venerdì 9 dicembre 2016

Fellini Casanova


Il Casanova di Federico Fellini (1976) Regia: Federico Fellini. Liberamente tratto da "Storie della mia vita" di Giacomo Casanova - Sceneggiatura: Federico Fellini, Bernardino Zapponi - Fotografia: Giuseppe Rotunno Musica: Nino Rota, diretta da Carlo Savina - Canzoni: "La grande mouna" di Tonino Guerra, "La mantide religiosa" di Antonio Amurri, "Il cacciatore di Wurtemberg'' di Carl A. Walken, versi in dialetto veneziano di Andrea Zanzotto - Ideazione scenografica: Federico Fellini - Scenografia e costumi: Danilo Donati - Aiuto costumisti: Gloria Mussetta, Raimonda Gaetani, Rita Giacchero - Architetto: Giantito Burchiellaro, Giorgio Giovannini - Aiuto scenografo: Antonello Massimo Geleng - Arredamento: Emilio D'Andria Interpreti: Donald Sutherland (Giacomo Casanova), Tina Aumont (Henriette), Cicely Browne (la marchesa d'Urfé), Carmen Scarpitta e Diane Kourys (le signore Charpillon), Clara Algranti (Marcolina), Daniela Gatti (Giselda), Margareth Clementi (Suor Maddalena), Mario Cencelli (Dr. Mobius, l'entomologo), Olimpia Carlisi (Isabella, figlia dell'entomologo), Silvana Fusacchia (altra figlia dell'entomologo), Chesty Morgan (Barberina), Adele Angela Lojodice (la bambola meccanica), Sandra Elaine Allen (la gigantessa), Clarissa Mary Roll (Anna Maria), Alessandra Belloni (la Principessa), Marika Rivera (Astrodi), Angelica Hansen (attrice gobba), Marjorie Bell (Contessa di Waldenstein), Marie Marquet (madre di Casanova), Daniel Emilfork-Berenstein (Du Bois), Luigi Zerbinati (il Papa), Hans Van Den Hoek (Principe Del Brando), Dudley Sutton (Duca di Wúrtenberg), John Karlsen (Lord Tallow), Reggie Nalder (l'intendente), Vim Hiblom (Edgard), Harold Innocent (Conte di Saint-Germain), Misha Bayard (il sarto), Nicolas Smith (fratello di Casanova), Donald Hodson (capitano ungherese), Dan Van Husen (Viderol), Gabriele Carrara (Conte di Waldenstein), Marcello Di Falco (Capitano de Bernis), Sara Pasquali (la giovane teologa), Mariano Brancaccio (il ballerino), Veronica Nava (Romana), Carlì Buchanan (l'aristocratica viziosa), Mario Gagliardo (Righetto, il cocchiere).
Durata: 170'.

di questo film ho scritto per esteso sul blog giulianocinema , qui riporto la parte dedicata all'opera (la musica è di Nino Rota, scritta apposta per il film)
Perché perdere tempo a vedere i film di Fellini? Me lo hanno chiesto tante volte, e tante volte me lo sono chiesto anch’io, da solo: soprattutto davanti ai film di Fellini girati dopo “Otto e mezzo”, dal 1966 in su. La risposta è semplice: perché prima o poi Fellini ti sbalordisce, ti spiazza, ti riempie di meraviglia, ti regala qualcosa di meraviglioso e di inaspettato. Un ottimo esempio delle sorprese straordinarie e inaspettate di Fellini è questa brevissima sequenza dal “Casanova”, anno 1976 (uno dei suoi film che amo di meno, ma ne parlerò per esteso a suo tempo). E’ un film che a suo tempo fece storcere il naso a molti, a partire dal soggetto scelto e da come fu trattato da Fellini: non il Casanova personaggio storico, ma una personalissima rilettura della sua vita e della sua figura, operata da Fellini più con le immagini e le suggestioni visive che attraverso la fedeltà allo scritto. Ed è chiaro fin dall’inizio del film, fin da quelle onde della laguna di Venezia dichiaratamente di plastica, che della verosimiglianza storica, in questo film, a Fellini non importava molto.

 
Eppure, guardate queste immagini. Mi dispiace di non potervi mostrare la sequenza per intero, e sappiate che nessun filmato su youtube potrà restituirvene la magia: qui serve proprio il dvd, e anche un buon televisore (purtroppo, vederlo al cinema – il grande schermo per il quale era stato pensato - sarà davvero molto difficile). Siamo molto avanti nel film, più o meno a un’ora a tre quarti dall’inizio: nelle sue peripezie, Casanova (interpretato da Donald Sutherland) è arrivato fino a Dresda, dove ha ritrovato una cantante sua amica: non è più giovanissima ma ha ancora molte frecce al suo arco, e inoltre è accompagnata da ragazze molto interessanti. Ma tutto questo è già successo, e ora Casanova sta assistendo ad uno spettacolo dove recita anche questa sua amica. La rappresentazione, fastosa, è finita; i cantanti vengono a prendersi gli applausi e l’amica di Casanova gli fa cenno che si vedranno dopo, di aspettarla.


Poi pian piano se ne vanno tutti, Casanova rimane da solo nel teatro, e osserva scendere dal soffitto i grandi lampadari a candele usati per l’illuminazione. Subito arrivano gli addetti a spegnere le candele: muovono con vigore grandi ventagli, mentre i lampadari vengono fatti girare. Un altro addetto controlla che tutte le candele siano spente, poi dà l’ordine di risollevare. Alla fine del lavoro, tutti in marcia, in fila ordinata (non per niente siamo in Germania), gli operai addetti allo spegnimento delle candele usciranno insieme da una porta laterale.
Una sequenza molto breve, ma di quelle da antologia. In questo film, così come in altri, Fellini ha al suo fianco dei collaboratori eccezionali: primo fra tutti lo scenografo Danilo Donati, che firma anche i costumi. La lista completa dei collaboratori alle scene e ai costumi l’ho inserita all’inizio al post, merita una lettura attenta e ammirata.


Le scenografie sono tutte ricostruite nei teatri di posa, quindi non so dirvi se il Teatro di Dresda fosse davvero così; però faccio notare un particolare, e cioè che in platea sono tutti in piedi. Così funzionava nei teatri settecenteschi, Scala compresa: in platea non c’erano posti a sedere, si andava e si veniva; chi voleva una sedia doveva chiederla o portarsela dietro. I posti a sedere erano nei palchi, per i signori, e la servitù andava in alto, nel loggione: questo, oltretutto, è un teatro di corte.
E’ un particolare che può lasciare sconcertati, e infatti per noi è difficile riconoscere un teatro nelle incisioni d’epoca: si cercano le poltroncine come punto di riferimento, ma le poltroncine non ci sono, si vede qualcosa come un’enorme piazza d’armi che somiglia piuttosto all’interno di una chiesa o di una cattedrale, ma in fondo l’altare non c’è, c’è invece un palcoscenico o un sipario.
Le poltroncine verranno introdotte stabilmente nell’Ottocento, e forse si può dire che sono anch’esse un’innovazione che deriva dalla Rivoluzione Francese. E’ dalla fine del Settecento, appunto negli ultimi anni di quel secolo, che si affermano definitivamente i teatri come li conosciamo oggi, cioè i teatri a pagamento: ce ne erano già stati in precedenza, soprattutto a Venezia e in Inghilterra, ma nel resto d’Europa il teatro si faceva soprattutto a Corte. Testimone importante del cambiamento fu Mozart, che fece rappresentare tutte le sue opere nei teatri di corte, a Vienna e a Praga, tranne una delle due ultime, il Flauto Magico, che ebbe la sua prima rappresentazione in un teatro popolare, a pagamento. Un teatro moderno, diretto da Emmanuel Schikaneder che di quel Flauto Magico fu anche interprete e autore del libretto.
 

Ma sto uscendo fuori tema: l’accensione e lo spegnimento delle candele di questi enormi lampadari erano procedure molto impegnative e rischiose, ed è importante il ruolo dell’uomo che controlla che le candele siano tutte spente. Dai libri di storia sappiamo che gli incendi erano molto frequenti: non solo nei teatri (la Fenice di Venezia, ma anche la Scala di Milano che sorse al posto di un teatro distrutto da un incendio), ma anche nella città, dalla Roma di Nerone fino ai devastanti incendi che distrussero più volte interi quartieri di Londra e delle principali città europee.
 

A Dresda, alla fine di questa sequenza e proprio dentro al teatro, Casanova incontrerà sua madre, che parla in uno strepitoso mix di tedesco e di veneziano, una delle invenzioni più belle del film. Ma di questo si parlerà a tempo debito.


 

7 commenti:

  1. Ricordavo questo tuo bel post tratto da Giulianocinema, illuminante come sempre, ad ogni modo. Aggiungo solo una nota personale: Il Casanova è uno dei film felliniani che più amo. Dal punto di vista visionario - che resta il pezzo forte di Fellini, almeno per me - è forse il migliore.

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  2. E poi c'è Tina Aumont, della quale mi sono "innamorato" subito. Come per la Cardinale in "8 e 1/2". :)

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  3. Lo avevo intitolato "spegnimento candele" :-)
    qui ho cambiato le immagini, i riferimenti nel testo sono però proprio alla scena in cui il teatro rimane vuoto e si vede abbassare il lampadario con le candele. Una scena magnifica, oltretutto interessante perché si vede proprio come veniva fatto quel lavoro.
    Claudia Cardinale, Anouk Aimée, Giulietta Masina, Tina Aumont... le donne "felliniane" sono queste qui. Andrebbe spiegato ai quelli che si fermano ai luoghi comuni (che sono tanti, troppi)

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  4. Essì, l'opinione comune per "donna felliniana" cozza brutalmente con l'immagine della donna che Fellini aveva per moglie e con quelle delle protagoniste dei suoi film. Forse sarebbe il caso di approfondire il discorso con un post ad hoc, che ne dici? Dovresti però tornare ad aggiornare Giulianocinema...

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  5. beh, non è questa la sede :-) caso mai qui potrei dirti che Montserrat Caballé a vent'anni era snella e molto corteggiata, poi si cambia (anche noi maschi)
    C'è stata comunque Sandra Milo, ma Giulietta Masina è sempre rimasta insostituibile.

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  6. Le uniche attrici d'un film di Fellini che proprio non mi piacciono sono quelle de "La voce della luna". Me lo stavo rivedendo un po' di tempo fa ma a metà film ho interrotto il dvd. Me lo ricordavo meglio come film, sarà che Benigni mi è diventato antipatico...

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  7. sì, erano comici e comiche che avevano avuto il loro momento di notorietà televisiva, c'era chi prometteva bene e invece si è fermato lì. Benigni continua a piacermi, forse gli ha fatto male il successo di La vita è bella, da allora si è come fermato (a parte Dante, che è stata una bella operazione). Forse è male consigliato, ma direi che sono i tempi che corrono, molte persone importanti non sono state rimpiazzate e Benigni si è trovato (direi suo malgrado) a provare di riempire il vuoto di questo nuovo millennio

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