Tosca (1941) Regia di Jean
Renoir (sequenze iniziali) e Carlo Koch. Soggetto di Victorien
Sardou. Sceneggiatura di Alessandro De Stefani, Carmine Gallone, Carl
Koch, Luchino Visconti, Jean Renoir. Fotografia di Ubaldo Arata
(bianco e nero). Musiche di Paisiello e Puccini, adattate da Umberto
Mancini. Direttore d'orchestra Fernando Previtali; orchestra Eiar di
Roma, solisti Mafalda Favero e Ferruccio Tagliavini. Interpreti:
Imperio Argentina, Rossano Brazzi, Michel Simon, Carla Candiani,
Adriano Rimoldi, Claudio Ermelli, Olga V. Gentilli, Nicola Maldacea,
Enzo Musumeci Greco. Durata: 1h37'.
Il film tratto da "Tosca" fu iniziato nel
1940 da Jean Renoir, reduce da "La regola del gioco",
mandato a Roma dal governo francese che cercava di mantenere rapporti
cordiali con il fascismo; la situazione ebbe però un rapido
cambiamento in peggio. L'Italia entrò in guerra contro la Francia, e
Jean Renoir abbandonò il film: di suo rimangono, secondo il
volume del "Castoro Cinema", solo cinque inquadrature.
Renoir tornò a Parigi, partendo subito dopo per gli Usa. Il film fu
terminato da Carlo Koch (Carl Koch) che era uno dei suoi assistenti
per questa produzione; aiuto registi di Koch furono Luchino Visconti
e Lotte Reininger. Dura 1h37' ed è
fedele al dramma di Sardou (quindi anche a Puccini, più o meno); di
Renoir sono quasi certamente le prime scene, una bellissima
panoramica di Roma e di Castel Sant'Angelo. Pare che l'intenzione di
Renoir fosse proprio questa, mettere Roma al centro della narrazione.
Il film così come è oggi
è invece piuttosto convenzionale; a me è sembrato privo di ritmo e
molto di maniera nella narrazione, non brutto ma sempre prevedibile
negli sviluppi. Però a questo punto bisognerebbe chiedere il parere
di qualcuno che ignori del tutto la storia narrata: "Tosca"
è davvero troppo famosa e certamente nel mio giudizio sono
condizionato dai tanti ascolti di Puccini.
La protagonista è Imperio
Argentina, pseudonimo di Magdalena Nilé Del Rio (nativa di Buenos
Aires) che è bella e brava ma che potrebbe essere tranquillamente sostituita da
un'altra attrice: non è che lasci il segno in questo film.
Cavaradossi è Rossano Brazzi, molto giovane. Michel Simon è uno
strano Scarpia, ovviamente doppiato; direi bravo ma fuori parte (ma,
qui, gioca il ricordo de "L'Atalante" di Jean Vigo e di
"Boudu salvato dalle acque" di Jean Renoir, di poco
precedenti), così truccato e rigido, parrucca e abiti ancora
settecenteschi. Carla Candiani, dal naso affilato, è l'Attavanti;
Adriano Rimoldi è Angelotti (parte cospicua, non come in Puccini),
Olga V. Gentilli è la regina di Napoli. Il Papa c'è ma lo si
ascolta soltanto, è in una stanza dove gli portano la notizia
sbagliata su Marengo. Claudio Ermelli è Paisiello: Tosca canta e
prova sotto la direzione di Paisiello. Molti attori in piccole parti,
da ricordare Nicola Maldacea (un pittore) ed Enzo Musumeci Greco, che
poi sarà maestro di scherma in quasi tutti i film italiani (qui è
un ufficiale). Si possono riconoscere volti poi diventati molto
frequenti nel cinema italiano: i più famosi sono Massimo Girotti,
Memmo Carotenuto, Saro Urzì.
La parte musicale è
diretta da Fernando Previtali, con l'orchestra Eiar di Roma; oltre a
Puccini si ascoltano Paisiello (un Te Deum) e arie da camera
sei-settecentesche. Ci sono le tre arie famose della Tosca di
Puccini, tutte eseguite fuori campo; dai titoli di testa si apprende
che "Vissi d'arte" è eseguita da Mafalda Favero mentre
"Recondita armonia" e "E lucean le stelle" sono
affidate a Ferruccio Tagliavini. Queste arie sono inserite nel punto
giusto della narrazione, là dove sono previste, ma sempre come
colonna sonora: Rossano Brazzi recita sempre e non mima il canto.
Altri appunti presi
durante la visione: 1) durante la fuga dal carcere di Angelotti,
all'inizio, una voce maschile canta "Nel cor più non mi sento";
probabilmente si intende che a cantarla siano i fabbri all'opera nel
carcere (cioè Castel Sant'Angelo). Angelotti fuggirà proprio con
questi fabbri, che sono ovviamente patrioti travestiti da fabbri. 2)
Tosca canta "Caro mio bene" di Paisiello, e la si vede
anche durante le prove con l'autore, vale a dire le prove per la
Cantata di cui si fa cenno anche nell'opera di Puccini. 3) il Te Deum
non è quello del finale d'atto di Puccini ma è un Te Deum in piena
regola, una sequenza piuttosto lunga con la processione dentro la
chiesa di Sant'Andrea; le note di Puccini si ascolteranno solo alla
fine di questa scena. Durante il Te Deum Scarpia non canta; non si
unisce al coro dei fedeli ma continua le sue indagini all'interno
della chiesa. 4) si vede Angelotti scendere nella grotta dentro il
pozzo, rimanervi, e poi combattere prima di morire, sempre dentro il
pozzo. E' una scena lunga e ben costruita, da film d'avventura. 5)
l'interrogatorio avviene dentro la casa di Cavaradossi, dove c'è il
pozzo; la morte di Scarpia è invece nello studio di Scarpia, come in
Puccini ma senza musica. "Vissi d'arte" è nei titoli di
testa, ma non qui. 6) il sagrestano di Puccini nel film ha poco
spazio, lo si vede appena; parte più importante ha Gennarino, un
ragazzo che aiuta Cavaradossi quando dipinge.
In conclusione, un film
non memorabile (peccato per Renoir...) ma che si può ancora vedere
con piacere, o piuttosto con curiosità.
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