domenica 28 luglio 2019

Night song


 
Night song (L'amore senza volto, 1947) Regia di John Cromwell Scritto da Frank Fenton, Dick Irving Hyland, DeWitt Bodeen. Fotografia di Lucien Ballard (bianco e nero) Musiche per il film di Leith Stevens Interpreti: Merle Oberon, Dana Andrews, Hoagy Carmichael, Ethel Barrymore, Artur Rubinstein, Eugene Ormandy, e molti altri Durata: 1h40'
 
"Night song" (L'amore senza volto) non è un film memorabile, ma ha diversi motivi di interesse, soprattutto per la presenza di Artur Rubinstein e di Eugene Ormandy, in una lunga sequenza di concerto. Va inoltre sottolineata la presenza tra gli attori di Hoagy Carmichael, cantante e compositore di canzoni, autore di "Georgia on my mind", "Stardust", "Skylark" e di molto altro, sempre ad alto livello. Purtroppo, dal punto di vista strettamente musicale non c'è molto da ricordare nonostante la presenza di questi protagonisti, né nel campo classico né in quello della canzone. Rubinstein e Ormandy suonano solo musica composta per il film, e Carmichael canta una sola canzone delle sue, divertente ma non uno dei suoi capolavori.
 
 
La storia raccontata è un fotoromanzo poco credibile, quasi una favola, con una giovane ereditiera ricca e annoiata che si innamora del bel pianista cieco; ovviamente con lieto fine. Può piacere, è infatti ben diretto e ben recitato, con una radiosa Merle Oberon a fare da protagonista. A lasciare perplessi è soprattutto l'esito miracoloso dell'operazione agli occhi a cui viene sottoposto il pianista (Dana Andrews): forse oggi qualcosa di simile sarebbe possibile, con le nuove tecnologie, ma un'operazione agli occhi (trapianto di cornea?) lascia sempre qualche strascico e tutto sarebbe stato più credibile se almeno qua e là fossero apparsi degli occhiali da sole. Ma, appunto, non è alle favole e ai fotoromanzi che si deve chiedere la verità. Piuttosto, fa pensare il costo dell'operazione (cinquemila dollari). Allora come oggi, nel sistema sanitario Usa, la salute è un costo che la maggior parte delle persone non si può permettere. Qualcosa ha provato a fare Barack Obama, ma la strada per garantire a tutti questa possibilità è ancora lunga (qui da noi c'è chi si impegna per importare proprio questo modello americano...).

 
L'inizio del film propone uno dei soliti luoghi comuni hollywoodiani, la musica da concerto vista come qualcosa di bello ma noioso, quasi un obbligo ritemprarsi con un po' di jazz o di swing all'uscita dall'auditorium. Per nostra fortuna, nel locale scelto non c'è un gruppo qualsiasi di musicisti, ma l'orchestra di Hoagy Carmichael; comunque sia, a questo proposito, mi sento in obbligo di dover riportare queste righe di Paolo Terni: «...ma vigeva già allora una curiosa morale musicale: in molti film di Hollywood era d'obbligo, per esempio, la scena di chi, cantando o suonando un brano classico, fingesse una noia tremendamente accademica per poi riprendersi introducendo proditoriamente un tempo swing e mettendosi così a oscillare, sorridere, presumendo di coinvolgere un pubblico finalmente affrancato. Qui la noia e là la vita, in poche inani parole. (...)» (Paolo Terni, da "In tempo rubato", pag.78 ed.Sellerio 1999)
Più avanti apprenderemo che la protagonista è amica di Artur Rubinstein (queste esatte parole) quindi chissà dove stava la noia. Anzi, che invidia! Varrebbe la pena di fare un viaggio indietro nel tempo solo per poter ascoltare Rubinstein... (qui sotto, con Eugene Ormandy in una scena del film)

 
A esprimere questa noia è soprattutto il personaggio affidato a Ethel Barrymore, che rifà il cliché della zia anziana e simpatica piena di risorse inaspettate, un altro personaggio d'obbligo in questo tipo di film. Le fa da contraltare Hoagy Carmichael, amico fraterno e probabilmente compagno d'armi del giovane pianista, che lo assiste per tutta la durata del film, anche durante l'operazione, e lo aiuta a superare il momento difficile quando si innamora di Merle Oberon, credendo che anche lei sia cieca (non lo è).
Hoagy Carmichael non è propriamente un attore, ma riesce a nobilitare con umorismo e simpatia il suo personaggio, che è di quelli "ingrati", una spalla per il protagonista. A questo proposito si può evidenziare, al minuto 45, la bella scena di Hoagy Carmichael con il gattino e la scodella di latte ordinata al ristorante.

 
Leith Stevens (1909-1970, americano) fu bambino prodigio, pianista e compositore; da adulto lavorò molto per il cinema. Sua è la musica che vediamo suonare da Dana Andrews, e suo è il "Concerto per piano in do minore" eseguito da Rubinstein nel finale; la sua musica ricorda Rachmaninov (soprattutto) e poi Gershwin e gli inglesi fra Ottocento e Novecento. Leith Stevens compose circa quaranta colonne per il cinema, dal 1942 al 1970
 
Sono molto belle le riprese in concerto con Rubinstein, Ormandy e la New York Philharmonic; purtroppo la musica è quella di Leith Stevens, non Ciaikovskij o Beethoven. Una curiosità: Eugene Ormandy è leggermente più basso di Artur Rubinstein, che già era piccolo di statura di suo.
Nel film si vede la locandina del concerto: un programma bizzarro, con l'ouverture dalle Nozze di Figaro (Mozart), la Quinta Sinfonia di Beethoven e il "Concerto per pianoforte e orchestra" di Daniel Evans, che è il personaggio affidato a Dana Andrews (composto nella realtà da Leith Stevens). Si tratta di un programma strano, perché non si scrittura uno come Artur Rubinstein per così poco... Nel corso del film si ascoltano altre musiche, come un "Adeste fideles" in chiesa, che rimane però sullo sfondo; Dana Andrews e Merle Oberon suonano insieme un brano da "Carnaval" di Schumann.
Delle canzoni, solo una è di Hoagy Carmichael, "Who killed 'er" (non delle sue migliori, ma il pubblico si diverte); ci sono poi altre canzoni e brani jazz di altri autori (Jimmy McHugh, Harold Arlen) e il traditional "Loch Lomond" accennato da Merle Oberon (la fonte di queste informazioni è imdb.com che però si dimentica di Schumann).
 


 




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