sabato 18 marzo 2017

La Traviata (1982, Zeffirelli)


La traviata (1983) Regia di Franco Zeffirelli. Musica di Giuseppe Verdi. Direzione musicale: James Levine. Metropolitan Chorus and Orchestra. Fotografia di Ennio Guarnieri. Scene di Franco Zeffirelli. Costumi di Piero Tosi. Coreografie di Alberto Testa. Interpreti: Teresa Stratas, Plàcido Domingo, Cornell Mac Neill, Maurizio Barbacini, Ferruccio Furlanetto, Pina Cei, Allan Monk, Axelle Gall, Renato Cestiè, e molti altri. Ballerini: Ekaterina Maximova, Vladimir Vassiliev. Durata: 109 minuti

Sulla "Traviata" incombe lo stesso equivoco nato intorno all'Aida, e cioè che siano opere che necessitano di scenografie imponenti e costose, di costumi sfarzosi, gioielli, diamanti, ambienti clamorosamente ricchi e grandi. In realtà, ed all'ascolto è evidente, si tratta di due drammi intimi e raccolti, dove prevalgono i sentimenti personali, l'amore, la gioia, il dolore. Poi, certo, ci sono le scene "grandi", con il coro e con tanti interpreti: il trionfo nell'Aida e le feste nella Traviata. Qui ci si può e ci si deve sbizzarrire, ma sempre con un minimo di attenzione e di senso del limite. E' questo senso del limite che è mancato spesso a Zeffirelli, anche in teatro: regista tra i più grandi, ogni tanto sembra essere colto da una specie di "horror vacui" e riempie la scena di una gran quantità di cose e di personaggi, anche non previsti. Ricordo in teatro una sua "Cavalleria Rusticana" (Mascagni) dove c'era chi commentava che case così perfette potevano essere smontate e spedite là dove ce ne era bisogno e una "Turandot" (Puccini) così strapiena di gente e di oggetti da far sembrare piccolo il palcoscenico della Scala (che non è affatto piccolo), con il boia che roteava la sua scure (enorme, la scure) e migliaia di comparse a riempire ogni minimo spazio, un "horror vacui", per l'appunto, degno delle pagine domenicali del grande Jacovitti.
Detto questo, Zeffirelli è senza ombra di dubbio un grande regista e di grande tecnica, padrone completo di ogni aspetto della messa in scena; ma esagerare non va mai bene e troppo spesso Zeffirelli esagera. Se ci fosse stato ancora Luchino Visconti, suo maestro riconosciuto ("Senso", del 1954, vide Zeffirelli fra i suoi collaboratori) un po' di sobrietà gliela avrebbe suggerita, magari con i toni bruschi che gli erano soliti.
Il film di Zeffirelli tratto da "La traviata" è più o meno così, con tutto il bene che se ne può dire e con tutti i difetti caratteristici di Zeffirelli. Il mio parere, per quel che vale, è che si tratta di un'illustrazione corretta di quello che succede nell'opera, e può sicuramente piacere soprattutto in tempi come questi in cui i registi si impegnano a fondo per non far capire niente di cosa succede in un'opera lirica.
Plàcido Domingo qui è ancora giovane e in piena forma, uno dei migliori per questo ruolo. Teresa Stratas nel fisico ricorda molto Maria Callas (un po', non tanto), ed era all'inizio degli anni Ottanta famosa più per il repertorio contemporaneo (ebbe grande successo nella "Lulu" di Alban Berg) che non in Verdi e Puccini, ma svolge bene il compito che le è richiesto. Il baritono è Cornell Mac Neill, vecchia gloria verdiana. Direttore d'orchestra è James Levine, alla guida della sua orchestra, quella del Metropolitan di New York. Nel corpo di ballo, i solisti sono i ballerini del Bolscioi di Mosca Ekaterina Maximova e Vladimir Vassiliev, il coreografo è Alberto Testa. Tra gli attori si può far notare il nome di Renato Cestiè, che qui interpreta un facchino ma che è stato da bambino uno dei divi più richiesti del cinema italiano. Il tenore Maurizio Barbacini e il basso Ferruccio Furlanetto erano molto presenti nei teatri d'opera di quel periodo, anche in parti da protagonisti.
Nella scena del brindisi ho avuto l'impressione di vedere un bicchierino da grappa, cosa che sarebbe stata davvero curiosa: rivedendo le foto dal film, probabilmente la mia impressione deriva da come vengono tenuti i calici, il gambo del bicchiere quasi non si vede e l'idea di un brindisi fatto con un grappino mi aveva fatto allegria, ma purtroppo così non è. Del resto, il film è visibile su youtube e quindi ognuno potrà controllare e verificare facilmente quanto le mie impressioni corrispondano al vero; e se mi sono permesso qualche libertà di troppo è stato soltanto per affetto, quindi spero che Zeffirelli possa darmi "l'assolvenza", per dirla con Puccini (Gianni Schicchi). Quantomeno, io ci spero... (gennaio 2013)



2 commenti:

  1. Le musiche di verdi,specialmente in questa opera non hanno bisogno di una scenografia ridondante sono belle tutte

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    1. Zeffirelli è sempre stato ridondante... penso che la sua Boheme e il suo Otello siano inarrivabili (in teatro) però questo era il suo pregio e il suo difetto nello stesso tempo
      Comunque sia, avevo delle riserve su Zeffirelli in teatro, a suo tempo, ma visto cosa succede con i registi del Nuovo Millennio (mamma mia!)mi associo subito alla santificazione di Zeffirelli

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