Il tesoro della foresta pietrificata
(1965) Regia di Emimmo Salvi. Soggetto di Emimmo Salvi (ispirato
all'Anello del Nibelungo). Sceneggiatura di Luigi Tosi, Adriano
Antonelli, Emimmo Salvi. Fotografia di Mario Parapetti (Eastmancolor)
Musiche di Ralf Ferraro, la "cavalcata delle Valchirie" è
di Richard Wagner. Maestro d'armi Pietro Ceccarelli. Interpreti:
Gordon Mitchell, Ivo Payer, Luisa Rivelli, Eleonora Bianchi, Pamela
Tudor, Mike Moore, Nat Rooster, Piero Doria e molti altri. Durata:
1h26'
"Il tesoro della foresta
pietrificata" (1965) è un "film da oratorio" o, se si
preferisce, un film da cinema di terza visione: due definizioni che
oggi rischiano di rimanere oscure, visto la stato in cui è ridotto
il cinema nel nuovo millennio. Funzionava così: quando i film erano
su pellicola (detto en passant, "film" è la parola inglese
per dire "pellicola" - giusto per ricordarsene) dal
negativo venivano stampate diverse copie, che erano di numero e di
costo variabile a seconda del successo e del costo di produzione. Di
conseguenza, i film più costosi e quelli di maggior richiamo
arrivavano solo nei cinema più attrezzati e solo nelle grandi città.
Poi, pian piano, dopo le prime settimane cominciavano a passare anche
nei cinema "di seconda visione", e infine nei cinema di
"terza visione" e in quelli dei piccoli paesi, che comunque
potevano permettersi raramente i grandi successi, ancora troppo
costosi per una gestione delle sale cinematografiche di tipo
familiare. Insieme al circuito del grande cinema esisteva quello del
cinema a basso costo, che non sempre era sinonimo di cattiva qualità:
erano a basso costo, per esempio, i film dei comici più popolari
come Totò; spesso erano girati in pochi giorni, magari approfittando
del set di un altro film (se ci si fa caso, molti "western
all'italiana" hanno la stessa scenografia - non quelli di Sergio
Leone, s'intende). Molte di queste pellicole finivano anche nel
circuito dei cinema dell'oratorio (il cinema della parrocchia), che
di solito sceglievano film di carattere mitologico o storico (gli
antichi romani, gli Assiri, la guerra di Troia), ma sempre a basso
costo. Di questo tipo di cinema fa parte anche
"Il tesoro della foresta pietrificata", che è con ogni
evidenza un film girato in pochi giorni e senza troppe ambizioni, con
qualche attore più o meno di richiamo (Gordon Mitchell, in questo
caso), ma che presenta comunque qualche motivo di interesse.
Il soggetto di "Il tesoro della
foresta pietrificata" ha ambizioni wagneriane e ricicla temi e
nomi dalla mitologia nordica, in particolare da "Die Walküre"
di Richard Wagner, ma senza la minima pretesa di fedeltà. Anche la
musica non è di Wagner, a parte la scelta molto banale della
"cavalcata delle valchirie", messa a capocchia come quasi
sempre al cinema e fuori (un'eccezione: Francis Ford Coppola in
"Apocalypse now", che ne comprese bene il senso di morte).
Nel film di Emimmo Salvi, Siegmund è
fratello di Brunilde, e Sieglinde è la sua fidanzata; Sieglinde ed
Erika sono figlie del fido Gunnar, però Erika si mette con il
cattivo Hunding, e finirà male. Hunding è capo dei vichinghi, che
cercano di rubare il tesoro dei Nibelunghi nascosto da Wotan nel
frassino (è un frassino?) della foresta pietrificata, dove c'è
anche la Spada d'Oro. Ai nomi classici della mitologia nordica
vengono aggiunto altri estranei alla vicenda, come Manfred, Gunnar,
Erika. Otto, Hans, Knut o Kurt. Una specie di fumetto da pochi soldi, insomma, che
conserva solo qualche spunto preso dai miti nordici e dalle opere di
Richard Wagner.
Rimando alla lettura dei libri di Guido
Manacorda (edizione Sansoni) chi non conoscesse ancora le opere di
Richard Wagner; brevemente posso dire che Hunding non è vichingo,
Siegmund e Sieglinde sono fratelli gemelli, la spada nel frassino si
chiama Notung, i Nibelunghi non nascondono il tesoro ma viene loro
rubato da Loge e Wotan, eccetera eccetera eccetera. Una cosa curiosa
che si può sottolineare è il Wotan di questo film: un vecchio
sacerdote con la barba, quasi un druido, un Oroveso più che un dio
barbaro e guerriero.
Le Valchirie, tutte molto belle e molto
abili come cavallerizze, vengono presentate come gli elfi dei film
recenti tratti da Tolkien, pronte a intervenire per mutare le sorti
della battaglia, o meglio come crocerossine però in nero
(elegantissime) e a cavallo. Le si vede in questa sequenza mentre
portano via il cadavere del fido Manfred, fedeli in questo (e solo in
questo) al loro mandato originario: portare gli eroi morti nel
Walhalla.
Il film ha una buona tecnica
fotografica, bella la fotografia di Mario Parapetti, non banali scene
e costumi; abbastanza epica la battaglia con gli scudi e le macchine
da guerra. La recitazione è spesso dilettantesca, però c'è buona
volontà e tutto funziona abbastanza bene. Il regista Emimmo Salvi,
romano, ha diretto una decina di film "da oratorio", tutti
più che dimenticati.
Gli attori: Gordon Mitchell, qui dal
volto scavato e quasi spettrale, è un attore e culturista che girò
un discreto numero di film mitologici e western in quegli anni. Ivo
Payer è Siegmund, Luisa Rivelli ed Eleonora Bianchi sono le sorelle
Erika e Sieglinde; la Rivelli (Erika) in seguito divenne una
presentatrice televisiva in trasmissioni culturali della Rai. Pamela
Tudor è la valchiria Brunilde, una scelta perfetta. Mike Moore (che
all'anagrafe si chiamava Amedeo Trilli) è Gunnar, padre di Erika e
Sieglinde e fedelissimo di Siegmund; nel trucco ricorda molto i
personaggi dei "Nibelunghi" nel film del 1922 di Fritz
Lang. Piero Doria interpreta quel poco che resta nella sceneggiatura
dei Nibelunghi del mito, non un Alberich né un Mime ma più
semplicemente uno dei tanti servi e scudieri di Siegmund.
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