Funny games (1997). Scritto e diretto
da Michael Haneke. Fotografia di Jürgen Jürges. Musica: Haendel,
Mascagni, e altro. Interpreti: Susanne Lothar, Ulrich Mühe, Arno
Frisch, Frank Giering, e altri Durata: 103 minuti
"Funny games" si apre con una
famiglia che ascolta la radio in auto; marito e moglie giocano a
indovinare chi sono gli interpreti vocali. Nei cinque minuti iniziali
si ascoltano Jussi Bjoerling e Renata Tebaldi in Cavalleria rusticana
(bada Santuzza schiavo non sono...) e Beniamino Gigli in "Care
selve" dall'Atalanta di Haendel, che è un ascolto raro. Un quiz
personale fra marito e moglie: all'inizio lei dice che la cantante è
Elena Suliotis, poi si corregge subito: no, è la Tebaldi. Un gioco
divertente, che ho ritrovato in un altro film, dell'argentino
Alejandro Agresti (Tutto il bene del mondo, 2004) dove a scommettere
sono due amici in automobile e dove il soggetto da indovinare è però
la musica da camera o sinfonica.
Detto questo, devo subito aggiungere
che "Funny games" è un film molto violento, da evitare con
cura se già ne avete abbastanza del telegiornale. A dirla tutta,
sul piano mio personale, penso che "Funny games" fa
dubitare della sanità mentale di chi lo ha scritto e pensato; mi dispiace moltissimo di averlo visto e ne avrei
fatto volentieri a meno, ma sono stato spinto a vederlo dalla critica
positiva intorno a Michael Haneke. E' una variazione sui lati
peggiori e più facili di "Arancia Meccanica", o di "Key
Largo", ma togliendo tutte le parti e i dettagli che fanno del
film di Kubrick un capolavoro, vale a dire: pura e semplice violenza.
E' comunque vagamente ispirato a un fatto vero di cronaca, del 1924.
Salverei comunque gli attori, che fanno la loro parte da seri
professionisti. Forse anche l'aver messo un'aria d'opera all'inizio è
un rimando a Kubrick, ma qui la presenza di grande musica non ha un
vero senso, non ha utilità narrativa e infatti la voce di Gigli è
subito cancellata da un heavy metal sparato a diecimila watt. A pensarci bene, è quello che capita ogni giorno a qualcuno di noi; ed è anche un luogo comune molto (troppo) ripetuto, la "classica" per gente che non sa vivere, gente riflessiva, che storia vuoi raccontare al cinema intorno a gente che ama "la classica"? Se questa è l'idea di fondo che c'è dietro il film di Haneke, è davvero terrificante: ma per stupidità, non per altro.
Temo proprio che non ci sia molto altro, dietro "Funny games".
Quella che ho visto è la versione
tedesca del 1997, ne esiste un remake americano girato dallo stesso
Haneke con Naomi Watts, Tim Roth e altri; pare che sia identica ma io
mi guarderò bene dall'indagare. Haneke ha poi diretto anche "Il
nastro bianco", che invece mi era piaciuto anche se con molte
riserve. Dato che, considerata anche la sua lunghezza, ho fatto scorrere velocemente molte sequenze di "Funny games"
il più veloce possibile mandando un accidente al giornalista o
addetto stampa che mi ha segnalato questo film, mi è rimasto il
dubbio su quel telecomando nel finale, che riporta in vita uno dei
due assassini: forse un tasto rewind? (ma quello che succede non è
uno scherzo, è tutto troppo serio). I videogames nei film, o nella
vita reale: nei videogames si può annullare una mossa e ripartire
con una nuova vita dopo morti, e viene da pensare che l'odierna
ondata di violenza (domestica e no) abbia molto probabilmente questa
origine. L'idea che sfiorando un tasto del telecomando si possa
cancellare tutto, anche la morte, e ricominciare come se niente
fosse: forse anche il norvegese Breivik aveva visto questo film,
prima di ammazzare o ferire cento persone sull'isola di Utoya?
(gennaio 2014)
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