domenica 23 aprile 2017

The magic flute (Branagh)


The magic flute (2006 ) Regia di Kenneth Branagh. Tratto dall'opera di Mozart su libretto di Emanuel Schikaneder. Adattamento di Kenneth Branagh e Stephen Fry. Musica di Wolfgang Amadeus Mozart. Direzione d'orchestra: James Conlon, Chamber Orchestra of Europe. Fotografia di Roger Lanser. Interpreti: Joseph Kaiser (Tamino), Amy Carson (Pamina), René Pape (Sarastro), Lyubov Petrova (Queen of the Night), Benjamin Jay Davis (Papageno), Silvia Moi (Papagena), Tom Randle (Monostatos), Ben Uttley (Priest), Teuta Koço, Louise Callinan, Kim-Marie Woodhouse (le tre dame), Rodney Clarke e Charne Rochford (Officers), Peter Wedd e Keel Watson (Armed Men), William Dutton, Luke Lampard, Jamie Manton (Three Boys), Sophie Adams, Charles Aitken, Aytunc Akdogu, Gemma Arrowsmith, Vanessa Ashbee, Matthew Bancroft, Francisco Bosch, Simon Brandon, Jonathan Broadbent, Stewart Brown, Chloé Bruce, Cristina Catalina, Naomi Charles, Karina Cornwell, Belinda Evans, James Fiddy, Mark Hayden, Joanne Heald, Chris Hembury, Amy Humphreys, Rebecca Hunt, Cheyney Kent, Christopher Logan, Gary MacKay, Hope McNamara, Mark Morgan, Brendan Patricks, Sarah Pearman, Iain Stuart Robertson, Jon Shannon, James Sherwood, Katherine Shirley, Shwyn, Liz Smith (Old Papagena), Christopher Stone, Michelle Whitney, Alice Wong, Jimmy Yuill, Lasco Atkins, Michael Burhan, Christopher Fosh, Michael Sercerchi. Durata: 135 minuti

Nella sua versione per il cinema di "As you like it", del 2006, Kenneth Branagh trasporta il mondo di William Shakespeare in Giappone. Si sa che al cinema si può fare di tutto (o quasi) e quindi da un bravo regista ci si aspetta qualche bella invenzione, bei costumi, locations, scenografie ben pensate. Invece dopo un po', non appena i personaggi lasciano la corte ducale, la foresta di Arden torna a prendere il posto che le spetta, si seguono le vicende e i dialoghi, e del Giappone ci si dimentica. Da dove nasce l'idea del Giappone, nella testa di Branagh? C'è una scena di lotta in "As you like it", nel primo atto, e Branagh decide di metterci un lottatore di sumo. Spettacolare e suggestivo, ma poi per rendere credibile la presenza di un lottatore sumo bisogna per forza spostare tutto in Giappone. Bello, magari, ma il gioco non regge e prevale da subito il gioco di fantasia del teatro elisabettiano (nel teatro elisabettiano è richiesta la partecipazione dello spettatore, la sua fantasia), e sorge il legittimo dubbio che si sia trattato solo di questo, del divertimento nel pensare al lottatore di sumo, e che tutto sia poi finito lì invece di essere portato avanti con coerenza. Insomma, ci si fa presto l'idea che si tratti poco più che di trovatine poi difficili da portare avanti: capita spesso, anche in teatro, anche ai migliori. Poi, alla fine, il film non dispiace, gli attori sono bravi, e Shakespeare è sempre Shakespeare; ma rimane il dubbio su tutta l'operazione.

Più o meno la stessa cosa capita nel film successivo, girato nello stesso anno: "The magic flute", cioè "Il flauto magico" di Mozart trasportato da Branagh al tempo della Grande Guerra, 1914-1918. Devo dire che il senso della cosa mi è del tutto sfuggito. Confesso anche di non essere mai riuscito a guardare questo film dall'inizio alla fine, perciò la mia recensione termina qui: diciamo che mi ritiro, sconfitto. Metto su il disco del 1950, quello con Karajan, Anton Dermota, Irmgard Seefried, Erich Kunz, Josef Greindl; e rivedo le immagini del film di Bergman, del cartone animato di Gianini e Luzzati, degli allestimenti visti in teatro. Ho molto ammirato Kenneth Branagh con il suo "Henry V", gli devo molto e gliene sono ancora oggi infinitamente riconoscente, ma insomma, che dire, chissà, forse Wolfgang Amadeus ci si sarebbe divertito ma io proprio non so che cos'altro dire su questo film e non credo che ci tornerò sopra.

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