Victoria and Abdul (2017) regia di
Stephen Frears. Basato sul libro di Shrabani Basu. Sceneggiatura di
Lee Hall. Fotografia di Danny Cohen. Interpreti: Judi Dench, Ali
Fazal, Eddie Izzard, Tim Pigott Smith, Paul Higgins, Adeel Akhtar,
Michael Gambon, Simon Callow, Olivia Williams, e molti altri. Durata:
1h40'
"Victoria & Abdul", film
inglese del 2017 diretto da Stephen Frears, racconta la storia vera
di un indiano di Agra che fu servitore (e poi segretario) della
regina Vittoria; che a quel tempo aveva anche il titolo di
imperatrice dell'India. L'indiano, di religione musulmana, si
chiamava Mohamed Abdul Karim (1863-1909) e fu a corte dal 1892 al
1901. La regina lo teneva in gran conto, mentre suo figlio (il futuro
Edoardo VII ) e i ministri lo vedevano come il fumo negli occhi. Alla
morte della regina, Abdul fu prontamente rispedito in patria (ben
ricompensato, va detto) e la corrispondenza con la regina fu
distrutta personalmente da Edoardo VII. Di questa storia rimane solo
il diario di Abdul, ritrovato soltanto pochi anni fa, nel 2010. Su
questo diario, e sul libro che ne trasse lo scrittore Shraban Basu,
si basa il film.
Il soggetto è quindi interessante,
sulla sua realizzazione c'è però molto da dire e in rete sono ben
evidenziate le differenze con la realtà; non essendomi mai
interessato della cosa non saprei cosa dire in proposito, se non
fosse per una scena in cui compare quello che dovrebbe essere Giacomo
Puccini, a 40' dall'inizio del film, durante un viaggio a Firenze
della regina Vittoria.
Si tratta davvero di un pessimo
ritratto di Puccini, l'italiano caricaturale, grossolano (si potrebbe
dire - chiedo venia - "un terrone") ben distante
dall'eleganza del vero Puccini. Oltretutto, Puccini viene presentato
come un cinquantenne o sessantenne: essendo nato nel 1858, all'epoca
dei fatti doveva avere poco più di trent'anni. Ovviamente,
l'italiano da barzelletta canta un'aria d'opera; e la stona in modo
orribile, una stonatura del tutto incomprensibile per un qualsiasi
musicista che abbia studiato il solfeggio, figuriamoci per un
compositore come Puccini. Il pretesto è "Manon Lescaut",
che racconta di due innamorati divisi dalla diversa condizione
sociale: così si dice nel film, dimenticandosi del fatto che Manon è
una prostituta, una mantenuta, quindi la regina poteva anche
offendersi. "Manon" è il primo successo di Puccini, nel
1893; comunque si guardino le cose, all'epoca del viaggio a Firenze
della regina Vittoria non era certo così famoso da esserle
presentato, ma tutto è possibile anche se sarebbe bello poter
controllare. Puccini stava appena cominciando a diventare famoso, e
probabilmente era a Milano in quel periodo, oppure a Lucca. Ci stava
comunque di prendersi qualche libertà narrativa, e la scena poteva
essere interessante se ben costruita, magari con Puccini al
pianoforte e non cantante, per di più in quel modo stonato e
scomposto. I compositori (e i direttori d'orchestra) sanno sempre
cantare; magari non hanno una bella voce ma sanno essere intonati e
non storpiano di certo le loro arie come capita in questo film. Fa
tristezza che oggi ci sia ancora chi ripete questi stereotipi. Chi ha
costruito questa scena, per di più nel 2017, non può che essere
definito un asino (con tutto il rispetto per gli asini). Questa
grossolanità stupisce perché Frears in passato riuscì a costruire
un credibile Settecento con "Le relazioni pericolose" nel
1988. Oltretutto, Puccini è interpretato da Simon Callow: un attore
esperto e di lungo corso che negli anni '80 fu l'interprete di
Schikaneder, librettista e impresario per Mozart oltre che primo
interprete di Papageno nel "Flauto Magico" di Mozart, in
"Amadeus" di Milos Forman. Questo ritratto di Puccini è
così stonato e sbagliato da porre seri dubbi su tutto il film, e
dopo un inizio tutto sommato piacevole mi sono trovato a chiedermi
cosa mai stavo guardando.
Insomma, se questo pastrocchio intende
essere Puccini, figuriamoci cosa sono diventati gli altri e che razza
di credibilità può avere il film.
Si può far notare che, parlando di
questo film, www.wikipedia.it sbaglia scrivendo che Puccini nel 1887
aveva 33 anni, perché Puccini nacque nel 1858. Inoltre, "Manon"
è del 1893; e Abdul fu a corte dal 1892, non dal 1887. Quindi,
l'incontro con Puccini era possibile, bastava farlo bene e sarebbe
stata una bella scena sia pure con qualche libertà.
Dopo lo strazio perpetrato sulla Manon,
la regina Vittoria (cioè Judi Dench) si fa convincere ad abbozzare
un'aria da "HMS Pinafore" di Gilbert and Sullivan,
accompagnata al pianoforte dal figlio Bertie, cioè il futuro re
d'Inghilterra Edoardo VII.
Il film inizia con una didascalia che
mette in guardia sulla vicinanza alla realtà di quello che stiamo
per vedere; l'interprete della regina è Judi Dench, come sempre
molto brava e qui anche molto divertita. Abdul è interpretato da Alì
Fazal, con un garbo che sembra voler riprendere l'indiano stralunato di Peter
Sellers in "Hollywood party" del 1968. L'altro attore
indiano è Adeel Akhtar; il futuro re Edoardo, qui chiamato Bertie
(il nome completo era Albert Edward) è affidato a Eddie Izzard.
"Victoria & Abdul" è comunque realizzato in modo
professionale e tutto sommato gradevole: uno spettatore con poche
pretese finirà con il divertirsi guardandolo, ma da questo soggetto
si poteva e forse si doveva trarre qualcosa di più, magari anche in
chiave politica.
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