a guardare estatico in su, come a cosa novissima. Eppure io lottavo per tenere quella musica lontana da me. Mai cessai di pensare: "Bada! Il violino è una sirena e si può far piangere con esso senz’avere il cuore di un eroe!". Fui assaltato da quella musica che mi prese. Mi parve dicesse la mia malattia e i miei dolori con indulgenza e mitigandoli con sorrisi e carezze. Ma era Guido che parlava! Ed io cercavo di sottrarmi alla musica dicendomi: "Per saper fare ciò, basta disporre di un organismo ritmico, una mano sicura e una capacita d’imitazione; tutte cose che io non ho, ciò che non è un’inferiorità, ma una sventura".
Io protestavo, ma Bach procedeva sicuro come il destino. Cantava in alto con passione e scendeva a cercare il basso ostinato che sorprendeva per quanto 1’orecchio e il cuore l‘avessero anticipato: proprio al suo posto! Un attimo più tardi e il canto sarebbe dileguato e non avrebbe potuto essere raggiunto dalla risonanza; un attimo prima e si sarebbe sovrapposto al canto, strozzandolo. Per Guido ciò non avveniva: non gli tremava il braccio neppure affrontando Bach e ciò era una vera inferiorità.
Oggi che scrivo ho tutte le prove di ciò. Non gioisco per aver visto allora tanto esattamente. Allora ero pieno di odio e quella musica, ch’io accettavo come la mia anima stessa, non seppe addolcirlo. Poi venne la vita volgare di ogni giorno e l’annullò senza che da parte mia vi fosse alcuna resistenza. Si capisce! La vita volgare sa fare tante di quelle cose. Guai se i geni se ne accorgessero!
Guido cessò di suonare sapientemente. Nessuno plaudì fuori di Giovanni, e per qualche istante nessuno parlò. Poi, purtroppo, sentii io il bisogno di parlare. Come osai farlo davanti a gente che il mio violino conosceva? Pareva parlasse il mio violino che invano anelava alla musica e biasimasse l’altro sul quale - non si poteva negarlo - la musica era divenuta vita, luce ed aria.
- Benissimo! - dissi e aveva tutto il suono di una concessione più che di un applauso. - Ma però non capisco perché, versa la chiusa, abbiate voluto scandere quelle note che il Bach segnò legate.
Io conoscevo la Chaconne nota per nota. C‘era stata una epoca in cui avevo creduto che, per progredire, avrei dovuto affrontare di simili imprese e per lunghi mesi passai il tempo a compitare battuta per battuta alcune composizioni del Bach. Sentii che in tutto il salotto non v’era per me che biasimo e derisione. Eppure parlai ancora lottando contro quell'ostilità.
- Bach - aggiunsi - è tanto modesto nei suoi mezzi che non ammette un arco fatturato a quel modo.
Io avevo probabilmente ragione, ma era anche certo ch'io non avrei neppur saputo fatturare l’arco a quel modo. Guido fu subito altrettanto spropositato quanto lo ero stato io. Dichiarò:
- Forse Bach non conosceva le possibilità di quell’espressione. Gliela regalo io!
Egli montava sulle spalle di Bach, ma in quell'ambiente nessuno protestò mentre mi si aveva deriso perché io avevo tentato di montare soltanto sulle sue. (...)
Italo Svevo, La coscienza di Zeno, pag. 151 edizione Dall'Oglio 1976

(John Vrieslander, 1904)

- Adesso capisco perché ad Ada piacque tanto quel Bach svisato a quel modo! Era ben suonato, ma gli Otto proibiscono di lordare in certi posti.
La botta era forte e Guido arrossì dal dolore. Fu mite nella risposta perché ora gli mancava l'appoggio di tutto il suo piccolo pubblico entusiasta.
-Dio mio! - cominciò per guadagnar tempo. - Talvolta suonando si cede ad un capriccio. In quella stanza pochi conoscevano il Bach ed io lo presentai loro un poco modernizzato.
Parve soddisfatto della sua trovata, ma io ne fui soddisfatto altrettanto perché mi parve una scusa e una sommissione. Ciò bastò a mitigarmi e, del resto, per nulla al mondo avrei voluto litigare col futuro marito di Ada. Proclamai che raramente avevo sentito un dilettante che suonasse così bene.
A lui non bastò: osservò ch’egli poteva essere considerato quale un dilettante, solo perché non accettava di presentarsi come professionista. Non voleva altro? Gli diedi ragione. Era evidente
ch'egli non poteva essere considerate quale un dilettante. Così, fummo di nuovo buoni amici.

Italo Svevo, La coscienza di Zeno, pag. 168 edizione Dall'Oglio 1976

qui per ascoltare la Ciaccona di Johann Sebastian Bach

martedì 26 maggio 2020

Il segreto di Offenbach


 
Il segreto di Offenbach (Offenbachs Geheimnis, 1996) Regia di István Szabó. Scritto da Ottokar Runze. Fotografia di Lajos Koltai. Prodotto da Bernd Helthaler. Musiche di Jacques Offenbach. Costumi di Zsuzsa Stenger e Györgyi Szakács. Symphony Orchestra Saarbrucken diretta da Lu Jia. Effetti speciali di János Berki.
Interpreti: Tamás Jordán (Jacques Offenbach), István Mészáros (fratello di Offenbach), János Kulka (conte de Morny), Melinda Major, István Szilágyi, Zoltán Benkóczy, Ádám Rajhona, Ferenc Zentai, István Göz, Miklós Benedek, Imola Gáspár, Péter Vida, Erzsébet Forgács, Árpád Zsoldos, Krisztina Vas, Béla Palmer, Mihály Kecskés, István Fehér, Gizella Fehér.
- Per "I due ciechi" (Les Deux Aveugles): Laurence Dale (Patachon), Graham Clark (Girafier)
- Per "Croquefer": Pál Makrai (Croquefer, voce di Jorge Lopez-Yanez), István Bubik (Boutefeu, voce di Justin Lavender), Sándor Sasvári (Ramass'-ta-Tête, voce di Jeffrey Francis), Marcella Kertész (Fleur-de-Soufre, voce di Inger Dam-Jensen), Géza Simon (Mousse-à-Mort, voce di Jonathan Barreto-Ramos)
- per il balletto: Gäbor Atlasz, Viktória Ayedikián, István Balikó, Zsuzsa Csarnóy, Géza Cyürki, Ádám Horgas, Yvett Horyáth, Katalin Juhász, Katalin Kopeczny. Coreografia di Enikö Szakács
Durata: 1h37'
 
"Il segreto di Offenbach" è un film bello e molto particolare, girato da Istvan Szabò nel 1996; si fa vedere e ascoltare con piacere ma non è stato facile raccapezzarsi e ho dovuto fare parecchie ricerche on line per capire cosa vi succede veramente. All'origine c'è un libro di Siegfried Kracauer, saggista e filosofo (1889-1966) autore di molti libri importanti (uno, molto citato, sul cinema espressionista tedesco) e anche di "Jacques Offenbach e la Parigi del suo tempo", del 1937, che è stato pubblicato in italiano due volte, da Marietti nel 1984 e poi da Garzanti nel 1991. Un libro che cercherò di procurarmi, anche se per me si annuncia difficile perché vengono citati Walter Benjamin, Ernst Bloch, Theodor Wiesengrund Adorno, Karl Kraus, Kurt Weill, e altri ancora. Il titolo del film, "Il segreto di Offenbach", è una citazione dal libro di Kracauer: non un thriller, dunque, ma un'analisi della musica di Offenbach e del periodo storico in cui visse. In estrema sintesi, l'operetta francese è molto diversa da quelle tedesche o viennesi, e ancor di più da quelle italiane, perché sotto l'aspetto frivolo in Offenbach c'è molta satira politica e sociale, spesso anche violenta. Il libro di Kracauer è anche una biografia di Jacques Offenbach, e nel film ne vediamo alcuni momenti.
 

Fondamentale, nel film, è la presenza del Conte Charles de Morny, in altre fonti indicato come Duca de Morny, che scrisse libretti per Offenbach sotto lo pseudonimo di M.de St. Remy; de Morny fu anche protettore e impresario per Offenbach, e fu importante per il successo del musicista. Lo vediamo, nel film di Istvan Szabò, proprio mentre prende le difese di Offenbach: ben tre ambasciatori, di Prussia, di Turchia e di Polonia, si sono infatti offesi assistendo a "Les deux aveugles", il cui libretto è strapieno di battute satiriche e di doppi sensi. In particolare, il turco è offeso perché non ci sono coccodrilli in Turchia, il polacco perché si fa uso del nome Stanislas, e il prussiano per tutta una serie di battutacce sul suo popolo. De Morny riceve gli ospiti arrabbiati e offesi, li porta in camerino da Offenbach e chiede al musicista di scusarsi. Ma è tutta una finta: non appena gli ambasciatori se ne vanno, de Morny fa i complimenti a Offenbach, è contentissimo del successo e gli dice di andare avanti così. Non solo, gli suggerisce anche qualche cosa contro lo Zar da mettere nell'operetta successiva, "Croquefer".
Nell'intervallo dopo l'esecuzione di "Les deux aveugles", Jacques Offenbach riceve anche la visita del fratello, che gli contesta duramente la citazione di canti sacri nelle sue operette. Offenbach, tedesco di nascita, era figlio di un cantore di sinagoga. Questa citazione di melodie rituali (i cantori delle singagoghe hanno un repertorio straordinario, vedi qui) al fratello sembra blasfema, e ribadisce con forza il concetto; ma Jacques non lo ascolterà e proseguirà per la sua strada.

 
Gran parte del film è occupata dalla rappresentazione delle due operette "Les deux aveugles" e "Croquefer", che valgono da sole la visione (e l'ascolto); io purtroppo con il francese me la cavo appena e molte battute divertenti mi sono sfuggite. Gli allestimenti mi hanno fatto pensare a Karel Zeman, soprattutto a "La diabolica invenzione" (tratto da Jules Verne) un film del 1958 che anticipa la computer graphic e gli effetti speciali odierni, ma senza computer (invito tutti a cercare il film di Zeman, nella sua versione originale) e al cinema espressionista tedesco per il trucco degli attori, ma l'insieme è comunque molto originale e piace.

 
Prendo in prestito il riassunto della prima delle due operette dall'ottimo sito http://www.bruzanemediabase.com   :
Les Deux Aveugles (I due ciechi, Moinaux / Offenbach, 1855)
Descrivendo la lotta feroce che oppone due ciechi finti su un ponte di Parigi per ottenere l’elemosina dei passanti, Jacques Offenbach – grazie all’aiuto di un libretto di Jules Moinaux (1815-1895) – lusinga il pubblico borghese del Secondo Impero. In una Parigi che anela alla modernità urbana, qualche anno prima delle prime picconate del barone Haussmann, la mendicità musicale è vissuta come un flagello da combattere. È con questa «buffoneria musicale in un atto» che Offenbach inaugura il suo teatro dei Bouffes-Parisiens (situato allora sugli Champs-Élysées) il 5 luglio 1855. Il successo è immediato e duraturo. Il trombonista Patachon e il chitarrista Giraffier dispongono di quattro numeri per sedurre il pubblico. La romanza che offre a Patachon l’occasione di presentarsi permette a Offenbach di provare il procedimento della frase tagliata al posto sbagliato («L’aveugle à qui l’on fait l’aumône / N’est point z-un faux nécessiteux,/ N’est point z-un faux né… / Un faux né / Un faux nécesiteux»). Il duetto seguente oppone e sovrappone le cantilene dei due accattoni. Per il terzo numero, i due nemici intonano uno stesso bolero proveniente da Siviglia (« Lesquelles villes ? – Séville, quoi!… en Turquie»). Si tratta del pezzo che farà, sotto forma di spartito staccato, la fama dell’opera fuori il teatro. L’ultimo brano è una parodia di Robert le Diable di Meyerbeer (creato all’Opéra de Paris nel 1831): il finale dell’atto primo vi è citato in modo esplicito («Ô fortune! à ton caprice!») prima che i due personaggi riprendano il loro bolero per disputarsi l’elemosina di un nuovo passante.
Di mio aggiungo le citazioni, molto ben fatte, dal Don Giovanni di Mozart: l'apparizione del Commendatore col trombone e la serenata per chitarra, ben riconoscibili.

 
Segue l'incontro di Offenbach con il fratello, e poi de Morny suggerisce al musicista di mettere qualcosa di positivo sui mutilati di guerra nell'opera successiva (le guerre erano continue, i mutilati erano tanti), oltre alla parodia dello Zar.
L'operetta successiva inizia con un intermezzo, con ombre dietro il sipario che simulano proprio la guerra. E la guerra è l'argomento di Croquefer, "l'ultimo dei paladini": prendo il riassunto dal sito www.spoletoagenda.it  
"Croquefer, ou Le Dernier des paladins" (1857) di Jacques Offenbach
Sono tante le storie di Croquefer. Da un lato la grande leggenda medievale, qui piacevolmente maltrattata per il gusto della parodia e la gioia degli anacronismi. Dall’altro, la storia della pièce stessa. Infatti, la censura, retaggio dei privilegi reali, vieta che una pièce cantata da più di quattro personaggi sia rappresentata fuori dai teatri dell’opera – disposizione che gli autori non solo ignorano ma scelgono di ignorare, contando sulla benevolenza che il ministero gli ha finora accordato. Tuttavia peccano di ingenuità: la censura infatti si oppone a due giorni prima dalla rappresentazione, e si diffonde il panico. I librettisti Jaime e Tréfeu hanno quindi la formidabile idea di trasformare il personaggio di Mousse-à-Mort: si dirà che gli è stata tagliata la lingua dai Saraceni e il suo testo verrà ‘guaito’ oppure affisso su degli striscioni, un metodo testato dalla Fiera del 18° secolo per stroncare i privilegi della Comédie-Française. Perfetto. In questo modo, il ministero si diverte e allo stesso tempo si capisce che sotto gli orpelli, ogni storia si congiunge all’altra…
La storia di Croquefer è raccontata al modo dei fratelli Marx, o forse di Ubu Roi di Alfred Jarry; alla fine i protagonisti finiscono tutti in manicomio, autori compresi, perché la confusione è stata talmente grande che non ci si capisce più niente.
Il finale del film è per Offenbach e de Morny, un breve scambio di battute prima dei titoli di coda.
 

Aggiungo qui sotto, per chi volesse divertirsi, il riassunto di "Croquefer" preso da wikipedia inglese:
The scene is the platform of a half-destroyed crenellated castle tower. Beyond, the countryside, on the left a cell with a grill facing the audience; down stage a trap-door covering an entrance from the tower to the platform. A door leads to the inside of the castle. Boutefeu, the squire of Croquefer, surveys the countryside through a telescope. Croquefer clambers out onto the platform just as he swallows his last sabre. Mousse-à-Mort, Croquefer's sworn enemy is approaching the castle with six armed men, presumably to rescue his daughter Fleur-de-Soufre whom Croquefer abducted fifteen days previously and who is languishing in a filthy cell. The 23-year war has ruined Croquefer and his castle, and he wants an end to it. Although Mousse-à-Mort has lost most of his body parts in battle (including his tongue), Croquefer is still frightened of him, and would like to make peace. Boutefeu lines up models of pretend soldiers to give the impression that Croquefer still has an army.
When Mousse-à-Mort (using signs with messages on to communicate) nevertheless defies him, Croquefer's nephew Ramasse-ta-Tête appears. Croquefer instructs him to keep guard on the daughter of Mousse-à-Mort, also offering him a choice from his drinks. From the cell where she is kept Fleur-de-Soufre calls to Ramasse-ta-Tête and they sing a mock love duet (quoting from well-known operas of the time), and they dance and sing of running off together to the Opéra. Boutefeu and Croquefer enter and also join in with the dance. When Mousse-à-Mort enters Croquefer presents him with two options: either Fleur-de-Soufre will marry him or she will be killed. Independently Boutefeu and Fleur-de-Soufre plot to serve poisoned wine to their adversaries. As armed men loyal to Mousse-à-Mort enter, Ramasse-ta-Tête agrees to submit, provided that he can marry Fleur-de-Soufre. She agrees. Just as Croquefer and Mousse-à-Mort are about to fight, the effects of the spiked drinks take effect, with collective diarrhoea. They both rush off-stage, to return, with Croquefer's sword and Mousse-à-Mort's tongue returned to their owners. At this point Boutefeu presents on a silver platter a letter just delivered: Croquefer begs the indulgence of the audience; the composer and his librettist of the piece are being taken off to Charenton.
(da wikipedia inglese)

 
 
 

giovedì 21 maggio 2020

Torna caro ideal


 
Torna caro ideal (1939) Regia di Guido Brignone. Scritto da Ettore Margadonna, Aldo Vergano, Gherardo Gherardi. Fotografia di Tino Santoni. Musiche di Tosti, Rossini, Guido Albanese, Ettore Montanaro. Interpreti: Claudio Gora (Tosti), Laura Adani (Maria Vernowska), Germana Paolieri (Dionisia), Mario Mina, Bruno Persa, Cesare Polacco, Mercedes Brignone, e molti altri Durata: 1h20'

"Torna caro ideal", un film del 1939 che mette in scena il musicista abruzzese Francesco Paolo Tosti, non è propriamente un film biografico ma racconta la storia d'amore di Tosti con la giovane polacca Maria Vernowska, durata quattro anni e conclusasi tragicamente. Il film inizia nel 1875 in Inghilterra, dove Tosti visse molti anni come maestro di canto alla corte della regina Vittoria; è nelle sue vesti di insegnante che conosce Maria Vernowska, per la quale lascerà Dionisia Tesséri, una cantante professionista con la quale era legato da tempo. Tosti viene presentato come un giovane uomo molto elegante ed affascinante; piace alle donne e le donne gli piacciono molto. E' la stessa Dionisia, sua compagna di vita, che lo descrive così in una scena del film, all'inizio: "una donna per ogni canzone, oppure una canzone per ogni donna, fate voi".
 

Tosti non è stato un musicista importante, anche se molto amato e molto famoso; è stato un autore di romanze da camera, quelle che oggi definiremmo canzoni. "Ideale", che dà il titolo al film, è una delle sue più conosciute, ripresa da quasi tutti i cantanti d'opera nei loro concerti, ed è ancora oggi molto eseguita. Devo ammettere di conoscere pochissimo Tosti, quindi mi appoggio a ciò che dice su di lui www.wikipedia.it , facendone un breve riassunto:
Francesco Paolo Tosti, nato a Ortona in provincia di Chieti, 1846-1916, studia da tenore, diventa poi impresario e maestro di canto per Margherita di Savoia, futura regina d'Italia. Dal 1870 è a Londra, maestro di canto alla corte della regina Vittoria e poi di re Edoardo VII, e verrà nominato cittadino britannico nel 1906. Torna definitivamente in Italia nel 1910. Scrisse cinquecento romanze; il flirt con Maria Vernowska risale agli anni 1875-1879. Non ho trovato on line nessuna notizia su Dionisia Tesseri, che nel film viene presentata come una star. Ci sono invece molte notizie sugli amici del musicista, lo scultore Barbella e il pittore Michetti, entrambi abruzzesi come Tosti.

 
Si inizia con Tosti che accetta come allieva di canto una giovane polacca; ne nascerà una relazione che lo porterà a lasciare la sua compagna di sempre, Dionisia Tesseri. La giovane polacca è figlia di un conte che fa parte di una società di patrioti polacchi, in lotta contro lo zar di Russia per ottenere l'indipendenza della Polonia (siamo ancora in periodo risorgimentale); scoperta dai servizi segreti inglesi, riceve il foglio di via e deve lasciare subito l'Inghilterra. Tosti cerca di aiutarla, ma non è possibile perché le prove contro di lei sono evidenti e gli inglesi non vogliono avere problemi con la Russia; si decide quindi a tornare in Italia e porta con sè la giovane, offrendole aiuto e ospitalità. Una volta giunta in Italia, purtroppo la giovane polacca scopre di essere malata; è tubercolosi, già molto avanzata. Dopo un periodo di felicità con Tosti, la giovane muore ma prima si era confidata con Dionisia, raccomandandole di non lasciare da solo l'amato.
Nel film hanno un ruolo importante gli amici di Tosti, lo scultore Costantino Barbella e il pittore Francesco Paolo Michetti che ospiterà tutti nel suo rifugio di Francavilla al Mare (Chieti), un ex convento trasformato in studio e abitazione. Sono molto belle le sequenze girate in Abruzzo, una festa di piazza a Francavilla e il pellegrinaggio a Casalbordino (sempre in provincia di Chieti), che occupano molto spazio nella seconda parte del film e che si vedono molto volentieri.
Nella parte iniziale si vede anche la corte inglese, con "Sua Altezza Reale" (non si dice apertamente il suo nome) che considera noiosi i concerti e l'opera ma poi viene a sapere che ci saranno solo le canzoni di Tosti ed è tutto contento, anche perché è un ammiratore della cantante.

 
Gli attori: Tosti è affidato a un giovane Claudio Gora, che appare quasi identico a suo figlio Andrea Giordana ed è come sempre molto bravo, preciso e attento; si direbbe doppiato ma non ho trovato indicazioni in merito. Laura Adani è Maria, Germana Paolieri è Dionisia Tesséri, Mercedes Brignone è Stefania (amica di Maria Vernowska), Carlo Lombardi è Sua Altezza Reale (d'Inghilterra), Ernesto Sabbatini è il conte polacco padre di Maria, Achille Maieroni è il principe polacco Skatuski, Loris Gizzi è un ministro inglese, Ruggero Paoli è John il maggiordomo anglo napoletano. Bruno Persa è il pittore Michetti, Mario Mina è lo scultore Barbella, Cesare Polacco è il medico che assiste Maria.

 
Le romanze di Tosti che ascoltiamo:
- "Ideale" sui titoli di testa e nel finale;
- "Seconda mattinata" (v'è nell'aria un profumo di viole) cantata da Dionisia all'inizio del film;
- "Ricordi ancora il dì che ci incontrammo" cantata da Dionisia davanti a Sua Altezza (qui si intravvede l'orchestra);
- "La serenata" (la luna splende, vola serenata) accennata da Maria al pianoforte con Tosti durante una lezione di canto;
- "Malìa" che vediamo mentre viene composta al piano da Tosti dopo aver conosciuto Maria;
- "Marechiaro" per quando si arriva a Napoli e Tosti viene riconosciuto come autore della canzone già famosa (Tosti studiò al Conservatorio di Napoli);
- ancora "La serenata" cantata però da Dionisia per la festa a casa dello scultore, a Roma. In questa scena "Ciccillo", come gli amici chiamano Tosti, suona il piano ma noi ascoltiamo tutta l'orchestra.
Le romanze sono cantate dal soprano Pia Tassinari e dal grande tenore Ferruccio Tagliavini; per l'arrivo di Tosti e Maria a Roma si ascolta l'ouverture da "La Gazza ladra" di Rossini. L'orchestra che ascoltiamo nel film è diretta da Luigi Ricci.
Vanno ricordati anche gli autori delle altre musiche presenti nel film: si tratta di Ettore Montanaro (1888-1962) e Guido Albanese (1893-1966) entrambi abruzzesi, che conobbero e frequentarono Tosti. In particolare, Guido Albanese è stato un compositore e ricercatore di musiche popolari, ed è l'autore di "Vola lu cardillo", quasi un inno regionale per l'Abruzzo.
Il film, disponibile su youtube, è ben fatto ed è ancora piacevole da vedere; sono molto belle le scene girate in Abruzzo, le danze e la festa a Francavilla e il pellegrinaggio al santuario di Casalbordino. Metto qui, per chi volesse ascoltare Tosti, i links a "Ideale" e "Malìa" nell'esecuzione di Tito Schipa.

 

domenica 10 maggio 2020

Momenti di gloria


Momenti di gloria (Chariots of fire, 1981). Regia di Hugh Hudson. Scritto da Colin Welland. Fotografia di David Watkin. Musiche di Charles Parry, Arthur Sullivan, Emil Waldteufel, Vangelis Papathanassiou. Costumi di Milena Canonero. Interpreti: Ben Cross, Ian Charleson, Nigel Havers, Ian Holm, John Gielgud, Cheryl Campbell, Alice Krige, Nigel Davenport, Patrick Magee, Michael Lonsdale, e molti altri. Durata: 123 minuti

"Momenti di gloria" è un film che ha avuto molto successo: l'argomento è lo sport, le gare di corsa e la preparazione per le Olimpiadi del 1924 (tenutesi a Parigi) di alcuni atleti, soprattutto gli inglesi Eric Liddell e Harold Abrahams. La storia è vera ma secondo wikipedia (a cui mi appoggio perché è un argomento che non conosco) è molto romanzata, per esempio è inventata la vicenda di Liddell che non voleva correre la domenica per motivi religiosi; pare invece che Liddell avesse deciso di correre i quattrocento metri. Comunque sia, è un bel film che si fa seguire senza troppe difficoltà.
Il motivo per cui ne parlo qui, in un blog dedicato al teatro d'opera nel cinema, è la presenza di molte sequenze girate in teatro, dovute al fatto che la fidanzata e poi sposa del centometrista Abrahams è una cantante del Savoy Theatre.
Al teatro Savoy di Londra, dalla fine dell'Ottocento, era infatti di casa la compagnia che metteva in scena le operette di Gilbert & Sullivan, librettista e musicista, autori di grandi successi molto popolari nei paesi di lingua inglese. Su Gilbert e Sullivan esiste un film molto bello di Mike Leigh del 1999, al quale ho dedicato diversi post a partire da qui
Di Gilbert and Sullivan in "Momenti di gloria" vediamo riprese molto belle, in teatro, di "HMS Pinafore", "The Mikado", "The Pirates of Penzance", "Patience", "The Gondoliers"; c'è molta altra musica nel film, scelta con molta attenzione.
 

Il brano più noto è forse il celebre "Miserere" di Gregorio Allegri (1582-1652); risuona un po' nelle orecchie di tutti anche il valzer ottocentesco "I pattinatori" di Emil Waldteufel. Un ascolto raro, invece, è un poema di William Blake musicato da Charles Hubert Parry (1848-1918) intitolato "Jerusalem". E poi c'è il jingle di Vangelis Papathanassiou, che piacque molto ed è stato usato molto anche per gli spot pubblicitari.
Gli attori: Ben Cross è Harold Abrahams, poi Ian Charleson e Nigel Havers; Ian Holm è il trainer Sam Mussabini, italo arabo a quel che leggo, un altro personaggio preso dal vero. John Gielgud è un professore di Cambridge, le due donne sono Cheryl Campbell (Jennie Liddell) e Alice Krige (Sybil Gordon, la cantante del Savoy).
Eric Liddell era scozzese, nessuna parentela con l'Alice Liddell di Lewis Carroll; fu in seguito pastore protestante e missionario in Cina, dove era nato; morì in Cina durante la seconda guerra mondiale. Harold Abrahams, del quale si sottolineano spesso nel film le origini ebraiche (ma lui si definisce sempre, e giustamente, "british"), divenne un dirigente dell'atletica britannica e quando uscì il film ci aveva lasciati solo da pochi mesi. Hugh Hudson era al suo primo film, dopo di questo girò "Greystoke" un remake di Tarzan, poi poco altro; ed è stato un peccato perché aveva talento e qui si vede bene.
 

L'elenco completo delle musiche nel film, preso da www.imdb.com :
- Gilbert and Sullivan: He is an Englishman, da "H.M.S. Pinafore" ; "Three Little Maids from School Are We" da "The Mikado"; "With Catlike Tread" da "The Pirates of Penzance"; "The Soldiers of Our Queen" da "Patience"; "There Lived a King" da "The Gondoliers"
(esecutori non indicati)
- Gregorio Allegri (1582-1652): "Miserere" (Choir Of New College Oxford)
- Charles Hubert Hastings Parry: "Jerusalem" (1916) su testo di William Blake
- John Hatton: "Jesus Shall Reign" (1793) su testo di Isaac Watts (1719)
- Piotr Ilic Ciaikovskij: Pas de deux (No. 14) da "Lo schiaccianoci"
- Emil Waldteufel: "The Skater's Waltz, Op.183"
(1882) (uncredited)
- Jessie Seymour Irvine: "The Lord's My Shepherd-Psalm 23" ("Crimond")
- "The Campbells are Coming", Traditional Pipe Music
E gli inni (o quasi): Yankee Doodle, When Johnny comes marching home, God save the King, La Marsigliese, The Star-Spangled Banner .
Gli esecutori dei brani musicali non sono quasi mai indicati, peccato.



 

sabato 2 maggio 2020

Maria Cebotari


 
Maria Cebotari (1910-1949) è una delle cantanti d'opera più presenti nel cinema; soprano, nata in Bessarabia, all'epoca Russia zarista, oggi parte della Repubblica di Moldova. Come soprano ha una carriera in teatro di tutto rispetto: debutta nel 1931 a Mosca, poi trascorre gran parte della sua vita a Vienna, diretta dai più grandi direttori d'orchestra: Bruno Walter, Karl Böhm, Hans Knappertsbusch, e anche Herbert von Karajan nel primo dopoguerra. Il repertorio è quello del soprano lirico-leggero, la Konstanze del Ratto dal Serraglio di Mozart è uno dei suoi ruoli più frequentati ma canta da protagonista anche Puccini, Richard Strauss, Verdi (Gilda nel Rigoletto), opere nuove e il Mozart italiano, Le nozze di Figaro, Don Giovanni. Molto bella e molto fotogenica, alterna la carriera sul palcoscenico alla recitazione nel cinema; morirà purtroppo molto giovane, per un cancro al fegato, a trentanove anni.


Questo è l'elenco dei suoi film, preso da wikipedia.it e da www.imdb.com:
- Troika (1930) regia di Vladislav Strizhevskij, film tedesco, dove interpreta una cantante.
- Canto d'amore (Mädchen in weiss, 1936) regia di Victor Janson, il suo personaggio si chiama Daniela
- Mutterlied / Solo per te (1937) regia di Carmine Gallone, con Beniamino Gigli; il film è stato girato in due versioni, in tedesco e in italiano.
- Starke Herzen (1937) regia di Herbert Maisch; il personaggio di Maria Cebotari è ancora una cantante d'opera
- Giuseppe Verdi (1938) regia di Raffaello Matarazzo, dove Maria Cebotari interpreta Teresa Stolz (vedi foto qui sopra)
- Il sogno di Butterfly (1939) regia di Carmine Gallone, film recitato, protagonista con Fosco Giachetti.
- Amami Alfredo (1940), regia di Carmine Gallone, film recitato ispirato alla Traviata di Verdi, Maria Cebotari recita con Claudio Gora e Paolo Stoppa; nelle sequenze in teatro troviamo Mariano Stabile, Maria Huder, e il tenore Giovanni Malipiero.
- Odessa in fiamme (1942) regia di Carmine Gallone, con Carlo Ninchi; è un film recitato di ambito bellico dove una cantante rimane separata dalla famiglia a causa della guerra in Bessarabia.
- Maria Malibran (1943) regia di Guido Brignone, film biografico dove Maria Cebotari recita con Rossano Brazzi e Rina Morelli; Loris Gizzi interpreta Rossini, Roberto Bruni è Bellini.