martedì 20 dicembre 2016

Haendel di Tony Palmer ( II )


God Rot Tunbridge Wells! (1985) Regia di Tony Palmer . Sceneggiatura di John Osborne. Fotografia di Nicholas D. Knowland. Costumi di John Hibbs. Interpreti: Trevor Howard (Georg Friedrich Handel anziano), Dave Griffiths (Handel quarantenne), Christopher Bramwell (Handel giovane), Ranald Neilson (Handel ragazzo), Tracey Spence (Mary Granville), Anne Downie (Vittoria Turquini), Simon Donald (Prince Ruspoli), Peter Stanger (Domenico Scarlatti), Beth Robens (madre di Haendel), Mitzi Mueller (Francesca Cuzzoni), Elizabeth Lax (second soprano), Chris Young (Buxtehude), Caroline Woolley (Marie Sallé), Shona Drummond (handmaiden), Isabella Connell (princess of Wales), John Hibbs (Various Affronted Persons),
Cantanti: Elizabeth Harwood ('I know that my Redeemer liveth'), James Bowman ('Ombra mai fu'), Valerie Masterson e Anthony Rolfe-Johnson (duetto 'Happy We' ), Lynn Anderson ('See the conquering hero comes'), John Shirley-Quirk ('Awake the ardour of thy breast' / 'Let envy then conceal her head' ), Judith Howarth ('See the conquering hero comes'), Andrew Dalton ('Cara Sposa'), Roger Cleverdon ('La Mia Sorte'), Emma Kirkby ('But who may abide' ),
Musicisti: Karl Ehricht (organista ad Halle), Andrei Gavrilov (pianista per la Passacaglia), Simon Preston (organista nel Concerto Op. 7 No. 5), Josef Fröhlich, Glyn Harvey, English Chamber Orchestra dir. Charles Mackerras, The Wandsworth School Choir , The Extremely Ancient Academy of Singers
Durata: 2 ore circa, per la BBC

II.
A Londra in quel momento, quando vi arriva il Sassone, hanno successo opere e musiche delle quali nel film Haendel parla malissimo. Viene riportata una recensione di The Spectator sul Rinaldo dove si dice (riassumo meglio che posso) che "ci sono lampi, tuoni, fuoco, ma anche un sistema che impedisce che lo spettatore prenda fuoco"; ed è vero, in fin dei conti il Rinaldo è fatto proprio così, spettacolare ma col raffreddamento incluso. L'opera "Rinaldo" fu il primo grande successo del compositore sassone in Inghilterra; Haendel nel suo primo periodo londinese lavorò per il teatro Haymarket. Si vedono gabbie con uccelli canori, ed è un fatto realmente successo, un tentativo (finito male) di ricostruire il giardino di Armida:
Dalla seconda metà del Seicento Venezia è considerata la capitale musicale d'Italia e la patria dell’opera lirica e, in questo campo, i suoi giudizi fanno testo e sono inappellabili. Perciò Haendel dopo "Agrippina" viene onorato in Germania - presso la corte di Hannover - e quindi l’anno seguente, è il 1710, accolto a braccia aperte in Inghilterra dal direttore del celebre teatro Haymarket, Aaron Hill. Questo straordinario personaggio e scrittore - ha pubblicato una storia dell'Impero Ottomano e ha tradotto Voltaire - è scienziato e industriale -, si occupa di chimica, dell’estrazione di olio dai semi delle piante di faggio e ha uno stabilimento per la costruzione delle navi da carico -, ma è anche uomo di teatro. Come tale appronta all'istante per Haendel la trama di un’opera desunta dalla Gerusalemme Liberata e quando il maestro ha finito di musicarla Aaron Hill si impegna anche nella realizzazione scenica del lavoro. Così, volendo dare una impronta di verismo alla scena del giardino di Armida, gli fa popolare gli alberi finti di uccelli veri. Ma è inverno e gli sono stati forniti soltanto dei passeri che, appena alzato il sipario, si precipitano svolazzando nella sala e, cinguettando si aggrappano dove possono; anche sulle teste e sulle spalle degli spettatori. Il curioso incidente non turba lo splendido andamento della serata, che si risolve in un successo immenso e fa di Haendel il musicista del giorno. Talché Walsh, il suo editore, riesce a guadagnare somme enormi pubblicando le arie del "Rinaldo» in uno smilzo fascicolo di 65 pagine che, pur se venduto a caro prezzo, va a ruba. (E Haendel propone a Walsh d'invertire le rispettive parti, dicendogli: «Caro signore, siccome è giusto che la nostra collaborazione si svolga su di un piano di parità, per la prossima opera, ci scambieremo i ruoli: ella comporrà la musica ed io la venderò »).
(Silvestro Severgnini, dal programma di sala per Ariodante, Teatro alla Scala anni 80)

Haendel (cioè Trevor Howard, il compositore anziano che rievoca la sua vita) dice di amare moltissimo il paesaggio inglese e i poeti inglesi (Milton, Dryden, ecc) e la Bibbia, a queste cose s'inchina e ancora da vecchio è uno stupore continuo. Al minuto 48, si accenna a Mary Granville e si vedono molte donne, con molti dettagli su cui informarsi. Su wikipedia c'è una voce corposa dedicata a Mary Delany Granville (1700-1788) "artista, intellettuale e scrittrice" oltre che dama di corte , che fu per tutta la sua vita molto vicina a Haendel, "amica intima e fedele sostenitrice del compositore". In queste scene e nelle successive è evidente l'ispirazione a Hogarth e al suo ciclo di stampe The Rake's Progress.
Nel 1714 Haendel si ritrova come re d'Inghilterra un Hannover; teme qualche ripercussione ma per il nuovo re scrive la famosa "Water Music", "Musica sull'acqua", che ha grande successo. Il film ci mostr la barca con i musicisti che "affonda allegramente", per fortuna vicina alla riva. Belli i corni d'epoca, e le trombe. Non finiscono però i guai per Haendel: l'arcivescovo di Canterbury se la prende con i "foreign fiddlers" e Haendel commenta: lo ero anch'io, in fin dei conti...
Vediamo poi Haendel che dà lezioni di musica alle figlie del re, e si ascolta "il fabbro armonioso". Le bambine si affezionano a Haendel, sembra quasi di vedere Lewis Carroll con Alice Liddell. Chissà se è tutto vero, bisognerà cercare una biografia attendibile ma il buon carattere e la simpatia di Haendel sono comunque ben documentate, quindi è più che possibile.  
In queste sequenze, e in molte altre, Trevor Howard ricorda spesso John Gielgud come Prospero nel film di Peter Greenaway tratto da "The Tempest" di Shakespeare, e probabilmente ne è il modello dato che il film di Tony Palmer precede quello di Greenaway.
Romain Rolland scrive che l’esito glorioso del Rinaldo ha deciso le sorti dell'opera italiana a Londra e ha rappresentato una svolta nella storia della musica. «L’opera italiana che ha conquistato il mondo comincia a sua volta ad essere conquistata dai musicisti stranieri che essa ha formato, gli "italianizzanti" di Germania. Dopo Haendel verrà Hasse e poi Gluck e poi Mozart. Ma Haendel è il primo dei "conquistatori" e il Rinaldo inizia quel ciclo di 37 melodrammi con cui Haendel - dal 1711 al 1741 - in trenta anni di sforzi appassionali, di vittorie e sconfitte, di crolli fisici e di impegni morali - ha dato vita in musica a tutto un universo favoloso. I protagonisti dei suoi lavori sono sempre figure di primo piano: della mitologia greca, come Arianna, Admeto, Imeneo, Atalanta, Teseo, Partenope; della storia antica, romana e orientale, come Giulio Cesare, Silla, Muzio Scevola, Scipione, Alessandro, Tamerlano »; dell’epopea dei paladini e di quella di re Artù, come Rinaldo, Orlando, Amadigi, Alcina», Berenice, Ottone, ecc. Come questi, gli altri 19 titoli delle opere del Sassone sembrano tolti da un dizionario di personaggi celebri del passato.
(Silvestro Severgnini, come sopra)

 
Lord Chandos, duke of Chandos, finanzia Haendel e molte opere nuove sono rappresentate nel teatro della sua villa. Al minuto 57 ascoltiamo il duetto "Happy we" dall'opera "Aci e Galatea", non in scena ma con i due cantanti in abiti moderni; i due solisti sono Valerie Masterson e Anthony Rolfe-Johnson. Ascoltiamo poi il Messia (non ancora composto), e i Concerti per organo. Le cronache dicono che Haendel fu un organista spettacolare, all'organo si divertiva e faceva divertire, spesso improvvisando; è un peccato che Tony Palmer e John Osborne sorvolino su questo aspetto. Si ascolta anche il controtenore (cioè falsettista) James Bowman, che rende incomprensibile tutto ciò che canta.
Qui finisce la prima ora del film.
 

A 1h03 , durante una recita di Admeto nel teatro del duca di Chandos nasce un litigio furioso tra le cantanti Francesca Cuzzoni e Faustina Bordoni. A 1h08 problemi di diritti d'autore: per "Israel in Egypt" fu contestato a Haendel di aver copiato da Stradella. Alessandro Stradella viene definito "obscure"; not so obscure, direi io, ma può darsi che Haendel abbia davvero detto così. A proposito di diritti d'autore, è da notare che Haendel fu davvero vittima di "pirateria" e si decise a far stampare le sue opere proprio per evitare che circolassero copie dei suoi spartiti non solo "pirata" ma anche malamente trascritti, quasi sempre a memoria. "Se rubo, rubo a me stesso" commenta Haendel anziano ricordando quel periodo; ed è vero, era prassi abbastanza comune per i compositori "riciclare" melodie, arie, scene, duetti. Anche Rossini "ruberà a se stesso", spostando ouvertures, intere scene e concertati da un'opera all'altra, e così faceva anche Haendel. Qui si poteva inserire "Lascia ch'io pianga", dal Rinaldo, che è appunto una delle melodie che Haendel ha "riciclato" più spesso, portandosela dietro fin da Hannover: è una melodia fra le più belle, e avrebbe fatto un bell'effetto. Nella scena per il processo in tribunale, a 1h09 Tony Palmer mette in scena un grammofono, in primo piano e in bella vista, per il momento in cui si dibatte sul presunto plagio da Stradella. Siamo quasi duecento anni prima dell'invenzione del fonografo di Edison, però la scena è divertente e ben costruita.

A 1h15 si parla del fallimento economico di Haendel a causa di investimenti sfortunati; la si associa alla "tassa sul tabacco di Walpole". Si parla anche della nascita della Royal Academy of Music, che Haendel (così si dice nel film) detesta perché ospita gli italiani: ancora Stradella e poi Giovanni Bononcini, qui detto Buononcini. A 1h17 si racconta della paralisi del braccio destro, forse favorita dall'antica ferita rimediata in duello a vent'anni. Haendel va ad Aix, alle terme, per cercare di porvi rimedio. Al ritorno a Londra comincia a scrivere oratori, "l'opera senza opera".
Ma nel 1741, dopo aver fatto rappresentare l'ultima delle sue opere liriche, "Deidamia", Haendel si congeda definitivamente dal museo delle antichità e compone il quattordicesimo dei suoi trenta Oratori: "Il Messia". Scrive Massimo Mila: «Abbandonando l'opera teatrale per l’oratorio sacro Haendel passava da un genere d’arte aristocratica a un’arte popolare, da un pubblico selezionato a vaste cerchie di ascoltatori ingenui e indiscriminati. Raccontando le storie della vita di Cristo e degli eroi biblici e invitando a meditarci sopra, Haendel sapeva di rivolgersi ad un'udienza che queste storie e queste figure aveva assimilate nella carne e nel sangue, laddove l’opera seria languiva gloriosamente tra le favole della mitologia antica, ad esclusivo interesse d'una società colta ma chiusa e in corso di decadenza ».
(Silvestro Severgnini, come sopra)
Vediamo quindi una nave per Dublino, con Haendel già molto malato; si ascoltano "Zadok the priest" (che per inciso è anche la sigla della Champions League di calcio, sia pure in un brutto arrangiamento) e un momento dal "Messia". La voce dolce di Emma Kirkby poco si adatta alle fiamme che Tony Palmer mette sullo sfondo; fiamme e cavalli al galoppo, a 1h24. Il fuoco è giustificato dal testo, il fuoco della Redenzione (But who may abide, aria dal Messia) però non direi che Palmer renda bene l'idea. L'oratorio avrà grande successo e ripagherà tutti i debiti di Haendel; però al ritorno dall'Irlanda, i vescovi lo accuseranno di blasfemia, proprio per il "Messia". A 1h28 vediamo e ascoltiamo Elizabeth Harwood in "I know that my Redeemer liveth", da "The Messiah".
 

Haendel comincia a sentirsi debole e malato, e decide di scrivere le sue ultime volontà; a 1h30 leggiamo il testamento di Haendel, che fu molto generoso verso tutti quelli che gli sono stati vicini. Haendel fu sempre generoso, guadagnò molto con il Messia e fondò un ospedale per i poveri di Londra (che Palmer rappresenta con scene tra Hogarth e Dickens) che esiste ancora oggi, però sotto un altro nome.

Haendel viene finanziato da Shaftesbury; soggiorna a Bath (importante stazione termale) ma la malattia è già troppo avanti. Qui si dice "God Rot Tunbridge Wells!" cioè "Dio maledica (faccia marcire, alla lettera) Tunbridge Wells": che è nel Kent, ma sul perchè questa frase sia stata scelta come titolo è cosa che mi sfugge. Intanto infuria la guerra, che Tony Palmer ci presenta in immagini con visioni del tipo che usa Werner Herzog nel finale di "Kaspar Hauser". Si accenna al duca di Cumberland, titolo che dal 1721 passò al figlio di re Giorgio II.
E' il momento dell'oratorio "Judas Maccabaeus" del quale Haendel (nel film) si dice poco convinto: "agli inglesi piace una musica con cui battere il tempo". Duetto di voci femminili che sembra Purcell (voluto?) molti primi piani sui tamburi di tipo militare; è Haendel, ma è anche la guerra in corso. A 1h37 Buxtehude nel ricordo diventa "Buxtewhohide". Arriva il momento di "Music for the Royal Fireworks" a Vauxhall, e nasce l'ospizio per bambini poveri.

A 1h40 l'operazione all'occhio sinistro, in un primissimo piano che si poteva evitare. Haendel ha 66 anni, si definisce il vecchio toro, Old Buck: il Toro era un suo soprannome di gioventù. L'operazione all'occhio è dolorosissima e non porta ai risultati sperati; Haendel è sempre più malato però compone l'oratorio "Jephte".
A 1h44 vediamo la rovinosa caduta da un calesse, che lo renderà parzialmente inabile a camminare.

Si accenna ai successi londinesi di Bononcini, Baldassarre Galuppi e Lampugnàn (il milanese Giovanni Battista Lampugnani, con la i finale, che fu a Londra nel 1743). A 1h46 si ascolta la famosa aria dal Serse, "Ombra mai fu" purtroppo affidata al falsettista James Bowman. A 1h50, con un pianoforte Steinway, Andrei Gavrilov suona la passacaglia dalla Suite n.7: un altro anacronismo (il pianoforte come quello che vediamo arriverà solo nell'800) ma tutt'altro che spiacevole e anzi ben inserito nella narrazione.
La sequenza finale è per la casa dove abitò Haendel e per gli altri luoghi haendeliani citati nel film, il tutto sulle note dell'Alleluia dall'oratorio "Messia".
In conclusione, direi che si tratta di un film interessante e con un'impostazione originale che non dispiace; però si poteva fare di più ed è un peccato. Per quanto riguarda me: a) cercarsi una buona biografia di Haendel (ma senza più la Ricordi a Milano, come si fa? almeno poter sfogliare il libro prima di portarlo a casa...) b) cercarsi altri film di Tony Palmer, oltre allo Shostakovic che vidi al cinema ha girato anche biografie di Purcell e Wagner, e altro ancora.

 

2 commenti:

  1. Bisogna che mi decida a prendere in seria considerazione Haendel non a brani ma in toto... ( che meraviglia "Lascia che io pianga", Haendel è elegantissimo! )
    p.s.
    se Trevor Howard ricorda John Gielgud nel film di Peter Greenaway varrebbe vieppiù la pena di vedere un film che nel tuo racconto si presenta sin dalle prime battute accattivante

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  2. vederlo su youtube però richiede pazienza e costanza... che tristezza la Rai (servizio pubblico) che si dimentica di film che sono gratis a disposizione in rete.
    Preso "in toto" Haendel può essere pesantino per quel che riguarda l'opera, i suoi libretti non sono il massimo come drammaturgia. Ma il Messia è magnifico, e io una volta alla Scala ho perso l'ultimo treno perché mi ero perso nel Judas Maccabaeus... (o era Israel in Egypt? me li confondo sempre!) Mi ha meravigliato vedere che nel film non è menzionato Hercules, che è l'opera più inglese possibile: piena di hornpipes, di danze scozzesi, di canti di marinai...

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