Rapsodia ucraina (1961) Regia di Sergej
Paradzhanov. Scritto da Aleksandr Levada. Fotografia di Ivan Shekker
(colore) Musiche popolari ucraine, Verdi, Donizetti, Rimskij-Korsakov, Grieg. Musiche
per il film di Platon Maiboroda. Interpreti: Olga Reus-Petrenko
(Oksana, voce di soprano di Eugenia Miroshnicenko), Eduard Koshman
(Anton), Juri Gulaev (Vadim) e altri. Durata: 88 minuti
L’opera lirica è il soggetto
portante di “Rapsodia ucraina” del 1961, film che racconta di
una giovane cantante d’opera che alla fine della guerra, dopo molte
sofferenze, riesce a vincere un concorso internazionale in Francia.
La storia non è vera ma è molto verosimile; il film è piuttosto
convenzionale ma piacevole, e nei film di Sergej Paradzhanov degli
anni ’50 c’è molta musica, quasi sempre canzoni popolari russe e
ucraine.Va detto, per chi non conosce Paradzhanov, che il grande
regista armeno-ucraino cambierà radicalmente il suo stile di autore
poco dopo questo film, a partire dal 1964; un percorso artistico
simile a quello che, in campo differente e con altro stile, adotterà
il grande musicista estone Arvo Pärt.
I film di Paradzhanov dal 1964 in poi
sembrano girati da una persona diversa, rispetto a quelli precedenti:
a partire da “Le ombre degli avi dimenticati”, e passando per
“Sayat Nova – Il colore del melograno”, per "La leggenda
della fortezza di Suram" e via via tutti i suoi film successivi,
Paradzhanov si ricorderà delle sue origini armene e delle sue
origini e tradizioni. E’ a questi film armeni che Paradzhanov deve
la sua fama e la sua grandezza; a me però non dispiacciono nemmeno i
suoi inizi "sovietici", si tratta di film lineari,
eleganti, ben fatti e ben recitati, piacevoli e mai banali.
Paradzhanov, di origine armene ma
cresciuto in Ucraina, ripudierà i suoi primi film considerandoli
troppo scolastici; si trattava comunque di un'ottima scuola, il
cinema sovietico ha infatti prodotto molti grandi registi (alcuni
grandissimi). Questo cambiamento di stile e di poetica causerà
molti problemi a Paradzhanov.
La grafia del cognome di Paradzhanov cambia molto a seconda della trascrizione fonetica utilizzata: si può trovare scritto Parajanov (con la j alla francese), o magari Paradžanov, ammettendo che le formattazioni dei vari software accettino i caratteri speciali. Io preferisco usare le vecchie trascrizioni, perché mi sembrano più comprensibili e soprattutto perché capita troppo spesso che i caratteri speciali vengano tralasciati, provocando pessime storpiature di cognomi e località. Il cognome originale è comunque Parajanian, armeno; Paradzhanov è una "russificazione" del cognome.
La grafia del cognome di Paradzhanov cambia molto a seconda della trascrizione fonetica utilizzata: si può trovare scritto Parajanov (con la j alla francese), o magari Paradžanov, ammettendo che le formattazioni dei vari software accettino i caratteri speciali. Io preferisco usare le vecchie trascrizioni, perché mi sembrano più comprensibili e soprattutto perché capita troppo spesso che i caratteri speciali vengano tralasciati, provocando pessime storpiature di cognomi e località. Il cognome originale è comunque Parajanian, armeno; Paradzhanov è una "russificazione" del cognome.
In “Rapsodia ucraina” la cantante
protagonista si chiama Oksana Màrshenko: la sua voce è di Eugenia
Miroshnicenko, il suo volto è quello dell’attrice Olga
Reus-Petrenko. Questo è un film di invenzione, Oksana quindi non è
una cantante vera, anche se è possibile confondersi con un
documentario biografico di Paradzhanov del 1957 su un’attrice
(questa veramente esistita), che si chiamava Natalia Ushvij.
Oksana viene mandata a Parigi e vince
il concorso internazionale, che si tiene al teatro Capitol. Si
sottolinea: è sovietica (lo dice il bambino che vende i giornali, a
Parigi). Parigi è ricostruita in studio, probabilmente pensando a
"Un americano a Parigi"; appare divertente, multietnica,
piena di artisti e di colori. Il film è tutto a colori, molto
marcati come nelle pellicole anni 50; l'effetto non dispiace. Si
comincia con il concorso di Parigi, il resto del film è fatto di
flashback che ci mostrano come Oksana è arrivata al successo,
passando per le origini contadine e per il dramma della guerra.
Nel concorso di Parigi, prima di Oksana
le concorrenti cantano "O mia regina" (Verdi, Don Carlos),
"Sempre libera" (Verdi, La Traviata), un alleluja che forse
è di Monteverdi (difficile riconoscerlo al volo, anche perché la
cantante viene bocciata), e poi tocca a Oksana che canta "Ardon
gli incensi" dalla Lucia di Lammermoor di Donizetti, partendo
con il recitativo da "o gioia che si sente e non si dice".
Le chiedono due volte se è italiana, a sottolineare che è brava.
All'ascolto di oggi la voce non appare così bella da meritare tante
lodi, ma per un film può andare. Fuori, nella strada, arrivano le
voci delle cantanti; un uomo dice "a me piacciono solo le marce
militari" ma viene zittito dalla presenza di un giovane soldato
con le stampelle. La seconda parte del film verterà infatti sul
periodo bellico, sulle sofferenze e le difficoltà incontrate nella
Resistenza. Il soldato ferito legge L'Humanité, è una Parigi
multietnica e lo si sottolinea in positivo. Dopo aver ricevuto il
premio, Oksana come bis canta una canzone popolare ucraina, che
inizia con le parole "stella notturna" e viene poi ripresa
nelle sequenze del ricordo dal nonno, con lei bambina (lo strumento
dovrebbe essere un gusli); segue un'altra canzone popolare, "una
bella stella sopra i campi", dall'atmosfera elegiaca.
"Rapsodia ucraina" è un film
pacifista, vi si dice "ho paura che il mondo possa dimenticarsi
della guerra", e in questo è purtroppo tornato ad essere di
grande attualità. Nella seconda metà del film si racconta di come
Oksana è arrivata a questo successo, e ha molta parte la guerra;
vediamo le rovine, si ricordano i morti (furono milioni, civili e
militari, le vittime sul fronte sovietico nella guerra contro i
nazisti); una betulla cresce sull'altare di una chiesa bombardata.
Anton, il ragazzo di Oksana, ha combattuto e viene da tre anni di
prigionia in Germania; lo vediamo finalmente uscire, libero: "hai
rovinato la mia gioventù ma anche tu hai sofferto, Germania; eppure
non sei riuscita a rovinare la mia anima." Vediamo nei
flashback Oksana da ragazza, nelle feste di paese: si nota subito che
la sua voce è fuori dal comune. Anton è geloso di Vadim, uno
studente di Conservatorio che preme perché Oksana vada a studiare in
città. Vadim cerca di convincere Anton: è un peccato che Oksana non
trovi la sua via. Vadim è sincero, anche se molto interessato alla
ragazza. Più avanti, Vadim canta una romanza di Rimskij Korsakov,
"il vento che soffia dall'alto", voce di baritono. Il
Conservatorio di Kiev sarà distrutto dalle bombe naziste, Anton
tornato per una breve licenza ritrova Vadim che gli dice che Oksana è
salva perché è andata in tournée con una compagnia teatrale.
Oksana lascerà poi il Conservatorio per fare l'infermiera al fronte.
Il finale è come ci si aspetta che sia, Oksana e Anton si
ritroveranno dopo essersi creduti persi per sempre.
Sono belle soprattutto le sequenze
oniriche o del ricordo; i costumi ucraini di festa e danza sono un
anticipo ai costumi armeni dei film che Paradzhanov girerà subito
dopo. Fra le rovine, Vadim suona al pianoforte la Sonata chiaro di
luna di Beethoven; nei dialoghi si cita ancora Beethoven per
l'Egmont, canto di libertà; ci sono sequenze dedicate al Peer Gynt
di Ibsen, con le musiche famose di Edvard Grieg.
Per Grieg, si ascolta la bellissima melodia della "canzone
di Solveig": Solveig attende che torni l'amato, così come Oxana
a guerra finita. Per Beethoven, si dice che è tedesco "ma se si
fosse suonata questa musica non ci sarebbe stata la guerra". Nel
finale, una serie di arie d'opera interpretate dalla protagonista, e
ad essere sinceri non è che così cantate ed eseguite si distinguano molto l'una dall'altra,
ma si fanno ascoltare comunque e ormai si è capito che il vero
significato del film è nel suo pacifismo, il che è un'ottima cosa
soprattutto in tempi come questi (anno 2017).
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