domenica 22 ottobre 2017

Caterina va in città


Caterina va in città (2003) Regia di Paolo Virzì. Scritto da Francesco Bruni e Paolo Virzì. Fotografia di Arnaldo Catinari. Musiche di Donizetti, Mozart. Musiche per il film di Carlo Virzì. Interpreti: Alice Teghil, Margherita Buy, Sergio Castellitto, Flavio Bucci, Claudio Amendola, Zach Warren Durata: 103 minuti.

Porto in questo blog dedicato all'opera lirica "Caterina va in città di Paolo Virzì (2003) perché la ragazza protagonista canta in un coro, all'Accademia di Santa Cecilia si dice nel film. Nel finale, sui titoli di coda, c'è il coro dei domestici tratto da "Don Pasquale" di Donizetti, un ascolto inaspettato e una piacevole sorpresa; prima ancora c'è il mottetto "Ave verum corpus" di Mozart, un brevissimo capolavoro molto eseguito dalle corali di tutto il mondo. Purtroppo non ho trovato nessuna indicazioni sul direttore d'orchestra e sugli interpreti.
Questo è il testo del coro che si ascolta nel finale, con parole che ben si adattano a ciò che si vede nel film:
Che interminabile andirivieni!
Tin tin di qua, tin tin tin tin,
in pace un attimo giammai si sta. (...)
(dall'atto terzo del "Don Pasquale" di Gaetano Donizetti)

 
 
Sul film per intero mi ero segnato questi appunti:
"Caterina va in città" di Paolo Virzì ha due facce: una da serie tv, piuttosto brutta, e l'altra da grande cinema, memore di Olmi e dei grandi registi francesi (o magari di Wenders, "Alice nelle città"). Nella prima c'è Castellitto, c'è Amendola, ci sono tutti i vezzi e le maschere fisse della fiction televisiva, alle quali purtroppo questi attori hanno affidato gran parte delle loro interpretazioni. Nella seconda c'è la ragazza protagonista, e c'è anche Margherita Buy (che dal nostro cinema avrebbe meritato qualcosa di più).
La ragazza si chiama Alice Teghil, e forse Virzì avrebbe davvero voluto fare un film tutto su di lei, sul ragazzo australiano, sul violoncellista altoborghese che la deve lasciare perché goffa e provinciale: sarebbe stato un film di Olmi, insomma, intenso e attento, come "Il posto". Ma i film di Olmi oggi non si possono più fare (lo vieta la scuola di Canale 5: lo spot viene prima di ogni altra cosa), ecco perciò la necessità di inserire macchiette come quelle del deputato di Alleanza Nazionale (interpretato da Claudio Amendola), le comparsate di Maurizio Costanzo, Giovanna Melandri, Simonetta Martone, Roberto Benigni, Michele Placido...


 
Però ci sono delle scene belle, come quella in cui Margherita Buy rompe tutti i piatti ma poi si mangia lo stesso, e soprattutto quella nel finale del bacio della protagonista con il ragazzo australiano che sta per partire, forse definitivamente. Mi trova d'accordo il personaggio di Castellitto quando dice che il deputato di AN e l'intellettuale che si dice di sinistra (interpretato da Flavio Bucci) sono in fin dei conti dello stesso partito e della stessa razza, e che per loro noi siamo solo dei giocattoli. La sinistra dovrebbe identificarsi con i lavoratori, con le persone impegnate nell'aiutare il loro prossimo, purtroppo così non è più. Il film però finisce con il mancare questi temi, anche la "fuga" del professore (Castellitto), del quale non si saprà più niente, non è risolta poeticamente, sembra anzi che tutti siano contenti (sollevati) perché si è levato di torno. Rimane però un'impressione positiva, dovuta quasi del tutto alla giovane Alice Teghil e agli attori e attrici non professionisti.
(marzo 2006)


 

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