Scorro i programmi della tv, su
televideo, e mi accorgo che questa sera c'è un film che non ho più
visto da quando era uscito nei cinema: è di Nanni Moretti, "Caro
diario". Così accendo il televisore su La7, e trovo la
Santanché. Cambio subito canale, torno dopo cinque minuti, la
Santanché è ancora lì. Implacabile. Ripeto l'operazione, torno su
La7, ma non si sfugge dalla Santanché. Forse il film di Nanni
Moretti è saltato? Ma no, adesso arriva. Ascolto l'introduzione
dell'autore (nulla che non sapessi già), lo guardo per un po', poi
c'è la pubblicità, poi torna il film, poi c'è la pubblicità,
lascio perdere, amen.
Che dire. Nanni Moretti su La7 fa
tristezza. Spero che lui se ne renda conto, lui nato come
alternativo, autarchico, indipendente, che commenta i suoi film su
Telesantanché, interrotto da un'enormità di spot. Spero che
l'abbiano pagato bene, si sa che i soldi per i progetti futuri sono
sempre ben accetti, e se è così sono contento per lui e per i suoi
collaboratori, ma la tristezza rimane.
Ne è passato di tempo dal referendum
del 1995, quello sulle televendite. Ne è passato così tanto che non
se lo ricorda più nessuno, forse sono rimasto solo io a
ricordarmelo. Eppure, ai tempi se ne parlò moltissimo, quel
referendum era assieme a tanti altri (troppi e tutti insieme, uno
dei tanti errori dei radicali e di Marco Pannella) ma si prese tutta
la scena. In tv passavano ad ogni momento i volti noti delle tv di
Berlusconi, volti amatissimi, Vianello e la Mondaini in prima linea,
Maurizio Costanzo, Mike Bongiorno... dimenticati anche loro (chissà
se sotto i venticinque anni c'è qualcuno che sa chi sono),
difendevano le televendite e gli spot in tv. Et pour cause, come
direbbe Snoopy, era la loro personale fonte di guadagno (sempre
meglio che lavorare, avrebbero detto a me se mi fosse capitata quella
fortuna). Il referendum del 1995 è stato l'inizio del deterioramento
definitivo della televisione italiana. Prima, prima di quel '95, si
discuteva ancora, c'erano ancora diverse idee, in tv passavano tante
cose diverse, c'era ancora la voglia di far qualcosa di nuovo e di
bello. Ma se comandano i pubblicitari, il nuovo e il bello non va più
bene: serve qualcosa di simile a quello che è sempre stato fatto, e
chi propone idee nuove viene subito emarginato. Di conseguenza, tutti
a fare sempre le stesse cose (il rischiatutto, l'isola dei famosi, il
talent show, il gioco dei pacchi, eccetera). C'è chi non se lo
ricorda ma prima di quel 1995 Rete 4 trasmetteva tutta la stagione sinfonica della
Scala, alle volte anche in diretta. Claudio Abbado e la Filarmonica
della Scala in prima serata su Rete 4: riuscite a immaginarvelo? Se
non ci credete, vi porto qui qualche immagine, datata 1990 come data di trasmissione (il concerto è del 1986, Debussy con Frederica von Stade)
E' per questo che Nanni Moretti su La7
fa tristezza. E' la fine definitiva, chi sperava in una tv di qualità
adesso non spera più. Non che io mi facessi delle grandi illusioni,
neanche prima, ma questa di Nanni Moretti immerso nello spot fino al
collo è proprio la pietra tombale su ogni sorta di speranze. Ormai
esiste un solo modello di tv, quello dei pubblicitari padroni degli
spot. Un pensiero unico che non ammette evasioni, quasi come la Germania
Est o la Corea del Nord. Sul digitale terrestre ci sono centinaia di
canali, tutti uguali, tutti costruiti e pensati per la pubblicità.
Esiste altro al mondo? In passato si cercava di fare dei bei
programmi per attirare la pubblicità, adesso i programmi (inclusi i
capolavori del cinema, catalogati anch'essi come "programma")
sono solo l'equivalente dell'imballaggio di un pacco. Il pacco che
stanno tirando a tutti voi (io mi tiro fuori, sia pure con grande
tristezza).
La stessa cosa, magari anche in peggio
perché si tratta di servizio pubblico (paghiamo il canone per
questo), succede su Rai 5: non c'è più la pubblicità, ma ci si
comporta come se ci fosse ancora. Faccio solo un esempio, per me
clamoroso: fino a un paio d'anni fa Rai 5 trasmetteva repliche di
grandi produzioni Rai del passato, con attori e interpreti di grande
livello. Shakespeare con Salvo Randone e Vittorio Gassman, Pirandello
con Romolo Valli e Rossella Falk, magari anche un Trovatore con
Corelli; ma oggi non più, perché sono in bianco e nero. La Rai si
vergogna del suo passato glorioso, quello più alto e più
professionale? Direi proprio di sì, così è andata.
Come si stila un palinsesto, oggi?
Semplice, butti giù un po' di serie tv ed è fatta. Così il
programmista, o la programmista (in questo caso non fa differenza,
vengono sempre dalla stessa scuola) finisce di lavorare presto, e può
andare in discoteca o alla movida (e dove se no?) (esiste
qualcos'altro, al mondo?). La stessa fine ha fatto Rai Storia: dopo
un inizio interessante, oggi è occupata da gente che legge la sua
tesina mettendo prima di tutto se stessi in bella mostra, e in
sottofondo qualche immagine di repertorio (ma non troppe, che se no
non si vede la faccia del conduttore). Anche qui, vietato far fatica
( i documentaristi seri lavorano troppo, bisogna pur dirlo), e poi
così si va a casa prima, e il palinsesto è bell'e che riempito in
un amen.
Intanto, se si accende la tv prima del
"prime time" (che è un'invenzione dei pubblicitari, detto
en passant: nel "prime time", cioè alle nove di sera,
molta gente lavora, molta altra gente sta cenando o curando i
bambini, molta altra gente ancora esce e non guarda la tv, e sotto i
vent'anni tutti sono su youtube, la tv non l'accendono proprio), cioè
dalle sei del mattino alle 20:59, ecco che cosa si può vedere.
La
morte può attendere, certo. Un'idea geniale, chissà chi è quella mente meravigliosa che ha partorito un'idiozia simile, e soprattutto chi è quell'idiota altrettanto fenomenale che l'ha approvata e diffusa su tutte le reti tv.
Ma, intanto, si vorrebbe vivere una vita
migliore, e se questo è un progetto troppo difficile, almeno una tv
migliore - questa è una cosa che si potrebbe avere, ma con il Nanni
Moretti del 2017, o con i programmisti di Rai5 e di Radiotre di
questi anni, facciamoci una croce sopra, forget it, adieu,
sorbitevela voi la Santanché che io spengo la tv. Però magari Nanni
Moretti è contento: cuntént, Nanni? Contento tu, contento Zoro,
contento Crozza, contenti anche Marco Paolini e Moni Ovadia che in quel film recitavano con Moretti. Contenti tutti e non se ne parla più. Ad maiora.
(le vignette vengono dalla Settimana Enigmistica, Michelle Pfeiffer è nel film di Scorsese "L'età dell'innocenza", la vignetta di Altan è dedicata all'esito del referendum del 1995)
Ah, allora quella su Rai Storia non è soltanto una mia impressione. Prometteva bene, quel canale, ma da un annetto non lo vedo più, in effetti. Rai 5 continua a piacermi, sarà che io ormai alla dimensione commerciale della televisione mi ci sono abituato per una mera questione generazionale. La sensazione generale, tuttavia, è proprio quella: il contenuto televisivo in quanto tale è solo un momento di pausa tra una pubblicità e l'altra.
RispondiEliminaLa Rai che ho conosciuto io era un'altra cosa. C'è chi se la ricorda solo per la Carrà e il Musichiere, in realtà si vedeva di tutto e per di più con solo due canali, poi tre con la terza rete che sperimentava e studiava trasmissioni nuove. La Rai era il modello da seguire, il punto di riferimento; Rete 4 trasmetteva musica in prima serata proprio per rimanere su livelli alti, per far vedere che era all'altezza. Quel referendum del 1995 è stato davvero il momento decisivo, da allora in poi è arrivata la decadenza. Sono anche gli anni in cui si afferma definitivamente il "modello Biscardi", non solo il calcio ma anche la politica: la tv urlata, tutti a darsi sulla voce, i dibattiti in cui non si riesce più a ragionare...
RispondiEliminaciao Mat :-)