« Bene, » sussurrò lei
« fatemi riprendere fiato. No, no; aspettate. State pronto ad aprire
la porta. » E la Contessa, in posa ispirata, fece sgorgare la sua
bella voce in “Lascia ch'io pianga”; e quando fu giunta al punto
giusto, avendo emesso i suoi lirici sospiri per la libertà, fece
segno di spalancare la porta, e si manifestò alla vista del
Principe, con occhi accesi, e l`incarnato alquanto ravvivato
dall’esercizio del canto. Fu una grande entrata drammatica; e per
l'alquanto malinconico recluso, poi, vederla fu come vedere il sole.
(Robert Louis Stevenson,
"Il principe Otto", pagina 199 Oscar Mondadori 1983, versione a cura
di Masolino d'Amico)
«Lascia ch'io pianga» è
un'aria dall'opera di Haendel "Rinaldo" (1711). L'opera, in
tre atti su testo di Giacomo Rossi liberamente tratto dalla
"Gerusalemme liberata". Nel secondo atto, Almirena
("destinata sposa di Rinaldo", secondo la definizione del
libretto originale) viene fatta prigioniera dal re Argante ("amante
d'Armida", sempre secondo la definizione del libretto), e chiede
di essere liberata. Il re Argante è molto gentile con lei, le chiede
di non piangere ma Almirena risponde così:
Lascia ch'io pianga
mia cruda sorte
e che sospiri
La melodia, tra le più
belle nella storia dell'opera, ha in realtà una lunga storia
precedente alla messa in scena di Rinaldo. Haendel la inserisce già
in un balletto scritto quand'era molto giovane, in Germania, una
sarabanda inserita tra i balletti di "Almira regina di Castiglia
- Il cambio della fortuna". Il ventenne Haendel, giunto a Roma,
riproporrà questa melodia nell'oratorio "Il trionfo del tempo e
del disinganno" con questo testo, opera del cardinale Benedetto
Pamphilj:
Lascia la spina
cogli la rosa
tu vai cercando
Lasciata Roma per Londra,
il già affermato Haendel (ventiseienne) va sul sicuro con la sua
prima opera per gli inglesi, appunto il "Rinaldo", e
ripropone fra le altre cose anche la sua melodia portafortuna. A
Londra, Haendel rimarrà per tutta la sua vita e diventerà il
compositore di riferimento per gli inglesi - e anche uno scozzese
come Stevenson non poteva non conoscere la sua musica.
qui per le danze da "Almira"
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