Rai Movie trasmette un film che mi
interessa molto, e che volevo rivedere da tempo; mai pubblicato in
dvd, quasi introvabile anche in rete. Bene, questa è una bella
notizia e mi preparo alla visione. Il film comincia, ma già dopo
cinque minuti è interrotto dalla pubblicità. Mi sembra incredibile
(mai vista una cosa simile, nemmeno sulle reti mediaset) ma porto
pazienza; dopo una decina di minuti altra interruzione, con jingle e
spot, pianto lì tutto e vado a fare qualcos'altro.
E' una scena che si è ripetuta e che
si ripete spesso, direi sempre: Rai Movie è tutta fatta così. Dopo
un po', o ci si attrezza di videoregistratore o si lascia perdere. Lo
trasmette Rai Movie? lasciamo stare, tanto è impossibile seguire i
film su quella rete: penso proprio che la maggior parte dei
potenziali spettatori sia stata scoraggiata in questo modo.
Oltretutto, spesso c'è anche l'impressione che ci si faccia beffe
dello spettatore: è di quest'anno l'interruzione pubblicitaria con
didascalia "Tra le righe"; tra le righe del cinema, si
specifica per esteso. Lascio perdere le battute che mi salgono su fin
troppo facili (e che sono anche volgari, ma più che giustificate in
questi casi) e passo alla notizia recente che riguarda Rai Movie.
La notizia, della primavera 2019, è
questa: i nuovi vertici della Rai leghista-grillina chiuderanno Rai
Movie. La spiegazione sta nello share, parolina magica della tv post
berlusconiana: poco più dell'uno per cento. Chi lo avrebbe mai
detto, con tutta la cura e la grazia con cui vengono programmati i
film...sembra davvero qualcosa del tipo "manuale per mandare via gli spettatori" (vedi sopra, non sto qui a ripetermi ma gli esempi possibili
sarebbero davvero tanti).
Incuriosito, vado a cercare notizie su
Rai Movie e le trovo facilmente su wikipedia: come correttamente
specificato nell'articolo che ne riporta la prossima chiusura, Rai
Movie fa parte di una struttura chiamata Rai Gold, che comprende
anche Rai 4 e Rai Premium. E' una notizia che mi sorprende e che però
spiega tante cose. Un canale tutto di film, infatti, secondo logica
dovrebbe far parte di una struttura diversa: Rai 4 e Rai Premium
programmano telefilm e cose commerciali (repliche di telefilm già
trasmessi infinite volte), un canale tv dedicato al cinema dovrebbe
essere tutt'altra cosa, non è razionale che le stesse persone
guidino canali così diversi. Io accorperei piuttosto Rai Movie con
Rai 5, cioè con i programmi culturali, e darei in mano la
programmazione a persone davvero competenti, magari richiamando Vieri
Razzini (vecchia guardia Rai, storico del cinema) o appoggiandomi
alla Cineteca di Milano, o alla Cineteca di Bologna, o al Museo del
Cinema di Torino (eccetera, di persone competenti per fortuna ne
abbiamo ancora). Eliminati questi scalzacani (maschi o femmine che
siano), con una programmazione seria e con la pubblicità nel suo
giusto posto (cioè là dove non disturba, cosa che dovrebbe
interessare soprattutto gli inserzionisti), Rai Movie potrebbe avere
un futuro; ma temo che sia troppo tardi.
Infatti, non solo la decisione di
chiudere è già presa e si ha già notizia di cosa prenderà il
posto di Rai Movie (Rai 6, che sembra proprio l'ennesima
scopiazzatura di altre reti private già esistenti) ma appena
formulati i miei pensieri in merito casco su Rai 5 mentre trasmettono
una registrazione teatrale degli anni '60, con grandi attori di
teatro. La cosa curiosa è che "Piccole volpi" di Lillian
Hellman (questo è il titolo trasmesso) adesso ha una cornice
colorata: si chiama "Stardust memories", è una sigla che
dura parecchio, con tanti nomi e cognomi di chi ne ha curato la
trasmissione. Che significa? Il grande teatro in Rai ha una
tradizione magnifica, è una ricchezza della Rai e lo si è sempre
replicato senza tanti fronzoli. Io mi vergognerei di mettere il mio
nome su qualcosa che mi sono limitare a ripescare e riprogrammare, ma
si vede proprio che questa generazione di funzionari televisivi
(maschi e femmine) è del tutto senza vergogna. Oltretutto, la
visione è disturbata da scritte negli angoli, in alto e in basso,
manca solo una bella pecetta nel mezzo dello schermo et voilà. Siamo
lontanissimi dal servizio pubblico, e purtroppo vedo fare le stesse
cose anche per i concerti, per l'opera, per i documentari. E' la
mania del "contenitore": cosa che rende quasi impossibile
venire a conoscenza di quando verranno trasmesse cose che ci
interessano. Un concerto, per esempio, passerà sotto il nome "Nessun
dorma"; un documentario sulle api passerà dentro "Geo and
geo"; un servizio sui parchi nazionali verrà nascosto
accuratamente dentro un titolo di Hemingway (Di là del fiume e tra
gli alberi) che qualche programmatore furbissimo ha voluto scegliere
per mettere in evidenza il proprio nome e per mostrare la sua faccia
alla mamma e agli amici più cari, che ne saranno orgogliosi.
Una riflessione più completa riguarda
il destino del digitale terrestre: centinaia di canali per
trasmettere il niente. Il problema quindi non riguarda solo la Rai, e io direi proprio che è un problema di classe dirigente in generale, dai quadri fino ai vertici: ed è la scuola berlusconiana delle vendite e della pubblicità che ha prodotto questo vuoto dirigenziale. Oltretutto, da noi non se ne è nemmeno parlato, ma in Svizzera il
digitale terrestre già non esiste più: dal mese di giugno 2019 sono
state spente le antenne, la tv si vede solo via cavo oppure on line.
L'antenna che abbiamo sul tetto, insomma, è obsoleta e destinata a
sparire.
E' quello che già fanno da noi i più
giovani, la tv oggi è su canali come youtube, come Rai play, come
Netflix, eccetera: ognuno si sceglie ciò che vuole vedere e quando
lo vuole vedere, senza funzionari cretini di mezzo. Non chiedo scusa
per la parola: l'unico significato della Rai oggi è fare servizio
pubblico, scegliere e curare le cose migliori, saper scegliere e
sapere cosa significa aver cura delle cose belle e preziose da
trasmettere. A meno che non si voglia rubacchiare uno stipendio,
magari da raccomandati/e segnalati da genitori o amanti influenti, o
da partiti di moda in questo periodo: che è proprio quello che sta
succedendo, e non ci vuole molto per capirlo.
Diamo dunque l'addio a Rai Movie,
poteva essere qualcosa di bello e di grande ma così non è stato.
I responsabili del fallimento, ovviamente, verranno promossi e tra poco li ritroveremo come ministri o come sindaci: questa è la storia recente d'Italia, e difficilmente cambierà viste le scelte degli elettori italiani.
(nelle immagini: due fumetti trovati in rete senza indicazioni sull'autore; una scatola di fiammiferi anni '50 americana; la sigla finale della Rai con inno nazionale, anni '80)
il meglio ha dei limiti fisiologici, il peggio no, è senza fine
RispondiEliminagente senza passione, senza curiosità. Magari hanno la laurea, ma la laurea in cinema non è nemmeno lontanamente paragonabile alla laurea in medicina, in chimica, in fisica... I film sembrano scelti col metodo della tombola, un sacchetto da cui pescare a caso. E tante cose belle o interessanti rimangono fuori dal sacchetto, ma davvero tante.
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