Alla fine della guerra, Kathleen
Ferrier era una giovane donna di poco più di trent'anni, essendo
nata nel 1912. Aveva una bella voce, e le piaceva cantare; cantava
nelle corali, negli Oratori di Bach e Mendelssohn (in Inghilterra si
usava), cantava canzoni con gli amici. Tutto questo finché non le
capitò di incontrare un'insegnante di canto che la presentò a Bruno Walter. Il grande direttore d'orchestra rimase letteralmente
conquistato dalla sua voce e la convinse che poteva fare molto di
più. Bruno Walter, allievo e amico di Mahler, è stato uno dei più
importanti direttori d'orchestra del secolo: da quell'incontro cominciò
la carriera della Ferrier. Dapprima lieder e concerti, poi si fece
convincere a cominciare anche con l'opera. Fece l'Orfeo di Gluck (nel
ruolo di Orfeo) al Festival di Glyndebourne; poi, "The rape of
Lucretia" di Britten, in prima assoluta. Ma fu a questo punto
che le diagnosticarono una malattia non curabile: non a quei tempi.
Kathleen Ferrier morì nel 1953, poco dopo aver finito le
registrazioni di un disco con arie di Bach e Handel.
Aveva una voce profonda e bella, da contralto vero: la voce più bella che si possa trovare in una donna. Era molto di più di una bella voce, di belle voci ce ne sono state tante e tante altre sono venute dopo; e aveva anche dei limiti che i critici non hanno mancato di rimarcare, difficoltà in zona acuta, qualche piccolo problema di pronuncia nell'italiano e nel tedesco. Ma l'emozione della voce di Kathleen Ferrier è qualcosa che va oltre il canto, sembra provenire da lontano, da così lontano (nel tempo e nello spazio) che non è possibile quasi immaginare: qualcosa di soprannaturale per dolcezza e profondità. In alcuni dischi ho trovato anche registrazioni della sua voce mentre parla, ed anche qui non riesco ad ascoltare la sua voce senza commuovermi, e so che capita a molti.
Come in tutte le favole, e in tutte le storie belle e tristi come questa, manca un particolare, un dettaglio importante: Kathleen Ferrier era molto bella, alta e forte, molto inglese, e a vederla nelle foto la si direbbe un'attrice del cinema più che una cantante d'opera.
Aveva una voce profonda e bella, da contralto vero: la voce più bella che si possa trovare in una donna. Era molto di più di una bella voce, di belle voci ce ne sono state tante e tante altre sono venute dopo; e aveva anche dei limiti che i critici non hanno mancato di rimarcare, difficoltà in zona acuta, qualche piccolo problema di pronuncia nell'italiano e nel tedesco. Ma l'emozione della voce di Kathleen Ferrier è qualcosa che va oltre il canto, sembra provenire da lontano, da così lontano (nel tempo e nello spazio) che non è possibile quasi immaginare: qualcosa di soprannaturale per dolcezza e profondità. In alcuni dischi ho trovato anche registrazioni della sua voce mentre parla, ed anche qui non riesco ad ascoltare la sua voce senza commuovermi, e so che capita a molti.
Come in tutte le favole, e in tutte le storie belle e tristi come questa, manca un particolare, un dettaglio importante: Kathleen Ferrier era molto bella, alta e forte, molto inglese, e a vederla nelle foto la si direbbe un'attrice del cinema più che una cantante d'opera.
(dal blog deladelmur, 2009)
(nell'immagine, Kathleen Ferrier con Bruno Walter)
Di Kathleen Ferrier non esistono
immagini per il cinema, e nemmeno registrazioni in immagini di
concerti; però per nostra fortuna, oltre alle tante registrazioni
audio, da qualche anno esiste un documentario molto ben curato per la
regia di Diane Perelszstejn, uno dei più belli che mi sia capitato
di vedere.
Dal documentario si apprendono
particolari che fino a poco tempo fa erano rimasti sconosciuti: un
forte senso della privacy (quella vera, non la parodia che ci assilla
oggi) portò Kathleen Ferrier a tenere strettamente per sè la sua
relazione con un giovane antiquario inglese, più o meno della sua
stessa età; i loro incontri furono riportati nei suoi diari, furono
conservati con molta cura dalla sorella Winifred. Solo dopo la morte
di Winifred i diari sono stati resi pubblici, e li vediamo nel
documentario. Kathleen e il suo innamorato stavano molto bene
insieme, si divertivano, la si vede sorridente nelle foto insieme e
nei rari filmati girati insieme; lui la veniva spesso a raggiungere
durante le sue tournée, pur con tutti i limiti negli spostamenti
derivanti dalla ricostruzione post bellica. Lei era già stata
sposata, un matrimonio non riuscito, e non volle più risposarsi.
Lasciò l'amico, e non volle più rivederlo, quando seppe di essere
ammalata: tumore al seno, che nel 1949 non lasciava scampo. Erano gli anni in cui cominciava a lavorare come medico Umberto Veronesi: oggi,
grazie a Umberto Veronesi e a tutti gli oncologi che si sono mossi in
quella direzione, sarebbe diverso; ma questo suo modo di ritirarsi silenziosamente davanti
alla malattia è davvero commovente. Non lasciò però i concerti, e
anzi si esibì nell'Orfeo di Gluck: la sua ultima recita, molto
drammatica, è raccontata nel dettaglio in questo documentario.
(nell'immagine, Kathleen Ferrier con Gerald Moore)
Un altro momento importante del documentario su Kathleen Ferrier è l'intervista a Nathalie Stutzmann, direttrice d'orchestra e voce molto profonda di contralto. Nathalie Stutzmann, a domanda precisa, risponde che oggi Kathleen Ferrier avrebbe probabilmente maggiori problemi rispetto al suo tempo, perchè oggi in quel repertorio, Haendel, Bach e Gluck, vige la moda dei maschi che cantano in falsetto. La Stutzmann dà la colpa ai registi di teatro; io mi sono chiesto invece, da semplice ascoltatore, come sia possibile che direttori d'orchestra anche importanti non riescano a cogliere la differenza tra una voce sontuosa come la sua e quella misera di molti falsettisti. Vale per lei, Nathalie Stutzmann, per Sara Mingardo, per Simone Kermes, per Daniela Barcellona... l'elenco per fortuna è molto lungo e mi scuso con le cantanti che non ho nominato. Ci sono tante belle voci scure femminili, ci sono e ci sono state negli anni passati (Marilyn Horne, Bernadette Manca di Nissa...). Per parte mia, ho conosciuto Bach e Haendel grazie alla voce magnifica di Kathleen Ferrier, e la sua voce mi commuove ancora oggi, dopo infiniti ascolti. Non saprei fare a meno della voce di Kathleen Ferrier, e nemmeno di quella di tutte le altre che le somigliano, da Marian Anderson fino ai nostri giorni.
Nel documentario emerge anche il lato più giocoso, irriverente di Kathleen. Ci si rende conto così che chi è in grado di trasmettere purezza e profondità insieme possiede anche una buona dose di autoironia. Bello poi vedere il rapporto confidenziale, affettuoso che intrattiene con Walter e Britten.
RispondiElimina:-)
si dice anche che la carriera di Kathleen cominciò con una specie di scommessa col primo marito, "mi iscrivo al concorso e lo vinco" :-) lei infatti era una pianista più che cantante. Erano canzoni popolari inglesi, ma la voce colpì subito tutti.
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