Terra nostra (1999-2000) Telefilm
brasiliani, scritti da Benedicto Ruy Barbosa. Registi nella prima
serie: Jayme Monjardim, Carlos Magalhaes, Marcelo Travesso. Musiche
di Verdi, Puccini, Tosti, Mascagni, e altri (in vari arrangiamenti).
Interpreti: Ana Paula Arosio, Thiago Lacerda, Antonio Fagundes,
Angela Vieira, Carolina Kasting, Paloma Duarte, Raul Cortez, e molti altri.
221 puntate di 60' minuti l'una
Terra nostra 2 (2002-2003). Telefilm
brasiliani, scritti da Benedicto Ruy Barbosa. Registi vari. Musiche
di Verdi, Puccini, Tosti, Mascagni, Chopin, e altri (in vari
arrangiamenti). Interpreti: Ana Paula Arosio, Reynaldo Gianecchini,
Priscilla Fantin, Fernanda Montenegro, Antonio Fagundes, Maria
Fernanda Candido, Nuno Lopes, Gabriela Duarte, Raul Cortez, e molti
altri.
209 puntate di 60' l'una.
"Terra nostra" è una serie
di telefilm della tv brasiliana, una produzione ben fatta e non
banale nella scelta del soggetto, con molti motivi di interesse al di
là della storia in sè; seguendola si finisce con l'imparare anche
un po' di storia, la nostra di europei e quella del Brasile. Il
soggetto principale è infatti la storia stessa del Brasile fra '800
e '900, l'immigrazione italiana, la fine dello schiavismo, la grande
crisi del caffè (cali di prezzo, speculazioni), la novità del
caucciù a Manaus, i primi moti politici, gli anarchici e i
socialisti. Si parte dal 1888, con l'arrivo di una nave di immigrati
italiani: e anche questo, le navi di immigrati che arrivano quasi sempre in condizioni più che precarie, è un più che possibile aggancio con la
nostra attualità di oggi (un aggancio che nel 1999 era probabilmente
poco ipotizzabile). La seconda serie, che non è direttamente
collegata alla prima, è ambientata negli anni 1920-1930; si comincia
dal 1931 con le preoccupazioni per le dittature europee e i pericoli
del nazifascismo anche in Brasile. Tutto questo viene raccontato
attraverso le storie personali dei protagonisti, storie d'amore e di
denaro, di schiavi neri e di anarchici italiani, di ebrei brasiliani
(la protagonista della seconda serie è figlia di un mercante di
stoffe ebreo), e altro ancora. Il tutto nello stile delle telenovelas
sudamericane ma con un'ottima mano nella scelta degli attori, bei
costumi e bella ricostruzione d'interni anche con pochi mezzi. La
ricostruzione storica è molto ben fatta, ed è facile pensare che il
modello di riferimento sia stato "Novecento" di Bertolucci.
Detto il bene che bisognava dire di
"Terra nostra", va però anche aggiunto che non sempre il
risultato è di alto livello, c'è qualche sciatteria qua e là,
soprattutto in fase di scrittura: non tanto nella parte storica
quanto nei dialoghi e nelle situazioni private dei personaggi. E'
comunque una telenovela, per quanto ben curata il livello medio è
quello di tante "serie tv", cioè piuttosto basso.
L'autore è per entrambe le serie
Benedicto Ruy Barbosa; ci sono tre registi nella prima serie: Jayme
Monjardim, Carlos Magalhaes, Marcelo Travesso; nella seconda parte si
alternano diversi registi. Gli attori: Ana Paula Arosio è la
bellissima Giuliana, Thiago Lacerda è il suo innamorato, bravi e
simpatici tutti gli altri.
Il motivo per cui parlo qui di "Terra
nostra" (che ho guardato per mesi all'ora di cena, con mia
mamma, in una replica Rai) è la presenza di molta musica operistica
nella colonna sonora; il che sarebbe anche un'ottima cosa ma gli
arrangiamenti sono bruttini e le musiche sono inserite un po' a
capocchia, senza il minimo raccordo con ciò che esse significano; e
vengono mischiate a canzoni usate altrettanto a capocchia, per
esempio gli attori dicono di essere siciliani e scatta "Funiculì
funicolà" o "Torna a Surriento" (che siciliane non
sono...). L'arrangiamento delle musiche rovina brani come "Va
pensiero" (Verdi, Nabucco), "E lucevan le stelle"
(Puccini, Tosca), l'inizio del terzo quadro della Bohème (sempre
Puccini), il tutto senza che nei titoli di testa o di coda sia mai
indicato il nome dei veri autori di musiche così belle. Ci sono
anche le romanze di Tosti, c'è Mascagni con "inneggiamo il
Signor non è morto" (da "Cavalleria rusticana", usato
a sproposito anche questo). Nella seconda serie ad essere maltrattato
è soprattutto Chopin, per la presenza fra i protagonisti di "un
famoso concertista italiano" (che cerca in Brasile il figlio,
fuggito dal fascismo); si ascoltano canzoni portoghesi, yiddish, e
italiane; c'è un tizio che canta spingendo la voce verso la gola, e
che forse si vorrebbe far passare per aspirante tenore o baritono (ma
la voce va fatta uscire, non si canta mandando la voce nello
stomaco...). Comunque sia, le vie del Signore sono infinite e spero
che anche una telenovela possa servire per far conoscere la grande
musica: con i tempi che corrono, per le nuove generazioni purtroppo
non è più possibile, come è capitato a me, incontrare uno Stanley
Kubrick che apra gli occhi (e le orecchie) alla conoscenza dei grandi
autori.
A livello personale, dopo tanti anni di
frequentazione di teatri e sale da concerto, "Terra nostra"
mi è servito per mettere a fuoco la musica di Francesco Paolo Tosti
(1856-1914), che avevo sempre sottovalutato. Tosti è sempre presente
nei recital di canto dei più grandi cantanti d'opera, un motivo ci
doveva pur essere ma io non lo avevo mai trovato; così, fra una
storpiatura-tormentone di "Va' pensiero" o di "E
lucean le stelle", ecco spuntare anche il tormentone di "le
vaghe sembianze ketchay", ovvero "Malìa" di Tosti,
arrangiata in modo leggero e per voce femminile, peraltro non
sgradevole. Una breve ricerca su internet mi permette di trovare
molte belle o magnifiche versioni di quest'aria da camera, da Kraus a
Pertile a Bergonzi a Pavarotti (eccetera), che le rendono finalmente
giustizia. "Malìa" è datata 1887, il testo è di Rocco
Emanuele Pagliara, che mi lascia perplesso per quel "le vaghe
sembianze checciài" che si poteva evitare facilmente ("le
vaghe sembianze che hai", o simile: funziona allo stesso modo).
Sublime testo, quello del Pagliara: una specie di primo atto del
Tristano, "ninfa o fata tu sei?". Mi hai forse avvelenato
con quell'arcano filtro, o è soltanto Amore? In ogni caso, è un
testo riservato alle bionde. More, rosse e brune se ne facciano una
ragione.
Cosa c'era ne 'l fior che m'hai dato?
forse un filtro, un arcano poter?
Nel toccarlo, il mio core ha tremato,
m'ha l'olezzo turbato il pensier.
Ne le vaghe movenze, che ci hai?
Un incanto vien forse con te?
Freme l'aria per dove tu vai,
spunta un fiore ove passa 'l tuo piè.
Io non chiedo qual plaga beata
fino adesso soggiorno ti fu:
non ti chiedo se Ninfa, se Fata,
se una bionda parvenza sei tu!
Ma che c'è nel tuo sguardo fatale?
Cosa ci hai nel tuo magico dir?
Se mi guardi, un'ebbrezza m'assale,
Se mi parli, mi sento morir!
(Malìa, di Francesco Paolo Tosti; versi di Rocco Emanuele Pagliara)
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