Verdi (1953) Regia di Raffaello
Matarazzo. Scritto da Leo Benvenuti, Mario Monicelli, Liana Ferri,
Piero Pierotti, Giovanna Soria, Raffaello Matarazzo. Fotografia di
Tino Santini. Musiche di Giuseppe Verdi. Interpreti:
Pierre Cressoy (Verdi, voce di G.De Angelis), Anna Maria Ferrero
(Margherita Barezzi, voce di Renata Marini), Gaby André (Giuseppina
Strepponi, voce di Dhia Cristiani), Camillo Pilotto (Barezzi), Emilio
Cigoli (Donizetti), Loris Gizzi (Rossini), Laura Gore (Barbarina
Strepponi), Aldo Bufi Landi (Dumas figlio), Guido Celano (Hugo),
Irene Genna (Violetta), Enzo Biliotti (impresario Martini), Sandro
Ruffini (impresario Marelli), Eduardo de Santis (Muzio), Gianni Agus,
e molti altri. Cantanti: Mario Del Monaco (Tamagno), Tito Gobbi
(Giorgio Ronconi), Vito de Taranto, Orietta Moscucci . Durata: 1h48'
Il "Verdi" di Matarazzo
inizia come "Citizen Kane" di Orson Welles: dopo
l'introduzione con Mario Del Monaco che canta il finale di "Otello",
vediamo infatti Giuseppe Verdi morente e ascoltiamo la sua ultima
parola: non è "Rosebud" ma il nome della sua prima moglie,
Margherita. Da qui in avanti, in flashback, ripercorriamo gli inizi
di carriera di Verdi: in carrozza verso Milano, lo vediamo passare il
confine fra Parma e l'Austria (cioè fra Emilia e Lombardia, visto da
oggi) in compagnia della moglie e del figlio. Già da questo breve
inizio si capisce che a Matarazzo non importa molto della verità
storica: il figlio di Verdi si chiamava infatti Icilio, non Gino. E'
vero che Icilio è un nome raro, rarissimo, ma si poteva conservare;
è comunque un segnale chiaro, il film di Matarazzo può piacere
ancora oggi (fu campione d'incassi nella stagione 1953-1954) ma
l'attendibilità storica latita spesso. Per essere onesti, dire che
Matarazzo si prende delle libertà è un gentile eufemismo; non è
mai stato un regista finissimo ma guardando il suo "Verdi"
viene ogni tanto da pensare che se avesse scelto come protagonisti
Amedeo Nazzari e Yvonne Sanson, suoi compagni di viaggio in molti
film di successo, tutto sarebbe stato molto più chiaro. E' comunque
bella la parte iniziale, i primi trentacinque minuti tutti dedicati a
Margherita Barezzi, prima moglie di Verdi: non esistono testimonianze
sui loro anni a Milano, sappiamo però che a Busseto avevano già
perso una figlia, ancora bambina, e che a Milano morirà anche
l'altro figlio. Anche la morte di Margherita è purtroppo vera, così
come il dettaglio che Verdi in quel periodo stava scrivendo un'opera
comica, non proprio un'opera buffa ma di carattere brillante. Dato
che non esistono riscontri storici precisi su questo periodo nella
vita di Verdi, la ricostruzione è più che lecita ed è anzi ben
fatta e ben interpretata; molto brava Anna Maria Ferrero nella parte
di Margherita.
I problemi iniziano subito dopo: l'idea
che sia proprio Giuseppina Strepponi a mettere il libretto del
Nabucco nelle tasche di Verdi non ha alcun riscontro storico, e più
in generale il film di Matarazzo è del tutto inattendibile
soprattutto nelle scene dove c'è la Strepponi. In particolare, è
improbabile che Donizetti ne prenda le difese: era davvero molto
malato, purtroppo di una malattia che non lasciava molto spazio per
interessarsi alla sorte di altri (Donizetti morirà nel 1848 dopo
lunghe e devastanti sofferenze). Il dialogo tra Barezzi, suocero di
Verdi, e Giuseppina Strepponi è tratto di peso da "La Traviata"
, e anche qui non c'è nessun riscontro in documenti o testimonianze.
Si tace anche sul fatto che Giuseppina Strepponi aveva già avuto due
figli e molti amanti; è vero che si mostra la sua relazione con
l'impresario Merelli (qui detto Marelli, forse per problemi legali
con gli eredi) ma la sua relazione con Verdi risulta molto diversa da
come viene mostrata nel film, dove ha un rilievo inatteso la sorella
Barbarina. Sorvolo sugli altri momenti di pura invenzione, ho trovato
però quantomeno curiosa la battuta a 1h30', quando nella stanza di
Verdi entra Barezzi e chiede "chi era quel giovane": il
giovane che è appena uscito è Emanuele Muzio, che come Verdi fu
aiutato proprio da Barezzi agli inizi della sua carriera.
Probabilmente, quando Renato Castellani girò il suo Verdi per la tv,
trent'anni dopo, tenne presenti queste sequenze del film di
Matarazzo: Carla Fracci come Giuseppina Strepponi sembra l'esatta
confutazione di questo film, punto per punto.
Gli attori: protagonista è Pierre
Cressoy, attore francese molto attivo nel cinema italiano di quegli
anni; è stato anche interprete di Mascagni in "Melodie
immortali". Non è un'interpretazione memorabile, oltretutto ha
anche una truccatura molto pesante, per renderlo almeno un po'
somigliante a Verdi. Cressoy è doppiato da Gualtiero De Angelis.
Margherita è Anna Maria Ferrero, molto brava ma anch'essa doppiata:
ai tempi si usava, non sempre gli attori erano disponibili al momento
del missaggio finale e la Ferrero era molto attiva anche in teatro.
Giuseppina Strepponi è affidata a Gaby André (madre di Carole
André), che rifà le dive fatali degli altri film di Matarazzo
(Yvonne Sanson su tutte) ed è abbastanza inattendibile nel suo ruolo
anche se la colpa non è tutta sua. Barezzi è Camillo Pilotto,
ottimo attore di teatro (recitò con Strehler in ruoli importanti) e
caratterista in molti film di quel periodo; era già stato Barezzi nel Verdi del 1938, regia di Carmine Gallone. Donizetti è Emilio
Cigoli, storico doppiatore dei più famosi attori americani: per una
volta lo si può vedere e non solo ascoltare, la voce è proprio la
sua e non stiamo guardando John Wayne. Rossini è Loris Gizzi, molto
divertito e molto in parte: un bravo attore spesso presente nel
cinema e negli sceneggiati Rai degli anni '60. L'impresario Martini,
all'inizio, è Enzo Biliotti; l'impresario Merelli (qui chiamato
Marelli) è Sandro Ruffini. La sorella della Strepponi è Laura Gore;
Violetta in teatro è interpretata da Irene Genna, moglie di Amedeo
Nazzari, doppiata probabilmente dal soprano Orietta Moscucci. (qui sotto, Cigoli/Donizetti)
I cantanti: Mario Del Monaco e Tito
Gobbi cantano e recitano per tutto il film, la voce femminile
dovrebbe essere Orietta Moscucci, presentata nei titoli di testa come
"vincitrice del Premio Internazionale di Ginevra 1953". Nel
finale, Falstaff è interpretato dal basso buffo Vito de Taranto. Non
ci sono indicazioni precise sugli esecutori, i titoli di testa
parlano solo di scelta delle musiche a cura di Renzo Rossellini,
dirette da Giuseppe Morelli. (qui sotto, Loris Gizzi come Rossini mentre mette pace tra Verdi e Victor Hugo)
La musica: all'inizio vediamo e
ascoltiamo il finale di "Otello", con Mario Del Monaco;
ancora dall'Otello è l'Ave Maria per la morte di Verdi, in versione
orchestrale.
La ninna nanna accennata da Verdi per
il bambino viene da "Un ballo in maschera"; di "Oberto"
e "Un giorno di regno", le prime due opere di Verdi,
vediamo solo la chiusura del sipario.
Ascoltiamo estratti da "La forza
del destino" per le scene di Margherita, più in dettaglio "la
vergine degli angeli" quando lei muore; anche il preludio da
"Rigoletto" aiuta a rendere la drammaticità della scena.
Si ascolta "Traviata" per il primo incontro con la
Strepponi, un anticipo di quello che succederà. Dal "Nabucco" ascoltiamo il
coro atto terzo, "Va pensiero", purtroppo gridato (anche
dal coro).
Si salta direttamente all'Ernani
(minuto 55), con l'aria "Ernani involami", e con il coro
"Si ridesti il leon di Castiglia" siamo già nel '48 con i
moti insurrezionali.
Da "Rigoletto" (anno 1851) in
teatro, la scena di "Povero Rigoletto", "Cortigiani
vil razza dannata", e "La donna è mobile", con Tito
Gobbi e Mario Del Monaco.
Da "Il trovatore" si
ascoltano, e si vedono in teatro, "Il balen del suo sorriso",
"Di quella pira", e il coro degli zingari, sempre con Gobbi
e Del Monaco.
Una gondola a Venezia introduce "La
traviata", la scena del brindisi ("libiamo"), "amami
Alfredo" e il finale; non c'è "Sempre libera" che è
quasi d'obbligo quando si parla della Traviata, la scena è quasi
tutta per Mario Del Monaco.
Si salta poi direttamente ad Aida, la
marcia trionfale, con Verdi e la Strepponi già piuttosto anziani
(1870); per il "Falstaff" Verdi sarà da solo, ottantenne
(1893). In scena ascoltiamo e vediamo "quand'ero paggio",
con Vito de Taranto e Orietta Moscucci.
Si chiude con l'Ave Maria da "Otello",
e con un raggio di luce su Verdi morente.
(l'impresario Merelli e le sorelle Strepponi)
(Verdi e Dumas fils)
(Gaby André)