Armonie di Werckmeister (2000) Regia di
Bela Tarr. Scritto da Laszlo Krasznahorkay, Bela Tarr, Agnes
Hranitzky. Montaggio di Agnes Hranitzk. Musica: Mihàly Vig.
Fotografia: diversi operatori. Interpreti: Lars Rudolph, Peter Fitz,
Hanna Schygulla, e altri attori ungheresi. Durata: 145 minuti
3.
Janos mostra al signor Eszter la
valigia, e spiega le minacce di sua moglie. Eszter dice pacato che
non ha intenzione di fare niente, Janos con dolcezza lo convince che
la signora Tünde fa sul serio, che è meglio uscire; in due ore si
può sbrigare tutto e poi la vita continuerà come prima, senza più
disturbi.
I due escono di casa insieme; a 1h07
incontrano conoscenti che si lamentano del caos, e vedono la balena
come simbolo del male, bisogna "agire per ristabilire l'ordine".
Eszter è insofferente, ma li ascolta e si rende disponibile. In
precedenza, Janos aveva detto a Eszter che la balena è una cosa da
vedere, che non c'era da aver paura. Il signor Eszter dice: "non
dobbiamo perdere la testa altrimenti l'orrore che ci circonda avrà
la meglio su di noi"
A 1h16 Janos è a casa della signora Tünde, dove un
uomo fuori campo (è il capo della polizia, ubriaco) impreca contro
la balena e contro gli insorti, "farò sparare sulla folla,
manderò i blindati". La signora Tünde manda Janos a casa del
capo della polizia, per "mettere a letto i bambini", e poi
dovrà tornare da lei per riferire su ciò che succede. Janos esce.
Vediamo il capo della polizia seduto sul letto, ubriaco, una pistola
in mano, la marcia Radetzky a tutto volume (Austria-Ungheria?), lui e
signora Tünde danzano goffamente (lui è ubriaco, lei no).
A 1h23 Janos arriva a casa del capo
della polizia, i bambini sono due e sono scatenati, non vogliono
andare a dormire, continua la marcia Radetzky ma da lontano, è un
disco rotto che si incanta. I bambini fanno di tutto, Janos
sconsolato li lascia. A 1h26 Janos in strada incontra il suo
vicino Lajos, il calzolaio. Lajos è preoccupato, chiede a Janos cosa
fa in strada, gli dice "non è cosa per noi" e lo invita a
essere prudente. In strada ci sono dei fuochi, sulla piazza molti
uomini (niente donne) che li presidiano. Janos chiede sottovoce se si
può entrare dalla balena e riceve una rispostaccia: cosa gli viene
mai in mente in questi momenti?
A 1h30 Janos entra dalla balena, di
nascosto. "hai visto quanti guai hai combinato? eppure è da
tanto tempo che non puoi far del male a nessuno...". Poi sente
due voci, e va a vedere: l'impresario della balena e l'interprete del
principe litigano, il principe è fuori controllo, arringa la folla,
incita alla violenza. Non vediamo mai il principe (un nano?), che
parla in una lingua che non è l'ungherese e ha bisogno di traduzione
(un nazista?) L'interprete, un uomo alto e robusto, minaccioso,
traduce come se sapesse già tutto a memoria, non c'è nemmeno bisogno di
ascoltare. L'impresario si toglie di mezzo, che vadano per la loro
strada, lui non ne vuole sapere più niente. Janos corre fuori
spaventato.A 1h36 cannoni, lampi di bombe lontane, l'incendio è iniziato; Janos è in strada. A 1h38 inizia la marcia degli uomini che prima erano in piazza, ascoltiamo solo il rumore dei loro passi. (una lunga sequenza, che ricorda Metropolis di Fritz Lang) E' buio, l'eclissi di cui si parlava all'inizio? (ricordi anche di Tadeusz Kantor)
A 1h42 la marcia trova la sua meta, un
ospedale, i bagni, i letti con i malati (un ospizio, un manicomio,
una caserma?). Gli uomini irrompono e spaccano tutto, buttano giù le
persone dai letti, vanno in ogni stanza, si fermano solo davanti a un
uomo molto anziano in una vasca. Poi inizia la musica. Gli uomini si
fermano davanti all'anziano impaurito, tornano indietro, tutti se ne
vanno. (Una violenza del tutto insensata). A 1h53 Janos è da solo nell'ospedale
vuoto, tra i mobili rovesciati, nel bianco del palazzo. Seduto per
terra, legge da un libro abbandonato i discorsi come quelli del
principe, incitazioni alla violenza, discorsi folli. Poi si alza e
torna in strada, dove suona una sirena d'allarme. Un carro armato è in
strada, molti militari e con loro la signora Tünde. Janos si
allontana, ma trova Lajos morto, in terra, sulla strada.
A 2h07 siamo nell'ospedale vuoto, Janos è in camicia da notte, ricoverato, seduto su un letto, come assente, lo sguardo nel vuoto. Accanto a lui il signor Eszter che cerca di rassicurarlo, tornerà presto a casa, gli sta preparando un letto e i vestiti. Dice anche che ha accordato il pianoforte "come un pianoforte qualsiasi". Nulla ha più importanza, nulla più. Il signor Eszter raccoglie il contenitore per il pranzo (ora deve farlo da solo, Janos non è in condizione di farlo) ed esce sulla strada. Arriva sulla piazza: il container è stato sfasciato, la balena è visibile e abbandonata. Musica. Il signor Eszter guarda la balena, poi si allontana; la piazza è vuota, c'è foschia, nessuno intorno.
Tento adesso una mia lettura, e la riporto qui
per quel che vale (con molte scuse all'Autore): la balena è il
simbolo di ciò che è grande e bello (la creazione del Signore, e in
genere la Natura), o meglio di ciò che è stato grande e bello, e
ora è considerato solo ingombrante, anche perché gli è stata tolta
la vita. La gente non capisce, trova quel corpo assurdo e inquietante
(come la Cultura, la Scienza, l'istruzione in generale: Darwin, Giordano Bruno, Galileo, e
oggi). A ciò che è
grande e bello, o a ciò che è stato grande e bello, si appiccica il
principe con i suoi discorsi che incitano alla violenza (come fece
Stalin con il comunismo? o come fece il nazismo con la grande
tradizione tedesca, Beethoven e Brahms inclusi?). Janos soffre di
questa situazione, soffre come lo Stalker di Tarkovskij anche se è
persona più semplice dello Stalker, quasi un principe Myskin ma di
estrazione operaia.
Il signor Eszter vive come un'oppressione il Sistema Temperato, alla fine (dopo le violenze e il "ristabilimento dell'ordine") tornerà ad accordare il pianoforte "in modo normale", cioè come fanno tutti, senza più pensieri di ordine divino o trascendente. Janos alla fine è esausto, forse impazzito, senza più forze: e in questo è davvero molto simile al principe Myskin di Dostoevskij, che termina in casa di cura i suoi giorni, non sopportando la violenza e la grossolanità degli altri.
Alla fine, il signor Eszter contemplerà
la balena messa a nudo dalla violenza, enorme corpo devastato,
abbandonato a se stesso. La violenza dei marciatori è del tutto
insensata, non va a colpire la causa del male ma un ospedale, una
casa di riposo (vedi Grillo, i forconi, la Lega Nord...) e in questo
fa il gioco della repressione, già pronta fin da prima che tutto
cominci, aspettavano solo una scusa per partire. L'elicottero che
gira sopra la testa di Janos è Orwell, è Huxley, è il moderno
drone che non ha nemmeno più bisogno di un pilota. Per la follia
finale del protagonista si pensa anche a "Brazil" di Terry
Gilliam, cioè ancora a Orwell 1984.
L'epoca non è specificata, difficile
dire se si tratti degli anni 50 o 60 o inizio 70, anche se
trattandosi dell'Ungheria il pensiero corre subito al 1956; ma anche
questo potrebbe essere un depistaggio, l'argomento è di quelli che
purtroppo non hanno data né scadenza né provenienza politica o
religiosa. Anche al di là delle parole e delle apparenze, la
dittatura è dittatura e basta, l'ignoranza e la violenza cercano
maschere politiche o religiose ma sono sempre fini a se stesse.
Rimangono i sogni infranti, l'inevitabile naufragio delle persone
migliori, la follia e la violenza insensata dei militari.
Dal punto di vista tecnico e narrativo,
Bela Tarr fa tutto quello che nelle scuole di cinema sconsigliano e
che i produttori evitano come la peste; di conseguenza è grande,
epico, fuori dal tempo, classico e senza tempo. Bela Tarr se ne
infischia dei tempi pubblicitari, ed essendo molto preparato
tecnicamente (oppure appoggiandosi a tecnici preparati, come facevano
Welles e Fellini) inventa dei capolavori inusuali per questo inizio
di millennio: pensa in grande, e non in piccolo. Si può fare anche
con un budget limitato, e il cinema di Bela Tarr ne è la
dimostrazione. Il film è girato in un bianco e nero leggermente
virato al verde, come nelle sequenze iniziali e finali di "Stalker"
di Tarkovskij, come nel cinema muto, degno erede di Dreyer e di
Murnau e del Caligari, di Griffith e dei grandi visionari del cinema.
Va ricordato soprattutto l’inizio
meraviglioso: la riflessione su morte e vita fatta dentro un bar, tra
ubriachi, col sole fisso a girare su se stesso e Terra e Luna che gli
girano intorno; e l’eclissi, quando si ferma tutto e c’è freddo
e buio, ma è solo un attimo e poi riprende la vita. Il finale sembra
contraddire la visione iniziale di Valuska, ma forse anche questo
momento che viviamo è solo un attimo di quell'eclissi, e poi tornerà
la luce.
una sequenza paragonabile a quella che si vede qui è in un film di Sergej Bondarciuk, "Dieci giorni che sconvolsero il mondo": la marcia verso il Palazzo d'Inverno, con la conclusione in un ospedale. Il film di Bondarciuk è del 1982, ovviamente è molto diverso ma è molto probabile che Bela Tarr lo abbia visto e se ne sia ricordato.
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