sabato 6 aprile 2019

Heimat di Edgar Reitz ( I )


- Heimat (1984) Regia di Edgar Reitz. Scritto da Edgar Reitz e Peter Steinbach. Fotografia di Gernot Roll. Interpreti: Marita Breuer, Michael Kausch, Michael Lesch, Gudrun Landgrebe, Kurt Wagner, e molti altri. 11 episodi, durata totale 15 ore e 40'
- Die zweite Heimat (1992). Regia di Edgar Reitz. Scritto da Edgar Reitz. Fotografia di Gernot Roll e altri. Interpreti: Henry Arnold, Salome Kammer, Anke Sevenich, e molti altri. 13 episodi, durata totale 25 ore 32'
- Heimat 3 (2004) Regia di Edgar Reitz Scritto da Edgar Reitz e Thomas Brussig. Fotografia di Thomas Mauch e Christian Reitz. Interpreti: Henry Arnold, Salome Kammer, Anke Sevenich, Peter Schneider e altri. 6 episodi, durata totale 11 ore e 50' circa

1.
All’inizio di “Heimat”, il film di Edgar Reitz, un giovane soldato torna dalla Grande Guerra. Appena arrivato a casa, nel villaggio dove è nato, incontra suo padre: ma, prima ancora di parlargli e di abbracciarlo, prende in mano gli strumenti di lavoro e ricomincia con lui il suo lavoro di fabbro. Non c’è bisogno di parlare: senza dire una parola, con gesti antichi e sempre uguali, il figlio aiuta il padre a cerchiare una ruota, e a montarla sul carro.

"Heimat" si può tradurre con "patria", ma il senso della parola (come del resto nella parola italiana, ma noi non ci facciamo più caso) è più profondo e indica un sentimento di appartenenza, qualcosa di intimo più che di politico o nazionalistico. Il film uscì nei cinema (tutto intero, quindici ore) e poi venne adattato in puntate per la tv. Si inizia dal 1918, con il ritorno a casa, da sconfitto, del giovane soldato tedesco; si seguono le vicende della sua famiglia fino al secondo dopoguerra, cioè negli anni '50. "Heimat" ebbe grande successo, e nel 1992 uscì la seconda parte, "Die zweite Heimat" che trattando degli anni '50 e '60 è molto meno drammatica ma che è più adatta a questo blog perché vi si parla molto di musica. Nel 2004 altri sei episodi raccontarono gli anni successivi; Edgar Reitz ritornerà su questa storia nel 2015 ma ripartendo da fine '800. Porto qui solo la parte più strettamente legata alla musica, rimandando ad altra occasione un discorso più ampio su tutto "Heimat".
Nella prima parte di “Heimat”, girata nel 1984, il regista tedesco Edgar Reitz segue la storia della Germania, tra il 1918 e gli anni ’50, partendo da un piccolo paese di campagna dello Hunsrück. E’ un film molto lungo, diviso in 11 episodi; ed è uno dei film più emozionanti che mi sia capitato di vedere. Girato quasi sottovoce, con grande attenzione e amore verso i suoi personaggi, è davvero il modo ideale per imparare a conoscere la Storia, così come viene vissuta ( e subita) dalla gente comune nel corso della sua vita, fatta di eventi personali e comuni a tutti ma sempre diversi: nascite, morti, lavoro, amori. Gli ultimi due episodi della prima serie di Heimat arrivano fino agli anni ’60, e anche ai primi anni ’80. Da essi apprendiamo che Hermann, il più giovane della famiglia, nato in tempo di guerra, è diventato un musicista: compositore e direttore d’orchestra. E’ il primo della sua famiglia ad aver avuto la possibilità di studiare, e ad andare a vivere lontano dal piccolo paese di Schabbach.

 
Nel 1993 esce la seconda serie di “Heimat”. Sono altri 13 episodi, tutti dedicati ad Hermann: si parte dal suo arrivo a Monaco, in Baviera, per iscriversi al Conservatorio, e si passano tutti gli anni ’60 in sua compagnia. Hermann, che arriva dalla campagna, vive la grande città, conosce molte persone, si sposa, passa attraverso la Contestazione del '68, ha una figlia, viaggia, si separa; e ha un discreto successo in campo musicale.
"Die zweite Heimat" è pieno di musica. Molti dei suoi protagonisti (è un film corale) sono studenti di musica. Hermann suona la chitarra e il pianoforte, e studia composizione; il suo amico cileno Juan tenta l’iscrizione al Conservatorio come compositore, ma viene respinto perché la sua musica “è troppo legata al folklore”. Juan non se ne farà mai una ragione, e rimarrà sempre triste e un po’ smarrito: ma la sua era vera musica, nuova e antica nello stesso tempo, un po’ troppo avanti rispetto all’epoca. C’è anche spazio per il cinema: tra gli amici di Hermann ci sono tre giovani tedeschi “folgorati” dalla Nouvelle Vague di Godard. Siamo nei primi anni ’60, e a Monaco si vive un anticipo del ’68, molto mal visto dai cittadini bavaresi: a Hermann verrò sfasciata la chitarra a cui teneva tanto, ma solo perché era una chitarra. I poliziotti gli si avvicinano mentre sta andando a lezione (Hermann non fa mai politica attiva, ed è arrivato da poco a Monaco), sono ancora esasperati dagli scontri di quei giorni (1963, se non ricordo male), e la vista di un giovane con la chitarra per loro è una provocazione. E’ con la chitarra che ce l’hanno, non con Hermann: una volta sfasciata la chitarra, se ne andranno lasciandolo libero.
 

Nell’ultima puntata della prima "Heimat" avevamo visto Hermann dirigere un suo concerto. E' un evento: a casa sua, nel suo piccolo paese, si ascolta ogni nota attraverso la diretta radiofonica, in un ascolto collettivo. Sono tutti interessatissimi, ma poi si ribellano: che musica è questa? Questa non è musica, è caos. Solo Glasisch, il narratore della storia, l'uomo semplice e ormai anziano, capisce: riconosce le voci degli uccelli di Schabbach, e i rumori del bosco. Intervistato dalla radio, qualcuno chiede al giovane compositore se il suo modello è il celebre Olivier Messiaen (francese, 1908-1992), musicista e ornitologo: ma lui risponde di no, che il suo modello è Fortner. Ho frequentato Messiaen come ascoltatore, la sua musica ha grande fascino; non sapevo invece nulla di Fortner.
 
La Garzantina presenta così Fortner: «Wolfgang Fortner (Lipsia, 1907-1987) compositore tedesco. Personalità di rilievo nel mondo musicale tedesco e internazionale, noto anche come insegnante (tra i suoi allievi H.W.Henze) e organizzatore, ha esplicato la sua attività a Heidelberg, Darmstadt, Detmold, Friburgo, tenendo corsi d'insegnamento anche all'estero (Salisburgo, Teresopolis, Tanglewood). (...) Partito, sulla scia di Hindemith e Stravinskij, da posizioni costruttivistiche, basate su un impianto densamente contrappuntistico, Fortner è approdato nel secondo dopoguerra alla dodecafonia. La ricerca di una stringata logica costruttiva si è sempre unita in lui a una schietta vena drammatica.» Fortner ha scritto opere, balletti, musiche per cinema e per teatro, lieder, concerti sinfonici e da camera, musica per organo, moltissimi titoli; un compositore molto prolifico.

Nella terza serie di Heimat verremo a sapere che Hermann non è diventato un grande musicista. A un certo punto della sua vita, si è accorto di essere un mediocre; ed è una scoperta triste, ma che va accettata.

(1-continua)


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