"La magia del cinema, andate al
cinema!", ripete entusiasta la giornalista del tg, in
collegamento da Cannes o forse da Venezia, chissà. Verrebbe da
essere d'accordo, ma poi ci si chiede: che cos'è oggi andare al
cinema? Me l'avessero chiesto qualche anno fa, non avrei avuto dubbi
e anch'io avrei fatto eco: "la magia del cinema!". Ma,
oggi, Nuovo Millennio, che cos'è andare al cinema? Riporto le mie
ultime impressioni: il cinema è un posto dove entri e sei travolto
dalla pubblicità. A un volume spropositato, per almeno un quarto
d'ora, impossibile evitarla: quando alla fine comincia il film sei
talmente rintronato che non sai più chi sei e cosa stai facendo lì
seduto. Questa è la triste realtà del cinema oggi. Ammetto di aver
smesso, la magia del cinema è solo un bel ricordo di anni passati.
Quando si affronta la questione della pubblicità in tv la regola è porre una specie di aut-aut apocalittico: via tutta la pubblicità, oppure tutta pubblicità e senza regole. Ma questo è il modo sbagliato di porsi il problema (c'è anche chi non se lo pone affatto, il problema, e sguazza felice nella melma: ma se loro sono contenti così, noi altri poveri disgraziati mica dobbiamo seguirli come scemi, finché c'è vita c'è speranza di migliorare). Il modo giusto è dire che la pubblicità serve ed è importante, ma deve rispettare alcune regole; e la prima regola è che abbia degli spazi ben definiti, o meglio che resti dentro spazi ben definiti, da non travalicare. Il che mi riporta ai tempi di Carosello, cioè alla tv come l'ho conosciuta io, la Rai di prima dell'invasione delle tv commerciali.
Evocare Carosello è pericoloso perché
parte subito una raffica di luoghi comuni da far spavento: "altri
tempi, nostalgia, la durata degli spot", eccetera eccetera; ma
almeno qui su questo mio blog posso fermare subito l'ondata di
stupidaggini che tutti ripetono a palla, e provo a fare un discorso
più ragionato. La tv devono farla i funzionari tv (e che siano ben
preparati, persone colte e non raspausc), e i pubblicitari devono
solo badare alla loro pubblicità. Tutto qui. Il problema, insomma,
non è "pubblicità sì pubblicità no", ma usare un minimo
di buon senso e di intelligenza.
Bruno Bozzetto, in un'intervista
recente, ricorda quegli anni e dice che negli spot di carosello non
si poteva dire il nome del prodotto: lo definisce come una cosa
assurda, invece io trovo che sia stata un'idea geniale, Carosello non
sarebbe stato così bello e non lo ricorderemmo ancora oggi se fosse
stato puro e semplice spot. La pubblicità allora era in mano a dei
veri "creativi", come Bozzetto, Pagot, Marcello Marchesi
(chiedo scusa a chi mi sto dimenticando), e ancora oggi tutti si
ricordano dei personaggi associati al prodotto, non solo i cartoons
(molto divertenti) ma anche gli attori, Mimmo Craig, Virna Lisi,
Ernesto Calindri, Cesare Polacco... Ai tempi di Carosello succedeva
ogni tanto di dire "ma chi è quel cretino che se l'è
inventata?". Allora succedeva ogni tanto di chiederselo, oggi
succede ogni tanto di NON chiederselo. La soluzione vera, per tagliar
corto, sarebbe dunque mandare via i cretini e tornare ad avere i
creativi: è possibile? Direi di no, ogni volta che mi tocca guardare
la pubblicità mi ritrovo sconfortato e depresso, compro certi
prodotti solo perché li conosco, ma se fosse per gli spot ne farei
subito a meno.
Metto qui sotto una piccola personale
antologia di cose cretine che mi tocca vedere ogni giorno più volte
al giorno un po' su tutte le tv, cioè le poderose invenzioni dei
cretini che si autodefiniscono creativi:
1) la didascalia fissa, per tutta la
durata del film, su cosa danno questa sera. Che mi frega di Rambo, è
è un film vecchio di quarant'anni ed è la centocinquantesima volta
che lo replicano. Io sto guardando questo film qui e se stasera danno
Rambo io spengo la tv.
2) gli stacchetti musicali suadenti e
allusivi, le voci morbide che prospettano estasi, "questa è
casa tua, sei nelle braccia della mamma". Poi trasmettono il
solito quiz o l'ennesima replica del film di Boldi.
3) il pubblicitario furbissimo che
mette lo spot a tre minuti dalla fine: "lo ha visto tutto e
quindi si guarda anche gli spot!", ma io cancello
definitivamente i Loacker dalla lista della spesa, e anche tutto il
resto. Oppure, sempre furbissimo, il pubblicitario mette lo spot a
sei minuti dall'inizio: furbissimo, implacabile, ma chi mai starà
guardando "Un marito per Anna Zaccheo" alle sette del
mattino?
4) "Prima visione assoluta":
bene, allora lo replicheranno presto e quindi posso andare a fare un
giro col cane
5) "Prima visione assoluta":
va in onda alle due di notte (vedi canali Rai...) ma la scritta è
lì, implacabile, per tutta la durata del film.
6) "I Magnifici", "I
Bellissimi", "I Classici": ma allora, se sono
bellissimi magnifici e classici, perchè mai li trasmettete alla due
di notte e li sporcate e spezzettate?
7) "Gli Imperdibili": le
solite repliche ("ex RayPlayer": ah perché, esisteva una
cosa chiamata RaiPlayer?). Gli Imperdonabili, viene da dire; perché
poi non è che lasciando la Rai le cose migliorino, anzi va sempre
peggio.
8) "Piccola gemma di cinema":
mi vogliono rifilare una commediola insulsa.
9) "Una divertentissima commedia":
sarà una fetecchia (lo decido io se è divertente, please, almeno
questo lasciatemelo...)
10) "Un thriller mozzafiato":
cadaveri, morti ammazzati, autopsie, sangue, un serial killer.
Chissà che due palle... non vi basta il telegiornale?
11) l'indicazione che appare verso la
fine del film sulle reti mediaset: "adesso stai guardando...". Un'indicazione
senza alcun dubbio utile, perché con tutte quelle interruzioni,
anche di venti minuti, meteo e tg compresi, come si fa ricordarsi di
che cosa avevamo cominciato a guardare?
E infine, il peggio del peggio di ciò
che mi è toccato di subire: inserire la pubblicità anche durante un
concerto con le ouvertures di Verdi, su Rai5. Le ouvertures di Verdi
hanno una durata dai cinque a dieci minuti, mica tanto di più. Se
proprio si vuole inserire la pubblicità anche nei concerti,
basterebbe aspettare, dare un'occhiata, controllare. Termina
l'ouverture della Forza del Destino, ci sono gli applausi, lì metto
lo spot. Così farebbe una persona di intelligenza normale: invece
no, lo spot arriva a trenta secondi dalla fine dell'ouverture, una
cosa che definire irritante o fastidiosa è davvero un eufemismo. Poi
hanno tolto gli spot da Rai5, ma quel funzionario o funzionaria penso
proprio che sia rimasto al suo posto, che sia ancora lì pronto o
pronta a far danni. Sono persone che non amano quello che fanno e che
probabilmente ritengono una corvée punitiva il loro lavoro, cioè
leggere vedere ascoltare i capolavori, essere curiosi. Magari sono
anche persone laureate, ma la testa è quella lì, e una scuola ormai
trentennale di funzionari tv pubblicitari sarà difficile da
risanare.
Purtroppo gli spettatori il più delle volte
non sono meglio dei "cretini creativi". Aggiungo come
esempio solo una riga extra per quelli che si sentono superiori: "ah,
ma io ci ho Sky" (dunque pagano due volte il canone, uno alla
Rai e uno a Sky o a mediaset premium: bene, bravi, sette più).
L'unico rimedio diventa lo streaming, ma che tristezza... Ma per lo
spettatore il ragionamento giusto dovrebbe essere questo: se pago il
canone, esigo la qualità. Mi sembra il minimo, ma non mi è mai
capitato di ascoltare qualcuno che ragioni così, e anche questo è
un brutto segno.
Sono gli effetti del referendum del
1995, per chi non se lo ricordasse. Si votò per regolamentare le
telepromozioni, e gli italiani a maggioranza votarono per lo spot
libero. Chi è causa del suo mal pianga se stesso, si dice: ma io non
sono causa di questo mal, ne sono vittima. E con me tanti altri,
soprattutto gli appassionati di cinema e di musica. Una tv a misura
di cretino, mi viene spesso da dire; ma poi sto zitto, non lo dico,
si rischia di diventare antipatici. Così si va verso il peggio, la
gente si lamenta della qualità dei programmi ma poi non fa niente
per migliorare le cose; la mia è solo una modesta proposta,
rimettere (per legge) la pubblicità dentro gli appositi recinti.
Tutto qui.
(1-segue, ma non so quando)
(il signore nell'immagine in alto è Cesare Polacco, voce magnifica e ottimo attore di teatro, che divenne famoso per uno spot tv, "l'ispettore Rock"; le altre immagini vengono da "Partner"
di Bernardo Bertolucci; gli attori sono Tina Aumont e Pierre
Clementi, l'anno è il 1968)
Non commento perchè hai ragione su tutta la linea e non ho niente da aggiungere. La sensazione di essere trattati da cretini è fortissima ed è il motivo per il quale ormai non guardo praticamente più la tv. Scrivo per farti i complimenti per il delizioso contrappunto con le immagini tratte da "Partner". Bellissimo effetto!
RispondiEliminaè una specie di pensiero unico, e quelli che provano a pensarla diversamente vengono subito emarginati. Anche internet ha ormai da tempo preso questa piega, e infatti è facile rendersi conto che oggi si può scrivere tutto quello che si vuole, tanto poi non ti riprende nessuno. Capita anche a Milena Gabanelli con Report, non sto parlando per me... Purtroppo anche internet sta facendo questa fine.
RispondiEliminaIl film di Bertolucci è un bel po' strampalato, non sembra quasi nemmeno suo, però alla fine risulta ancora simpatico. :-)