martedì 30 maggio 2017

Funny games


 
Funny games (1997). Scritto e diretto da Michael Haneke. Fotografia di Jürgen Jürges. Musica: Haendel, Mascagni, e altro. Interpreti: Susanne Lothar, Ulrich Mühe, Arno Frisch, Frank Giering, e altri Durata: 103 minuti
 
"Funny games" si apre con una famiglia che ascolta la radio in auto; marito e moglie giocano a indovinare chi sono gli interpreti vocali. Nei cinque minuti iniziali si ascoltano Jussi Bjoerling e Renata Tebaldi in Cavalleria rusticana (bada Santuzza schiavo non sono...) e Beniamino Gigli in "Care selve" dall'Atalanta di Haendel, che è un ascolto raro. Un quiz personale fra marito e moglie: all'inizio lei dice che la cantante è Elena Suliotis, poi si corregge subito: no, è la Tebaldi. Un gioco divertente, che ho ritrovato in un altro film, dell'argentino Alejandro Agresti (Tutto il bene del mondo, 2004) dove a scommettere sono due amici in automobile e dove il soggetto da indovinare è però la musica da camera o sinfonica.
Detto questo, devo subito aggiungere che "Funny games" è un film molto violento, da evitare con cura se già ne avete abbastanza del telegiornale. A dirla tutta, sul piano mio personale, penso che "Funny games" fa dubitare della sanità mentale di chi lo ha scritto e pensato; mi dispiace moltissimo di averlo visto e ne avrei fatto volentieri a meno, ma sono stato spinto a vederlo dalla critica positiva intorno a Michael Haneke. E' una variazione sui lati peggiori e più facili di "Arancia Meccanica", o di "Key Largo", ma togliendo tutte le parti e i dettagli che fanno del film di Kubrick un capolavoro, vale a dire: pura e semplice violenza. E' comunque vagamente ispirato a un fatto vero di cronaca, del 1924. Salverei comunque gli attori, che fanno la loro parte da seri professionisti. Forse anche l'aver messo un'aria d'opera all'inizio è un rimando a Kubrick, ma qui la presenza di grande musica non ha un vero senso, non ha utilità narrativa e infatti la voce di Gigli è subito cancellata da un heavy metal sparato a diecimila watt. A pensarci bene, è quello che capita ogni giorno a qualcuno di noi; ed è anche un luogo comune molto (troppo) ripetuto, la "classica" per gente che non sa vivere, gente riflessiva, che storia vuoi raccontare al cinema intorno a gente che ama "la classica"? Se questa è l'idea di fondo che c'è dietro il film di Haneke, è davvero terrificante: ma per stupidità, non per altro. Temo proprio che non ci sia molto altro, dietro "Funny games".

 
Quella che ho visto è la versione tedesca del 1997, ne esiste un remake americano girato dallo stesso Haneke con Naomi Watts, Tim Roth e altri; pare che sia identica ma io mi guarderò bene dall'indagare. Haneke ha poi diretto anche "Il nastro bianco", che invece mi era piaciuto anche se con molte riserve. Dato che, considerata anche la sua lunghezza, ho fatto scorrere velocemente molte sequenze di "Funny games" il più veloce possibile mandando un accidente al giornalista o addetto stampa che mi ha segnalato questo film, mi è rimasto il dubbio su quel telecomando nel finale, che riporta in vita uno dei due assassini: forse un tasto rewind? (ma quello che succede non è uno scherzo, è tutto troppo serio). I videogames nei film, o nella vita reale: nei videogames si può annullare una mossa e ripartire con una nuova vita dopo morti, e viene da pensare che l'odierna ondata di violenza (domestica e no) abbia molto probabilmente questa origine. L'idea che sfiorando un tasto del telecomando si possa cancellare tutto, anche la morte, e ricominciare come se niente fosse: forse anche il norvegese Breivik aveva visto questo film, prima di ammazzare o ferire cento persone sull'isola di Utoya?
(gennaio 2014)




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