mercoledì 1 marzo 2017

Rapsodia ucraina


Rapsodia ucraina (1961) Regia di Sergej Paradzhanov. Scritto da Aleksandr Levada. Fotografia di Ivan Shekker (colore) Musiche popolari ucraine, Verdi, Donizetti, Rimskij-Korsakov, Grieg. Musiche per il film di Platon Maiboroda. Interpreti: Olga Reus-Petrenko (Oksana, voce di soprano di Eugenia Miroshnicenko), Eduard Koshman (Anton), Juri Gulaev (Vadim) e altri. Durata: 88 minuti

L’opera lirica è il soggetto portante di “Rapsodia ucraina” del 1961, film che racconta di una giovane cantante d’opera che alla fine della guerra, dopo molte sofferenze, riesce a vincere un concorso internazionale in Francia. La storia non è vera ma è molto verosimile; il film è piuttosto convenzionale ma piacevole, e nei film di Sergej Paradzhanov degli anni ’50 c’è molta musica, quasi sempre canzoni popolari russe e ucraine.Va detto, per chi non conosce Paradzhanov, che il grande regista armeno-ucraino cambierà radicalmente il suo stile di autore poco dopo questo film, a partire dal 1964; un percorso artistico simile a quello che, in campo differente e con altro stile, adotterà il grande musicista estone Arvo Pärt.
I film di Paradzhanov dal 1964 in poi sembrano girati da una persona diversa, rispetto a quelli precedenti: a partire da “Le ombre degli avi dimenticati”, e passando per “Sayat Nova – Il colore del melograno”, per "La leggenda della fortezza di Suram" e via via tutti i suoi film successivi, Paradzhanov si ricorderà delle sue origini armene e delle sue origini e tradizioni. E’ a questi film armeni che Paradzhanov deve la sua fama e la sua grandezza; a me però non dispiacciono nemmeno i suoi inizi "sovietici", si tratta di film lineari, eleganti, ben fatti e ben recitati, piacevoli e mai banali.
Paradzhanov, di origine armene ma cresciuto in Ucraina, ripudierà i suoi primi film considerandoli troppo scolastici; si trattava comunque di un'ottima scuola, il cinema sovietico ha infatti prodotto molti grandi registi (alcuni grandissimi). Questo cambiamento di stile e di poetica causerà molti problemi a Paradzhanov.
La grafia del cognome di Paradzhanov cambia molto a seconda della trascrizione fonetica utilizzata: si può trovare scritto Parajanov (con la j alla francese), o magari Paradžanov, ammettendo che le formattazioni dei vari software accettino i caratteri speciali. Io preferisco usare le vecchie trascrizioni, perché mi sembrano più comprensibili e soprattutto perché capita troppo spesso che i caratteri speciali vengano tralasciati, provocando pessime storpiature di cognomi e località. Il cognome originale è comunque Parajanian, armeno; Paradzhanov è una "russificazione" del cognome.
In “Rapsodia ucraina” la cantante protagonista si chiama Oksana Màrshenko: la sua voce è di Eugenia Miroshnicenko, il suo volto è quello dell’attrice Olga Reus-Petrenko. Questo è un film di invenzione, Oksana quindi non è una cantante vera, anche se è possibile confondersi con un documentario biografico di Paradzhanov del 1957 su un’attrice (questa veramente esistita), che si chiamava Natalia Ushvij.
Oksana viene mandata a Parigi e vince il concorso internazionale, che si tiene al teatro Capitol. Si sottolinea: è sovietica (lo dice il bambino che vende i giornali, a Parigi). Parigi è ricostruita in studio, probabilmente pensando a "Un americano a Parigi"; appare divertente, multietnica, piena di artisti e di colori. Il film è tutto a colori, molto marcati come nelle pellicole anni 50; l'effetto non dispiace. Si comincia con il concorso di Parigi, il resto del film è fatto di flashback che ci mostrano come Oksana è arrivata al successo, passando per le origini contadine e per il dramma della guerra.
Nel concorso di Parigi, prima di Oksana le concorrenti cantano "O mia regina" (Verdi, Don Carlos), "Sempre libera" (Verdi, La Traviata), un alleluja che forse è di Monteverdi (difficile riconoscerlo al volo, anche perché la cantante viene bocciata), e poi tocca a Oksana che canta "Ardon gli incensi" dalla Lucia di Lammermoor di Donizetti, partendo con il recitativo da "o gioia che si sente e non si dice". Le chiedono due volte se è italiana, a sottolineare che è brava. All'ascolto di oggi la voce non appare così bella da meritare tante lodi, ma per un film può andare. Fuori, nella strada, arrivano le voci delle cantanti; un uomo dice "a me piacciono solo le marce militari" ma viene zittito dalla presenza di un giovane soldato con le stampelle. La seconda parte del film verterà infatti sul periodo bellico, sulle sofferenze e le difficoltà incontrate nella Resistenza. Il soldato ferito legge L'Humanité, è una Parigi multietnica e lo si sottolinea in positivo. Dopo aver ricevuto il premio, Oksana come bis canta una canzone popolare ucraina, che inizia con le parole "stella notturna" e viene poi ripresa nelle sequenze del ricordo dal nonno, con lei bambina (lo strumento dovrebbe essere un gusli); segue un'altra canzone popolare, "una bella stella sopra i campi", dall'atmosfera elegiaca.
"Rapsodia ucraina" è un film pacifista, vi si dice "ho paura che il mondo possa dimenticarsi della guerra", e in questo è purtroppo tornato ad essere di grande attualità. Nella seconda metà del film si racconta di come Oksana è arrivata a questo successo, e ha molta parte la guerra; vediamo le rovine, si ricordano i morti (furono milioni, civili e militari, le vittime sul fronte sovietico nella guerra contro i nazisti); una betulla cresce sull'altare di una chiesa bombardata. Anton, il ragazzo di Oksana, ha combattuto e viene da tre anni di prigionia in Germania; lo vediamo finalmente uscire, libero: "hai rovinato la mia gioventù ma anche tu hai sofferto, Germania; eppure non sei riuscita a rovinare la mia anima." Vediamo nei flashback Oksana da ragazza, nelle feste di paese: si nota subito che la sua voce è fuori dal comune. Anton è geloso di Vadim, uno studente di Conservatorio che preme perché Oksana vada a studiare in città. Vadim cerca di convincere Anton: è un peccato che Oksana non trovi la sua via. Vadim è sincero, anche se molto interessato alla ragazza. Più avanti, Vadim canta una romanza di Rimskij Korsakov, "il vento che soffia dall'alto", voce di baritono. Il Conservatorio di Kiev sarà distrutto dalle bombe naziste, Anton tornato per una breve licenza ritrova Vadim che gli dice che Oksana è salva perché è andata in tournée con una compagnia teatrale. Oksana lascerà poi il Conservatorio per fare l'infermiera al fronte. Il finale è come ci si aspetta che sia, Oksana e Anton si ritroveranno dopo essersi creduti persi per sempre.
Sono belle soprattutto le sequenze oniriche o del ricordo; i costumi ucraini di festa e danza sono un anticipo ai costumi armeni dei film che Paradzhanov girerà subito dopo. Fra le rovine, Vadim suona al pianoforte la Sonata chiaro di luna di Beethoven; nei dialoghi si cita ancora Beethoven per l'Egmont, canto di libertà; ci sono sequenze dedicate al Peer Gynt di Ibsen, con le musiche famose di Edvard Grieg. Per Grieg, si ascolta la bellissima melodia della "canzone di Solveig": Solveig attende che torni l'amato, così come Oxana a guerra finita. Per Beethoven, si dice che è tedesco "ma se si fosse suonata questa musica non ci sarebbe stata la guerra". Nel finale, una serie di arie d'opera interpretate dalla protagonista, e ad essere sinceri non è che così cantate ed eseguite si distinguano molto l'una dall'altra, ma si fanno ascoltare comunque e ormai si è capito che il vero significato del film è nel suo pacifismo, il che è un'ottima cosa soprattutto in tempi come questi (anno 2017).

 
 

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