venerdì 6 aprile 2018

Il segno del comando ( I )


Il segno del comando (1971) Regia di Daniele D'Anza. Soggetto di Flaminio Bollini e Giuseppe D'Agata. Collaboratori al soggetto: Dante Guardamagna, Lucio Mandarà. Fotografia di Marco Scarpelli. Musiche originali di Romolo Grano. Interpreti: Ugo Pagliai, Massimo Girotti, Carla Gravina, Rossella Falk, Andrea Checchi, Carlo Hintermann, Franco Volpi, Silvia Monelli, Paola Tedesco, Ferruccio Scaglia, Augusto Mastrantoni, Giorgio Gusso (il prete), Armando Alselmo (il cieco), Durata totale (cinque puntate): 165 minuti, bianco e nero.

"Il segno del comando" è uno sceneggiato tv della Rai che ebbe grande successo nel 1971, e che in seguito venne più volte replicato; è in sostanza una storia di fantasmi, molto avvicente anche se non sempre del tutto convincente nel suo svolgersi (difetto tipico di tutti i gialli e i thriller e delle storie di fantasmi, detto en passant). Si svolge a Roma, con belle sequenze e belle vedute romane non banali, ed è un peccato che non si possano vedere le pellicole originali perché le registrazioni video di quegli anni sono piuttosto precarie. Interessante anche il giro del protagonista Foster (Ugo Pagliai) per le biblioteche romane in cerca di libri antichi che possano aiutarlo nella soluzione del mistero, legato alla permanenza di Byron a Roma nel 1817.
Nell'intreccio della storia raccontata ha notevole importanza una partitura musicale, ed è per questo motivo (più che altro una curiosità) che porto qui sul blog anche "Il segno del comando". Le musiche che si ascoltano sono di Romolo Grano (cosentino, nato nel 1929, autore di molte colonne sonore per gli sceneggiati Rai di quegli anni), compresa la celebre sigla di apertura e chiusura "Cento campane" (di Fiorentini-Grano, con la voce del cantante Nico); si finge però che siano opera di un compositore misterioso, Baldassarre Vitali. Nella quarta puntata è presente come attore anche il direttore d'orchestra Ferruccio Scaglia.


Ugo Pagliai e Massimo Girotti, protagonisti dello sceneggiato, interpretano due inglesi a Roma: Pagliai (Foster) è uno studioso di Byron e Girotti (Powell) un addetto dell'ambasciata inglese. Fin dall'inizio Pagliai si imbatte in una misteriosa e affascinante presenza, affidata a Carla Gravina; la storia verte sulla presenza di Byron a Roma, sulla passione di Byron per lo spiritismo, e su un diario inedito del poeta inglese risalente al 1817 che vediamo anche noi su microfilm (interessanti le sequenze, ormai documentarie, dove si vede il macchinario per visualizzare il microfilm). C'è tutta una storia di reincarnazioni nel corso dei secoli, protagonisti il misterioso orafo e occultista Ilario Brandani, e il pittore ottocentesco Tagliaferri (tutti personaggi inventati, così come il musicista Vitali). Mi fermo qui con la storia di quello che succede, basterà dire che alla fine della quinta puntata, Andrea Checchi (commissario di polizia) spiega tutto quello che è successo in modo più che razionale, però poi nell'ultima scena il dubbio ritorna. Nel cast molti attori di prestigio, come Rossella Falk e Carlo Hintermann. La visione dello sceneggiato può deludere, va detto subito che "Il segno del comando" non è all'altezza di altri sceneggiati televisivi di quegli anni, abiti e costumi oggi appaiono molto goffi, molte sequenze e dialoghi necessiterebbero di qualche taglio in sede di montaggio, e purtroppo Daniele D'Anza non è un gran che come regista, almeno in questo film.


Nella parte musicale si può ricordare che siamo nel 1971, quindi agli inizi della rinascita barocca, e più in generale della musica che va dal '500 agli inizi dell'800, coinvolgendo anche Rossini e Monteverdi; in questi anni si cominciano a vedere e ascoltare le orchestre con strumenti d'epoca. Sono studi e situazioni, ed esecuzioni in concerto, che oggi, a quasi mezzo di secolo di distanza, si danno per scontate; ma così non era nei primissimi anni '70. In quel periodo uscivano anche film come "Anonimo veneziano", sempre costruito intorno a un ipotetico musicista dimenticato; e il tema della musica "maledetta" è da sempre presente in letteratura (per esempio in Hoffmann) e nel cinema. Una parte di questa vena musicologica è finita anche nella sceneggiatura di "Il segno del comando", e la riporto qui meglio che posso.
 

"Il segno del comando", quarta puntata
Durante le indagini, diventa importante sapere cos'era "la musica che trasmettevano in tv quel giorno..., un concerto dalla Basilica di Massenzio, l'11 marzo alle ore 14" (del 1971, suppongo). Si fa una ricerca in Rai, si scopre che era il Salmo XVII (diciassettesimo) di Baldassarre Vitali. Nella chiesa di sant'Onorio a Roma c'è un prete veneto (l'attore si chiama Giorgio Gusso) che custodisce tutta l'opera di Vitali, Girotti e Pagliai vanno a trovarlo.
PRETE: Si tratta di un lascito della seconda metà dell'Ottocento (...)
PAGLIAI: Vedo che nella collezione dei salmi manca il diciassettesimo.
PRETE: Eh sì, purtroppo quello non lo abbiamo. E' l'unico che manca, sa. (...)



Pagliai e Girotti vanno quindi alla Basilica di Massenzio, dove un'orchestra sta provando, per chiedere altre informazioni al direttore d'orchestra che ha eseguito quel brano trasmesso alla radio. L'orchestra, anche se non si dice mai, è quasi certamente quella della Rai di Roma; i titoli di coda portano invece il nome del direttore, che è Ferruccio Scaglia. Il torinese Ferruccio Scaglia (1921-1979) è stato un direttore d'orchestra importante, e negli anni '50 un ottimo violinista nei concerti da solista; qui recita questa breve scena in modo convincente. L'orchestra Rai di Roma era allora in piena attività, e aveva alle sue spalle registrazioni e concerti con tutti i più grandi direttori d'orchestra del mondo; memorabili per esempio le incisioni con Wilhelm Furtwaengler dei primi anni '50. Le orchestre regionali della Rai (Milano, Torino, Roma, Napoli) erano una realtà importante, e lo furono per parecchi decenni; furono cancellate nei primi anni '90 dai governi di destra durante una delle prime infernali riforme della Rai. Salvatore Accardo ebbe a dire, dati alla mano, che il costo annuale delle quattro orchestre Rai era inferiore a quello di una sola puntata del Festival di Sanremo. Ma ovviamente le persone che erano andate al governo in quegli anni non avevano interessi nelle orchestre, e le chiusero. 


Le musiche che si ascoltano sotto il nome "Baldassarre Vitali" sono in realtà di Romolo Grano.
Il direttore d'orchestra darà molte informazioni utili a Girotti e a Pagliai; molte, ma non tutte.

 
(1-continua)

Nessun commento:

Posta un commento