Copia conforme (Certified copy, 2010)
Regia di Abbas Kiarostami. Scritto da Abbas Kiarostami, Caroline
Eliacheff, Massoumeh Lahidji Fotografia di Luca Bigazzi. Interpreti:
Juliette Binoche, William Shimell, Jean Claude Carrière, Agathe
Nathanson, Gianna Giachetti, Adrian Moore, Angelo Barbagallo, Andrea
Laurenzi, Filippo Trojano. Durata: 106'
Il baritono William Shimell recita come
attore protagonista nel film “Copia conforme” di Abbas Kiarostami
del 2010, girato in Toscana tra Arezzo e Lucignano. Vi si immagina
uno scrittore (Shimell) che presenta al pubblico un suo libro dove si
parla del rapporto fra l'originale e le sue copie, per esempio le
molte copie di statue antiche presenti nelle piazze italiane (gli
originali sono conservati nei musei, per preservarli dall'inquinamento e dai vandalismi); alla conferenza è presente
un'antiquaria (Juliette Binoche) che lo accompagnerà poi in giro per
la Toscana. A Lucignano c'è appunto un piccolo quadro che si credeva
un originale pompeiano, ma poi (negli anni '50 o '60) si è scoperto
che era una copia.
Al ristorante dove si fermano c'è una
donna (Gianna Giachetti) che li scambia per marito e moglie; i due
stanno al gioco e realizzano la "copia conforme" ("copia
certificata" nel titolo originale) di un vero matrimonio,
comportandosi come se fossero sposati da molto tempo. Però poi, nel
finale, si rendono conto che la finzione non può reggere.
Abbas Kiarostami, iraniano, ha al suo
attivo molte belle pellicole come "E la vita continua"
(1992), "Sotto gli ulivi" (1994), "Dov'è la casa del
mio amico?" (1991), e altre ancora, realizzate in patria con uno
stile che si ispira al neorealismo italiano, manifestando apertamente
la sua ammirazione per Vittorio De Sica nei suoi film con Zavattini
("Ladri di biciclette", "Miracolo a Milano", "Il
tetto"...) e di Roberto Rossellini ("Roma città aperta",
"Germania anno zero"...). Questa sua poetica, che mostra la
realtà quotidiana, gli aveva creato grossi problemi con il regime
iraniano. Nel 2010 però Kiarostami è in Italia, e gira un film
diverso da quelli che aveva realizzato in Iran, con una star
internazionale come Juliette Binoche e su un argomento più
"astratto" rispetto ai problemi seri come erano, per fare
un solo esempio, le macerie del terremoto mostrato in "Dov'è la
casa del mio amico".
William Shimell è proprio il baritono
inglese, che ho avuto la fortuna di ascoltare nel "Don Giovanni"
e in "Le nozze di Figaro"; qui alla sua prima prova da
attore; purtroppo non canta ma è molto bravo, sembra abbia sempre
fatto cinema. Il suo personaggio si chiama James Miller, ma io avevo
subito memorizzato "James Morris" che è il nome di un
altro famoso basso-baritono inglese.
Fra gli interpreti del film troviamo
anche lo scrittore Jean Claude Carrière, uno degli sceneggiatori più
importanti nella storia del cinema, qui nella parte di un turista
presente nella piazza di Lucignano con la moglie (Agathe Nathanson).
Carrière consiglia a Shimell di mettere una mano sulla spalla della
compagna mentre camminano, e di starle a fianco; anch'egli equivoca e
li crede una coppia di lunga data, l'illusione (la "copia
conforme") è perfetta.
All'inizio del film si vede il
produttore di cinema Angelo Barbagallo (produttore anche di questo
film) nella parte dell'uomo che introduce la conferenza; in queste
scene c'è un bambino con il videogioco sempre in mano, che
interpreta il figlio della Binoche. Il bambino si chiama Adrian
Moore. L'originale è recitato in tre lingue,
francese inglese e italiano; nella versione italiana era molto
difficile mantenere in maniera credibile l'alternarsi delle lingue, e
si è deciso di doppiare tutti in italiano.
Il film dura quasi due ore e ha molte
belle immagini, Lucignano è un bel posto. Nell'insieme, pur con
molti pregi, l'ho considerato come un film abbastanza punitivo,
soprattutto per i dialoghi, e lontano dalla delicatezza dei film
iraniani di Kiarostami; direi che sembra un tentativo di rifare
alcuni film di Rossellini, come "Viaggio in Italia", o
magari certi momenti di "Nostalghia" di Tarkovskij (non i
più riusciti). Rimane comunque un film da conoscere, realizzato da
un grande artista.
Per me, su un piano strettamente
personale, l'impressione forte di ritrovarmi a Canossa (nel senso di
Quattro Castella, Reggio Emilia), nelle scene del ristorante e quando
Juliette Binoche si mette un chilo di rossetto per sembrare bella, e
anche degli orecchini molto vistosi (io non sopporto il rossetto).
William Shimell appare freddo e distante come un vero marito, come
dovevo forse sembrare anch'io, chissà. Ma tutto questo, sia ben
chiaro, con il film non c'entra nulla. (marzo 2013)
Ciao, Giuliano, che bello ritrovarti in un nuovo Blog! Eccomi pronta a invaderlo con i miei soliti commenti...
RispondiEliminaL'impressione che mi ha lasciato questo film è piuttosto ambivalente. Pur apprezzando moltissimo, come ben sai, i rimandi simbolici, qui ho colto soprattutto un esercizio di stile molto costruito di testa, cosa che impedisce quel volo imprevisto e gratuito che caratterizza il livello simbolico e che rende magici i film di Tarkovskji, a cui peraltro si ispira nel suo ricercare luoghi toscani pieni di antiche suggestionie con il tema del viaggio in Italia. Quanto agli altri rimandi (De Sica, Rossellini...) non ci siamo proprio. Amando molto Kiarostami per i suoi film iraniani, soprattutto per la freschezza e per la poeticità, qui non l'ho riconosciuto e la "copia conforme" mi è sembrato il suo stesso film, un'estetica copia di qualcosa che è irraggiungibile e che si nasconde continuamente giocando tra realtà e finzione.
Ciao Giuliano, che bello ritrovarti in un nuovo blog! Mi è stato appena segnalato da Christian ed eccomi pronta ad invaderlo con i miei soliti commenti...
RispondiEliminaQuesto film mi ha lasciato piuttosto perplessa e, pur apprezzando la prova attoriale del tuo Shimell e la nota bravura della Binoche, mi ha deluso invece Kiarostami che ho amato molto nelle opere precedenti piene di freshezza e poeticità. Qui ho colto l'ambizione di creare volutamente (quindi non creatività, ma costruzione razionale) un mondo sempre in bilico tra finzione e realtà, ma che non entra mai nella magica atmosfera del simbolico, di cui è maestro il nostro amato Tarkovskij di cui vorrebe peraltro ripercorrere il viaggio in Italia alla ricerca di luoghi suggestivi. Ma in "Nostalghia" i luoghi sono realmente paesaggi dell'anima, qui sembrano rientrare nei percorsi turistici in cui autentico e ricostruito (copie conformi?)continuano a confondersi. Forse, pensandoci meglio, è proprio questo il senso del film: è esso stesso una "copia conforme" e il senso di disagio che si avverte può derivare proprio dalla sensazione sottile della continua finzione ricercata a tavolino.
ciao Marisa!
RispondiEliminaavevo molti altri appunti su un tema preciso, e mi sono deciso a metterli in ordine. Stavolta però non ci sono trent'anni di appunti dietro, e il tema è più ristretto. Penso però che fino al 2018 potrò andare avanti... Altri appunti li sto sviluppando con Giacinta, su "il cavallo di Brunilde" (animali, piante, eccetera nei libri e nella musica)
I rimandi a De Sica e Rossellini sono evidenti nei film iraniani di Kiarostami, ed è stato lui stesso a dichiararli, con ammirazione. Questo film ha tante buone intenzioni ma qualcosa non torna nella realizzazione finale. (io ho scritto "punitivo", sia pur sottovoce...) (ho anche scritto: "i momenti meno riusciti di Nostalghia": le somiglianze ci sono, lo scrittore e la donna che lo accompagna, il tema è simile).