God
Rot Tunbridge Wells! (1985) Regia di Tony Palmer . Sceneggiatura di
John Osborne. Fotografia di Nicholas D. Knowland. Costumi di John
Hibbs. Interpreti: Trevor Howard (Georg Friedrich Handel anziano),
Dave Griffiths (Handel quarantenne), Christopher Bramwell (Handel
giovane), Ranald Neilson (Handel ragazzo), Tracey Spence (Mary
Granville), Anne Downie (Vittoria Turquini), Simon Donald (Prince
Ruspoli), Peter Stanger (Domenico Scarlatti), Beth Robens (madre di
Haendel), Mitzi Mueller (Francesca Cuzzoni), Elizabeth Lax (second
soprano), Chris Young (Buxtehude), Caroline Woolley (Marie Sallé),
Shona Drummond (handmaiden), Isabella Connell (princess of Wales),
John Hibbs (Various Affronted Persons),
Cantanti:
Elizabeth Harwood ('I know that my Redeemer liveth'), James Bowman
('Ombra mai fu'), Valerie Masterson e Anthony Rolfe-Johnson (duetto
'Happy We' ), Lynn Anderson ('See the conquering hero comes'), John
Shirley-Quirk ('Awake the ardour of thy breast' / 'Let envy then
conceal her head' ), Judith Howarth ('See the conquering hero
comes'), Andrew Dalton ('Cara Sposa'), Roger Cleverdon ('La Mia
Sorte'), Emma Kirkby ('But who may abide' ),
Musicisti:
Karl Ehricht (organista ad Halle), Andrei Gavrilov (pianista per la
Passacaglia), Simon Preston (organista nel Concerto Op. 7 No. 5),
Josef Fröhlich, Glyn Harvey, English Chamber Orchestra dir. Charles
Mackerras, The Wandsworth School Choir , The Extremely Ancient
Academy of Singers
Durata:
2 ore circa, per la BBC
II.
A
Londra in quel momento, quando vi arriva il Sassone, hanno successo opere e musiche delle quali nel
film Haendel parla malissimo. Viene riportata una recensione di The
Spectator sul Rinaldo dove si dice (riassumo meglio che posso) che
"ci sono lampi, tuoni, fuoco, ma anche un sistema che impedisce
che lo spettatore prenda fuoco"; ed è vero, in fin dei conti il
Rinaldo è fatto proprio così, spettacolare ma col raffreddamento
incluso. L'opera "Rinaldo" fu il primo grande successo del
compositore sassone in Inghilterra; Haendel nel suo primo periodo
londinese lavorò per il teatro Haymarket. Si vedono gabbie con
uccelli canori, ed è un fatto realmente successo, un tentativo
(finito male) di ricostruire il giardino di Armida:
Dalla
seconda metà del Seicento Venezia è considerata la capitale
musicale d'Italia e la patria dell’opera lirica e, in questo campo,
i suoi giudizi fanno testo e sono inappellabili. Perciò Haendel dopo
"Agrippina" viene onorato in Germania - presso la corte di
Hannover - e quindi l’anno seguente, è il 1710, accolto a braccia
aperte in Inghilterra dal direttore del celebre teatro Haymarket,
Aaron Hill. Questo straordinario personaggio e scrittore - ha
pubblicato una storia dell'Impero Ottomano e ha tradotto Voltaire - è
scienziato e industriale -, si occupa di chimica, dell’estrazione
di olio dai semi delle piante di faggio e ha uno stabilimento per la
costruzione delle navi da carico -, ma è anche uomo di teatro. Come
tale appronta all'istante per Haendel la trama di un’opera desunta
dalla Gerusalemme Liberata e quando il maestro ha finito di musicarla
Aaron Hill si impegna anche nella realizzazione scenica del lavoro.
Così, volendo dare una impronta di verismo alla scena del giardino
di Armida, gli fa popolare gli alberi finti di uccelli veri. Ma è
inverno e gli sono stati forniti soltanto dei passeri che, appena
alzato il sipario, si precipitano svolazzando nella sala e,
cinguettando si aggrappano dove possono; anche sulle teste e sulle
spalle degli spettatori. Il curioso incidente non turba lo splendido
andamento della serata, che si risolve in un successo immenso e fa di
Haendel il musicista del giorno. Talché Walsh, il suo editore,
riesce a guadagnare somme enormi pubblicando le arie del "Rinaldo»
in uno smilzo fascicolo di 65 pagine che, pur se venduto a caro
prezzo, va a ruba. (E Haendel propone a Walsh d'invertire le
rispettive parti, dicendogli: «Caro signore,
siccome è giusto che la nostra collaborazione si svolga su di un
piano di parità, per la prossima opera, ci scambieremo i ruoli: ella
comporrà la musica ed io la venderò »).
(Silvestro
Severgnini, dal programma di sala per Ariodante, Teatro alla Scala anni 80)
Haendel
(cioè Trevor Howard, il compositore anziano che rievoca la sua vita)
dice di amare moltissimo il paesaggio inglese e i poeti inglesi
(Milton, Dryden, ecc) e la Bibbia, a queste cose s'inchina e ancora
da vecchio è uno stupore continuo. Al minuto 48, si accenna a Mary
Granville e si vedono molte donne, con molti dettagli su cui
informarsi. Su wikipedia c'è una voce corposa dedicata a Mary Delany
Granville (1700-1788) "artista, intellettuale e scrittrice"
oltre che dama di corte , che fu per tutta la sua vita molto vicina a
Haendel, "amica intima e fedele sostenitrice del compositore".
In queste scene e nelle successive è evidente l'ispirazione a
Hogarth e al suo ciclo di stampe The Rake's Progress.
Nel
1714 Haendel si ritrova come re d'Inghilterra un Hannover; teme
qualche ripercussione ma per il nuovo re scrive la famosa "Water
Music", "Musica sull'acqua", che ha grande successo.
Il film ci mostr la barca con i musicisti che "affonda
allegramente", per fortuna vicina alla riva. Belli i corni
d'epoca, e le trombe. Non finiscono però i guai per Haendel:
l'arcivescovo di Canterbury se la prende con i "foreign
fiddlers" e Haendel commenta: lo ero anch'io, in fin dei
conti...
Vediamo
poi Haendel che dà lezioni di musica alle figlie del re, e si
ascolta "il fabbro armonioso". Le bambine si affezionano a
Haendel, sembra quasi di vedere Lewis Carroll con Alice Liddell.
Chissà se è tutto vero, bisognerà cercare una biografia
attendibile ma il buon carattere e la simpatia di Haendel sono
comunque ben documentate, quindi è più che possibile.
In
queste sequenze, e in molte altre, Trevor Howard ricorda spesso John
Gielgud come Prospero nel film di Peter Greenaway tratto da "The
Tempest" di Shakespeare, e probabilmente ne è il modello dato
che il film di Tony Palmer precede quello di Greenaway.
Romain
Rolland scrive che l’esito glorioso del Rinaldo ha deciso le sorti
dell'opera italiana a Londra e ha rappresentato una svolta nella
storia della musica. «L’opera italiana che ha conquistato il mondo
comincia a sua volta ad essere conquistata dai musicisti stranieri
che essa ha formato, gli "italianizzanti" di Germania. Dopo
Haendel verrà Hasse e poi Gluck e poi Mozart. Ma Haendel è il primo
dei "conquistatori" e il Rinaldo inizia quel ciclo di 37
melodrammi con cui Haendel - dal 1711 al 1741 - in trenta anni di
sforzi appassionali, di vittorie e sconfitte, di crolli fisici e di
impegni morali - ha dato vita in musica a tutto un universo favoloso.
I
protagonisti dei suoi lavori sono sempre figure di primo piano: della
mitologia greca, come Arianna, Admeto, Imeneo, Atalanta, Teseo,
Partenope; della storia antica, romana e orientale, come Giulio
Cesare, Silla, Muzio Scevola, Scipione, Alessandro, Tamerlano »;
dell’epopea dei paladini e di quella di re Artù, come Rinaldo,
Orlando, Amadigi, Alcina», Berenice, Ottone, ecc. Come questi, gli
altri 19 titoli delle opere del Sassone sembrano tolti da un
dizionario di personaggi celebri del passato.
(Silvestro
Severgnini, come sopra)
Lord
Chandos, duke of Chandos, finanzia Haendel e molte opere nuove sono
rappresentate nel teatro della sua villa. Al minuto 57 ascoltiamo il
duetto "Happy we" dall'opera "Aci e Galatea", non
in scena ma con i due cantanti in abiti moderni; i due solisti sono
Valerie Masterson e Anthony Rolfe-Johnson. Ascoltiamo poi il Messia
(non ancora composto), e i Concerti per organo. Le cronache dicono
che Haendel fu un organista spettacolare, all'organo si divertiva e
faceva divertire, spesso improvvisando; è un peccato che Tony Palmer
e John Osborne sorvolino su questo aspetto. Si ascolta anche il
controtenore (cioè falsettista) James Bowman, che rende
incomprensibile tutto ciò che canta.
Qui
finisce la prima ora del film.
A
1h03 , durante una recita di Admeto nel teatro del duca di Chandos
nasce un litigio furioso tra le cantanti Francesca Cuzzoni e Faustina
Bordoni. A 1h08 problemi di diritti d'autore: per "Israel in
Egypt" fu contestato a Haendel di aver copiato da Stradella.
Alessandro Stradella viene definito "obscure"; not so
obscure, direi io, ma può darsi che Haendel abbia davvero detto
così. A proposito di diritti d'autore, è da notare che Haendel fu
davvero vittima di "pirateria" e si decise a far stampare
le sue opere proprio per evitare che circolassero copie dei suoi
spartiti non solo "pirata" ma anche malamente trascritti,
quasi sempre a memoria. "Se rubo, rubo a me stesso"
commenta Haendel anziano ricordando quel periodo; ed è vero, era
prassi abbastanza comune per i compositori "riciclare"
melodie, arie, scene, duetti. Anche Rossini "ruberà a se
stesso", spostando ouvertures, intere scene e concertati da
un'opera all'altra, e così faceva anche Haendel. Qui si poteva
inserire "Lascia ch'io pianga", dal Rinaldo, che è appunto
una delle melodie che Haendel ha "riciclato" più spesso,
portandosela dietro fin da Hannover: è una melodia fra le più
belle, e avrebbe fatto un bell'effetto. Nella scena per il processo
in tribunale, a 1h09 Tony Palmer mette in scena un grammofono, in
primo piano e in bella vista, per il momento in cui si dibatte sul
presunto plagio da Stradella. Siamo quasi duecento anni prima
dell'invenzione del fonografo di Edison, però la scena è divertente
e ben costruita.
A
1h15 si parla del fallimento economico di Haendel a causa di
investimenti sfortunati; la si associa alla "tassa sul tabacco
di Walpole". Si parla anche della nascita della Royal Academy of
Music, che Haendel (così si dice nel film) detesta perché ospita
gli italiani: ancora Stradella e poi Giovanni Bononcini, qui detto
Buononcini. A 1h17 si racconta della paralisi del braccio destro,
forse favorita dall'antica ferita rimediata in duello a vent'anni.
Haendel va ad Aix, alle terme, per cercare di porvi rimedio. Al
ritorno a Londra comincia a scrivere oratori, "l'opera senza
opera".
Ma
nel 1741, dopo aver fatto rappresentare l'ultima delle sue opere
liriche, "Deidamia", Haendel si congeda definitivamente dal
museo delle antichità e compone il quattordicesimo dei suoi trenta
Oratori: "Il Messia". Scrive Massimo Mila: «Abbandonando
l'opera teatrale per l’oratorio sacro Haendel passava da un genere
d’arte aristocratica a un’arte popolare, da un pubblico
selezionato a vaste cerchie di ascoltatori ingenui e indiscriminati.
Raccontando le storie della vita di Cristo e degli eroi biblici e
invitando a meditarci sopra, Haendel sapeva di rivolgersi ad
un'udienza che queste storie e queste figure aveva assimilate nella
carne e nel sangue, laddove l’opera seria languiva gloriosamente
tra le favole della mitologia antica, ad esclusivo interesse d'una
società colta ma chiusa e in corso di decadenza ».
(Silvestro
Severgnini, come sopra)
Vediamo
quindi una nave per Dublino, con Haendel già molto malato; si
ascoltano "Zadok the priest" (che per inciso è anche la
sigla della Champions League di calcio, sia pure in un brutto
arrangiamento) e un momento dal "Messia". La voce dolce di
Emma Kirkby poco si adatta alle fiamme che Tony Palmer mette sullo
sfondo; fiamme e cavalli al galoppo, a 1h24. Il fuoco è giustificato
dal testo, il fuoco della Redenzione (But who may abide, aria dal
Messia) però non direi che Palmer renda bene l'idea. L'oratorio avrà
grande successo e ripagherà tutti i debiti di Haendel; però al
ritorno dall'Irlanda, i vescovi lo accuseranno di blasfemia, proprio
per il "Messia". A 1h28 vediamo e ascoltiamo Elizabeth
Harwood in "I know that my Redeemer liveth", da "The
Messiah".
Haendel
comincia a sentirsi debole e malato, e decide di scrivere le sue
ultime volontà; a 1h30 leggiamo il testamento di Haendel, che fu
molto generoso verso tutti quelli che gli sono stati vicini. Haendel
fu sempre generoso, guadagnò molto con il Messia e fondò un
ospedale per i poveri di Londra (che Palmer rappresenta con scene tra
Hogarth e Dickens) che esiste ancora oggi, però sotto un altro nome.
Haendel
viene finanziato da Shaftesbury; soggiorna a Bath (importante
stazione termale) ma la malattia è già troppo avanti. Qui si dice
"God Rot Tunbridge Wells!" cioè "Dio maledica (faccia
marcire, alla lettera) Tunbridge Wells": che è nel Kent, ma sul
perchè questa frase sia stata scelta come titolo è cosa che mi
sfugge. Intanto infuria la guerra, che Tony Palmer ci presenta in
immagini con visioni del tipo che usa Werner Herzog nel finale di
"Kaspar Hauser". Si accenna al duca di Cumberland, titolo
che dal 1721 passò al figlio di re Giorgio II.
E'
il momento dell'oratorio "Judas Maccabaeus" del quale
Haendel (nel film) si dice poco convinto: "agli inglesi piace
una musica con cui battere il tempo". Duetto di voci femminili
che sembra Purcell (voluto?) molti primi piani sui tamburi di tipo
militare; è Haendel, ma è anche la guerra in corso. A 1h37
Buxtehude nel ricordo diventa "Buxtewhohide". Arriva il
momento di "Music for the Royal Fireworks" a Vauxhall, e
nasce l'ospizio per bambini poveri.
A
1h40 l'operazione all'occhio sinistro, in un primissimo piano che si
poteva evitare. Haendel ha 66 anni, si definisce il vecchio toro, Old
Buck: il Toro era un suo soprannome di gioventù. L'operazione
all'occhio è dolorosissima e non porta ai risultati sperati; Haendel
è sempre più malato però compone l'oratorio "Jephte".
A
1h44 vediamo la rovinosa caduta da un calesse, che lo renderà
parzialmente inabile a camminare.
Si
accenna ai successi londinesi di Bononcini, Baldassarre Galuppi e
Lampugnàn (il milanese Giovanni Battista Lampugnani, con la i
finale, che fu a Londra nel 1743). A 1h46 si ascolta la famosa aria
dal Serse, "Ombra mai fu" purtroppo affidata al falsettista
James Bowman. A 1h50, con un pianoforte Steinway, Andrei Gavrilov
suona la passacaglia dalla Suite n.7: un altro anacronismo (il
pianoforte come quello che vediamo arriverà solo nell'800) ma
tutt'altro che spiacevole e anzi ben inserito nella narrazione.
La
sequenza finale è per la casa dove abitò Haendel e per gli altri
luoghi haendeliani citati nel film, il tutto sulle note dell'Alleluia
dall'oratorio "Messia".
In
conclusione, direi che si tratta di un film interessante e con
un'impostazione originale che non dispiace; però si poteva fare di
più ed è un peccato. Per quanto riguarda me: a) cercarsi una buona
biografia di Haendel (ma senza più la Ricordi a Milano, come si fa?
almeno poter sfogliare il libro prima di portarlo a casa...) b)
cercarsi altri film di Tony Palmer, oltre allo Shostakovic che vidi
al cinema ha girato anche biografie di Purcell e Wagner, e altro
ancora.
Bisogna che mi decida a prendere in seria considerazione Haendel non a brani ma in toto... ( che meraviglia "Lascia che io pianga", Haendel è elegantissimo! )
RispondiEliminap.s.
se Trevor Howard ricorda John Gielgud nel film di Peter Greenaway varrebbe vieppiù la pena di vedere un film che nel tuo racconto si presenta sin dalle prime battute accattivante
vederlo su youtube però richiede pazienza e costanza... che tristezza la Rai (servizio pubblico) che si dimentica di film che sono gratis a disposizione in rete.
RispondiEliminaPreso "in toto" Haendel può essere pesantino per quel che riguarda l'opera, i suoi libretti non sono il massimo come drammaturgia. Ma il Messia è magnifico, e io una volta alla Scala ho perso l'ultimo treno perché mi ero perso nel Judas Maccabaeus... (o era Israel in Egypt? me li confondo sempre!) Mi ha meravigliato vedere che nel film non è menzionato Hercules, che è l'opera più inglese possibile: piena di hornpipes, di danze scozzesi, di canti di marinai...