Giovanna d'Arco al rogo (1954). Regia
di Roberto Rossellini. Tratto dall'oratorio di Arthur Honegger, su
testo di Paul Claudel (versione in italiano di Emidio Mucci).
Fotografia di Gabor Pogany (colore). Scene di C.M.Cristini.
Coreografia di Bianca Gallizia. Musica di Arthur Honegger.
Interpreti: Ingrid Bergman (Giovanna), Tullio Carminati (frate
Domenico), Giacinto Prandelli, Saturno Meletti, Plinio Clabassi,
Piero De Palma, Augusto Romani, Agnese Dubbini, Aldo Terrosi, Silvio
Santarelli, Gerardo Gaudioso, Nino Tarallo, Luigi Paolillo. Solo in
voce: Miriam Pirazzini, Marcella Pobbe, Pina Esca, Giovanni Avolanti.
Orchestra, cori e balletto del San Carlo di Napoli. Direttore
d'orchestra Gianandrea Gavazzeni. Maestro sostituto Angelo Spagnolo.
Durata: 76 minuti
Si comincia con Giovanna che è in
cielo e dialoga con frate Domenico (san Domenico): è il ricordo del rogo, cioè il passato, o forse il
rogo deve ancora venire? "Sono belve e non uomini di Dio coloro
che ti hanno giudicato", dice frate Domenico. Insieme
ripercorrono le vicende del processo, così come le ha immaginate
Paul Claudel: la Tigre si rifiuta di giudicare Giovanna, la Volpe si
dà malata, il Serpente mostra la sua inadeguatezza; allora si fa
avanti il Maiale (Porcus) e sarà lui a presiedere il processo; è
allegro, e parla in latino. I giurati sono delle pecore, l'asino sarà
cancelliere. E' una scena che a noi posteri può ricordare l'inizio
della Lulu di Alban Berg, i personaggi presentati come animali; qui
Porcus è il tenore Giacinto Prandelli, che in teatro ebbe un'ottima
carriera con ruoli di primo piano in Verdi e Puccini, ma che
probabilmente si era affezionato al ruolo perché lo ha eseguito in
tutte le rappresentazioni italiane di quegli anni. Dal punto di vista
musicale, Honegger mette in queste scene cori barbarici (il popolo,
la giuria, la barbarie generale di questo processo), una breve
citazione del dies irae di Tommaso da Celano, ricordi di Stravinskij
(Sinfonia di salmi, i cori di Oedipus Rex...), direi anche
Mussorgskij.
Frate Domenico dice a Giovanna che i
sapienti della Sorbona che l'hanno condannata (Claudel li elenca uno
per uno) credono fermamente nel diavolo, ma non vogliono prestar fede
a Dio; il diavolo per loro è una realtà e gli angeli sono una
stoltezza, "secondo loro il diavolo che detestavi ti ha aiutato
e gli angeli che invocavi non hanno potuto nulla; e così essi come
delinquente doppiamente ti condannano".
Al minuto 25, ancora frate Domenico usa
la metafora delle carte da gioco per indicare il destino, o forse la
volontà divina: "il gioco delle carte che ti ha portato qui,
da pastorella che eri". Segue un balletto o pantomima, con le
carte e i tarocchi, i re e i guerrieri e accanto a loro quattro
regine: Stoltezza, Boria, Avarizia, Lussuria, e poi la Morte. I re e
i guerrieri sono quelli storici, quelli che combatterono con Giovanna
o contro di lei.
Al minuto 32 in cielo si sentono le
campane, "de profundis clamavit...". Le campane (una scura
e una chiara), poi le voci, evocano il ricordo dell'infanzia di
Giovanna, e poi il suo percorso con il Re.
C'è la festa dei contadini, poi un
frate domenicano li rimprovera e li esorta a pregare per il Re che va
ad essere incoronato a Reims; poi il frate prega con loro. Una voce
fuori campo dice che arriva il re di Francia, sta andando a Reims; il
re passa da lontano, con un corteo di cavalli bianchi.
"Sono io che ho fatto questo"
dice Giovanna.
"E' Dio che ha fatto questo"
la corregge frate Domenico.
"E' Dio che ha fatto questo,
insieme a Giovanna; le voci non mi avevano ingannata", conclude
Giovanna.
Al minuto 45, si invoca l'unità della
Francia, contro l'occupazione inglese. "Per un re di carne tu
hai versato il tuo sangue virginale" dice frate Domenico,
rimproverando Giovanna.
Giovanna in cielo riascolta le Voci che
aveva udito da pastorella; fa l'elogio della sua Normandia, della
Lorena, parla della sua spada donata a lei da san Michele.
"Io vado, andrò, sono andata",
dice Giovanna; tempo e spazio in un anello senza fine. Il rogo è nel
passato, o nel futuro? O forse nel presente?
Al minuto 56, sempre Giovanna: "la
spada di San Michele non si chiama odio, si chiama amore"
A 1h00 Giovanna lascia frate Domenico
in cielo, e scende; si ode una voce di soprano dall'alto. Giovanna è
pronta a subire ancora il supplizio del rogo: "era un ricordo, è
il presente, sarà, è stato, è qui... ", ma Dio è più forte
di tutto.
Frate Domenico adesso non c'è più,
Giovanna è sul rogo, sola e abbandonata; ma la Voce dal cielo
l'aiuta, "Giovanna tu non sei sola"; ma lei non vuole
morire, ha paura (come Cristo in croce). Le offrono di abiurare, ma
lei rifiuta; viene acceso il rogo. Giovanna tornerà in cielo:
l'amore è il più forte, Dio è il più forte.
L'immagine conclusiva è il cartello
"The end", in inglese.
Paul Claudel (francese, 1868-1955) si
convertì al cattolicesimo da adulto; iniziò come poeta simbolista,
poi l'ispirazione cattolica prevalse nelle sue opere. "Giovanna
d'Arco" è del 1939, quindi Honegger la mette in musica subito
dopo la sua pubblicazione; altre opere importanti di Claudel sono
"L'annuncio a Maria" (1912) e "Le soulier de satin"
(La scarpetta di raso), dramma storico dal quale Manoel de Oliveira
ha tratto un film molto bello (ne ho scritto per esteso sul blog
giulianocinema)
Ingrid Bergman (1915-1982), conosce
Rossellini nel 1949, e insieme girano il film "Stromboli";
la loro relazione fece scandalo, soprattutto in America dove la
Bergman era una delle dive più famose e celebrate. Nel 1950 nasce il
loro primo figlio, Roberto jr; nel 1952 nascono le gemelle Isotta e
Isabella; la tournée per la "Giovanna d'Arco" di Honegger
è quindi di poco successiva alla loro nascita.
"Giovanna d'Arco al rogo" in
questo allestimento fu trasmessa per radio in diretta il 5 dicembre
1953 dal San Carlo di Napoli, ed è disponibile nelle teche Rai; su
Rai3 nel 2013 questa registrazione fu montata su immagini del film di
Dreyer. Direi che la "Giovanna d'Arco" di Carl Theodor
Dreyer (film del 1927) non ha molto in comune con Claudel, ma è
sempre un capolavoro da vedere e rivedere; i primi piani di Dreyer
fanno però pensare che è molto probabile che il personaggio di
Porcus venga dai volti degli inquisitori di Dreyer, volti in stile
Trump-Salvini-LePen, se mi si permette il paragone con l'oggi.
Nessun commento:
Posta un commento