Armonie di Werckmeister (2000) Regia di
Bela Tarr. Scritto da Laszlo Krasznahorkay, Bela Tarr, Agnes
Hranitzky. Montaggio di Agnes Hranitzk. Musica: Mihàly Vig.
Fotografia: diversi operatori. Interpreti: Lars Rudolph, Peter Fitz,
Hanna Schygulla, e altri attori ungheresi. Durata: 145 minuti
"Armonie di Werckmeister" è
un film straordinario, di grande impatto visivo, con ottima musica
(il compositore si chiama Mihàly Vig). Non è un film per tutti, ma
mi sento di consigliarlo a chiunque. Basta un po' di pazienza, come
sempre, ma già la sequenza iniziale è di grande bellezza e
profondità; io ne sono stato subito rapito e, da spettatore molto
scafato, non mi capita spesso di dover dire queste cose. Mi accorgo
che è anche difficile parlarne, e quindi provo a mettere un po' in
ordine le mie impressioni. Comincio dal riassunto che trovo su
wikipedia.it :«In un piccolo villaggio della pianura
ungherese, alla vigilia di un'eclisse di sole, fa la sua comparsa un
circo costituito esclusivamente da due attrazioni: un principe e una
balena. Janos, un giovane postino, è l'occhio attraverso cui si vede
svolgersi l'intera vicenda. Il paesino, segnato da lotte intestine e
presagi di guerra, si fa presto coinvolgere dalla dialettica del
principe (che non si vede mai pur intuendone una fisionomia deforme)
e si appresta a un massacro di innocenti. Opera densa di metafore ed
allusioni, rimane comunque un lucido discorso politico volto alla
condanna di ogni forma di totalitarismo. »
Detto questo, che non è del tutto corretto (Janos non è un postino, e il principe è solo un'attrazione da circo, da baraccone) non è che si sia
spiegato il grande fascino del film; e quindi riparto dal significato
del titolo. Werckmeister è una persona realmente esistita, un grande
teorico della musica che fu punto di riferimento anche per Johann
Sebastian Bach. La Garzantina sintetizza così: «Andreas
Werckmeister (Turingia, 1645-1706) era un organista tedesco, teorico
musicale, che studiò il temperamento musicale in numerose
pubblicazioni. ». Paolo Terni, nelle sue trasmissioni su Radiotre
del 2009-2010, ricordava che "si chiama Werckmeister III
l'accordatura per La=390 hertz, e non 415 come si fa oggi".
Siamo insomma a una questione fondamentale nella musica, quella che
avrebbe trovato il suo punto d'arrivo definitivo in JS Bach
(1685-1750) e nel Clavicembalo ben temperato. Ancora oggi, anche nel
rap e nell'heavy metal e nelle canzoni di Sanremo, ci muoviamo dentro il
sistema temperato che ci sembra naturale e che utilizziamo senza
alcun problema; ma così non è, c'è stato un lungo percorso durato
secoli per arrivare alla musica come la studiamo e la ascoltiamo
oggi, e il segreto sta nei tasti neri del pianoforte: il tasto nero
dopo il do può essere considerato sia come do diesis che come re
bemolle. Le due note sono in realtà distinte, ma nel pianoforte e negli strumenti "temperati" sono state unite in un solo suono. Si possono distinguere e suonare
con il violino (per fare un solo esempio), che è uno strumento "non
temperato"; e in altre culture, come con il sitar indiano,
esistono strumenti che possono suonare infinite note intermedie, che però possono essere distinte come tali solo da orecchi particolarmente raffinati.
Quale è, dunque, il sistema naturale della musica? E' un'alterazione della realtà la musica che suoniamo e ascoltiamo ogni giorno? Questa è la domanda che si pone uno dei protagonisti del film, il signor Eszter (un musicista), con questo suo monologo:
Il signor Eszter: Devo puntualizzare
che non si può dubitare nemmeno per un istante che siamo di fronte
ad una questione meramente tecnica, bensì tipicamente filosofica.
Nelle ricerche sul sistema musicale
in oggetto giungiamo inevitabilmente a riesaminare le nostre
convinzioni. Dobbiamo chiederci: “Su che cosa si basa la nostra
opinione?” L’ordine armonico, al quale ogni capolavoro fa
riferimento nella propria inappellabilità, esiste davvero?
Ne consegue che in effetti dobbiamo
parlare non tanto di ricerche musicali quanto piuttosto del
riconoscimento di un fatto antimusicale. Della rivelazione risoluta
di uno scandalo occultato da secoli e particolarmente sconfortante.
Infatti, la situazione vergognosa di ogni singolo accordo di
capolavori di svariati secoli è falso fino al midollo.
Questo significa che l’espressione
musicale, quella magia insuperabile fatta di assonanze e di accordi,
di fatto si basa semplicemente su un inganno. Sì, senza alcun dubbio
dobbiamo parlare di un vero inganno, anche se i più insicuri, per
addolcire un po’ la faccenda, parlano di compromesso.
Che genere di compromesso? La
maggioranza ormai afferma che il tono musicale puro in realtà non è
altro che un sogno. Per essi, di fatto, non esistono accordi musicali
puri.
E’ ora di richiamare l’attenzione
sul fatto che ci sono state epoche più fortunate, per esempio quelle
di Pitagora e di Aristosseno. I nostri avi usavano strumenti
accordati in maniera naturale. Loro si accontentavano di suonare solo
in alcuni toni. Non erano tormentati da dubbi, sapevano che l’armonia
divina appartiene agli dèi.
Più tardi, tutto questo non valse
più nemmeno un fico secco. Infatti, la presunzione confusa si
sarebbe appropriata di tutta l’armonia divina. A proprio modo, in una certa misura,
c’è anche riuscita, affidando la questione ai tecnici. prima ai
pretoriani, poi ai Salinas e infine ad Andreas Werckmeister, il quale
assolse al suo compito. Suddivise semplicemente in 12 parti
uguali, prive di modulazioni, il sistema divino delle ottave. Di due
semitoni, uno è un artificio. Egli usò solo 5 tasti neri, invece di
10; suggellando così la situazione.
Dobbiamo anche affrontare senza
esitazioni la triste storia dello sviluppo dell’accordatura degli
strumenti musicali, il cosiddetto “temperamento uniforme”.
Dobbiamo anche ripristinare il diritto all’accordatura naturale.
Con cura dobbiamo correggere gli errori di Werckmeister, quelle sette
note in sequenza: è con esse che dobbiamo vedercela, dovremmo
considerarle non come equivalenti nell’unità di valore di
un’ottava bensì come 7 qualità distinte, come 7 sorelle sulla
volta celeste.
Questo è ciò che dovremmo fare.
Però dobbiamo prendere coscienza che questa accordatura naturale ha
un limite. E’ una limitazione peraltro assai preoccupante, che
esclude decisamente l’utilizzo dei toni in chiavi musicali più
alte.
Sempre dalla Garzantina della Musica:
«Francisco de Salinas (1513-1590) spagnolo, fu attivo a Roma. Cieco
dalla nascita, organista e teorico musicale. Nel 1577 pubblica "De
musica libri septem" che contiene tra le altre cose i più
antichi esempi di canti popolari italiani e spagnoli, raccolti
direttamente dalla tradizione orale. »
(1.segue)
un alfabeto sonoro ridotto.. l'abitudine a un linguaggio che rende inevitabilmente estranea ogni altra espressione.. E' una questione nodale quella posta dal film , mi sembra, anche perchè viene posto il problema del linguaggio in generale, delle categorie di cui ci avvaliamo per sentire, conoscere, scegliere..
RispondiEliminala questione è molto più complessa, perché il sistema temperato ha portato secoli di capolavori. C'è dietro tutta una questione molto tecnica, insomma. E' importante anche la questione del diapason, suonare con il diapason del '500 (oggi lo fanno molti gruppi che usano gli strumenti d'epoca) porta a un'acustica del tutto differente. Di mio aggiungerei questo, e penso che Bela Tarr ne sia più che cosciente: con l'amplificazione e con la musica di questo inizio di millennio tutto è stato ridotto a un livello molto banale e senza quasi più differenze, una "grande pialla" mentale prima che musicale. L'omologazione di cui parlava Pasolini (ormai mezzo secolo fa), perfettamente compiuta.
RispondiEliminaDirei anche che sono perfette le tre parole che hai scelto per chiudere il commento, forse è proprio di questo che ci sta parlando Bela Tarr: la possibilità di sentire, conoscere, scegliere.