venerdì 30 dicembre 2016

The Company (Robert Altman)


The company (2003) Regia di Robert Altman. Soggetto: Neve Campbell. Sceneggiatura: Barbara Turner. Fotografia: Andrew Dunn. Coregografie: Joffrey Ballet Chicago. Musica di Van Dyke Parks, e Funny Valentine di Rodgers e Hart. Interpreti: Neve Campbell, Malcolm McDowell, James Franco, e i componenti di The Joffrey Ballet Company (Chicago). Durata: 112 minuti.

"The company" è il penultimo film di Robert Altman, seguito soltanto da "Radio America". Girato con la Joffrey Company di Chicago, su suggerimento di Neve Campbell che ne è anche produttrice, racconta la vita quotidiana di una compagnia di danza, dalla progettazione fino all'allestimento di uno spettacolo. Neve Campbell (canadese, nata nel 1973) arrivava da un successo di pubblico con horror dozzinali, ma era in origine ballerina.
Insieme a Neve Campbell è protagonista Malcolm Mc Dowell, che interpreta il direttore della compagnia (il personaggio ha un nome italiano, "Alberto Antonelli") ed è molto credibile nella parte. Terzo attore di nome è James Franco, che non interpreta un ballerino ma il ragazzo di Neve Campbell.

Nel volume "Altman racconta Altman", ed. Feltrinelli 2010, Robert Altman passa in rassegna tutti i suoi film (l'intervistatore è David Thompson). Dedica molto spazio a "The company", l'intervista su questo film occupa il libro da pagina 210 a pagina 220; forse perché è un impegno recente, ma probabilmente perché si tratta di qualcosa di inusuale e di inaspettato, chi si sarebbe aspettato da Robert Altman un film di balletto? Altman stesso dice di essere stato colto di sorpresa, ma poi - conclude - "in fin dei conti non sapevo niente nemmeno della musica country, prima di girare Nashville..."
- Come è nato "The company"? Prima di allora il balletto classico non era mai entrato nel raggio del tuo radar...
- Dopo la serie dei film "Scream" Neve Campbell divenne molto ricercata. Da ragazzina aveva fatto parte del corpo di ballo della National School of Canada. Poi si presentò alla Warner Bros, dicendo: "Voglio fare un film sul ballo"; e loro commissionarono due o tre sceneggiature, ma erano tutte uguali e c'era sempre l'immancabile storia della ragazza povera che lotta per fare la ballerina e alla fine ce la fa. Lei invece voleva fare un film in cui sarebbe stata una delle tante ballerine; si rivolse quindi a Barbara Turner (...) e insieme scelsero la Joffrey Company di Chicago, con cui passarono tre anni. Barbara viaggiò insieme a loro, prese appunti, fece registrazioni e alla fine si ritrovò con un a gran quantità di materiale originale. Dopo aver scritto la sceneggiatura la mandarono alla Killer Films, una piccola società di produzione, che a sua volta la mandò a me perché io e Barbara siamo amici. Quello che le dissi però fu: "Barbara, io la leggo ma non farò mai questo film perché non ne so niente di danza e non capisco perché dovrei essere io a farlo." Quindi la lessi, ma non riuscivo a immaginarmi come sarebbe stato il film, e non facevo che ripetermi "non posso farlo". Cercai però di aiutarla il più possibile. In quel periodo dovevo scrivere una sceneggiatura con Paul Newman per la Miramax; ma poi Harvey Weinstein si inserì nel progetto: io avevo scritturato Naomi Watts e lui disse che avrebbe tolto dal budget tre milioni di dollari perché secondo lui era un'attrice insignificante. (...) in mezzo a tutto questo trambusto mi ritirai e decisi invece di fare il film sul mondo del balletto. Quello che pensai fu: "perché non tuffarmi nell'abisso? in fondo non sapevo niente neanche di musica country, ma ho fatto Nashville...". In realtà il film è di Neve, è lei la produttrice. Le dissi: "Lo faccio, ma mi limito a registrare quello che succede. Tu sarai una delle ballerine e non dovrai prevalere sugli altri membri del corpo di ballo". E così andò.
(da "Altman racconta Altman", a cura di David Thompson, ed. Feltrinelli, pag.211-212)


Neve Campbell è il nome vero dell'attrice, non uno pseudonimo; non so bene come vada pronunciato e penso che non abbia nessuna relazione con la nostra parola italiana (ma potrei sbagliarmi). Nel film fa una bella figura, ma è davvero una delle tante ballerine, si fa notare ma non è la protagonista in assoluto. Si vedono anche tutti i membri della Joffrey Company, nelle prove e nella loro vita quotidiana; non ne riporto i nomi perché sono davvero tanti, coreografi, scenografi, amministrativi, ballerini e ballerine, e sarebbe un peccato dimenticare o tralasciare un nome piuttosto che un altro. L'elenco completo è comunque su www.imdb.com , un database dove c'è tutta la storia del cinema (non finirò mai di ringraziare gli autori di questa iniziativa, che racchiude il vero spirito iniziale di internet: fornire informazioni e aumentare le nostre conoscenze).
Robert Altman è molto bravo nel realizzare questi film corali, dove non c'è un solo protagonista ma dove tutti i personaggi (e gli attori) concorrono alla costruzione della storia. Dai tempi di "MASH" a quelli di "Gosford Park", per terminare con "Radio America" e passando per "La fortuna di Cookie", o per "Nashville" e "Streamers", sono sempre film molto belli; richiedono un po' di pazienza e di collaborazione da parte dello spettatore, ma alla fine si è sempre ripagati dal piacere della visione.


Un film per gli appassionati di danza, dunque, ma anche molto bello da vedere per tutti gli appassionati di teatro, perché i balletti messi in scena sono belli da vedere, cosa che non capita spesso. Altman ha scelto una tecnica di ripresa molto semplice, che rispetta il punto di vista dello spettatore a teatro, con tutti i vantaggi della tecnologia digitale ma senza inutili zoom e primi piani (solo quelli che servono per davvero); il risultato è eccellente e perfino sorprendente, grazie anche all'ottimo lavoro di Andrew Dunn, direttore della fotografia.
- Le sequenze dei balletti sono molto belle da vedere.
- In genere ci siamo limitati a piazzare le macchine da presa dove era possibile. L'illuminazione è molto generale. Penso che il contributo di Andrew Dunn al film sia stato davvero grande, ma credo anche che se uno avesse preso contatto con venti operatori del suo calibro, diciotto non avrebbero accettato il lavoro. Non sanno cosa sia l'alta definizione e, in generale, le opinioni che circolano in proposito sono negative. C'è chi pensa che il video venga usato per fare un film in economia, ma non è vero. Io almeno non sono riuscito a trovare il modo di risparmiare soldi. Era una cosa del tutto nuova, e Andrew ci si tuffò dentro con passione dall'inizio alla fine. Tutti e due brancolavamo nel buio. Non avevamo idea di dove fosse il dirupo. Siamo andati alla carica sperando di non cadere, e lui di certo non è caduto; e neanche io, credo.
(da "Altman racconta Altman", a cura di David Thompson, ed. Feltrinelli, pag.217-218)


E' un film che ho sempre esitato a vedere, perché sono un ammiratore di Robert Altman e ho visto quasi tutti i suoi film, ma mi trovo nella sua stessa situazione prima di iniziare il film: non so quasi niente di balletto. Adesso però posso dire che è un bel film. Anche senza una vera trama, si fa vedere e i balletti sono belli. Qualche minima esperienza di balletto però ce l'ho, per le coreografie mi sento di fare rimandi a compagnie come Momix e Pilobolus, e lo stile del film mi ricorda molto Jacques Tati, "Playtime" ma anche "Il circo".
Van Dyke Parks, autore delle musiche, è stato collaboratore dei Byrds e dei Beach Boys; siamo quindi lontani dal balletto classico, ma la musica è comunque piacevole. Il motivo conduttore è la melodia di "Funny Valentine", una canzone famosa presa dai musical di Rodgers & Hart.

 

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