domenica 21 maggio 2017

Creativi o cretini?


 
"La magia del cinema, andate al cinema!", ripete entusiasta la giornalista del tg, in collegamento da Cannes o forse da Venezia, chissà. Verrebbe da essere d'accordo, ma poi ci si chiede: che cos'è oggi andare al cinema? Me l'avessero chiesto qualche anno fa, non avrei avuto dubbi e anch'io avrei fatto eco: "la magia del cinema!". Ma, oggi, Nuovo Millennio, che cos'è andare al cinema? Riporto le mie ultime impressioni: il cinema è un posto dove entri e sei travolto dalla pubblicità. A un volume spropositato, per almeno un quarto d'ora, impossibile evitarla: quando alla fine comincia il film sei talmente rintronato che non sai più chi sei e cosa stai facendo lì seduto. Questa è la triste realtà del cinema oggi. Ammetto di aver smesso, la magia del cinema è solo un bel ricordo di anni passati.


Quando si affronta la questione della pubblicità in tv la regola è porre una specie di aut-aut apocalittico: via tutta la pubblicità, oppure tutta pubblicità e senza regole. Ma questo è il modo sbagliato di porsi il problema (c'è anche chi non se lo pone affatto, il problema, e sguazza felice nella melma: ma se loro sono contenti così, noi altri poveri disgraziati mica dobbiamo seguirli come scemi, finché c'è vita c'è speranza di migliorare). Il modo giusto è dire che la pubblicità serve ed è importante, ma deve rispettare alcune regole; e la prima regola è che abbia degli spazi ben definiti, o meglio che resti dentro spazi ben definiti, da non travalicare. Il che mi riporta ai tempi di Carosello, cioè alla tv come l'ho conosciuta io, la Rai di prima dell'invasione delle tv commerciali.
Evocare Carosello è pericoloso perché parte subito una raffica di luoghi comuni da far spavento: "altri tempi, nostalgia, la durata degli spot", eccetera eccetera; ma almeno qui su questo mio blog posso fermare subito l'ondata di stupidaggini che tutti ripetono a palla, e provo a fare un discorso più ragionato. La tv devono farla i funzionari tv (e che siano ben preparati, persone colte e non raspausc), e i pubblicitari devono solo badare alla loro pubblicità. Tutto qui. Il problema, insomma, non è "pubblicità sì pubblicità no", ma usare un minimo di buon senso e di intelligenza.
 

Bruno Bozzetto, in un'intervista recente, ricorda quegli anni e dice che negli spot di carosello non si poteva dire il nome del prodotto: lo definisce come una cosa assurda, invece io trovo che sia stata un'idea geniale, Carosello non sarebbe stato così bello e non lo ricorderemmo ancora oggi se fosse stato puro e semplice spot. La pubblicità allora era in mano a dei veri "creativi", come Bozzetto, Pagot, Marcello Marchesi (chiedo scusa a chi mi sto dimenticando), e ancora oggi tutti si ricordano dei personaggi associati al prodotto, non solo i cartoons (molto divertenti) ma anche gli attori, Mimmo Craig, Virna Lisi, Ernesto Calindri, Cesare Polacco... Ai tempi di Carosello succedeva ogni tanto di dire "ma chi è quel cretino che se l'è inventata?". Allora succedeva ogni tanto di chiederselo, oggi succede ogni tanto di NON chiederselo. La soluzione vera, per tagliar corto, sarebbe dunque mandare via i cretini e tornare ad avere i creativi: è possibile? Direi di no, ogni volta che mi tocca guardare la pubblicità mi ritrovo sconfortato e depresso, compro certi prodotti solo perché li conosco, ma se fosse per gli spot ne farei subito a meno.

 
Metto qui sotto una piccola personale antologia di cose cretine che mi tocca vedere ogni giorno più volte al giorno un po' su tutte le tv, cioè le poderose invenzioni dei cretini che si autodefiniscono creativi:
1) la didascalia fissa, per tutta la durata del film, su cosa danno questa sera. Che mi frega di Rambo, è è un film vecchio di quarant'anni ed è la centocinquantesima volta che lo replicano. Io sto guardando questo film qui e se stasera danno Rambo io spengo la tv.
2) gli stacchetti musicali suadenti e allusivi, le voci morbide che prospettano estasi, "questa è casa tua, sei nelle braccia della mamma". Poi trasmettono il solito quiz o l'ennesima replica del film di Boldi.
3) il pubblicitario furbissimo che mette lo spot a tre minuti dalla fine: "lo ha visto tutto e quindi si guarda anche gli spot!", ma io cancello definitivamente i Loacker dalla lista della spesa, e anche tutto il resto. Oppure, sempre furbissimo, il pubblicitario mette lo spot a sei minuti dall'inizio: furbissimo, implacabile, ma chi mai starà guardando "Un marito per Anna Zaccheo" alle sette del mattino?
4) "Prima visione assoluta": bene, allora lo replicheranno presto e quindi posso andare a fare un giro col cane
5) "Prima visione assoluta": va in onda alle due di notte (vedi canali Rai...) ma la scritta è lì, implacabile, per tutta la durata del film.


6) "I Magnifici", "I Bellissimi", "I Classici": ma allora, se sono bellissimi magnifici e classici, perchè mai li trasmettete alla due di notte e li sporcate e spezzettate?
7) "Gli Imperdibili": le solite repliche ("ex RayPlayer": ah perché, esisteva una cosa chiamata RaiPlayer?). Gli Imperdonabili, viene da dire; perché poi non è che lasciando la Rai le cose migliorino, anzi va sempre peggio.
8) "Piccola gemma di cinema": mi vogliono rifilare una commediola insulsa.
9) "Una divertentissima commedia": sarà una fetecchia (lo decido io se è divertente, please, almeno questo lasciatemelo...)
10) "Un thriller mozzafiato": cadaveri, morti ammazzati, autopsie, sangue, un serial killer. Chissà che due palle... non vi basta il telegiornale?
11) l'indicazione che appare verso la fine del film sulle reti mediaset: "adesso stai guardando...". Un'indicazione senza alcun dubbio utile, perché con tutte quelle interruzioni, anche di venti minuti, meteo e tg compresi, come si fa ricordarsi di che cosa avevamo cominciato a guardare?

 
E infine, il peggio del peggio di ciò che mi è toccato di subire: inserire la pubblicità anche durante un concerto con le ouvertures di Verdi, su Rai5. Le ouvertures di Verdi hanno una durata dai cinque a dieci minuti, mica tanto di più. Se proprio si vuole inserire la pubblicità anche nei concerti, basterebbe aspettare, dare un'occhiata, controllare. Termina l'ouverture della Forza del Destino, ci sono gli applausi, lì metto lo spot. Così farebbe una persona di intelligenza normale: invece no, lo spot arriva a trenta secondi dalla fine dell'ouverture, una cosa che definire irritante o fastidiosa è davvero un eufemismo. Poi hanno tolto gli spot da Rai5, ma quel funzionario o funzionaria penso proprio che sia rimasto al suo posto, che sia ancora lì pronto o pronta a far danni. Sono persone che non amano quello che fanno e che probabilmente ritengono una corvée punitiva il loro lavoro, cioè leggere vedere ascoltare i capolavori, essere curiosi. Magari sono anche persone laureate, ma la testa è quella lì, e una scuola ormai trentennale di funzionari tv pubblicitari sarà difficile da risanare.

 
Purtroppo gli spettatori il più delle volte non sono meglio dei "cretini creativi". Aggiungo come esempio solo una riga extra per quelli che si sentono superiori: "ah, ma io ci ho Sky" (dunque pagano due volte il canone, uno alla Rai e uno a Sky o a mediaset premium: bene, bravi, sette più). L'unico rimedio diventa lo streaming, ma che tristezza... Ma per lo spettatore il ragionamento giusto dovrebbe essere questo: se pago il canone, esigo la qualità. Mi sembra il minimo, ma non mi è mai capitato di ascoltare qualcuno che ragioni così, e anche questo è un brutto segno.
Sono gli effetti del referendum del 1995, per chi non se lo ricordasse. Si votò per regolamentare le telepromozioni, e gli italiani a maggioranza votarono per lo spot libero. Chi è causa del suo mal pianga se stesso, si dice: ma io non sono causa di questo mal, ne sono vittima. E con me tanti altri, soprattutto gli appassionati di cinema e di musica. Una tv a misura di cretino, mi viene spesso da dire; ma poi sto zitto, non lo dico, si rischia di diventare antipatici. Così si va verso il peggio, la gente si lamenta della qualità dei programmi ma poi non fa niente per migliorare le cose; la mia è solo una modesta proposta, rimettere (per legge) la pubblicità dentro gli appositi recinti. Tutto qui.
(1-segue, ma non so quando)



(il signore nell'immagine in alto è Cesare Polacco, voce magnifica e ottimo attore di teatro, che divenne famoso per uno spot tv, "l'ispettore Rock"; le altre immagini vengono da "Partner" di Bernardo Bertolucci; gli attori sono Tina Aumont e Pierre Clementi, l'anno è il 1968)

2 commenti:

  1. Non commento perchè hai ragione su tutta la linea e non ho niente da aggiungere. La sensazione di essere trattati da cretini è fortissima ed è il motivo per il quale ormai non guardo praticamente più la tv. Scrivo per farti i complimenti per il delizioso contrappunto con le immagini tratte da "Partner". Bellissimo effetto!

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  2. è una specie di pensiero unico, e quelli che provano a pensarla diversamente vengono subito emarginati. Anche internet ha ormai da tempo preso questa piega, e infatti è facile rendersi conto che oggi si può scrivere tutto quello che si vuole, tanto poi non ti riprende nessuno. Capita anche a Milena Gabanelli con Report, non sto parlando per me... Purtroppo anche internet sta facendo questa fine.
    Il film di Bertolucci è un bel po' strampalato, non sembra quasi nemmeno suo, però alla fine risulta ancora simpatico. :-)

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