Caterina
va in città (2003) Regia di Paolo Virzì. Scritto da Francesco Bruni
e Paolo Virzì. Fotografia di Arnaldo Catinari. Musiche di Donizetti,
Mozart. Musiche per il film di Carlo Virzì. Interpreti: Alice
Teghil, Margherita Buy, Sergio Castellitto, Flavio Bucci, Claudio
Amendola, Zach Warren Durata: 103 minuti.
Porto
in questo blog dedicato all'opera lirica "Caterina va in città
di Paolo Virzì (2003) perché la ragazza protagonista canta in un
coro, all'Accademia di Santa Cecilia si dice nel film. Nel finale,
sui titoli di coda, c'è il coro dei domestici tratto da "Don
Pasquale" di Donizetti, un ascolto inaspettato e una piacevole
sorpresa; prima ancora c'è il mottetto "Ave verum corpus"
di Mozart, un brevissimo capolavoro molto eseguito dalle corali di
tutto il mondo. Purtroppo non ho trovato nessuna indicazioni sul direttore d'orchestra e sugli interpreti.
Questo
è il testo del coro che si ascolta nel finale, con parole che ben si
adattano a ciò che si vede nel film:
Che
interminabile andirivieni!
Tin
tin di qua, tin tin tin tin,
in
pace un attimo giammai si sta. (...)
(dall'atto
terzo del "Don Pasquale" di Gaetano Donizetti)
Sul
film per intero mi ero segnato questi appunti:
"Caterina
va in città" di Paolo Virzì ha due facce: una da serie tv,
piuttosto brutta, e l'altra da grande cinema, memore di Olmi e dei
grandi registi francesi (o magari di Wenders, "Alice nelle
città"). Nella prima c'è Castellitto, c'è Amendola, ci sono
tutti i vezzi e le maschere fisse della fiction televisiva, alle
quali purtroppo questi attori hanno affidato gran parte delle loro
interpretazioni. Nella seconda c'è la ragazza protagonista, e c'è
anche Margherita Buy (che dal nostro cinema avrebbe meritato qualcosa di
più).
La
ragazza si chiama Alice Teghil, e forse Virzì avrebbe davvero voluto
fare un film tutto su di lei, sul ragazzo australiano, sul
violoncellista altoborghese che la deve lasciare perché goffa e
provinciale: sarebbe stato un film di Olmi, insomma, intenso e
attento, come "Il posto". Ma i film di Olmi oggi non si
possono più fare (lo vieta la scuola di Canale 5: lo spot viene
prima di ogni altra cosa), ecco perciò la necessità di inserire
macchiette come quelle del deputato di Alleanza Nazionale
(interpretato da Claudio Amendola), le comparsate di Maurizio
Costanzo, Giovanna Melandri, Simonetta Martone, Roberto Benigni,
Michele Placido...
Però
ci sono delle scene belle, come quella in cui Margherita Buy rompe
tutti i piatti ma poi si mangia lo stesso, e soprattutto quella nel
finale del bacio della protagonista con il ragazzo australiano che
sta per partire, forse definitivamente. Mi trova d'accordo il
personaggio di Castellitto quando dice che il deputato di AN e
l'intellettuale che si dice di sinistra (interpretato da Flavio
Bucci) sono in fin dei conti dello stesso partito e della stessa
razza, e che per loro noi siamo solo dei giocattoli. La sinistra
dovrebbe identificarsi con i lavoratori, con le persone impegnate
nell'aiutare il loro prossimo, purtroppo così non è più. Il film
però finisce con il mancare questi temi, anche la "fuga"
del professore (Castellitto), del quale non si saprà più niente,
non è risolta poeticamente, sembra anzi che tutti siano contenti
(sollevati) perché si è levato di torno. Rimane però
un'impressione positiva, dovuta quasi del tutto alla giovane Alice
Teghil e agli attori e attrici non professionisti.
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