"I cannibali" (Os canibais,
1988). Regia di Manoel de Oliveira. Soggetto di Alvaro de Carvalhal.
Musica di João Paes, con inserti da Paganini. Fotografia di Mario
Barroso. Orchestra Fondazione Gulbenkian Lisbona, direttore Max
Rabbinovitj. Coro femminile dell'Orchestra Fundaçao Calouste
Gulbenkian. Interpreti: Luis Miguel Cintra, Leonor Silveira, Diogo
Doria, Oliveira Lopes, Pedro Teixeira da Silva (Paganini), Joel
Costa, Rogerio Samora, Rogerio Vieira, Antonio Loja Neves, Gloria de
Matos, Candido Ferreira, Josè Manuel Mendes, Teresa Corte Real. Voci
per il canto: Carlos Guilherme (LM Cintra), Filomena Amaro (L.
Silveira), Joel Costa (se stesso), Antonio Silva (R.Samora), Carlos
Fonseca (R.Vieira), Luis Madureira (A.Loja Neves). Durata: 98
minuti.
E’ un’opera lirica vera e propria
“Os canibais” (I cannibali) di Manoel de Oliveira, girato nel
1988. La musica è di João Paes, amico personale del regista
portoghese e suo collaboratore in molti film. Rovistando su wikipedia
ho scoperto che il film nasce da una scommessa fra i due amici, con
Paes che dice “non saresti capace di fare un film partendo da
un’opera nuova” e Oliveira che accetta la sfida, riservandosi
comunque di scegliere l’argomento. Ho trovato poche notizie sul
compositore portoghese, la sua musica negli altri film di Oliveira è
sempre piacevole e funzionale alla narrazione ma qui assume un ruolo
di primo piano. E qui, dopo aver visto il film due volte dall’inizio,
posso dire che cominciano le mie perplessità: amo molto il cinema di
Manoel de Oliveira, ma “Os canibais”, pur essendo un film molto
ben girato e molto ben recitato, è forse il suo film che mi ha
lasciato più perplesso. I motivi sono principalmente due, e si
tratta proprio della musica e del soggetto dell’opera. La musica di Paes per “Os canibais”
è fatta quasi completamente da recitativi, sullo stile di molte
opere del Novecento da Malipiero fino a Britten passando per
Mascagni; ma non mi è rimasto in mente nulla, e devo anzi dire che,
pur essendo abituato ai film sottotitolati, ho fatto molta fatica a
seguire tutto fino in fondo.
Il secondo problema è nel soggetto,
che è tratto da un racconto ottocentesco di Alvaro de Carvalhal
(1844-1868, morto giovanissimo per un aneurisma), non propriamente
dei più felici. Siamo tra l’horror e il grottesco: in una città
portoghese non identificata arriva un uomo molto ricco e molto
affascinante, che fa innamorare ogni donna che lo incontra, ma che si
dimostra molto schivo e riservato. Nasconde infatti un segreto, che
rivelerà la prima notte di nozze con la ragazza che nonostante tutto
ha voluto sposarlo, e che io mi permetto di scrivere qui perché
immagino che saranno in pochi a leggere Carvalhal o a voler seguire
fino in fondo “Os canibais”: quest’uomo è un automa, le uniche
parti umane sono il cuore e il cervello. Il cannibalismo a cui fa
riferimento il titolo nasce da un tragico equivoco (ovviamente la
storia finisce in tragedia), ma anche volendo provare a dare al tutto
un significato vagamente marxista (i parenti della sposa diventano
definitivamente dei cannibali, o meglio delle bestie carnivore,
quando si rendono conto che dalla tragedia si possono ottenere molti
soldi), è difficile appassionarsi alla vicenda.
Insomma, l’idea
della "sfida musicale" era buona ma si poteva scegliere
meglio; il film resta comunque da vedere, molte sequenze sono
notevoli e questo non stupisce dato che si tratta pur sempre di un
film di uno dei più grandi registi del Novecento. Fra le idee buone
c’è sicuramente la coppia formata dal narratore (tenore) e da un
violinista giovane che appare alle sue spalle, che ha il nome di
Niccolò e che rappresenta Paganini eseguendo alcune delle sue
musiche più famose. Narratore e violinista formano quasi un duo
comico (ogni tanto il violinista deve rincorrere il narratore, o
viceversa). I protagonisti sono interpretati da attori doppiati da
cantanti, ed è un doppiaggio molto ben fatto, sembra davvero che ci
siano dei cantanti davanti alla cinepresa. Per chi conosce il cinema
di Oliveira è invece un’impressione strana, perché gli attori
sono molto noti: Luis Miguel Cintra, Leonor Silveira e Diogo Doria
appaiono in quasi tutti i film del maestro portoghese. Un po’ come
se da noi qualcuno avesse girato un film d’opera con Nino Manfredi,
Vittorio Gassman e Claudia Cardinale doppiati da cantanti d’opera
veri. I nomi dei cantanti sono riportati nei titoli di coda, sono
tutti molto bravi ma poco conosciuti.
In conclusione, direi che lo stile
adottato da Oliveira fa pensare più a un Barbablù che a un Faust o
a un Frankenstein; ed è magistrale l'uso delle luci soprattutto nei
notturni.
«Questa vita è una beffa sanguinosa,
che si deve pagare con un'altra beffa», è la battuta nel finale che
forse più di ogni altra può riassumere il significato di "Os
canibais".
Per chi fosse interessato, questo è il
riassunto di ciò che succede nel film, tratto dal volume del
"Castoro Cinema":
I cannibali - Tratto da un racconto
fantastico dello scrittore Alvaro de Carvalhal, che era stato
consigliato a de Oliveira dall’amico José Régio, Os canibais è
un film-opera che si avvale delle musiche di Joao Paes, collaboratore
dal 1972 del regista per il quale ha realizzato numerose colonne
sonore. La musica però non si limita a fare da sottofondo alle
azioni filmate, ma diventa sostanza stessa del film, strumento di
trasmissione di significati mediato attraverso la parola. Come ha
affermato il regista stesso: «La parola, anche recitata, è già
musicale. La parola cantata accentua ancora di più questa forza e
questo potenziale. La disinvoltura musicale che caratterizza l’opera
si addice perfertamenre ai grandi testi letterari. Così il teatro,
l’opera e il cinema sono analoghi e si legano per mezzo della
parola che è l'elemento tra loro comune» (Manoel de Oliveira, Os
canibais, in Revue Belge du Cinéma, n. 26, 1989; p.13).
Un gruppo di attori entra a teatro:
inizia l'opera che da tragedia si trasforma progressivamente in una
commedia grottesca. Il visconte di Aveleda ama riamato la bella e
affascinance Margarida. Ad assistere allo sviluppo amoroso c’e il
rivale del visconte, Don Juan, che spia costantemente i due amanti, e
uno strano presentatore, forse Mefistofele stesso, accompagnato da un
violinista di nome Niccolò. Margarida e il visconte coronano la loro
unione, ma la prima notte di nozze c’é la rivelazione di
un'orribile verità. Il visconte è in realta un automa con il cuore
umano, il corpo orrendamente mutilato, con braccia e gambe posticce.
Margarida non accetta la verita, sconvolta si getta dalla finestra e
muore. Il corpo monco del visconte rotola sul focolare acceso e
comincia a
bruciare. Don Juan è il testimone
muto della tragedia; non sopportando il dolore per la morte di
Margarida si toglie la vita con un colpo di pistola. Intanto il corpo
monco del visconte, cotto dal fuoco, viene scambiato per un arrosto
dai fratelli e dal padre di Margarida. Quando scoprono di essersi
cibati del visconte si disperano e vorrebbero morire, ma cambiano
idea quando capiscono di essere gli unici eredi del patrimonio del
morto. Con una brusca sterzata e un esilarante coup de theatre, i tre
uomini si trasformano in porci e cani. Alla fine, con un'altra mossa
a sorpresa, in una folle sarabanda, tutti resuscitano. Vivi e non più
vivi, uomini e bestie, si stringono per le mani e avanzano in una
danza macabra accompagnata dal violino del muto Niccolò.
(da "Manoel de Oliveira",
Il Castoro Cinema, di Mariolina Diana, anno 2001)
Non sono molto sicuro che il "coup
de theatre" sia esilarante (direi il contrario), e il finale
ricorda un po' quello del Falstaff di Verdi ("Tutto nel mondo è
burla") o quello del Don Giovanni di Mozart ("Questo è il
fin di chi fa mal"), ma soprattutto l'autrice del saggio su
Manoel de Oliveira si è dimenticata di dire che tutti i presenti,
cioè anche i servitori e il prete, sono coinvolti nella
trasformazione bestiale. Dettaglio non da poco, così come bisognerà
pur notare che il maiale "trasformato" è a tutti gli
effetti un maiale scuoiato, cioè morto. E infine, tra i
"resuscitati" c'è anche il povero visconte? Difficile
controllare, ma così a occhio a me sembra proprio di no.
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