venerdì 3 marzo 2017

Enrico Caruso

 
Enrico Caruso (1873-1921) ha recitato come attore in due film; ovviamente siamo molto prima del sonoro, per ascoltare la voce di Caruso bisognerà continuare a rivolgersi alle registrazioni. Che cominciano molto presto, praticamente fin da subito, con i cilindri Edison ancora prima che con il disco come siamo abituati a conoscerlo. La voce di Caruso al cinema si ascolta in moltissimi film, l'elenco completo è su www.imdb.com e qui basterà ricordare "Fitzcarraldo" di Werner Herzog. Sono invece molto brutti o deludenti i film biografici su Caruso, meglio evitare con cura sia le fiction tv che il pastrocchio hollywoodiano anni '50 interpretato da Mario Lanza (che non era un tenore, ma un cantante di musica leggera che imitava i cantanti d'opera nell'emissione della voce). Sulla vita di Enrico Caruso esiste un altro film italiano, girato nel 1951: protagonisti Ermanno Randi e Gina Lollobrigida, regia di G.Gentilomo.
Nel dettaglio, i due film come attore di Enrico Caruso sono questi:
"My cousin" (1918) regia del belga Edward Josè, durata 49 minuti, disponibile su youtube grazie al benemerito lavoro della Cineteca di Bologna: tutt'altro che un capolavoro, mostra Caruso in due ruoli, uno scultore poco fortunato e suo cugino, famoso tenore del Metropolitan di New York.
"The splendid romance" (1919) regia di Edward Josè, dove Caruso è il Principe Cosimo; di più non sono riuscito a sapere.
Su internet movie database sono indicati questi brevi filmati: 1907, quattro minuti dalla Lucia di Lammermoor; 1909, un'aria dall'Africana di Meyerbeer; 1911, ancora la Lucia di Lammermoor con il baritono Pol Plancon. Per vedere altri filmati di Caruso su youtube, bisogna cercare "Enrico Caruso various movie clips".
 

La carriera di Enrico Caruso si svolse in gran parte in America; al Metropolitan di New York Caruso era praticamente come a casa sua, e divenne ricchissimo. E' qui che lo incontra Charlie Chaplin: siamo nel 1916, l'ultimo film girato in quel momento da Charlot si chiama "Carmen", e forse anche da questo nasce il bisticcio di parole del racconto. David Belasco è l'autore di Madame Butterfly e di The girl of the golden West, messe in musica da Puccini; Giulio Gatti Casazza (1869-1940) fu impresario prima alla Scala e poi al Metropolitan, dove rimase venticinque anni portando il teatro di New York a livelli qualitativi molto alti.
Charlie Chaplin è ormai ricco, famosissimo in tutto il mondo; si prende una vacanza e arriva a New York dalla California (Hollywood stava nascendo in quegli anni) ma a New York si sente un po' spaesato, non fa ancora parte del jet set e tende ad appartarsi.
(...) Maurice Guest, genero di David Belasco, (...) era un tipo emotivo che quando parlava pareva sempre avercela con te. «Dove diavolo ti eri cacciato?» Poi, prima che potessi rispondere: «Perché diavolo non sei venuto a trovarmi?». Gli dissi che stavo solo facendo quattro passi. «Che diamine! Non dovresti isolarti cosi! Dove vai?» «In nessun posto - risposi docilmente. - prendevo una boccata d’aria.» «Forza! » disse lui, dandomi uno strattone e prendendomi a braccetto per precludermi ogni via di scampo. «Ti presenterò io alla gente che conta... a quella che dovresti frequentare.»
«Dove andiamo? » chiesi ansiosamente.
«Stai per conoscere il mio amico Caruso» disse lui. Ogni protesta fu vana. «Oggi c’è una matinée della Carmen con Enrico Caruso e Geraldine Farrar. »
«Ma io... »
«Non avrai mica paura! Caruso è un tipo formidabile, semplice e umano come te. Sarà felicissimo di conoscerti, concederti un autografo, eccetera. »
Cercai di dirgli che preferivo fare quattro passi e prendere una boccata d’aria fresca.
«Non temere, ti farà meglio dell’aria fresca! » E così mi trovai sospinto attraverso l'atrio del Metropolitan e giù per la corsia fino a due poltrone vuote. «Siedi qui - mormorò Guest. - Vengo a prenderti nell'intervallo.» Poi tornò sui suoi passi e scomparve.
 
Avevo sentito parecchie volte la musica della Carmen, ma ora mi parve poco familiare. Guardai il programma: sì, era mercoledì, e per quel giorno esso annunciava la Carmen. Ma stavano suonando un'altra aria che mi parve altrettanto familiare e che somigliava più al Rigoletto. Ero confuso.
Circa due minuti prima della fine dell'atto, Guest sedette silenziosamente nella poltrona accanto alla mia. «Ma é proprio la Carmen? » sussurrai. «Sì - rispose lui - non hai il programma? »
Me lo strappò di mano. «Sì - mormorò - Caruso e Geraldine Farrar, mercoledì, matinée, Carmen: eccola qui! »
Calò il sipario e lui mi spinse lungo una fila di poltrone fino all'ingresso laterale che portava nei camerini. Macchinisti dalle scarpe felpate cambiavano la scena dando l'impressione di essere sempre tra i piedi. L'atmosfera era quella di un brutto sogno. A un tratto ne uscì un uomo alto e snello, austero e solenne, col pizzo e un paio d’occhi da bracco che mi scrutarono dalla sua sommità. Si fermò al centro del palcoscenico, con un’espressione preoccupata, mentre i macchinisti andavano e venivano intorno a lui. «Come sta il mio buon amico, il signor Gatti Casazza? » chiese Maurice Guest tendendogli la mano. Gatti-Casazza la strinse e fece un gesto sprezzante, poi borbottò qualche cosa.
Finalmente Guest si rivolse a me. «Hai ragione, non era la Carmen ma il Rigoletto. Geraldine Farrar ha telefonato all’ultimo momento per avvertire che aveva il raffreddore. Questo è Charlie Chaplin - disse Guest. - Lo porto a conoscere Caruso, forse la cosa lo metterà di buonumore. Venga con noi.» Ma Gatti-Casazza scosse tristemente il capo.
«Dov’è il suo camerino?» Gatti Casazza chiamò il direttore di scena. «Glielo indicherà lui.» L’istinto mi diceva di non disturbare Caruso in un momento simile e palesai i miei timori a Guest.
«Non fare lo stupido» rispose lui. A tentoni ci dirigemmo lungo il corridoio fino al suo camerino. «Qualcuno ha spento la luce - disse il direttore di scena. - Un momento, cerco l’interruttore.»
«Senti - disse Guest - c'è gente che mi aspetta, devo scappare.»
«Non vorrai mica andartene?» domandai, in fretta.
«Sta’ tranquillo, non ti mangerà.»
Prima che potessi rispondere egli scomparve, lasciandomi immerso nelle tenebre. Il direttore di scena accese un fiammifero. «Eccoci qua» disse, e bussò discretamente a una porta. Dall’interno esplose una voce in italiano. L’amico rispose in italiano, finendo con le parole «Charlie Chaplin! » Si udì un'altra esplosione.
«Senta - mormorai - un’altra volta.» «No, no» disse lui; ormai aveva una missione da compiere. La porta si schiuse di pochi centimetri e il costumista aguzzò gli occhi nell’oscurità. In tono addolorato l'amico spiegò chi ero. «Oh!» disse il costumista, poi tornò ad accostare il battente. La porta si riaprì. «Si accomodi, prego!» Questa piccola vittoria parve dare le ali al mio compagno.
Quando entrammo Caruso era seduto al tavolo da toletta davanti a una specchiera, voltandoci le spalle, e si stava spuntando do i baffi.
«Ah, signore! - disse allegramente il mio amico - E' per me un grandissimo piacere presentarle il signor Chaplin, il Caruso del cinema.»
Caruso fece un piccolo inchino allo specchio e continuò a spuntarsi i baffi. Finalmente si alzò, squadrandomi attentamente mentre si affibbiava la cintura.
« Ha avuto un grande successo, eh? Sta facendo un mucchio di soldi.»
«Sì» risposi con un sorriso.
« Dev’essere molto contento.»
«Altroché.» Poi guardai il direttore di scena.
«Dunque» disse allegramente lui, e il tono della voce mi fece capire che era venuto il momento del congedo.
«Ora torno a godermi il resto della Carmen » dissi sorridendo.
« Del Rigoletto! » disse Caruso, stringendomi la mano.
«Oh si, certo! E' meraviglioso, meraviglioso!».
(Charlie Chaplin, Autobiografia, ed. Oscar Mondadori 1977, traduzione Vincenzo Mantovani, pagine 192-194)
Direi che si tratta di un incontro divertente ma tutt'altro che significativo, Chaplin e Guest sembrano far concorrenza a Totò e Peppino De Filippo...
 
(qui sopra, Enrico Caruso è con Lina Cavalieri)
 

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