venerdì 5 maggio 2017

L'età dell'innocenza


 
L'età dell'innocenza (The age of innocence, 1993). Regia di Martin Scorsese. Tratto dal romanzo di Edith Wharton. Sceneggiatura di Jay Cocks e Martin Scorsese. Fotografia di Michael Ballhaus. Musica: Gounod, Mendelssohn, Balfe. Musiche per il film di Elmer Bernstein. Interpreti: Michelle Pfeiffer, Daniel Day-Lewis, Winona Ryder , Geraldine Chaplin, Robert Sean Leonard, Jonathan Pryce. Durata: 2h07'

"L'età dell'innocenza" di Scorsese, da Edith Wharton, è ambientato nel 1870 a New York e inizia con una rappresentazione del Faust di Gounod, in teatro. Un Faust senza Mefistofele, perché il momento scelto è il duetto tra Faust e Margherita. Le sequenze sono girate molto bene, la luce è quella giusta, quella che i frequentatori del teatro d'opera ben conoscono, quindi è d'obbligo citare il nome del direttore della fotografia Michael Ballhaus, molto bravo. L'allestimento è bello, i primi piani però non aiutano molto (come sempre, nell'opera) e le voci non sono un gran che, peccato. Scorsese presenta l'opera nel modo consueto dei i film americani, con tutti i ricchi wasp (bianchi, anglosassoni, eccetera) nei loro palchi a segnalare un mondo esclusivo e molto chiuso di gente ricchissima, con gioielli, carrozze di lusso e servitù; così vedono l'opera lirica negli Usa, e me ne dispiace sempre molto. All'opera, nel cinema americano, vanno i ricchi pescecani borghesi (più o meno eleganti e raffinati), oppure i mafiosi italoamericani; è raro che si riesca ad andare al di là di questi stereotipi.
 

L'esecuzione del Faust è discreta ed è in italiano, ma la dizione non è delle migliori e si fatica a capire qualche parola; al primo ascolto confesso di aver pensato a un'opera in russo, anche perché quel duetto dal Faust l'ho frequentato pochissimo e sul momento non me lo ricordavo (non da quel punto). I nomi dei cantanti, Faust e Margherita, non sono indicati nei titoli del film, così come il nome del direttore. Nella lista degli attori sono indicati i nomi degli interpreti dei cantanti: Lynda Fayes Farkas, Michael Rees Davis, Terry Cook, John Garrison. Il teatro in cui è stata girata questa scena nella realtà non è a New York, ma a Philadelphia (Philadelphia Academy of Music, Pennsylvania).
Ai sensi della narrazione, l'opera lirica viene vista come rituale vacuo per un club esclusivo di ricchi signori e signore annoiate, che magari se ne vanno via ben prima che sia finita la rappresentazione, perché l'importante non è la musica o il teatro ma è "farsi vedere" in società. E' la "finzione di essere europei" che viene rimproverata all'europea per matrimonio (e divorziata, o quasi) che è interpretata da Michelle Pfeiffer.
 

Nel corso del film si ascoltano anche musiche di Johann Strauss jr, per Capodanno e Natale; c'è un quartetto di Mendelssohn in sottofondo, e infine un arrangiamento di "Marble halls" di Balfe (dall'opera "The bohemian girl") che ci sarebbe stato bene, ma nell'originale e non nell'arrangiamento pop fine Novecento della cantante irlandese Enya (una caduta di stile, forse l'unica del film, anche se l'ascolto è tutto sommato piacevole).
Protagonista è Daniel Day-Lewis, che è innamorato della Pfeiffer ma sposa Winona Ryder per convenienza tra famiglie ricche; ci si trova bene, lei è graziosa e gentile, il matrimonio durerà a lungo ma gli rimarrà dentro il rimpianto per ciò che non è stato. A 57 anni, a Parigi con il figlio (che sa tutto, ha avuto la spiegazione dalla madre che ormai è morta) rinuncerà a vedere dopo tanti anni l'amata che non ha mai raggiunto, per non toccare il ricordo di un ideale ormai lontano; forse è questo il significato del titolo. Probabilmente renderebbe meglio l'idea una traduzione del tipo "L'epoca dell'innocenza".



Nel cast anche Geraldine Chaplin (madre di Winona Ryder), Robert Sean Leonard poco dopo il grande successo di "Dead poets society", il film di Peter Weir (interpreta il figlio di Day-Lewis e della Ryder) e Jonathan Pryce (il segretario francese, parte piccola ma bella). Curioso il nome del protagonista, Newland Archer, dove Newland è il nome di battesimo.
Nel finale si parla della "stanza dove avvengono le cose concrete della sua vita": la promessa di matrimonio, l'annuncio dell'arrivo di un figlio, il battesimo dei figli, eccetera. Stanza delle cose concrete: i sogni e gli ideali ne restano fuori?


Il film dura poco più di due ore, e si fa vedere con molto piacere. E' un notevole esercizio di stile da parte di Scorsese, reduce da film di tutt'altro tipo (Goodfellas, 1990), probabilmente il primo film da lui realizzato al di fuori dei cliché in cui era stato confinato fino allora; e piace vedere Scorsese che si sofferma su alcuni dettagli, oggetti e situazioni come la preparazione dei piatti in tavola, il taglio dei sigari, le nuovissime penne stilografiche appena inventate, e altro ancora. Si parte dagli anni '70 dell'Ottocento e si arriva negli anni '30, nel finale.
E' un buon film, molto ben fatto, una confezione sontuosa con i costumi della Pescucci e le scene di Dante Ferretti, e bella recitazione ben controllata da parte di tutti gli attori. Il problema caso mai è mio, perché non riesco a provare empatia o interesse per questi personaggi. E' un mondo che mi è del tutto estraneo, al massimo a queste persone riesco a invidiare i giardini e le biblioteche. Pare che fosse il mondo reale di Edith Wharton, che fu amica di Henry James e da lui influenzata (si vede) nonché da lui incoraggiata a scrivere.

2 commenti:

  1. L'ho rivisto in streaming proprio ieri e contavo di farci anch'io un post.
    Decisamente una delle grandi produzioni dei Novanta. Concordo con molta parte del tuo discorso, Scorsese ha creato un'opera virtuosa, non c'è che dire.

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  2. sì, Scorsese è bravo :-) poi non è che mi piaccia tutto quello che ha fatto, ma è sempre uno che sa quello che sta facendo. Qui è particolarmente bravo perché per lui era tutto nuovo, non era facile. Lo ringrazio particolarmente per i suoi film sul blues, una miniera di informazioni.

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