sabato 24 settembre 2016

Puccini 1973 ( II )


Puccini (1973) Regia di Sandro Bolchi. Sceneggiatura di Dante Guardamagna. Consulenza di Mario Labroca ed Enzo Siciliano. Scene e costumi di Ezio Frigerio. Regia delle opere liriche: Beppe De Tomasi. Scene e costumi: Carlo Tommasi, Franca Squarciapino. Girato quasi interamente nei luoghi originali. Cinque puntate di 65 minuti circa ciascuna.
Interpreti principali: Alberto Lionello (Puccini), Ilaria Occhini (Elvira, moglie di Puccini), Tino Carraro (Giulio Ricordi), Vincenzo De Toma (Luigi Illica), Mario Maranzana (Giacosa),
Interpreti della seconda puntata: Alberto Lionello (Puccini), Tino Carraro (Giulio Ricordi), Ilaria Occhini (Elvira), Giancarlo Dettori (Arturo Toscanini), Paola Quattrini (Gianna, corista al Regio di Torino), Gianni Mantesi (Ruggiero Leoncavallo), Franco Ferrari e Dante Cona (due giornalisti), Vincenzo De Toma (Luigi Illica), Mario Maranzana (Giuseppe Giacosa), Ottavio Fanfani, Mario Giorgetti, Sergio Masieri, Giancarlo Fantini (amici del Club La Bohème), Sergio Gibello e Gigi Angelillo (due macchinisti in teatro), Ferdinando Mainardi e Stefano Varriale (maestri sostituti di Toscanini), Giacomo Zani (maestro Mugnone).
Cantanti: Gianni Raimondi, Katia Ricciarelli, Giacomo Aragall, Giovanni De Angelis, Giancarlo Luccardi, Gabriella Ravazzi, Tito Turtura. Orchestra Rai di Milano, direttori Giacomo Zani e Ferdinando Mainardi.

2.
Siamo nel 1893: dopo il grande successo di Manon Lescaut a Torino, che ha fatto conoscere il nome di Puccini in tutta Europa e anche al Metropolitan di New York, è il momento di “La Bohème”, tratta da un romanzo del francese Henri Murger, che era a quel tempo un grande successo. Il titolo andrebbe tradotto nel senso di una vita da zingari (si pensava che venissero dalla Boemia), senza soldi, vivendo di espedienti; non nelle roulottes ma nelle soffitte, dove si pagava poco di affitto.
La vita dei giovani artisti in cerca di fortuna, insomma: si arrivava in città senza un soldo, o quasi; ma arrivare nelle grandi città era d’obbligo per farsi conoscere. E’una situazione che Puccini ha davvero vissuto, appena arrivato a Milano; con lui nella soffitta viveva Pietro Mascagni, entrambi frequentavano il Conservatorio, Puccini aveva come finanziamento solo una borsa di studio.
Questa situazione, la vita nelle soffitte e nelle case di ringhiera, è stata comune fino a tutti gli anni ’50, molti di quegli artisti sono ancora qui con noi e ricordano molto volentieri quegli anni. Oggi sarebbe impossibile: i milanesi non sono più quelli, per una stanza in affitto (una sola stanza) chiedono anche 500 euro al mese.

 
Il film di Bolchi riporta un episodio molto noto, in apertura della seconda puntata: la discussione di Puccini con Leoncavallo riguardo alla Bohème. I due musicisti, quasi coetanei, avevano infatti cominciato nello stesso momento a mettere in musica il romanzo di Murger; pare che l’idea fosse venuta per prima a Ruggiero Leoncavallo, e che davanti alle proteste del rivale (i due non si amavano molto, e Puccini lo chiamava “Leonbestia”) Puccini abbia risposto proprio così: “ognuno si faccia la sua Bohème, e poi deciderà il pubblico”. Entrambi erano reduci da un grande successo, Puccini con la Manon Lescaut e Leoncavallo con I Pagliacci. La Bohéme di Leoncavallo oggi è quasi dimenticata; l’ho ascoltata una volta e non è affatto male. Nell’opera di Leoncavallo, il protagonista è Marcello, il pittore, e non Rodolfo.

Nella scena successiva vediamo gli scrittori Illica e Giacosa mentre arrivano a Torre del Lago per lavorare con Puccini alla Bohème. Puccini si è fatto costruire una bella villa vicino a casa sua, sul lago di Massaciuccoli vicino a Viareggio, e i due librettisti saranni suoi ospiti. Puccini li accoglie mentre è alle prese con i pomodori delle sue terre, e si lamenta di una macchina per la salsa poco efficiente. Illica è molto irritato con Puccini, Giacosa è molto più accomodante e fa da paciere fra i due. Il motivo dell’irritazione di Luigi Illica, tra le altre cose, è un appunto di Puccini che scrive la sua musica non sui versi scritti da lui e da Giacosa, ma con cose del tipo “topi tramanti sogliole / sego bilance pargoli / son figli dell’amor; / e chi le vuole / queste popòle / mandi telegrammi / di quattordici parole”. Anche questo è un episodio famoso, direi molto divertente.

Giacosa, meno nervoso di Illica, mette pace fra i due e sembra perfino divertito; prima però Puccini si era lamentato “codesti versi sdruccioli io non riesco a musicarli” e Illica gli aveva spiegato che non erano affatto sdruccioli, bensì piani. Per spiegare la differenza fa questo esempio: “stupido è sdrucciolo, cretino è piano”. Però poi tutto si appiana, i tre lavorano insieme e il risultato finale sarà un grande successo.

Elvira, che è già molto gelosa di natura, si sente esclusa; non è una musicista, e poi Puccini la lascia spesso da sola, quando non è al pianoforte va a caccia e poi la sera si diverte con gli amici di Torre del Lago, un club battezzato da lui col nome “La Bohème”. Quando parte per Torino per la prima di Bohème ci va da solo, e glielo dice con franchezza. Elvira ci rimane molto male, ma deve fare buon viso a cattivo gioco.
A Torino ci sono Toscanini (molto giovane) e Giulio Ricordi, che sta seguendo anche la prima del Falstaff di Verdi, a Milano. Durante le prove Puccini conosce una bella corista di nome Gianna (Paola Quattrini) e va a passeggio con lei al Valentino. Il cappotto di Puccini è stato rifatto identico a quello di una delle sue foto più famose, idem per il cappello; e Lionello appare molto somigliante al vero Puccini. L’interpretazione di Paola Quattrini, che vedremo anche nella puntata successiva, è molto piacevole.
 
 
Non so dire se Gianna sia un personaggio reale, non mi sono mai interessato molto a queste cose ed è già un’impresa ricordarsi la successione esatta delle opere di Puccini, figuriamoci i pettegolezzi e la sua vita privata. Si sa per certo che a Puccini le donne piacevano molto, e che si prese molte distrazioni; la situazione finale, a quello che se ne sa oggi, è che Puccini ebbe tre figli: la prima, Fosca, è figlia di Elvira e del Gemignani, ma viene cresciuta da Puccini come se fosse sua figlia e Puccini sarà un ottimo nonno per la figlia di Fosca, che da lui verrà soprannominata Biki (Bicchi, biricchina) e che con questo soprannome diventerà una famosa sarta milanese. Antonio Puccini è invece l’unico figlio di Elvira e di Giacomo. Puccini ha avuto un’altra nipote fuori, Simonetta, figlia di Antonio Puccini nata anch’essa fuori dal matrimonio. Un altro figlio, sempre di nome Antonio, Puccini lo ha avuto da Giulia Manfredi: la scoperta è recente, e la questione dell’eredità è ancora aperta. Ma delle vicende di Puccini con Giulia Manfredi e con sua cugina Doria si sarà costretti a parlare nella quarta puntata: dico “costretti” perché si tratta di un argomento molto triste, una tragedia che finirà per influire molto sulla vita del musicista.


Tutta la seconda puntata è dedicata alla Bohème; in una sequenza si vede il manoscritto autentico di Puccini, dove Puccini ha disegnato un teschio in corrispondenza del finale. Ampio spazio è dedicato alla rappresentazione di Palermo, penso che il teatro che si vede sia proprio l’originale, compreso il sipario.
Negli inserti in teatro, il tenore Gianni Raimondi canta “Che gelida manina”, il finale dell’opera vede in scena Katia Ricciarelli, Giacomo Aragall, Giovanni De Angelis, Giancarlo Luccardi, Gabriella Ravazzi e Tito Turtura, con l’orchestra Rai di Milano, direttori Giacomo Zani e Ferdinando Mainardi. La regia delle opere, tutte messe in scena molto bene cercando di riprodurre con la maggior esattezza le prime rappresentazioni, è di Beppe De Tomasi.

 

(continua)

Nessun commento:

Posta un commento