sabato 11 maggio 2019

Rapsodia (1954)


 
Rhapsody (1954) Regia Charles Vidor. Soggetto di Henry Handel Richardson. Sceneggiatura: Fay e Michael Kanin. Fotografia di Robert Planck. Musiche di Ciaikovskij, Rachmaninov, Sarasate, Mozart, e altri. Musiche per il film di Johnny Green. Interpreti: Elizabeth Taylor, Vittorio Gassmann, John Ericson, Louis Calhern, Barbara Bates, Michael Chekhov. Durata 115 minuti

"Rapsodia" è un termine musicale, preso in prestito dal greco antico, che dall'Ottocento sta a indicare, secondo la definizione data dalla Garzantina della Musica, "una composizione strumentale libera da qualsiasi schema prestabilito e parafrasante melodie popolari nazionali, con carattere virtuosistico o coloristico". L'esempio citato è quello di Liszt con le "Rapsodie ungheresi" o di Ravel con "Rapsodia spagnola".
"Rapsodia" è anche il titolo scelto per un film americano del 1954, che noi italiani ricordiamo più che altro per la presenza di Vittorio Gassmann, che ebbe un breve periodo hollywoodiano dove i produttori cercarono di farne un latin lover o qualcosa di simile; Gassmann, che a quei tempi era alle prese con Amleto e con Alfieri in teatro, cercò inutilmente di spiegare che lui era un'altra cosa come attore, ma si adeguò o cercò di adeguarsi meglio che poteva ("hai visto mai", sembra di sentirgli dire). Per me è un film francamente inguardabile, che oltretutto dura due ore, e che sembra il condensato dei peggiori luoghi comuni sui film hollywoodiani; probabilmente all'origine c'è qualche esperienza seria di musica. Forse il soggetto di partenza non era male ma poi ci si sono messi d'impegno i produttori di Hollywood per farlo diventare un fotoromanzo o un romanzetto rosa, come si usava in quegli anni. Il riassunto di ciò che vi succede lo lascio quindi a wikipedia, rimarcando soltanto l'assenza di riferimenti al ruolo fondamentale del padre di lei:
Louise è la figlia di un ricco industriale americano e decide di andare a Zurigo per essere vicina al suo amore Paul, un violinista che studia in Svizzera. Ma dopo un concerto si scoprirà che Paul tiene alla sua carriera più che all'amore; Louise quindi si ammala e viene consolata da James, che la corteggia. Nel frattempo Paul effettua un tour nelle maggiori capitali europee e sudamericane, ottenendo successo e diventando famosissimo; al termine della tournée, a Parigi, Paul rivede James, che gli comunica di essersi sposato con Louise. James è diventato un alcoolizzato perché ha scoperto che la moglie in realtà ama ancora Paul; quest'ultimo e Louise si incontrano all'aeroporto e Paul dice alla donna di amarla ancora ma di non volere, per averla, rovinare la vita a James. La donna si reca quindi con il marito a Zurigo, per fargli riprendere gli studi di pianoforte che aveva interrotto dopo il matrimonio, e in breve tempo James diventa un musicista virtuoso e smette di bere. Poco prima dell'esibizione che dovrebbe consacrare il talento di James, Louise lo lascia: ormai è autonomo, ha talento e non deve più affidarsi alla moglie per avere sostegno e lei ha un appuntamento con Paul, con cui partirà il giorno dopo. Durante lo spettacolo, James trionfa e Louise capisce di amarlo: Paul, dopo averle augurato buona fortuna, parte da solo e lei va da James dopo l'esibizione, dichiarandogli il suo amore.
(riassunto da www.wikipedia.it)

 
Le musiche che si ascoltano sono: per Gassman il "Concerto per violino e orchestra" di Ciaikovskij, suonato da Michael Rabin come indicato nei titoli di coda, e per John Ericsson il "Concerto numero 2 per pianoforte e orchestra di Sergei Rachmaninov, suonato nientemeno che da Claudio Arrau. Inoltre, sempre per Gassman, c'è "Gypsy Airs" di Pablo de Sarasate, come improvvisazione suonata per gli amici al ristorante. Nel corso del film si ascoltano anche altre musiche, una sinfonia di Mozart durante le prove, qualche accenno al pianoforte, eccetera. Le musiche per il film sono di Johnny Green, ma è difficile tenerle a mente dopo Ciaikovskij... 


Alcune mie note sparse: 1) l'unica cosa che mi è davvero piaciuta è la canzone inglese "See how I'm jumping" cantata da Liz Taylor, al minuto 32 (qui su youtube)   2) Gassman non ha la sua voce, è doppiato da Emilio Cigoli   3) gran parte dell'azione si svolge al Conservatorio di Zurigo, con una bella sequenza panoramica della città all'arrivo di Liz Taylor nei primi minuti.  3) nel film, il direttore d'orchestra si chiama Streller, il violinista Paul Bronte e il pianista James Guest.  4) Louis Calhern intepreta il padre di Liz Taylor, una parte importante e ben recitata; nel cast anche Barbara Bates e Richard Hageman   5) nei titoli di coda apprendiamo che al pianoforte abbiamo ascoltato Claudio Arrau, e al violino Michael Rabin.
 
Vittorio Gassmann ci ha lasciato un ricordo di questo film nella sua autobiografia, " Un grande avvenire dietro le spalle", pubblicata all'inizio degli anni '80. E' un libro divertente e ricco di pagine interessanti che consiglio a tutti - sempre sperando che sia ancora reperibile, se fosse fuori catalogo sarebbe un peccato:
(...) A Los Angeles conobbi la mia prossima assegnazione, cominciai le prove per il film Rhapsody. Sulla carta non si presentava male: produzione di grandi mezzi, superbo score musicale, protagonista una delle beniamine del pubblico, Liz Taylor. Ciononostante, foschi presagi mi spinsero a chiedere udienza a Dore Schary. Volevo spiegargli chi ero: non il tradizionale latin lover che la Metro si impuntava a cercare in me, malgrado l'imbarazzante risultato di Sombrero. Io ero - dissi con una prosopopea che derivava dalla disperazione - io ero un attore teatrale drammatico, che aveva recitato Amleto e rifiutava le interviste rosa su Photo Play; io avevo un sorriso rado e introverso, me ne battevo le scatole dei columnists, io leggevo Proust, perdio! Schary mi lasciò squittire, aveva uno sguardo perplesso, non capiva letteralmente cosa volessi. Mi disse che era la mia occasione, che avrei suonato il concerto per violino e orchestra di Ciaikovskij, disputando la Taylor a un grande pianista interpretato da John Erikson. Sentii il muro, uscii con l’animo esulcerato e iniziai il mio improbabile duello col violino sotto la guida di un coach mentecatto. Per due mesi lottò contro le coriacee cartilagini del mio polso e delle mie falangi; mi faceva picchiare per ore una monetina da un quarto con un listello di legno; mi incastrava sulla spalla violini d'ogni dimensione, mi imbottiva gli orecchi con la colonna sonora realizzata da Isaac Raben. Unica consolazione, il pensiero del povero Erikson, un attore da western con delle manone possenti, ora costretto a fingere virtuosismi sulla tastiera del pianoforte.
Si passò alle riprese del riprovevole fumetto. Anni dopo, nella rubrica televisiva Il mattatore, avrei inserito una ricostruzione di quel che fu la mia via crucis di strumentista virtuoso. Partiva da un primissimo piano, in cui il mio viso e ciò che restava della mia anima fremevano sussultando al ritmo del Concerto di Ciajkovskij. Lentamente la camera si allontana, fino a un campo lungo, che rivela la situazione effettiva: le mie mani sono legate dietro la schiena; carponi sotto di me sulla sinistra un violinista nano insinua un braccio spropositato nell'incavo della mia ascella per eseguire gli svolazzi della diteggiatura; sospeso in alto con un’imbragatura di cuoio, un altro maestro manovra un archetto lungo tre metri, la cui punta entra in perfetta diagonale nel campo dell’inquadratura; dietro me, ottanta onorati professori d’orchestra suonano con rapimento, solo io leggo nel fondo dei loro occhi il veleno di un corporativo disprezzo.
Dissolvenza. John Erikson stilla sudore ispirato nell’onda sonora di Beethoven, picchia i moncherini sulla tastiera come un fabbro, i suoi ditoni da palmipede non beccano mai meno di tre tasti alla volta. Anche a lui ovazioni. Primo piano di Liz estasiata: per chi batterà il suo cuore? vincerà l’arpeggio o la cavata? Il regista Charles Vidor gli dia giù senza complimenti: stacco sul programma dei due prossimi concerti, spareggio fra Shéhérazade e il Chiaro di luna. E poi tutti a ballare in uno chalet svizzero, atmosfera neutrale e fonduta alla bourguignonne.
Le sofferenze provate in questo film (che beninteso a molti piacque, trovo ancora dei patiti che me lo ricordano con rimpianto) furono lenite da molte liberatorie risate che facevamo con la Taylor. (...)
(Vittorio Gassman, da "Un grande avvenire dietro le spalle", pagine 107-108 ed. Longanesi 1981)
 

 
(le immagini vengono dal sito www.imdb.com ; le ultime due sono ovviamente tratte dal "Brancaleone" di Mario Monicelli)

Nessun commento:

Posta un commento