Bach e la viabilità
di Carlo Boccadoro ( da Golem, rivista on line fondata da Umberto Eco, 1998 )
Le nefaste conseguenze
dell’inquinamento acustico che vengono periodicamente ricordate su
giornali, trasmissioni radiofoniche e televisioni sono a tutti ben
note. Raramente si pensa, però, al disastroso effetto retroattivo
che automobili, camion e motorini senza marmitta hanno avuto sulla
Storia della Musica. Che c’entra il traffico con il regno dei
suoni, vi chiederete (forse)? Apparentemente nulla. Chiunque si trovi
bloccato in un ingorgo automobilistico, magari costretto a una lunga
attesa in coda, difficilmente si metterà a pensare a Bach o a
Vivaldi; semmai passerà il tempo a imprecare contro gli altri
automobilisti. Eppure un pensierino al riguardo, se
non altro per curiosità oziosa, vale la pena di farlo. Prima di arrivare al traffico, però,
bisogna fare un esempio musicale.
Se avete mai assistito a un concerto di
musica orchestrale vi sarete accorti che, prima dell’entrata in
scena del direttore, l’oboe suona una nota lunga. Il primo violino
la riprende e progressivamente tutti gli strumenti della compagine
orchestrale si uniscono a lui, cercando di bilanciare l’intonazione
del proprio strumento attorno a quella nota: si tratta della famosa
"accordatura" dell’orchestra (vi ricordate Fantasia di
Walt Disney? c’era anche lì). Orbene, il suono che dà vita a
tutto questo procedimento è la nota La. L’ascoltatore deve quindi
presumere che questa nota, fungendo da baricentro per l’accordatura
di tutti gli strumenti, debba essere di una intonazione infallibile,
inattaccabile, definitiva. Niente affatto. Ogni orchestra ha un La
differente, seppure di una sfumatura, e quindi ci sono sempre dei
problemi per sostenere l’accordatura durante tutta la durata di un
concerto. La scienza acustica ci spiega che ogni nota è formata da
un certo numero di frequenze che vengono misurate in hertz. Per
cercare di ovviare a questi problemi di intonazione nel 1939 si tenne
a Londra una convenzione internazionale di musicisti, foniatri e
specialisti di acustica, i quali stabilirono che il La doveva avere
una frequenza di 440 hertz al minuto secondo. Prima di questa
convenzione il La variava non solo da nazione a nazione, ma anche a
seconda del genere musicale (opera, concerto, musica da chiesa,
ecc.).
Sulla carta, dunque il problema era
risolto. Nei fatti, molto meno. Sugli hertz di ogni nota influiscono
le caratteristiche ambientali del luogo in cui si suona (acustica
della sala, riverbero, ecc.) e persino le condizioni atmosferiche.
Non andate a sentire concerti in sale umide o in serate
particolarmente fredde e piovose, altrimenti potreste sentirne di
tutti i colori, specialmente tra gli strumenti a fiato. Nel 1971 il
La a 440 hertz fu ulteriormente ratificato da una delegazione del
Consiglio d’Europa, che aveva nuovamente consultato fior di
luminari al riguardo. Eppure in molte orchestre il La iniziale è a
442 hertz, talvolta è a 443, in altre 440 e in alcuni teatri lirici
arriviamo anche a 445 hertz. Recentemente ho assistito a un concerto
in cui uno strumento era accordato a 442 e l’altro a 446 hertz, con
risultati che vi lascio immaginare. Ebbene, possiamo ormai stabilire
con certezza che il principale imputato di questa Babele acustica è
proprio il rumore della vita quotidiana intorno a noi,
particolarmente il famigerato traffico.
Ai tempi di Bach, infatti, quando la
vita scorreva più tranquilla e sotto le finestre passavano al
massimo le carrozze a cavalli, il La aveva una frequenza molto più
bassa: 415 hertz. Uno degli strumenti più in uso era il clavicordo,
che possiede un timbro così flebile da poter essere udito quasi
esclusivamente da chi lo suona. Questo ci dice essenzialmente due
cose: molta musica era destinata principalmente al diletto casalingo,
e quest’ultimo non era disturbato da rumori esterni. Quando la
popolazione è aumentata, e di conseguenza anche il rumore della vita
cittadina, il nostro orecchio ha avuto bisogno di un maggior numero
di frequenze per essere in grado di udire chiaramente la musica. Il
clavicordo ha dunque lasciato il passo al più sonoro clavicembalo.
Tuttavia anche quest’ultimo, per essere apprezzato appieno,
necessita di assoluto silenzio e di poche persone attorno. Il
progresso bussa alle porte, arriva la rivoluzione industriale,
nascono la locomotiva a vapore, il tram; il rumore intorno a noi
cresce lentamente ma inesorabilmente. Ecco quindi il clavicembalo che
viene soppiantato dal ben più sonoro pianoforte, dotato di una
robustissima struttura in legno e metallo, e dal suono capace di
farsi sentire anche in ambienti rumorosi (non a caso esiste il
piano-bar ma non il clavicembalo-bar). Con il mostruoso crescere del
caos (rumori industriali, martelli pneumatici, colonne di automobili
strombazzanti, televisioni, stereo e apparecchi radio a tutto volume,
ecc.) il povero La ha dovuto aumentare in modo esponenziale le sue
povere frequenze, giungendo agli attuali 440 e oltre. Nel frattempo
sono stati inventati strumenti elettrici utilizzati nella musica
rock, in grado di produrre suoni a volumi acustici allarmanti. I
sintetizzatori e le batterie elettroniche oltrepassano
tranquillamente il limite di pericolosità per le nostre orecchie,
dato che molti concerti rock si svolgono in campi di calcio e arene
destinate ad ospitare decine di migliaia di persone.
Torniamo dunque alla nostra vecchia
equazione: molte persone = molto rumore = molti più hertz necessari
= La in vertiginosa ascesa. Si potrebbe obiettare: a noi che ce ne
importa se il La cresce di frequenza? Ce ne importa eccome. Prima di
tutto si tratta di un segnale d’allarme sulla pericolosità
acustica del nostro modo di vivere, e inoltre crea enormi problemi a
strumentisti e cantanti, dato che molte opere di musica classica sono
state pensate per note con hertz molto più bassi. Certe fioriture
vocali di Rossini, oppure certi passaggi sovracuti presenti nelle
opere di Bellini oggi risultano quasi ineseguibili e costano agli
esecutori sforzi tremendi per raggiungere note che ai loro tempi
erano quasi un tono sotto di quelle attuali. Se si va avanti di
questo passo molte opere del bel canto saranno irraggiungibili per le
voci. (Non ve ne frega nulla? Potreste anche avere ragione.)
Dal punto di vista teorico, invece, la
cosa può anche avere un risvolto divertente: il rumore quotidiano ha
reso molte tonalità originali del tutto inesistenti. Mi spiegherò
meglio con un esempio, paradossale ma non troppo: prendiamo la
celeberrima Toccata e fuga in Re minore per organo di Johann
Sebastian Bach. La tonalità del brano è scritta a chiare lettere
nel titolo: ma se noi ascoltiamo questo pezzo così come Bach lo ha
concepito a suo tempo (su un organo antico accordato a 415 hertz) il
risultato per le nostre orecchie, abituate a 440 hertz e oltre,
suonerà esattamente mezzo tono sotto. Ecco quindi il brano
trasformato come per magia nella Toccata e Fuga in Do diesis minore.
D’altro canto se Bach resuscitasse e volesse andare a sentire come
viene eseguita la sua musica su un organo moderno si troverebbe
davanti alla Toccata e Fuga in Re diesis minore dato che per lui il
nostro LA risulterebbe mezzo tono sopra.
Dunque, o Do diesis o Re diesis. E il Re minore originale che fine ha
fatto?
In realtà non è mai esistito in
quanto tale, dato che si tratta di un parametro variabile, ma certo
il rombare delle automobili e delle moto, i videoclip di MTV e le
urla nei dibattiti televisivi hanno contribuito a relegare il suo
sapore originale nel limbo. Ogni tonalità, infatti ha un suo colore
particolare: nel caso di un autore come Mozart la corrispondenza
psicologica con le varie tonalità è fondamentale, ed è stata
ampiamente sviscerata da dotti studiosi. Sentire il Requiem eseguito
in Mi bemolle minore, come capita oggi, anziché nel Re minore in cui
Mozart lo immaginò non è proprio la stessa cosa.
Non crogioliamoci, però, in queste
fisime minuscole da addetti ai lavori. Suggerisco di inoltrare subito
una formale protesta alla Motorizzazione Civile perché la Pastorale
di Beethoven ritorni in Fa Maggiore, e Per Elisa sia restituita al
suo La Minore originario. Propongo inoltre la costituzione del CPICDH
(Comitato Per Il Controllo Degli Hertz), organo dal nome facilmente
memorizzabile che si occupi di tenersi costantemente in contatto con
gli organi governativi di tutto il mondo per arginare la ormai
quotidiana ascesa di frequenze e garantire così un futuro ai nostri
padiglioni auricolari.
Ricordate, Bach andava a piedi."Golem" è stata la prima grande rivista di internet, a metà anni '90; fu fondata da Umberto Eco con altri nomi importanti della cultura italiana. Oggi non esiste più, e da pochi anni non si può nemmeno più leggerla on line; ma conteneva articoli molto belli e molto utili, come questo di Carlo Boccadoro. Mi dispiace molto che quegli articoli non siano più disponibili, metto qui "Bach e la viabilità" come modesta proposta per poter riavere le annate di "Golem".
(le immagini: una fotografia scattata da Stanley Kubrick prima di diventare famoso;
la prima violinista è del 1884, opera di Burne-Jones;
la violinista seduta è di George Harcourt, la pianista di William Merritt Chase, 1915.
In un concerto del 1981, il pianista Friedrich Gulda
suonò alcuni brani di Bach sul clavicordo;
a quel tempo, Raidue faceva ancora servizio pubblico e trasmise il tutto)
Articolo molto interessante. Da far leggere a chi pensa di essere in un mondo più libero di quello dei nostri trisavoli! Persino la ricezione è pregiudicata dalla "modernità".
RispondiEliminaPeccato che "Golem l'indispensabile" non pubblichi più e che, addirittura, improvvisamente non sia più visibile!
Carlo Boccadoro ha pubblicato diversi libri sulla musica e i musicisti e ne ha curato uno, RACCONTI MUSICALI, che raccoglie scritti sulla musica di diversi scrittori.
ho conservato anche gli articoli di Giuliano Boccali, orientalista, e poco altro... non pensavo che cancellassero tutto.
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