- Heimat (1984) Regia di Edgar Reitz.
Scritto da Edgar Reitz e Peter Steinbach. Fotografia di Gernot Roll.
Interpreti: Marita Breuer, Michael Kausch, Michael Lesch, Gudrun
Landgrebe, Kurt Wagner, e molti altri. 11 episodi, durata totale 15
ore e 40'
- Die zweite Heimat (1992). Regia di
Edgar Reitz. Scritto da Edgar Reitz. Fotografia di Gernot Roll e
altri. Interpreti: Henry Arnold, Salome Kammer, Anke Sevenich, e
molti altri. 13 episodi, durata totale 25 ore 32'
- Heimat 3 (2004) Regia di Edgar Reitz
Scritto da Edgar Reitz e Thomas Brussig. Fotografia di Thomas Mauch
e Christian Reitz. Interpreti: Henry Arnold, Salome Kammer, Anke
Sevenich, Peter Schneider e altri. 6 episodi, durata totale 11 ore e
50' circa
1.
All’inizio di “Heimat”, il film
di Edgar Reitz, un giovane soldato torna dalla Grande Guerra. Appena
arrivato a casa, nel villaggio dove è nato, incontra suo padre: ma,
prima ancora di parlargli e di abbracciarlo, prende in mano gli
strumenti di lavoro e ricomincia con lui il suo lavoro di fabbro. Non
c’è bisogno di parlare: senza dire una parola, con gesti antichi e
sempre uguali, il figlio aiuta il padre a cerchiare una ruota, e a
montarla sul carro.
"Heimat" si può tradurre con
"patria", ma il senso della parola (come del resto nella
parola italiana, ma noi non ci facciamo più caso) è più profondo e
indica un sentimento di appartenenza, qualcosa di intimo più che di
politico o nazionalistico. Il film uscì nei cinema (tutto intero,
quindici ore) e poi venne adattato in puntate per la tv. Si inizia
dal 1918, con il ritorno a casa, da sconfitto, del giovane soldato
tedesco; si seguono le vicende della sua famiglia fino al secondo
dopoguerra, cioè negli anni '50. "Heimat" ebbe grande
successo, e nel 1992 uscì la seconda parte, "Die zweite Heimat"
che trattando degli anni '50 e '60 è molto meno drammatica ma che è
più adatta a questo blog perché vi si parla molto di musica. Nel
2004 altri sei episodi raccontarono gli anni successivi; Edgar Reitz
ritornerà su questa storia nel 2015 ma ripartendo da fine '800.
Porto qui solo la parte più strettamente legata alla musica,
rimandando ad altra occasione un discorso più ampio su tutto
"Heimat".
Nella prima parte di “Heimat”,
girata nel 1984, il regista tedesco Edgar Reitz segue la storia della
Germania, tra il 1918 e gli anni ’50, partendo da un piccolo paese
di campagna dello Hunsrück. E’ un film molto lungo, diviso in 11
episodi; ed è uno dei film più emozionanti che mi sia capitato di
vedere. Girato quasi sottovoce, con grande attenzione e amore verso i
suoi personaggi, è davvero il modo ideale per imparare a conoscere
la Storia, così come viene vissuta ( e subita) dalla gente comune
nel corso della sua vita, fatta di eventi personali e comuni a tutti
ma sempre diversi: nascite, morti, lavoro, amori. Gli ultimi due
episodi della prima serie di Heimat arrivano fino agli anni ’60, e
anche ai primi anni ’80. Da essi apprendiamo che Hermann, il più
giovane della famiglia, nato in tempo di guerra, è diventato un
musicista: compositore e direttore d’orchestra. E’ il primo della
sua famiglia ad aver avuto la possibilità di studiare, e ad andare a
vivere lontano dal piccolo paese di Schabbach.
Nel 1993 esce la seconda serie di
“Heimat”. Sono altri 13 episodi, tutti dedicati ad Hermann: si
parte dal suo arrivo a Monaco, in Baviera, per iscriversi al
Conservatorio, e si passano tutti gli anni ’60 in sua compagnia.
Hermann, che arriva dalla campagna, vive la grande città, conosce
molte persone, si sposa, passa attraverso la Contestazione del '68,
ha una figlia, viaggia, si separa; e ha un discreto successo in campo
musicale.
"Die zweite Heimat" è pieno
di musica. Molti dei suoi protagonisti (è un film corale) sono
studenti di musica. Hermann suona la chitarra e il pianoforte, e
studia composizione; il suo amico cileno Juan tenta l’iscrizione al
Conservatorio come compositore, ma viene respinto perché la sua
musica “è troppo legata al folklore”. Juan non se ne farà mai
una ragione, e rimarrà sempre triste e un po’ smarrito: ma la sua
era vera musica, nuova e antica nello stesso tempo, un po’ troppo
avanti rispetto all’epoca. C’è anche spazio per il cinema: tra
gli amici di Hermann ci sono tre giovani tedeschi “folgorati”
dalla Nouvelle Vague di Godard. Siamo nei primi anni ’60, e a
Monaco si vive un anticipo del ’68, molto mal visto dai cittadini
bavaresi: a Hermann verrò sfasciata la chitarra a cui teneva tanto,
ma solo perché era una chitarra. I poliziotti gli si avvicinano
mentre sta andando a lezione (Hermann non fa mai politica attiva, ed
è arrivato da poco a Monaco), sono ancora esasperati dagli scontri
di quei giorni (1963, se non ricordo male), e la vista di un giovane
con la chitarra per loro è una provocazione. E’ con la chitarra
che ce l’hanno, non con Hermann: una volta sfasciata la chitarra,
se ne andranno lasciandolo libero.
Nell’ultima puntata della prima
"Heimat" avevamo visto Hermann dirigere un suo concerto. E'
un evento: a casa sua, nel suo piccolo paese, si ascolta ogni nota
attraverso la diretta radiofonica, in un ascolto collettivo. Sono
tutti interessatissimi, ma poi si ribellano: che musica è questa?
Questa non è musica, è caos. Solo Glasisch, il narratore della
storia, l'uomo semplice e ormai anziano, capisce: riconosce le voci
degli uccelli di Schabbach, e i rumori del bosco. Intervistato dalla
radio, qualcuno chiede al giovane compositore se il suo modello è il
celebre Olivier Messiaen (francese, 1908-1992), musicista e
ornitologo: ma lui risponde di no, che il suo modello è Fortner. Ho
frequentato Messiaen come ascoltatore, la sua musica ha grande
fascino; non sapevo invece nulla di Fortner.
La Garzantina presenta così Fortner:
«Wolfgang Fortner (Lipsia, 1907-1987) compositore tedesco.
Personalità di rilievo nel mondo musicale tedesco e internazionale,
noto anche come insegnante (tra i suoi allievi H.W.Henze) e
organizzatore, ha esplicato la sua attività a Heidelberg, Darmstadt,
Detmold, Friburgo, tenendo corsi d'insegnamento anche all'estero
(Salisburgo, Teresopolis, Tanglewood). (...) Partito, sulla scia di
Hindemith e Stravinskij, da posizioni costruttivistiche, basate su un
impianto densamente contrappuntistico, Fortner è approdato nel
secondo dopoguerra alla dodecafonia. La ricerca di una stringata
logica costruttiva si è sempre unita in lui a una schietta vena
drammatica.» Fortner ha scritto opere, balletti, musiche per cinema
e per teatro, lieder, concerti sinfonici e da camera, musica per
organo, moltissimi titoli; un compositore molto prolifico.
Nella terza serie di Heimat verremo a
sapere che Hermann non è diventato un grande musicista. A un certo
punto della sua vita, si è accorto di essere un mediocre; ed è una
scoperta triste, ma che va accettata.
(1-continua)
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