Il segno del comando (1971) Regia di
Daniele D'Anza. Soggetto di Flaminio Bollini e Giuseppe D'Agata.
Collaboratori al soggetto: Dante Guardamagna, Lucio Mandarà.
Fotografia di Marco Scarpelli. Musiche originali di Romolo Grano.
Interpreti: Ugo Pagliai, Massimo Girotti, Carla Gravina, Rossella
Falk, Andrea Checchi, Carlo Hintermann, Franco Volpi, Silvia Monelli,
Paola Tedesco, Ferruccio Scaglia, Augusto Mastrantoni, Giorgio Gusso
(il prete), Armando Alselmo (il cieco), Durata totale (cinque
puntate): 165 minuti, bianco e nero.
"Il segno del comando" è uno
sceneggiato tv della Rai che ebbe grande successo nel 1971, e che in
seguito venne più volte replicato; è in sostanza una storia di
fantasmi, molto avvicente anche se non sempre del tutto convincente
nel suo svolgersi (difetto tipico di tutti i gialli e i thriller e
delle storie di fantasmi, detto en passant). Si svolge a Roma, con
belle sequenze e belle vedute romane non banali, ed è un peccato che
non si possano vedere le pellicole originali perché le registrazioni
video di quegli anni sono piuttosto precarie. Interessante
anche il giro del protagonista Foster (Ugo Pagliai) per le
biblioteche romane in cerca di libri antichi che possano aiutarlo
nella soluzione del mistero, legato alla permanenza di Byron a Roma
nel 1817.
Nell'intreccio della storia raccontata
ha notevole importanza una partitura musicale, ed è per questo
motivo (più che altro una curiosità) che porto qui sul blog anche
"Il segno del comando". Le musiche che si ascoltano sono di
Romolo Grano (cosentino, nato nel 1929, autore di molte colonne
sonore per gli sceneggiati Rai di quegli anni), compresa la celebre
sigla di apertura e chiusura "Cento campane" (di
Fiorentini-Grano, con la voce del cantante Nico); si finge però che
siano opera di un compositore misterioso, Baldassarre Vitali. Nella
quarta puntata è presente come attore anche il direttore d'orchestra
Ferruccio Scaglia.
Ugo Pagliai e Massimo Girotti,
protagonisti dello sceneggiato, interpretano due inglesi a Roma:
Pagliai (Foster) è uno studioso di Byron e Girotti (Powell) un
addetto dell'ambasciata inglese. Fin dall'inizio Pagliai si imbatte
in una misteriosa e affascinante presenza, affidata a Carla Gravina;
la storia verte sulla presenza di Byron a Roma, sulla passione di
Byron per lo spiritismo, e su un diario inedito del poeta inglese
risalente al 1817 che vediamo anche noi su microfilm (interessanti le
sequenze, ormai documentarie, dove si vede il macchinario per
visualizzare il microfilm). C'è tutta una storia di reincarnazioni
nel corso dei secoli, protagonisti il misterioso orafo e occultista
Ilario Brandani, e il pittore ottocentesco Tagliaferri (tutti
personaggi inventati, così come il musicista Vitali). Mi fermo qui
con la storia di quello che succede, basterà dire che alla fine
della quinta puntata, Andrea Checchi (commissario di polizia) spiega
tutto quello che è successo in modo più che razionale, però poi
nell'ultima scena il dubbio ritorna. Nel cast molti attori di
prestigio, come Rossella Falk e Carlo Hintermann. La visione dello
sceneggiato può deludere, va detto subito che "Il segno del
comando" non è all'altezza di altri sceneggiati televisivi di
quegli anni, abiti e costumi oggi appaiono molto goffi, molte
sequenze e dialoghi necessiterebbero di qualche taglio in sede di
montaggio, e purtroppo Daniele D'Anza non è un gran che come
regista, almeno in questo film.
Nella parte musicale si può ricordare
che siamo nel 1971, quindi agli inizi della rinascita barocca, e più
in generale della musica che va dal '500 agli inizi dell'800,
coinvolgendo anche Rossini e Monteverdi; in questi anni si cominciano
a vedere e ascoltare le orchestre con strumenti d'epoca. Sono studi e
situazioni, ed esecuzioni in concerto, che oggi, a quasi mezzo di
secolo di distanza, si danno per scontate; ma così non era nei
primissimi anni '70. In quel periodo uscivano anche film come
"Anonimo veneziano", sempre costruito intorno a un
ipotetico musicista dimenticato; e il tema della musica "maledetta"
è da sempre presente in letteratura (per esempio in Hoffmann) e nel
cinema. Una parte di questa vena musicologica è finita anche nella
sceneggiatura di "Il segno del comando", e la riporto qui
meglio che posso.
"Il segno del comando",
quarta puntata
Durante le indagini, diventa importante
sapere cos'era "la musica che trasmettevano in tv quel
giorno..., un concerto dalla Basilica di Massenzio, l'11 marzo alle
ore 14" (del 1971, suppongo). Si fa una ricerca in Rai, si
scopre che era il Salmo XVII (diciassettesimo) di Baldassarre Vitali.
Nella chiesa di sant'Onorio a Roma c'è un prete veneto (l'attore si
chiama Giorgio Gusso) che custodisce tutta l'opera di Vitali, Girotti
e Pagliai vanno a trovarlo.
PRETE: Si tratta di un lascito della
seconda metà dell'Ottocento (...)
PAGLIAI: Vedo che nella collezione dei
salmi manca il diciassettesimo.
PRETE: Eh sì, purtroppo quello non lo
abbiamo. E' l'unico che manca, sa. (...)
Pagliai e Girotti vanno quindi alla
Basilica di Massenzio, dove un'orchestra sta provando, per chiedere
altre informazioni al direttore d'orchestra che ha eseguito quel
brano trasmesso alla radio. L'orchestra, anche se non si dice mai, è
quasi certamente quella della Rai di Roma; i titoli di coda portano
invece il nome del direttore, che è Ferruccio Scaglia. Il torinese
Ferruccio Scaglia (1921-1979) è stato un direttore d'orchestra
importante, e negli anni '50 un ottimo violinista nei concerti da
solista; qui recita questa breve scena in modo convincente.
L'orchestra Rai di Roma era allora in piena attività, e aveva alle
sue spalle registrazioni e concerti con tutti i più grandi direttori
d'orchestra del mondo; memorabili per esempio le incisioni con
Wilhelm Furtwaengler dei primi anni '50. Le orchestre regionali della
Rai (Milano, Torino, Roma, Napoli) erano una realtà importante, e lo
furono per parecchi decenni; furono cancellate nei primi anni '90 dai
governi di destra durante una delle prime infernali riforme della
Rai. Salvatore Accardo ebbe a dire, dati alla mano, che il costo
annuale delle quattro orchestre Rai era inferiore a quello di una
sola puntata del Festival di Sanremo. Ma ovviamente le persone che
erano andate al governo in quegli anni non avevano interessi nelle
orchestre, e le chiusero.
Le musiche che si ascoltano sotto il nome "Baldassarre Vitali" sono in realtà di Romolo Grano.
Le musiche che si ascoltano sotto il nome "Baldassarre Vitali" sono in realtà di Romolo Grano.
(1-continua)
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